Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
CESARE BRANDI E L’ISTITUTO CENTRALE DEL RESTAURO
La situazione dell’Italia nell’ultimo dopoguerra, un paese così gravemente ferito nel suo tessuto
artistico e nei suoi monumenti, aveva posto brutalmente le istituzioni di fronte alla necessità della
ricostruzione. È in questo momento che si afferma la teoria del restauro di Cesare Brandi.
La nascita dell’istituto del Restauro è strettamente legata a quel Convegno dei Sopraintendenti
voluto da Giuseppe Bottai nel 1938, da cui verranno create le Leggi di tutela del 1939. Nel corso di
quel convegno Giulio Carlo Argan presentò una relazione nella quale delineava i connotati di un
Gabinetto centrale per il restauro. La proposta fu immediatamente approvata e l’Istituto nacque
l’anno successivo, nel 1940, venne effettuata la consegna dei locali e iniziarono i lavori. nel 1941
venne inaugurato l’Istituto Centrale per il Restauro. Cesare Brandi ne fu nominato direttore, carica
che tenne fino al 1961. Esso mirava a coordinare i criteri e i metodi di restauro e a creare una classe
di restauratori preparati attraverso un tirocinio teorico, tecnico e pratico. Nacque così una struttura
articolata in più settori e comprensiva di gabinetti scientifici, laboratori di restauro, una scuola per
restauratori, laboratori fotografici, una biblioteca e un archivio.
1931: carta del restauro italiana e carta di Atene. Brandi fu uno degli autori della Carta del restauro
del 1972. La Carta del Restauro del 1972, promulgata dal Ministero della Pubblica Istruzione e
pubblicata sul Bollettino dell’Arte, è l’espressione della filosofia brandiana sul restauro. Gli allegati
alla Carta precisano le modalità tecniche per i vari indirizzi artistici. 1987: consiglio nazionale delle
ricerche promuove un emendamento della carta del 1972 e il registra principale di questo
emendamento è Baldini.
Un’altra carta importante è quella redatta in Giappone e aveva come scopo quello di discutere a
livello internazionale e tra culture diverse, il concetto di autenticità (1994).
Giuseppe Bottai (1895-1959): ministro dell’educazione nazionale dal 1936 al 1943. Era un
intellettuale politicizzato, dirigeva una rivista (primato lettere e arti in Italia), era stato allievo di
Longhi al liceo. Chiamerà attorno a sé Roberto Longhi e alcuni giovani: Cesare Brandi e Giulio
Carlo Argan. Viene messo in moto un meccanismo di rinnovamento soprattutto del restauro e a
questo punto la prima azione che viene fatta è quella di risolvere il problema della conservazione
die libri e dei documenti. Era attivo in Italia un biologo, Alfonso Gallo che era specialista di
biblioteche e di libri. Alfonso Gallo progetta in accordo con Bottai la creazione di un centro
nazionale che risolvesse i problemi di conservazione di libri e documenti che viene fondato nel
1938.
Intanto a Firenze l’Opificio delle Pietre Dure: istituto che via via si trasforma fino all’alluvione di
Firenze negli anni sessanta del Novecento.
A Roma troviamo Argan e Brandi (1906-1988), due giovani storici dell’arte che avevano tre anni di
differenza l’uno dall’altro. Nel ’38 Carlo Argan aveva 31 anni e Brandi ne aveva 44. Nel 1938
Giulio Carlo Argan viene incaricato di presentare davanti a tutti i sovrintendenti d’Italia un progetto
molto ambizioso. Questo progetto tendeva a creare un istituto centrale per il restauro, una struttura
che ancora non esisteva. Argan è convincente perché poi il progetto viene realizzato nel giro di tre
anni. Nel 1939 Bottai promuoverà la stesura e la promulgazione della legge 1089 che è la prima
grande legge organica per la tutela del patrimonio culturale. Nel 1941 l’istituto si inaugura. Di
questo istituto ci sono due testimonianze: documento che venne letto da Argan e un racconto di
Brandi che ricordo l’episodio di fondazione. I piani di Argan prevedevano l’insegnamento
universitario quindi si tira indietro e il testimone passa a Cesare Brandi che diventa il realizzatore
del progetto e il primo direttore. Brandi andrà a insegnare a Palermo (Argan va alla Sapienza di
Roma). già Boito sosteneva che accanto al monumento restaurato bisogna conservare tutta
l’istruttoria del restauro per difendere quell’intervento. Invece Argan progetta un archivio centrale
unificato, tutti i documenti del restauro d’Italia dovevano confluire a Roma. questo Istituto avrebbe
dovuto pubblicare una rivista per la diffusione del restauro. Questo Istituto doveva essere una
scuola di perfezionamento per restauratori, in questa scuola bisognava formare in modo organico
(ripresa proposta di Edwards). La scuola doveva formare restauratori con una conoscenza
interdisciplinare per avere il restauratore moderno a disposizione. A sostegno di questa scuola
l’istituto avrebbe dovuto mettere in piedi laboratori e officine. Questo Istituto avrebbe dovuto
mantenere rapporti di collaborazione con gli istituti già esistenti. Al piano terra faceva ingresso
un’opera che veniva dall’esterno e quest’opera veniva subito registrata da un’addetta, poi
quest’opera veniva fotografata e poi veniva portata in deposito per attendere altre attività, dopo
bisognava fare dei prelievi, poi bisognava portarla in un laboratorio di restauro. All’inizio c’erano
circa 30 persone che mandavano avanti la struttura. Della biblioteca si è salvato un solo scaffale.
Venne realizzato un nuovo laboratorio fotografico, i laboratori scientifici all’avanguardia, i
laboratori di restauro. Secondo Brandi le opere restaurate dovevano essere fatte vedere alla gente
tramite sala di esposizione che doveva garantire una buona illuminazione delle opere d’arte.
Il restauro è un atto critico cioè non è un atto operativo. Bisogna tenere presente dell’atto creativo,
costruire il procedimento di quell’opera, il contesto in cui l’opera venne realizzata, bisogna
ricostruire le vicende che hanno coinvolto l’opera. Il fine di restauro non è quello di cambiargli la
cornice ma è di risolver ei fenomeni di degrado in atto che stanno mettendo a rischio la capacità di
quell’opera di essere ereditata dalle future generazioni. Per fare tutto questo il procedimento non è
solo chimico-fisico ma il procedimento è critico.
Longhi a un certo punto esce dal consiglio tecnico, i rapporti con Brandi non saranno sempre buoni,
si modificano negativamente ed entreranno nel consiglio tecnico altre figure più avanti. Brandi
viene a sconoscenza che a Firenze c’era un restauratore di origine olandese Augusto Vermehren che
era nel gabinetto di restauri della galleria di Firenze, lo fa entrare nel consiglio tecnico.
Nell’organico iniziale del 1942 c’era Augusto Cecconi Principi, discendente di una famiglia di
restauratori da tanto tempo ed era già notissimo. Luciano Arrigoni, restauratore bergamasco. Il più
importante dei bergamaschi era Mauro Pellicioli che era un restauratore amato moltissimo da
Longhi, si considerava un grande del restauro poiché aveva un’autostima altissima. C’era un pittore
molto accreditato al tempo di Bottai che era Antonio Longhi che viene chiamato per insegnare la
tecnica del colore. Quindi parte con una trentina di persone, un organico ridotto all’osso. All’inziio
degli anni 50 c’è un ampliamento. Del progetto di Argan, Brandi mette in piedi tutto quello che
Argan aveva previsto, tutto tranne una cosa che non verrà mai realizzata, l’archivio unico del
restauro in modo che tutti i documenti di tutta la nazione finissero in un luogo unico. Brandi
comincia a pubblicare il bollettino dell’istituto nazionale per il restauro e il primo numero ha una
presentazione di Lionello Venturi che avvia questa tradizione di questa rivista che esiste ancora. Il
numero uno del bollettino si apre con un testo fondamentale di Brandi, testo che verrà poi dilatato
da Brandi in saggi più specifici che costituiranno la teoria di restauro. Tutti i collaboratori di Brandi
erano uniti e qualsiasi cosa Brandi chiedeva veniva fatta e si sentivano dei precursori e questo
spirito si è mantenuto per alcuni decenni. Inventavano tutto, ogni giorno mettevano a punto cose
nuove, bisognava inventare un nuovo approccio al restauro dove la prassi cioè il restauro operativo
cioè quello realizzato direttamente sulla materia dell’opera d’arte andava di pari passo alla teoria e
Brandi passava da un campo all’altro. Brandi ha abituato i suoi restauratori a leggere l’opera d’arte
come un archeologo legge un sito archeologico, legge per strati.
A Viterbo durante il conflitto bellico era caduta una bomba sulla chiesa di Santa Maria della verità e
nella cappella con gli affreschi di Lorenzo da Viterbo c’era stato un crollo delle pareti affrescate che
erano finite in frammenti. Brandi viene chiamato a intervenire e questo lavoro che prende in carico
servirà per mettere a fuoco alcuni aspetti teorici fondamentali, è da questo lavoro che deriva la
teoria dell’integrazione della lacuna. Brandi fa subito fare un recupero archeologico di questi
frammenti. Vengono messi in cassette numerate questi frammenti. Per aiutare la ricomposizione die
frammenti a Brandi viene l’idea di fare delle gigantografie dei dipinti però era molto difficile
recuperare della carta fotografica a rotoli gigantesca allora viene fatto montare ai falegnami
dell’istituto delle tele nuove che vengono sensibilizzate applicando della gelatina sensibile cioè
quella materia che costituisce la base della pellicola fotografica cioè rende fotosensibili le tele e con
l’ingranditore fotografico fa impressionare in camera oscura queste tele creando l’immagine del
dipinto. Con l’aiuto delle fotografie si tentava di riposizionare i vari frammenti. Si pose il problema
dell’integrazione di questa parte mancante, Brandi ebbe l’intuizione di ricostruire con filini verticali
di colore, eseguiti con un pennello sottilissimo che si vedono a 50 cm, Brandi si ispirerà agli
esperimenti che venivano compiuti nel campo della psicologia di percezione che è un campo della
psicologia che cerca di ricostruire i meccanismi percettivi. Brandi teorizzerà molto sull’importanza
dell’immagine però ci spiegherà una cosa che l’opera d’arte è formata da materia e questa materia
ha due funzioni, c’è una materia più superficiale che è la materia che forma l’immagine che non si
manterrebbe in piedi se non fosse stata aiutata da una materia che sta dietro di lei che è il supporto.
A quel punto si dà importanza al supporto e si fanno ricerche innovative.
La lacuna e l’integrazione. Come risolvere il problema della lacuna, della mancanza? Riflessioni
su come integrare gli oggetti tridimensionali.
Altre rivoluzioni accadevano anch