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CONCETTI PRINCIPALI
Prima topica: conscio, preconscio, inconscio; principio di realtà, principio di piacere; rimozione e meccanismi di difesa
Interpretazione dei sogni: contenuto manifesto e contenuto latente
Sviluppo psicosessuale: fase orale, fase anale, fase fallica (complesso di Edipo), fase genitale
Seconda topica: io, es, super-io; pulsioni di vita e pulsioni di morte
37. (vedi 35) Il metodo catartico, che fu alla base della collaborazione tra Breuer e Freud, doveva ben presto presentare dei punti
deboli. I sintomi scomparivano per un certo periodo, per fare poi la loro ricomparsa una volta che la cura veniva sospesa, e
inoltre si verificava una forte dipendenza da parte dei pazienti nei confronti della figura del terapeuta.
Anche sul piano teorico i due autori si trovarono sempre più in disaccordo: Freud era sempre più convinto che gli elementi
psichici all’origine dei disturbi fossero patogeni in quanto il loro significato e i loro contenuti si contrapponevano alle tendenze
dominanti della vita psichica, alla coscienza, sì da indurre una difesa da parte del soggetto. Accertò inoltre che l’incompatibilità di
determinati pensieri, tendenze e desideri con la vita cosciente dipendeva dal fatto che essi erano fortemente associati a
significati della vita sessuale e in particolare con vissuti, ricordi e affetti riconducibili a esperienze originatesi nell’infanzia e
ancora presenti nella vita dell’adulto, ma rimossi e sprofondati nell’inconscio. Breuer reagì, come del resto in quel periodo la
scienza ufficiale, negativamente: rifiutò sia l’impostazione di metodo di Freud, sia il riferimento alla sessualità infantile.
Il distacco da Breuer assunse quindi un valore emblematico e il periodo che va dal 1895 al 1900 vide sempre più acuirsi le
difficoltà di Freud nei confronti dell’ambiente scientifico ufficiale e in particolare medico e psichiatrico. Lo studio dei fenomeni
nevrotici aveva condotto Freud sulla soglia di una nuova soluzione relativa alla spiegazione dei processi psichici: la psicoanalisi.
38. Piaget (1896 - 1980) dedicò le sue ricerche allo studio dei bambini. Per fare ciò, dovette inventarsi un nuovo metodo, il
cosiddetto colloquio clinico. Tutti i metodi allora disponibili, infatti, non erano adatti a scandagliare il suo oggetto di ricerca, e
cioè lo sviluppo dell’intelligenza per stadi. Il passaggio da uno stadio di sviluppo dell’intelligenza all’altro viene definito sulla base
della capacità di compiere operazioni mentali descrivibili in termini di strutture logiche.
Inventò così un sistema misto, tra il colloquio e l’osservazione, che consisteva nel ricostruire le credenze del bambino o nel
sottoporgli domande mirate mentre risolveva un compito (es. “Da dove viene il vento?”). Altre volte il colloquio si accompagnava
alla manipolazione di oggetti da parte dello sperimentatore e del bambino.
Il colloquio clinico intrecciato al tentativo di risolvere i problemi non poteva venire utilizzato con bambini molto piccoli. In questi
casi Piaget si limitavi ad osservare i comportamenti e descriverli.
In particolare Piaget osservò con attenzione e descrisse lo sviluppo intellettuale dei suoi figli.
Il fascino, ma anche il limite, del metodo piagetiano consiste nell’intreccio tra osservazioni e interpretazioni. I protocolli verbali
ottenuti con il colloquio clinico e le osservazioni dei comportamenti venivano filtrati dagli occhi del teorico, che finiva per vedere
dietro i comportamenti le strutture sottostanti del pensiero. Piaget era molto attento a non influenzare con le sue domande le
risposte del bambino, ma tendeva pericolosamente a interpretare risposte e azioni alla luce dei suoi presupposti teorici.
39. Piaget definisce alcuni concetti base. Innanzitutto la psicologia è lo studio del comportamento umano, incluso il pensiero e i
processi mentali; mentre l’epistemologia riguarda lo studio delle scienze, la teoria del sapere e della conoscenza (in particolare, il
“problema della relazione tra soggetto agente e pensante e gli oggetti della sua esperienza”). Il termine genetica si riferisce allo
sviluppo ontogenetico e filogenetico, quindi la psicologia genetica studia lo sviluppo del comportamento umano; mentre
l’epistemologia genetica si occupa dello sviluppo della conoscenza umana.
La tesi di Piaget è che la conoscenza è un processo, una relazione tra conoscente e conosciuto: “la conoscenza non è né una
copia dell’oggetto né una presa di coscienza di forme a priori che sarebbero predeterminate nel soggetto. La conoscenza è una
costruzione perpetua attraverso gli scambi tra l’organismo e l’ambiente dal punto di vista biologico e tra il pensiero e l’oggetto
dal punto di vista cognitivo.” Piaget applica il suo approccio evolutivo non solo per spiegare lo sviluppo delle capacità di
conoscenza e pensiero nei singoli individui, ma anche la conoscenza collettiva.
Le tappe dello sviluppo sono ovviamente diverse, ma la sequenza logica è la medesima: dalle operazioni matematiche come
azioni sul mondo si passa ad un’analisi delle operazioni per se stesse, come manipolazioni mentali di simboli.
Nell’approccio di Piaget allo studio della conoscenza gioca un ruolo cruciale anche la biologia, disciplina alla quale era interessato
fin dalle sue prime esperienze giovanili. La nozione fondamentale, di derivazione darwiniana, è quella di adattamento.
L’intelligenza umana, per Piaget, non è altro che la capacità di adattare il comportamento alle modificazioni dell’ambiente.
Fattori dello sviluppo tradizionali:
• Eredità: insieme di fattori più o meno fisiologici, come la maturazione fisiologica, le disposizioni e i comportamenti innati.
• Ambiente: tutte le azioni che l’ambiente fisico e l’ambiente sociale effettuano per formare e modificare il comportamento del
bambino.
Fattori dello sviluppo secondo Piaget:
• Tre fattori principali: la maturazione del sistema nervoso, l’apprendimento e l’esperienza ricavata dalle attività del bambino
sul mondo fisico.
• Fattore supplementare interno al bambino: meccanismi d’astrazione.
• Bambino attivo: interagendo con l’ambiente il bambino costruisce le sue conoscenze e le sue strutture mentali mediante due
processi fondamentali:
• Assimilazione: integrare un nuovo oggetto/situazione nell’insieme di oggetti/situazioni ai quali un comportamento o schema
d’azione esistente è già stato applicato.
• Accomodamento: accomodare uno schema alle proprietà specifiche di un oggetto.
Adattamento: interazione equilibrata tra assimilazione e accomodamento.
Tali processi permettono i meccanismi d’astrazione:
• Formazione di categorie pratiche di oggetti: conoscenza delle caratteristiche degli oggetti.
• Formazione di concetti astratti: operazioni, simboli,…
Criteri definitori di stadio dello sviluppo:
• Successione costante dei comportamenti indipendentemente dall’età cronologica
• Ogni stadio è definito da una struttura d’insieme che caratterizza tutti i comportamenti tipici di questo stadio
• Queste strutture si integrano, ognuna è preparata da quella precedente e si integra in quella nuova.
Stadi dello sviluppo mentale del bambino:
• Stadio dell’intelligenza senso-motoria (0-2 anni)
• Stadio delle operazioni concrete: sottostadio preparatorio (2-7 anni) e operatorio (7-11 anni)
• Stadio delle operazioni formali (da 11 anni)
40. Darwin dimostrò che le emozioni hanno carattere universale e sono transpecifiche attraverso sei prove: l’osservazione di
bambini, l’osservazione di malati di mente, lo studio del materiale iconografico prodotto da studiosi di fisiognomica, lo studio
delle espressioni nelle arti figurative, lo studio comparato di diverse popolazioni, l’osservazione dell’espressione degli animali.
Compì anche degli studi su primati, evidenziando come esista una continuità filogenetica tra uomini e animali per quanto
concerne i comportamenti espressivi. Grazie a tutte queste ricerche Darwin poté concludere che “lo stesso stato d'animo si
esprime in tutto il mondo con notevole uniformità”.
Lo psicologo americano Paul Ekman sottopone a nuove verifiche empiriche l’ipotesi darwiniana dell’universalità delle espressioni
delle emozioni, attraverso ricerche transculturali i cui risultati lo portano a confermare l’ipotesi.
Tali ricerche si concentrarono sul riconoscimento delle espressioni prototipiche delle emozioni di base: gioia, paura, sorpresa,
disgusto, rabbia, tristezza. Ekman e colleghi confrontarono infatti le espressioni facciali di culture letterate (USA, Giappone,
Argentina, Brasile e Cile), preletterate e “isolate”.
Ekman elaborò un sistema di codifica delle espressioni facciali oggettivo: FACS (Facial Action Coding System) fondato su
un’analisi minuziosa dei singoli movimenti facciali (action units).
Grazie a tale metodo evidenziò l’esistenza di segnali espressivi distintivi per le sei emozioni di base e come essi fossero
universali: attivati e compresi da tutti i soggetti delle sue sperimentazioni.
Ekman confrontò inoltre le espressioni facciali di soggetti adulti, neonati, primati non umani e altri animali e ne evidenziò la
continuità filogenetica.
Un’evidente conclusione teorica tratta dai risultati di tale ricerche è la definizione di emozione come risposta universale e quindi
innata, in quanto frutto dell’evoluzione biologica. In linea con le ipotesi darwiniane, egli concluse che le emozioni si sono evolute
per il loro valore adattativo.
41. Nell’opera cognitivista Piani e strutture del comportamento, originato nel 1960 dalla collaborazione di Miller, Galanter e Pribram,
si tenta di dare alla psicologia un’unità di analisi che potesse sostituire il riflesso (schema S-R), unità privilegiata dal
comportamentismo. Essi ritennero di poter individuare tale unità nel piano di comportamento, la cosiddetta unità TOTE (dalle
iniziali di Test-Operate-Test-Exit). Ogni volta che un individuo deve compiere un’azione, in primo luogo l’individuo esamina la
situazione esistente, la mette a confronto con la meta da raggiungere ed elabora un progetto per realizzare il cambiamento
desiderato (T). Successivamente mette in pratica le azioni necessarie (O) e analizza la nuova situazione (T). Se lo scopo è
raggiunto l’azione finisce (E), in caso contrario si va avanti fino al risultato voluto. Si tratta comunque di strutture gerarchiche, e
ogni unità TOTE può essere suddivisa in un numero indefinito di sottounità o confluire in unità più ampie.
In termini più generali, in un sistema vivente le elaborazioni giungono all’apparato recettore, ovvero al sistema sensoriale,
vengono trasmessi all&rsq