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Osservazione e restauro nel Rinascimento e nel Neoclassicismo
Per capire l'idea di conservazione dell'epoca, è utile la lettura di ciò che scrive Raffaello in una lettera al Papa in cui ragiona sul valore dell'arte ed esordisce con un appello riguardo alla conservazione delle rovine delle città. Per conservare l'antichità bisogna recuperare la tecnica, che si può apprendere soltanto dallo studio del passato, mettendo insieme i testi e facendo indagine sul campo attraverso i disegni. Paragona la pietà verso i monumenti a quella verso i parenti e la patria. Tempo e destino (barbari) li hanno distrutti: hanno tolto la carne (gli ornamenti) ma hanno lasciato lo scheletro (la struttura). Ma i barbari da soli non fecero grossi danni, quanti pontefici fecero calce e pozzolana di statue? Soprattutto Bartolomeo della Rovere. Ci riempiamo la bocca del valore degli antichi, ma al contempo ne distruggiamo le testimonianze.
Al volgere
dell'età moderna, gli autori rinascimentali riconoscono il valore di chi li ha preceduti e, in materia di restauro, cominciano le prime osservazioni sulla conservazione delle opere d'arte. Vasari ne dà un vasto quadro nelle Vite dove emerge la consapevolezza dei pericoli a cui sono sottoposte le opere:- Danni naturali: inondazioni, crolli o incendi: ad es. la Madonna del Cardellino di Raffaello restò travolta nel crollo della casa del proprietario, Lorenzo Nasi. I pezzi ritrovati tra i calcinacci furono riuniti insieme ma gravemente danneggiati.
- Danni antropici: incuria (o ignoranza), vandalismo o invidia: ad es. atti vandalici durante l'assedio di Firenze del 1530 dove si fece scempio di marmi oppure la distruzione di opere anche pregiate, per far posto a nuove costruzioni o decorazioni; Vasari riporta l'aneddoto del Bandinelli che avrebbe distrutto il cartone della Battaglia di Cascina.
La Maestà di San Gimignano subisce due restauri: prima un ingrandimento, per cui vengono aggiunti due santi (la diversa cromia del blu ci fa capire l'intervento); successivamente Benozzo Gozzoli fa un secondo restauro a causa di un danno, lo si può vedere dal piede dell'ultimo santo e dal carattere della scrittura, desuete ma mimetiche (imitazioni tardogotiche).
- Pulitura
Il manoscritto palatino 1001 della Biblioteca Nazionale di Firenze, scritto in latino e volgare veneto e datato al 1561, riporta varie ricette che riguardano la pulitura dei dipinti, i materiali e i procedimenti a cui si ricorreva nel XV e XVI sec. quando una tavola appariva inscurita e la si voleva "alluminare". La pulitura si basava su calce purissima setacciata, acqua, cenere di rovere, miele e rosso d'uovo (per stemperare l'aggressività) ed era necessaria per eliminare i depositi superficiali che offuscano la lettura dell'opera.
esempio è l'opera di Piero della Francesca, San Girolamo penitente: fino al XX sec si pensava che l'opera fosse incompiuta, la pittura fortemente abrasa che è emersa in un restauro rivela invece come una pulitura precedente, troppo aggressiva, avesse rovinato la tela ed è stato necessario un intervento che rendesse l'opera nuovamente leggibile. Leggibilità reinterpretata e semplificata. Intervento mimetico ma con tonalità più calde.
- Stacco degli affreschi
Un'altra opera di Piera della Francesca, la Resurrezione (1450-60) a San Sepolcro, dopo quindici anni viene spostata da una parete all'altra del palazzo comunale staccando l'intonaco, attraverso la tecnica del massello, dal supporto della parete. Già Plinio parla di questa tecnica attraverso la quale si erano spostate opere da Sparta a Roma: si tagliava la parte muraria ai lati del dipinto e la parte sottostante, spostando anche buona parte del muro.
dove erastato realizzato. Questi spostamenti erano molto frequenti nel passato e così gli antichi rinascimentali operano questo intervento dove necessario, per garantire la conservazione dell’opera.
Un putto di Raffaello fu staccato per scampare alla demolizione dell’edificio. Incoronazione della Vergine e Annunciazione di Correggio: la parte centrale è stata staccata e trasportata altrove, ora sostituita da una copia.
- Integrazioni
Nel Cinquecento si assiste ai primi interventi nei quali è possibile individuare un “restauro”, cioè un intervento che voglia restituire al frammento antico una completezza che ne permetta una migliore fruizione estetica e, spesso, un soggetto senza il quale la figura non sarebbe leggibile secondo le norme di una rappresentazione legata alle problematiche della ‘storia’. Vasari afferma infatti che le sculture antiche senza integrazioni perdano la loro grazia, che è fondamentale.
Reintegrare sarebbe dunque doveroso per ripristinare l'armonia, il rispetto del canone, a prescindere dalla realtà storica.
Statua divinità fluviale: Michelangelo propone integrazione in creta per ripristinare la grandezza originaria della barba mutila che doveva arrivare all'ombelico.
Il completamento di un frammento antico richiede anzitutto l'interpretazione corretta o plausibile delle parti mancanti, poi la loro esecuzione in una "maniera" che sia in grado di accompagnarsi a quella antica. Un caso emblematico è quello del gruppo del Laocoonte, scultura del I sec a.C. attribuita ad Agesandro, Atenodoro di Rodi e Polidoro. La scultura fu rinvenuta in modo del tutto fortuito nel 1506 e al momento dell'assemblaggio si notò come alcuni particolari anatomici fossero mancanti, tra cui il braccio destro piegato di Laocoonte. Dopo diverso tempo viene integrato da Montorsoli aggiungendo il braccio proteso che tiene il serpente in creta;
nel Settecento viene fatta un'integrazione in marmo da Cornacchioni. Come vediamo nel disegno di Aspertini, il braccio doveva essere flesso e non proteso: la modifica di Cornacchioni serviva a donare maggiore grazia alla figura, sacrificando la corrispondenza alla realtà. Nel 1906 l'archeologo Ludwig Pollack individua il braccio mancante, nel 1959 avviene la sostituzione (l'immagine era ormai consolidata). Ad alcune opere viene riconosciuta una grazia innata, come al Torso del Belvedere, che non ha mai subito integrazioni. Michelangelo lo utilizza come modella nelle sue opere. - Restauro architettonico Un monumento di età repubblicana, il Tabularium (archivio di stato), a partire dal Duecento assume una nuova funzione, veniva utilizzato come Palazzo del Senatore. Nel 1538 Papa Paolo III Farnese commissiona a Michelangelo la riorganizzazione della zona interna del Campidoglio, in cui si trovano diversi palazzi (Senatorio, dei Conservatori), che con la piazza.Poiché l'inquinamento atmosferico stava causando notevoli corrosioni, la facciata di Santa Maria Novella di Firenze è stata restaurata. La parte bassa della facciata è di stile romanico fiorentino, mentre la parte superiore è stata completata da Alberti. Durante il restauro, i pannelli sono stati conservati e inseriti in una incorniciatura, mascherando la facciata medievale.