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IV FASE

Nella quarta, ed ultima, fase della produzione euripidea vediamo due aspetti

diversi: il primo aspetto connota un gruppo di tragedie molto famose, come

Ifigenia in Aulide, Elena e Efigenia fra i tauri; il secondo gruppo, in realtà,

è composto da una sola tragedia, ovvero le Baccanti. Nelle tre tragedie del

primo gruppo nasce un nuovo modo di fare teatro, più giocoso e divertente->

La forza politica e militare di Atene, dopo la sconfitta delle Guerre del

Peloponneso, è ormai distrutta, dunque è inutile continuare a fare teatro sulla

politica di una città in declino. Chi va a teatro, ormai, va per divertirsi e

dimenticare la tragica fine dell’egemonia ateniese: nasce il teatro che verrà

Ripreso dalla Commedia Nova, in cui i protagonisti affrontano vicende

avventurose e accattivanti.

ELENA (412)- IV fase

Elena (Ἑλένη) è una tragedia di Euripide, rappresentata per la prima volta nel

412 a.C. L'opera è un esempio di tragicommedia che ruota attorno al gioco

degli equivoci e in cui l'elemento tragico è meno importante.

Trama. Elena, per un prodigio operato da Era, si trova in Egitto mentre a Ilio è

andato semplicemente un suo simulacro. Il violento e dispotico Teoclimeno,

figlio del re Proteo, vuole che Elena diventi sua moglie. Per sfuggirgli Elena si è

rifugiata supplice presso la tomba di Proteo. Sopraggiunge Teucro, di ritorno da

Troia, e racconta a Elena (senza riconoscerla) la triste sorte di Menelao: egli è

perito nei flutti insieme alla moglie. Elena disperata vorrebbe uccidersi, ma per

consiglio del coro decide di interrogare la profetessa Teonoe, sorella di

Teoclimeno. Questa le dice che Menelao è ancora vivo. Giunge, frattanto,

scampato dal naufragio, Menelao, il quale apprende dalla custode della reggia

che Elena è lì viva. Menelao non comprende, in quanto ha lasciato in una antro

il simulacro che aveva condotto con sé da Troia e che egli riteneva essere

appunto Elena, che, a sua volta, riconosce Menelao e viene finalmente da lui

riconosciuta. Elena, assunta acconciatura di lutto, convince Teoclimeno a

consentirle di rendere al marito gli onori funebri sul mare. Saliti sulla nave

Menelao e alcuni compagni (ovviamente con Elena) appena giunti al largo si

sbarazzano degli uomini di Teoclimeno e fanno vela verso la Grecia.

Teoclimeno, infuriato per l’inganno, vorrebbe uccidere Teonoe, che ha aiutato i

fuggitivi. Il coro, però, lo convince a risparmiare la sorella. Ella gli ha impedito

di compiere un atto empio, come gli dicono i Dioscuri che compaiono sulla

scena, ex machina, a concludere la tragedia. Essi annunziano che Elena, alla

fine della vita, diverrà una dea, mentre Menelao dimorerà felice nelle isole dei

beati.

Tematiche. Le tragedie ad intreccio ebbero una forte influenza in particolare

sulla Commedia Nuova del IV secolo a.C., che adottò questo tipo di trama

(l'unico autore di quel periodo di cui ci siano rimaste opere è Menandro).

Nell'Elena sono già presenti molti degli ingredienti che diverranno tipici della

commedia: l'azione del caso (tyche), il riconoscimento di qualcuno

(ánagnorisis), il lieto fine. Questo tipo di trame passerà poi alla commedia

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romana (Plauto e Terenzio) e da lì alle commedie moderne. Nell'Elena sono

presenti chiari riferimenti alla situazione storica della Atene di quegli anni. Nel

412 a.C. la guerra del Peloponneso infuriava ormai da quasi vent'anni, e gli

ateniesi erano esasperati da quella guerra infinita. In questo clima, Euripide fa

pronunciare al coro una forte condanna della guerra.

Elena nella storia. Il ratto dal serraglio è un Singspiel in tre atti con musica

di Mozart su libretto di Stephanie il giovane, tratto da un libretto del 1781 di

Bretzner (1748-1807) per Johann André, a sua volta ispirato a numerose

varianti francesi, inglesi ed italiane del tema del Turco generoso. L'Italiana in

Algeri è un'opera lirica in due atti di Gioachino Rossini, su libretto di Angelo

Anelli, andata in scena per la prima volta a Venezia il 22 maggio 1813.

IFIGENIA IN AULIDE (IV fase- vecchiaia)

Ifigenìa in Àulide è una tragedia di Euripide, scritta tra il 407 ed il 406 a.C., nel

periodo che l'autore passò alla corte di Archelao, re di Macedonia, dove morì.

L'opera reca alcuni segni di incompiutezza e non fu mai messa in scena

dall'autore.

Trama. La scena è ambientata nell'accampamento greco, in Aulide, sulla costa

della Beozia, dove le barche dirette verso Troia sono bloccate. Nel prologo:

l'indovino Calcante afferma che solo sacrificando alla dea Artemide una figlia

di Agamennone, Ifigenia, i venti torneranno a spirare. Ifigenia però non è con

loro, è rimasta a casa, così Agamennone, persuaso da Odisseo, le scrive una

lettera in cui le prospetta un matrimonio con Achille, chiedendole di

raggiungerli in Aulide. In seguito però, pentito, cerca di avvertire la figlia di non

mettersi in viaggio scrivendole un altro messaggio. Il secondo messaggio viene

intercettato da Menelao, che lo toglie di mano al vecchio e rimprovera

aspramente Agamennone per il suo tentativo di tradimento. Arrivano quindi in

Aulide Ifigenia e la madre Clitennestra, con il piccolo Oreste, per le nozze. A

quel punto viene a galla la verità, sicché le due donne si ribellano

furiosamente: Clitennestra biasimando il marito, Ifigenia chiedendo pietà con

parole toccanti. Anche Achille, nello scoprire che il suo nome era stato usato

per un atto tanto infame, minaccia vendetta. Però Ifigenia, nel vedere

l'importanza che la spedizione ricopre, cambia atteggiamento e offre la propria

vita, calmando la madre e respingendo l'aiuto di Achille. Al momento del

sacrificio, però, la ragazza scompare ed al suo posto la dea Artemide invia una

cerva, in tal modo la ragazza è stata salvata dagli dei ed ora dimora presso di

loro. Il vento torna a spirare e la flotta può finalmente salpare verso Troia.

Tematiche. In epoca arcaica il sacrificio umano era veramente praticato:

nella cultura greca il sacrificio di Ifigenia equivaleva ad una sorta di peccato

originale. Euripide, in questa opera, evidenzia il passaggio da una società

arcaica, che disponeva anche di sacrifici umani, a una società più avanzata, in

cui i sacrifici umani erano stati sostituiti prima da sacrifici animali e in seguito

da offerte votive simboliche. Nell’opera, oltre a un cambiamento della trama,

vi è anche un cambiamento musicale: Euripide prese spunto da Timoteo di

Mileto, che fu il maggior esponente della Nuova Musica, che vide il prevalere

dell'elemento melodico su quello letterario nei generi lirici tradizionali, come il

ditirambo ed il nomos (canto monodico in onore di Apollo). Timoteo portò

alcune novità nella lirica greca, come ad esempio l'utilizzo della lira ad undici

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corde; queste innovazioni, però, incontrarono l'opposizione dei suoi

contemporanei. La metrica dei cori diventa molto irregolare, e cambia anche la

gerarchia degli strumenti musicali. Se lo strumento a corde, nella tragedia

classica, era quello principale - poiché rispecchiava il suono della sfera celeste,

l’armonia originaria del mondo - in Euripide non lo sarà più: assume massima

rilevanza l’Aulos, strumento a fiato simile all’oboe, che rende suoni più

prolungati, e le percussioni-> TEATRO DI AVANGUARDIA.

BACCANTI (406-7 - opera a sé stante della IV fase)

Le Baccanti è una tragedia di Euripide, scritta mentre l'autore era alla corte di

Archelao, re di Macedonia, tra il 407 ed il 406 a.C. Euripide morì pochi mesi

dopo averla completata.

L'opera fu rappresentata ad Atene probabilmente nel 403 a.C. sotto la

direzione del figlio dell'autore. Venne messa in scena nell'ambito di una trilogia

che comprendeva anche Alcmeone a Corinto e Ifigenia in Aulide. Tale trilogia di

opere fruttò all'autore una vittoria postuma alle Grandi Dionisie di quell'anno.

Trama. Dioniso, dio del piacere, era nato dall'unione tra Zeus e Semele, donna

mortale. Le sorelle della donna e il nipote Penteo (re di Tebe) per invidia

sparsero la voce che Dioniso in realtà non era nato da Zeus, ma da una

relazione tra Semele e un uomo mortale, e che la storia del rapporto con Zeus

era solo uno stratagemma per mascherare la "scappatella". essi negavano la

natura divina di Dioniso, considerandolo un comune mortale. Nel prologo della

tragedia, Dioniso afferma di essere sceso tra gli uomini per convincere tutta

Tebe di essere un dio e non un uomo. A tale scopo ha indotto un germe di follia

in tutte le donne tebane, che sono dunque fuggite sul monte Citerone a

celebrare riti in onore di Dioniso stesso (diventando quindi Baccanti). Questo

fatto però non convince Penteo: egli rifiuta di riconoscere un dio in Dioniso, lo

considera una sorta di demone che ha ideato una trappola per adescare le

donne. Invano Cadmo (nonno di Penteo) e Tiresia (indovino cieco) tentano di

dissuaderlo e di fargli riconoscere Dioniso come un dio. Il re di Tebe fa allora

arrestare lo stesso Dioniso per imprigionarlo, il dio però scatena un terremoto

che gli permette di liberarsi. Nel frattempo dal monte Citerone giungono

notizie inquietanti: le donne che compiono i riti sono in grado di far sgorgare

vino, latte e miele dalla roccia, e in un momento di furore dionisiaco si sono

avventate su una mandria di mucche, squartandole vive con forza sovrumana.

Dioniso, parlando con Penteo, riesce allora a convincerlo a mascherarsi da

donna per poter spiare di nascosto le Baccanti. Una volta che i due sono giunti

sul Citerone il dio aizza le Baccanti contro Penteo. Esse sradicano l'albero sul

quale il re si era nascosto e lo fanno letteralmente a pezzi. Questi fatti

vengono narrati a Cadmo da un messaggero che è tornato a Tebe dopo aver

assistito alla scena. Poco dopo arriva anche Agave, munita di un bastone sulla

cui sommità è attaccata la testa di Penteo che lei, nel suo delirio di Baccante,

crede essere una testa di leone. Cadmo, sconvolto di fronte a quello

spettacolo, riesce a far rinsavire Agave, che si accorge con orrore di ciò che ha

fatto. A quel punto riappare Dioniso ex machina, che spiega di aver

architettato questo piano per punire chi non credeva nella sua natura divina, e

condanna Cadmo e Agave a essere esiliati in terre lontane.

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Tematiche. è l’opera più ripresa di Euripide, perché sono rappresentati i riti

estatici delle Baccanti-> l’opera non è composta per il pubblico ateniese, bensì

per quello macedone. In apparenza il suo messaggio è un monito a tutti gli

uomini ad adorare sempre gli dei e a non mettersi contro di essi.

Dettagli
A.A. 2017-2018
55 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gisella.governi92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dello spettacolo nel mondo antico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Tosi Renzo.