Anteprima
Vedrai una selezione di 7 pagine su 26
Appunti Storia della lingua, profilo storico Marazzini Pag. 1 Appunti Storia della lingua, profilo storico Marazzini Pag. 2
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia della lingua, profilo storico Marazzini Pag. 6
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia della lingua, profilo storico Marazzini Pag. 11
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia della lingua, profilo storico Marazzini Pag. 16
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia della lingua, profilo storico Marazzini Pag. 21
Anteprima di 7 pagg. su 26.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti Storia della lingua, profilo storico Marazzini Pag. 26
1 su 26
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Fin dall’inizio del Cinquecento la commedia si rivelò come genere ideale per la

realizzazione di un vivace mistilinguismo o per la ricerca di particolari effetti di parlato.

Al parlato miravano autori come Machiavelli e Ariosto. La caratteristica più evidente della

lingua della commedia è data dalla compresenza di diversi codici per i diversi personaggi,

che finirono per cristallizzarsi (toscano per gli innamorati, ai vecchi il veneziano, per i

marinai lo spagnolo, mentre la figura del pedante veniva rappresentata in forme auliche e

latineggianti).

Il linguaggio poetico:

7. Già abbiamo visto come Ariosto adeguasse la propria lingua al modello toscano di Bembo, e

l’esempio del “Orlando Furioso” è il risultato di una lingua chiara, elegante e regolata.

Il petrarchismo è caratteristico del linguaggio poetico del XVI sec., questa soluzione è

coerente con il modello di Bembo, ed è caratterizzato da un vocabolario lirico selezionato.

I rapporti tra Tasso e la Crusca rappresentano un capitolo famoso delle discussioni

linguistiche del Cinquecento. Tasso non voleva prendere le distanze dalla lingua toscana,

anche non si accompagnò ad un ossequio verso la lingua fiorentina e nemmeno del culto

delle forme arcaiche. Le accuse rivolte a Tasso furono:

• Lo stile epico troppo oscuro;

• La sua favella troppo culta;

• Il suo linguaggio è una mistura di parole latine, straniere e lombarde;

• I suoi versi sono aspri;

La lingua di Tasso in realtà si ispira al modello di Petrarca per la sua predilezione ai

latinismi. La Crusca si accanì in particolar modo contro Tasso perché non riconosceva

interamente il primato fiorentino.

In un suo trattato Tasso spiega le sue scelte linguistiche:

• il carattere di magniloquenza a cui aspira sta nell’asprezza dei suoi versi

spezzati, ovvero con il ricorso continuo all’enjambement, che è alla base per una

serie di effetti di sospensione e rallentamento del ritmo;

• L’enumerazione risulta essere uno degli stemmi più comuni, dato

dall’accumularsi di elementi congiunti da “e”.

Leopardi si ispirò molto al modello di Tasso. 15

La chiesa e il volgare:

8. Con il concilio di Trento, la lingua della chiesa restò il latino, ma si insistette sulla

predicazione in volgare, per raggiungere il maggior numero di persone, il tema di traduzione

della Bibbia fu rimandato. La predicazione in volgare era uno dei compiti a cui un parroco

non poteva sottrarsi, anche qui emerse il problema di quale lingua scegliere, anche in questo

caso il modello di Bembo prevalse.

10) Il Seicento:

Il vocabolario dell’Accademia della Crusca:

1. L’Accademia della Crusca ebbe un’importanza eccezionale, la Crusca fu un’associazione

privata che non ricevette sovvenzioni, eppure portò a termine il disegno di restituire a

Firenze il magistero della lingua. Fin dal 1591 era nata l’idea di realizzare un vocabolario,

gli accademici soprattutto nel canone degli autori spogliati seguirono i suggerimenti di

Salviati. Anche se al momento della realizzazione del vocabolario Salviati era già morto e

con la sua scomparsa nessuno prese il suo posto e l’accademia mantenne un carattere

collegiale.

Nel 1595 lo spoglio era terminato ma data l’assenza di fondi il vocabolario venne stampato

solo nel 1612 a Venezia (sempre per motivi finanziari).

Il vocabolario è ispirato dal modello di Bembo filtrato dalla figura di Salviati e Varchi,

quindi oltre alle “Tre Corone” entrarono nel vocabolario anche scrittori come Ariosto e

scrittori moderni.

Per quanto riguarda le scelte grafiche, il vocabolario si collocò sulla linea dell’innovazione,

distaccandosi dalle convenzioni ispirate al latino. L’Accademia dalla realizzazione del

vocabolario trasse la forza che la legò all’autorità linguistica.

L’opposizione alla Crusca:

2. • Paolo Beni manifestò il suo dissenso per la Crusca già nel 1612, quando scrisse

“Anticrusca”, qui veniva contrapposto al canone di Salviati gli scrittori del

Cinquecento ed in particolare Tasso, Beni supportava la “Teoria Cortigiana” con un

giudizio complessivamente negativo della letteratura Trecentesca;

• Alessandro Tassoni, che scrisse una serie di postille polemiche, in particolare

lamentava l’assenza di espedienti grafici per distinguere le voci antiche. Tema

fondamentale della riflessione di Tassoni è l’improponibilità dell’arcaismo

linguistico. Inoltre Tassoni anziché a Firenze guarda in alternativa a Roma

ricollegandosi alla “Teoria Cortigiana”;

• Daniello Bartoli, un gesuita scrisse “Il torto e il diritto del non si può”, in questo

scritto utilizza una pungente ironia nei confronti del rigorismo grammaticale, ed in

particolare contro la figura del grammatico.

Il vocabolario uscì vincente dalle critiche come dimostra il grande successo delle altre

due edizioni: la seconda del 1623, con pochi ammodernamenti e la terza del 1691

vistosamente diversa divisa in tre libri, qui entrarono per la prima volta termini

appartenenti al settore delle scienze, anche grazie al contributo di Galilei ed anche altri

16

autori moderni (Tasso, Varchi e Guicciardini), inoltre accogliendo la critica di Tassoni le

voci arcaiche vennero contrassegnate con la sigla “V.A”.

Il linguaggio della scienza:

3. Non c’è dubbio che la prosa debba molto allo sviluppo del linguaggio scientifico, prima di

tutto per merito di Galilei, per lui la scelta del volgare non era né facile né scontata, ma era

dettata dalla fiducia nel volgare ed anche dalla volontà di staccarsi polemicamente dalla

casta dottorale, nei suoi saggi il latino assunse la funzione di termine di confronto negativo.

Una volta scelto il volgare, Galilei dovette far sì che la lingua si adattasse ai nuovi compiti.

Galilei (a differenza di Tartaglia) non utilizzò mai un volgare basso-popolare, egli seppe

raggiungere un tono elegante e medio, perfettamente accordato alla chiarezza terminologica

e sintattica.

Galilei evita il ricorso a termini troppo colti, quando è lui a creare un nuovo vocabolo (al

contrario della tendenza del linguaggio scientifico) non si affida alle lingue classiche, ma al

volgare (cannocchiale, macchie solari). La tradizione volgare scientifica non fu accolta

all’unanimità da tutta la comunità, ma ebbe comunque influenze ad esempio su Redi e

Magalotti.

Il melodramma:

4. Vi sono buoni motivi per accordare al melodramma uno spazio speciale, l’Italia assunse per

lungo tempo posizioni egemoniche, il canto fu un ulteriore canale per la diffusione dei

modelli della letteratura italiana, questo tipo di componimento deve molto agli espedienti

utilizzati già da Tasso.

Il linguaggio poetico barocco:

5. Con Marino e la poesia barocca le innovazioni si fanno ancora più accentuate, il catalogo

degli oggetti poetici si allarga: all’anatomia, alla botanica, alla zoologia, fino a descrivere gli

insetti. Marino è il caposcuola di questo movimento nelle sue poesia utilizza molto spesso

termini del linguaggio scientifico, cultismi, grecismi e latinismi.

La donna non è più rappresentata come in Petrarca, ma lascia il posto a fantasie erotiche.

Il “Cannocchiale aristotelico” di Tesauro:

6. Il “Cannocchiale aristotelico” di Tesauro è considerato il trattato più importante della

poetica barocca. In esso è presente una critica al dogmatismo grammaticale, affiancando alla

cacofonia la cacozelia (difetto di quelli che errano per essere troppo ossequiosi verso le

forme artistiche tradizionali). Per questa critica non fu ben visto dai fiorentini.

Il Cannocchiale è un vero e proprio trattato sulla metafora.

Sviluppo letterario della predicazione religiosa nel sec. XVII:

7. La predica “barocca” presenta una serie di contrasti, come: forte uso di esclamazioni,

presenza di interrogazioni, di invocazioni e di elencazioni. Tra i predicatori più influenti ci

sono Paolo Segneri, che si rivolgeva alle masse rurali, utilizzando un linguaggio “alto” e

Paolo Aresi che fu un difensore del dialetto.

Le reazioni alla poetica del Barocco:

8. 17

Nel 1690 a Roma nacque la fondazione dell’Arcadia, che si osteggiava il barocco.

Padre Dominique Bouhours (grande autorità grammaticale) affermava che tra i popoli

d’Europa, solo ai francesi era riconosciuta l’effettiva capacità di parlare, di contro gli

spagnoli declamavano e gli italiani sospiravano, a vantaggio del francese giocava la

vicinanza tra la lingua poetica e quella in prosa, indice di razionalità.

La lingua italiana veniva bollata come incapace di esprimere in modo ordinato il pensiero

umano e veniva confinata quindi al melodramma. La risposta italiana tardò ad arrivare

dimostrando la debolezza della nostra cultura.

La letteratura dialettale:

9. In questo secolo c’è la nascita della letteratura dialettale cosciente, talora con esiti di rilievo

come a Napoli, in Piemonte, in Lombardia e in Toscana.

11) Il Settecento

Italiano e francese nel quadro europeo:

1. Il confronto di Bouhours era tra francese, italiano e spagnolo, le uniche lingue degne di

essere prese in considerazione, lo spagnolo era però in fase decadente, le lingue slave erano

sconosciute ed il tedesco e l’inglese avevano ancora una posizione marginale. L’Italiano era

considerato una lingua di corte ed aveva particolare prestigio a Vienna, mentre il francese

era assolutamente necessario anche a chi rimaneva in Italia, nel 1750, il 16% dei libri

stampati in Italia era in lingua francese. La penetrazione del francese avveniva attraverso

un’infinità di canali, era una moda.

Era inevitabile che la diffusione della lingua francese avesse conseguenze sul piano

linguistico. Il francese era caratterizzato da un ordine naturale degli elementi (Soggetto,

Verbo, Complemento), l’italiano per contro era caratterizzato da una libertà nella posizione

degli elementi (questo però era dovuto non ad un difetto strutturale, ma per l’abuso delle

inversioni, dovuto all’imitazione del modello di Boccaccio).

Gli intellettuali illuministi nostrani, presero spunto da questo dibattito, augurandosi la

diffusione di un linguaggio moderno per mezzo del quale la cultura potesse diffondersi in

più larghi strati della società.

L’influenza della lingua francese:

2. Questo spiega la penetrazione della moda e del gusto francese in Italia, che ne Settecento fu

massiccia. Francesismi entrarono in molti settori: moda, vita associata, politica, esercito,

amministrazione, belle arti, letteratura… in campo scientifico si ebbe una vera rivoluzione,

soprattutto nella te

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
26 pagine
2 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Paolot97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della lingua italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Picchiorri Emiliano.