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Sander iniziò a ritrarre, con sistematicità schedativa. Contadini, commercianti, operai, artisti,
industriali, insegnanti, militari, aristocratici, ecc..: idea di costruire un gigantesco archivio capace di
rappresentare per “tipi” il popolo tedesco
- 1929: stampa di I volti della società (interrotta dai nazisti nel 1934 con la distruzione delle copie
finora prodotte)
- non sono ritratti, non hanno intenzione psicologica introspettiva, sono piuttosto sostituzioni di
modelli, ritagli di tipi, devo funzionare archetipicamente
Punti in comune Sander / de Chirico
- la tecnica di Sander, nel dichiararsi volutamente “bassa”, umile, richiama esplicitamente i principi
che secondo de Chirico dovevano animare l’artista metafisico, che poteva scoprire la via dell’ascesi in
questo esercizio disciplinare di umiltà
- de Chirico: importanze dei tradizionali ferri del mestiere; Sander non nasconde l’ammirazione per la
tecnica iniziale del dagherrotipo
Sander: richiamo di un clima di grande e solenne auraticità, il solo in grado di restituire quel senso
dell’assoluto e della distanza dalla quotidianità che rappresenta il cuore di queste poetiche d’inizio
secolo
- impostazione stilistica comunque straordinariamente innovativa: formula che ribalta i classici
parametri pittorici; esclude la manualità intesa come esercizio di particolari doti operative; esalta i
principi della macchina e dell’automaticità; sostituisce la personalità della camera a quella dell’autore
: macchina e autore divengono complici, l’uno sostiene l’altra
L’accostamento di Sander con la Metafisica risulta autorizzato da contatti per interposta persona: da
tramite fa il gruppo di pittori tedeschi del “Realismo magico”, lanciata nel 1925 dal critico tedesco
Franz Roh; gruppo più apertamente fotografico rispetto i metafisici: le loro tele fanno pensare a
figure e personaggi immobilizzati dallo stupore di chi è stato colto di sorpresa da un flash
Fotografia e pittura: alleati
4. Epopea surrealista
4.1 La vocazione surrealista della fotografia
Surrealismo: avanguardia ambigua, ambi-posizionata: ospita spinte verso il nuovo, verso
l’antiaccademico e, al tempo stesso, altrettanto decisi recuperi della tradizione secondo la lezione
citazionista di De Chirico
4. Epopea surrealista
4.1 La vocazione surrealista della fotografia
Surrealismo: avanguardia ambigua, ambi-posizionata; ospita spinte verso il nuovo, l’antiaccademico
ma anche decisi recuperi della tradizione secondo la lezione citazionista di de Chirico
Surrealisticità intrinseca della fotografia
Totale ribaltamento d’identità estetica che coinvolge la fotografia a seguito del terremoto che
investe l’arte nei primi decenni del Novecento
Ragionando sull’idea complessiva di arte, dadaismo e surrealismo ribaltano la prospettiva fornita
dalle parole critiche di Baudelaire riguardo la fotografia
- la fotografia può cominciare , senza vergogna, ad essere se stessa: una macchina capace di
partecipare all’esperienza estetica in quanto macchina, senza doversi trasformare in pittura
Manifesto del 1924: Breton, abbozzando il profilo dell’artista surrealista, delinea il pieno riscatto degli
automatismi produttivi della macchina
- Surrealismo: “automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere verbalmente e per
iscritto o in qualsiasi altro modo, il funzionamento del pensiero”
- automatismo: centro della poetica surrealista
Freud: pratica fotografica è molto vicina, per modello di funzionamento, ai meccanismi che regolano
la nostra vita psichica
Objet trouvé surrealista = readymade dadaista
- integrazione dell’ “aiuto”: aggiunta di particolari incongrui per facilitare lo straniamento
dell’oggetto (es. Man Ray, 1921, chiodi sul ferro da stiro)
- integrazione 2: allargamento dei confini operativi, non più circoscritti alla sola casistica degli oggetti
- la fotografia rende possibile il coinvolgimento di cose e situazioni altrimenti inattingibili
- il ready-made perde in sostanzialità e acquista proporzionalmente in concettualità: si fa meno
oggetto, più processo mentale ; il medium fotografico viene utilizzato per sostenere un
comportamento, un modo di essere (volontà di un’arte compenetrata alla vita)
Le Violon d’Ingres (1924), Les Larmes (1930) – Man Ray
- Violon: gli interventi grafici sulla schiena della donna aiutano a dare la forma di uno strumento
musicale al corpo: reso concettualmente accettabile dalla fotografia
- Larmes: solo la fotografia rende possibile il prelievo di un occhio, reso ancora più oggettuale
dall’aggiunta in fotomontaggio di due grosse lacrime di vetro
Sforzandosi di essere formalmente surreali, i fotografi finirono per tradire la surrealtà congenita della
fotografia
Ogni confronto tra fotografia e surrealismo va fatto per via concettuale e non formale: quando la
fotografia ha cercato di essere formalmente surrealista, ha finito per replicare gli stilemi della pittura,
rinunciando a qualsiasi contributo originale all’idea di surrealtà
La pratica della fotografia all’interno del movimento ondeggia tra una collaborazione con le ricerche
postpittoriche rappresentate dall’asse ready-made-objet trouvè, ed una riproposta di pseudoquadri,
dipinti con la luce anziché i colori
4.2 Da Atget a Cahun: sette variazioni surrealiste
Eugène Atget (1857 – 1927): interpretò in prima persona la figura del “pittore mancato” (colui che si
rivolge alla fotografia per ripiego)
- uso della fotografia in modo meccanico e diretto: no pittorialismo, no intervento creativo
- non volle essere considerato un artista, ma un produttore di “documenti”
Man Ray nel 1926 fece pubblicare alcune immagini di Atget in “La Révolution surréaliste”: aiuta a
farlo considerare un anticipatore di quell’avanguardia
- Atget non firmò quelle fotografie
- fu Walter Benjamin nel 1931 a proclamarlo da un punto di vista storico-critico come precursore
della fotografia surrealista
“Grado zero”: idea della macchina che, posta in modo apparentemente innocente e casuale di fronte
al mondo, è capace di rivelarlo ed epifanizzarlo in maniera automatica – “fotografia documentaria”
- uno stile, forma di linguaggio modellato sulle caratteristiche di automatica oggettività del mezzo
senza stravolgerle con pretese artistiche (quando il grado zero è scelta consapevole, siamo già
dentro l’arte)
Atget: a Parigi preferisce scorci anonimi, strade secondari e posti in generale meno conosciuti
- occhio freddo e distaccato, senza traccia di particolare autorialità: quasi totale assenza
dell’elemento umano
- scelta tematica del secondario, confermata da un’automaticità di sguardo alla maniera poliziesca
- ripresa fotografica della tecnica di Joyce: epifania (la cosa insignificante prende rilievo) – ciò che
conta non sono le eventuali qualità intrinseche, bensì il processo di evidenziazione che le fa
emergere
Per i surrealisti, il recupero di realtà all’apparenza insignificante richiamava le teorie freudiane di
accesso all’inconscio attraverso i meccanismi del lapsus e del sogno
- condotto da Atget in modi casuali
- anche l’approssimazione tecnica di Atget attrae i surrealisti - risultati delle stampe: spesso troppo
contrastate e malamente fissate, fanno emergere macchie ed ombre
Rayographs = scrittura automatica
- il fascino da parte dei surrealisti sta nel procedimento fortemente automatico, e dal prevalere finale
del nero (ribaltamento della normale condizione d’immagine)
Frottage: ricavare immagini passando meccanicamente una matita su un foglio posto su una
superficie a rilievo (Max Ernst: le sue riflessioni sul frottage portarono alla ridefinizione di alcuni
parametri estetici di cui si avvalse poi anche la fotografia)
- Ernst: la caratteristica prima del frottage era la riduzione al limite estremo della parte attiva di chi
era chiamato fino allora “autore”, trasformato ora in uno spettatore che assiste, con indifferenza o
passione, alla nascita della sua opera e ne osserva le fasi di sviluppo
- coincidenza coi rayographs
- Ernst indico il preciso giorno (10 agosto 1925) nel quale “casualmente” si accorse delle potenzialità
estetiche del frottage
Fotografia e frottage richiamavano il principio dell’impronta, della traccia generata automaticamente
dal soggetto, dell’indice, alleandosi in questo con i ready-made, che opponeva alla logica
“rappresentativa” della pittura quella della “presentazione” diretta del reale
Gyula Halàsz (Brassai) (1899-1984): ufficialmente inserito nell’avanguardia surrealista
- poliedrico per scelta: “la mia sola scusa, per il fatto di dedicarmi ad espressioni così diverse, sta
nella mia profonda avversione per ogni specializzazione, che considero una delle tante tare della
nostra epoca”
- fotografo, pittore e poeta
- schedatura condotta per tanti anni, di graffiti anonimi sui muri di Parigi: un po’ scrittura automatica
nell’origine, un po’ objet trouvé nel procedimento, un po’ pittura non figurativa nell’effetto finale
- altro ciclo di lavoro di Brassai: soggetto è la pittoresca vita notturna parigina degli anni trenta:
tentativo di utilizzare la fotografia come sorta di intensificatore di vita, di modo integrato “per
esserci”, per partecipare
- incarna fotograficamente la figura del flaneur baudelairiano, identità molto cara al gruppo
surrealista, in quegli anni rilanciata a livello teorico – figura in cui si rispecchia meglio il carattere del
fotografo che si aggira per la città in modo apparentemente svagato ma in realtà criticamente
attento, pronto a cogliere aspetti nascosti, trasformandosi in ciò che Baudelaire chiama “botanico del
marciapiede” – eseguite di notte: esplora l’inconscio esistenziale, la parte buia della nostra vita che è
la notte – da vita ad atmosfere nelle quali i suoi personaggi paiono quasi emergere per un solo
istante; stile che sarà ripreso da metà anni 30, dai registi del “realismo poetico” francese (Renoir,
Carnè, Feyder, Duvivier) con film come Il porto delle nebbie, Alba tragica e Il bandito della Casbah
Walker Evans (1903-1975): fuori luogo dal movimento in senso geografico
- nel 1926 frequentò corsi alla Sorbona, probabilmente poté conoscere le immagini di Atget; tornato
negli USA sicuramente vide queste immagini nello studio newyorkese di Berenice Abbott (assistente
di Man Ray a