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CINEMA TV

Divismo Realismo (persone comuni sullo

schermo)

1932, Greta Garbo in Grand Hotel.

Elementi che definiscono la superpersonalità della diva:

1. La diva non perde mai la “dignità” nemmeno quando il suo personaggio piange.

Infatti piange di spalle e rimane sempre composta e solenne nel suo fallimento

(nella storia del personaggio).

2. lentezza dei gesti, ieraticità (=religiosità), teatralità nell’ampiezza dei movimenti

il cinema non si è ancora reso del tutto indipendente dal modello del teatro.

à

Con il suono il cinema rischia di tornare al teatro. (Prosodia = studio degli

elementi fonetici nella poesia).

Grande attenzione alla fotografia. Fotogenia = impiego delle risorse della fotografia

(luce, distanza dall’oggetto ripreso, inquadratura, contrasto, definizione dell’immagine,

ecc.). La fotogenia quindi non è un attributo del personaggio ripreso. Infatti le riprese

con i loro trucchi creano una metamorfosi o trasfigurazione per creare una super-

identità astratta diversa dalle persone comuni della realtà quotidiana. Il volto delle dive

viene spesso ripreso dal basso e illuminato dall’alto: aura di luce quasi angelica che

scolpisce i volumi. Effetti di chiaro-scuro. Miracolismo della macchina da presa: sa

compiere tante trasfigurazioni grazie alla fotogenia e fa assurgere gli esseri umani a

divinità. Riferimenti pittorici: Greta Garbo col tutù immersa nel buio, come le

celeberrime ballerine di Degàs.

Per il teorico di cinema Andrè Bazin, il divo è l’incarnazione dell’astrazione; possibile

attraverso la recitazione solenne, enfatica. I divi venivano imitati da parte della

popolazione, però erano avvertiti come irraggiungibili.

Focalizzazione e punto di vista:

Meccanismi univoci in presenza del divo (da seguire e identificare)

• Strategie non lineari (Hitchcock in Psycho)

La finestra sul cortile, Hitchcock.

L’incipit presenta il protagonista (interpretato da James Stewart) e ci mostra che è un

fotografo e ha una gamba rotta. C’è una macchina fotografica rotta proprio come la

gamba. Ci mostra alcune delle sue foto e capiamo che è un fotografo di guerra. È un

fotografo che si mette a rischio.

Psycho, 1960: inizio inusuale per l’epoca, nudità maschile.

Il regista dice che il dialogo è una scorciatoia perché semplifica il lavoro del regista. Nei

film migliori le immagini devono avere la funzione principale.

Hitchcock fa finta di realizzare un film come tanti e lo fa per farci reagire in modo

condizionato (come i cani di Pavlov, risposta condizionata), ci tira in una trappola

facendoci pensare che tutto il film sia incentrato sui due personaggi e sulla loro storia

d’amore. L’identificazione dello spettatore con Marion inizia con la scena in cui lei

guarda la busta con i soldi posata sul letto. Inquadratura in soggettiva: il nostro sguardo

coincide con lo sguardo di Marion. Le inquadrature ci mostrano il punto di vista di

Marion e ciò che accade nella sua interiorità. Viene realizzata per rendere lo spettatore

parte degli stati interiori di Marion, che è ossessionata da quella busta e continua a

guardarla. Non c’è dialogo, sono le immagini a parlare. Marion è in macchina e vede il

suo datore di lavoro, che si ferma e la guarda stupito. La musica che accompagna ci

mette in ansia, a sottolineare lo stato d’animo del personaggio. Marion ha

un’espressione angosciata (noi ci siamo già identificati con Marion).

La musica ci dice che è stanca e infatti si ferma. Arriva una macchina della polizia. Lo

spettatore è identificato con Marion e la presenza del poliziotto ci mette in allarme.

Viene ripreso il poliziotto in primo piano, ma non vediamo gli occhi che sono coperti da

occhiali da sole neri. È un’immagine inquietante. Queste inquadrature del volto del

poliziotto sono anomale; quando due persone parlano vengono usati il campo e il

controcampo, cioè chi parla viene inquadrato. In questo caso Hitchcock usa questo tipo

di inquadratura in modo originale: usa il campo, ma il controcampo sembra essere una

soggettiva, infatti osserviamo nel poliziotto la manifestazione delle ansie di lei, la paura

dell’essere scoperta. L’impassibilità di lui sembra alimentare le sue paure. Marion

proietta su di lui le sue angosce, i suoi dubbi.

Viene ripresa la macchina del poliziotto nello specchietto retrovisore. Nella scena in cui

Marion acquista un’altra auto, il poliziotto la osserva dall’altra parte della strada.

Vediamo ciò che Marion fa e che nessun altro sa. In questo modo si fa parteggiare lo

spettatore con il personaggio. Personaggio che ha compiuto un furto.

La casa che trova è insolita rispetto a ciò che vediamo nei motel dei film. C’è una casa in

stile definito gotico – californiano. C’è una donna che si intravede nella finestra e la cui

voce noi udiamo. Appare un giovane, Norman Bates, che le dà le chiavi della stanza, lui

sembra un ragazzino con un viso pulito sempre sorridente e molto educato e

premuroso. Naturalmente è un’altra delle trappole in cui ci attira Hitchcock. Lei firma

con un nome falso e vediamo la titubanza di lui nello scegliere una stanza da assegnarle.

In camera dà la priorità al nascondere i soldi. Quando mangiano insieme ci sono delle

immagini piuttosto note che mettono in guardia lo spettatore circa questa passione di

imbalsamare gli animali da parte di lui. Questa stanza non è confortante piena di uccelli

imbalsamati e ci sono diverse inquadrature dove vediamo lui con alle spalle questi

rapaci impagliati alle pareti con le ali dispiegate come se stessero per balzare sulla

preda (analogia tra Norman Bates e i rapaci, inquadrati nello stesso modo. Pensiero

simbolico dei rapaci in quanto entrambi sono predatori tra i più crudeli, Norman Bates

sta osservando Marion per poi scagliarsi su di lei) e soprattutto c’è un gioco di ombre

che inquietano ancora di più. Lo sguardo dello spettatore medio non è consapevole di

queste cose, ma il fatto che non ne sia consapevole non significa che ciò che vede non

influisca sulla comprensione profonda e inconscia del film. Questo è il cuore della

questione delle immagini e delle loro influenza. In questa scena c’è qualcosa che ci turba

ma non capiamo cosa sia. La comprensione dello spettatore avviene in modo

inconsapevole, nulla di ciò che appare in questa inquadratura è casuale, nemmeno i

quadri che appaiono alle pareti. Questo è il momento in cui si rafforza il “perturbante” a

cui Freud ha dedicato molte pagine, cioè quell’elemento che ci provoca inquietudine ma

non sappiamo identificarlo dandogli un nome. Non è una parola fuori posto che siamo in

grado di cogliere perché il discorso è qualcosa di razionale di cui siamo consapevoli.

Nel momento in cui lui spia Marion, cambia la focalizzazione. L’identificazione non

sempre coincide con la focalizzazione. L’identificazione è con Marion. Ironia

drammatica: fa si che lo spettatore sappia di più rispetto al personaggio. Questa ironia

determina un distacco parziale in quanto l’identificazione rimane ma noi sappiamo di

avere una duplicità e siamo capaci di provare anche nello stesso istante una moltitudine

di sensazioni e in questo momenti siamo identificati con Marion ma siamo in parte

distaccati da lei perché sappiamo qualcosa in più di lei e viviamo una situazione duplice

di distacco. Per il momento la duplicità non è conflittuale in quanto permane

l’identificazione e ciò che vediamo ci fa temere per la sorte di lei. Ad un certo punto

succede qualcosa che ci depista e vediamo lui sedersi ad un tavolo tanto che quando lei

viene uccisa non sappiamo se lui sia ancora li o se sia rientrato a casa. Lei ha appena

fatto i conti di quanto ha speso e di cosa deve ridare, quindi dopo il dialogo con lui dove

è emerso che lei ha compiuto qualcosa di sbagliato, lei ha fatto crescere il dubbio in se

stessa e forse grazie al fatto che davanti a sé aveva questo ragazzino così innocente e

puro senza alcun tipo di trasgressione. Lei ha un ripensamento e fa i conti di ciò che

deve restituire e sta pensando di tornare indietro. Marion fa la doccia e le dà un senso di

liberazione, come se si lavasse via tutti i peccati. L’acqua ha un valore simbolico. Lei ha

dimostrato allo spettatore che voleva redimersi e tornare indietro, ma nonostante

questo, nel momento della redenzione, viene uccisa dalla mamma di Norman Bates. È la

mamma l’assassina. Vediamo abbigliamento e capigliatura femminili. Quando vediamo

questa scena siamo scioccati. Questa scena è stata girata nella più assoluta immobilità,

sono pochi i movimenti che compiono i due attori. Questa scena è diventata nota perché

ci dà l’idea di qualcosa di convulso, che si agita davanti ai nostri occhi, ma in realtà gli

attori si sono mossi pochissimo. Sono stati ripresi da tre macchine da presa fisse. Ciò

che dà l’idea del movimento è la durata delle riprese che è molto ridotta, ogni

inquadratura dura pochissimo. In questa scena il battito cardiaco dello spettatore

aumenta. Lo spettatore si ritrova orfano. Litigio tra Norman e la madre. Norman pulisce

il sangue dal bagno e porta via il corpo. Ci si identifica con Norman Bates ora.

Il disagio che lo spettatore prova nell’identificarsi con una ladra e con un occultatore

nasconde la finalità di far sì che lo spettatore metta in discussione le proprie certezze

morali.

Sta agli autori rinnovare il genere; trasgredire le convenzioni per introdurre degli

aspetti originali e farli diventare le nuove convenzioni di quel genere. La comprensione

dello spettatore è molto vincolata alle convenzioni e condizionata da una lunga

tradizione che lo spettatore conosce in modo inconsapevole. La comprensione

nell’ambito del genere si muove entro certi limiti e margini piuttosto chiari e noti.

Hitchcock si muove in questo contesto. Questo tipo di comprensione non rende lo

spettatore particolarmente attivo; è richiesto allo spettatore di mettere in atto delle

reazioni già previste che fanno parte del genere, non gli si richiede uno sforzo

particolare dal punto di vista interpretativo. Ci sono delle scene in cui viene utilizzato il

simbolismo, ma il simbolico rimane sullo sfondo a sollecitare l’inconscio dello

spettatore. I generi hanno la caratteristica di non richiedere un grande sforzo allo

spettatore.

Le funzioni principali dello spettacolo sono quelle dell’intrattenimento e della

distrazione.

Psycho è un film di genere anomalo, che trasgredisce le convenzioni. Gli elem

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
61 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher enrica.bosco2 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia ed estetica del cinema e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Simonigh Chiara.