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LA FOTOGRAFIA DAGLI ANNI ’60 A FINE OTTOCENTO
- Foto di un laboratorio fotografico (la prima slide). Ci sono tutte le foto appese. È un laboratorio di
stereoscopia.
- Foto dopo. Esempio di stereoscopia: due riprese ravvicinate della stessa strada di Parigi. Nella presa
destra vedo qualcosa in più rispetto a quella sinistra. La visione stereoscopica deriva da un
apparecchio che ha due obiettivi e i due obiettivi mi danno due visioni diverse dello stesso oggetto
(è quello che succede quando guardiamo con un occhio e poi con l’altro). Siamo sempre con lastra
di vetro e stampa all’albumina. Nel visore le due immagini si sovrappongono => effetto ottico della
tridimensionalità. È un processo che esiste fin dal dagherrotipo, ma si diffonde soprattutto negli
anni 50/60 dell’Ottocento.
- Foto dopo: ponte dei sospiri a Venezia.
Si inizieranno anche a fare delle scenette tridimensionali da vedere nel visore (quello che viene chiamato
pre-cinema) = serie di stereoscopie => sviluppo industriale (anche queste, come le carte da visita, sono di
dimensioni piccole e costano poco).
- Ritorno all’immagine di prima. Qui siamo in una piazza con persone e movimento. Tecnica e tempi
di esposizione (ridotti anche grazie alla stereoscopia) sono diversi rispetto al dagherrotipo che
rappresentava una strada di Parigi vuota (vd immagine delle prime lezioni).
A fine Ottocento si passa dal procedimento dal collodio al procedimento alla gelatina a Sali d’argento. Alla
base ci sono comunque i Sali d’argento, è cambiato il legame: non è più il collodio. L’emulsione alla gelatina
velocizza la ripresa che ora può avvenire in una frazione di secondo.
Si può fermare l’istante => possiamo fare le riprese per strada.
La fotografia di strada verrà poi denominata istantanea.
Diventa possibile fare reportage (es. fotografie di guerra).
In questo periodo si inventa anche il primo apparecchio fotografico portatile (non sul cavalletto); siamo nel
1888: Kodak numero 1. La Kodak è la prima grande aziende che produce queste macchine. Viene fondata
da Eastman (è lui che inventa l’apparecchio). Novità = all’interno non c’è la lastra in vetro, ma il rullo
(inizialmente in carta, poi in celluloide) + è una macchina portatile => il fotografo non deve continuamente
cambiare lastra è può quindi fare scatti in sequenza + i tempi di reazione sono brevissimi.
Gli scrittori veristi diranno che, grazie a questo tipo di fotografia, si può vedere la vita
quotidiana, quella vera.
Foto con tutte le persone (un po’ di foto dopo quella analizzata precedentemente): è una foto di Giovanni
Verga (dopo la carriera da scrittore diventa fotografo). Altri intellettuali che diventeranno anche fotografi:
Capuana e Zola.
Con la Kodak la fotografia diventa ad appannaggio delle classi medio-alte (non più solo professionisti) =>
viene praticata dagli amatori (nasce la categoria di quelli che praticano la fotografia per diletto).
La Kodak consente al fotografo di fare solo il fotografo (no stampatore): all’inizio il rullino veniva mandato
nel primo laboratorio Kodak negli USA, poi nei vari laboratori Kodak in tutti i paesi, ma, comunque sia, la
stampa avviene in laboratorio.
- Foto con cigni etc: è una foto di Zola = grande studio della composizione. L’abilità del fotografo è
quella di decidere lo scatto in una frazione di secondo.
- Foto dopo: ritrae la vita Parigina. Per l’uomo di quel tempo non era normale veder restituire su
carta tutti i dettagli di una scena. Non sempre la reazione è positiva.
A questo punto la stampa è in laboratorio (no luce solare) => iniziamo a vedere il bianco e nero. Si tratta di
un tipo di stampa che all’inizio non piaceva (all’inizio si faranno dei viraggi sulle stampe per farle somigliare
a quelle con le sfumature a cui erano abituati).
Vantaggio della stampa in laboratorio: non bisogna dipendere dalle condizioni atmosferiche + possibilità di
manipolare la luce in fase di scatto e di stampa.
Attenzione: alcuni fotografi continuano con la stampa a luce solare.
- Quella dopo: si rappresentano le visioni dall’alto della Tour Eiffel.
- Due foto dopo: foto di Luigi Primoli (considerato oggi uno dei primi amatori aristocratici italiani),
siamo nel 1897 e si tratta di una battuta di caccia (c’è anche D’Annunzio).
- Foto dopo: siamo nel 1898 e il soggetto sono degli aristocratici che tengono in mano la guida del
museo durante una visita.
- Quella dopo: prima foto della pietà Rondanini, quando era ancora nel cortile di palazzo Rondanini a
Roma.
LEZIONE AL CASTELLO FORZESCO: ARCHIVIO FOTOGRAFICO (18/10)
Si tratta di collezioni civiche (liberamente consultabili dal pubblico).
Sono presenti più di 80000 fotografie originali.
L’archivio si fonda sulle collezioni di Luca Beltrami e nasce nel 1933 (anno di morte di Beltrami); le prime
fotografie riguardavano soprattutto Milano, poi i cittadini continuano a donare anche collezioni di
fotografie che riguardano la storia d’Italia + la fotografia orientale.
Attenzione: siamo in un periodo in cui donare le proprie collezioni ai musei è ricorrente (ottica di
conservazione della memoria).
In questo archivio ci sono tanti fondi, tra cui quello di Luca Beltrami e la collezione di Vitali (collezionista di
opere d’arte, primo storico della fotografia italiana).
- Visione dagherrotipo stereoscopico (quello con la donna, proiettato nelle slide nelle versioni
precedenti). Si tratta di un dagherrotipo ritoccato a mano (vd colore).
Attenzione: la fotografia si può restaurare con accorgimenti e tecniche diverse da quelli per pittura (qui si
parla di processi chimici). Il restauro in fotografia non elimina il degrado, ma si occupa di stabilizzare
l’immagine.
- Dagherrotipo del soldato (mostrato durante le lezioni precedenti). Anche questo è ritoccato a
mano. La montatura in ottone dorato lo impreziosisce.
Questi dagherrotipi presentano enorme precisione nei dettagli.
- Viene mostrata una piccola lastra di ferro con un piccolo ritratto. Ad un certo punto si prova ad
applicare il procedimento al collodio su lastre di ferro, invece che di vetro (ferrotipo). La lastra
veniva coperta di emulsioni fotosensibili (fatte aderire con il collodio) e poi esposta alla luce. È un
negativo (siamo direttamente sulla lastra, non sulla stampa), ma noi lo vediamo come positivo
perché il supporto è scuro.
Il ferrotipo era meno costoso del dagherrotipo e più facilmente trasportabile (inseribile in busta). Erano
ritratti da pochi soldi che permettono la circolazione dell’immagine. Questa tecnica si diffuse molto (es.
ritratti dei soldati).
- Vediamo il caloripo (negativo su carta) e successivamente la stampa (stampa a luce solare) della
scampagnata degli accademici di Brera (vd foto di Sacchi mostrata a lezione).
Attenzione: il foglio del negativo è trasparente e si tratta di un negativo non cerato (dal 1851
venivano cerati => questo è anteriore). È stato fatto da Sacchi.
Notiamo che la stampa è stata fatta alcuni anni dopo lo scatto del negativo (infatti è stata fatta
all’albumina, mentre se fosse stata fatta al tempo del negativo sarebbe stata una carta salata).
Questo negativo è del 1850.
Attenzione: dei calotipi (negativi su carta) si possono fare al massimo 30/40 stampe (positivi).
- Vediamo la più antica immagine di s. Ambrogio (anche questa fatta da Sacchi e mostrata a lezione).
Anche qui si tratta di un calotipo (negativo su carta). Confrontiamo con la foto del Duomo (anche
questa vista a lezione) che viene da un negativo di vetro.
La stampa tratta dal negativo su vetro ha delle tracce nere intorno (= segno della lastra originaria) e
presenta dettagli impressionanti.
Attenzione: negli ambienti artistici era più apprezzata la foto derivante da negativo su carta
(sfumature etc. => richiamava maggiormente la pittura).
I negativi corrispondenti alle fotografie mostrate si trovano alla sono alla Fabbrica del Duomo perché la
commissione veniva da lí.
- Visione di alcune foto dei primi moti del 1898 a Milano (prime foto di reportage).
- Album di Vitali che unisce personaggi celebri = testo scritto e foto incollate. No stampa ai Sali
d’argento, ma stampa al carbone (con uso dei pigmenti colorati). Poi stampe ai Sali di platino
(tonalità di grigio raffinate).
- Visione di alcune Stereoscopie (“effetto 3D”).
- Vediamo l’album di vendita di Savaistre, un fotografo dell’Ottocento. All’interno ci sono
stereoscopie che rappresentano il regno delle due Sicilie. Alla fine le foto raffigurano i moti
Palermo, ma si tratta sempre di foto fatte a battaglia conclusa.
- Ancora di Sevaistre abbiamo le foto della presa di Gaeta (anche queste sono stereoscopiche). Qui il
fotografo mette attori in posa per simulare i morti a seguito dello scontro.
- Fotografie del cantiere di costruzione della galleria del Duomo (vengono documentate tutte le fasi).
La costruzione fu dal 1865 al 1867. Anche queste erano state mostrate a lezione.
- Esempi di altri tipi di negativo: su gelatina e su pellicola.
- Ulteriore tecnica = autocromia (antenato diapositiva): tra vetro e emulsione c’è fecola di patate con
i pigmenti dei 3 colori fondamentali. Queste tecnica venne brevettata dai fratelli Lumiere che poi
inventeranno il cinema.
- Visione dell’album che mostra la marcia su Roma e l’occupazione di Milano da parte del fascio.
- Altro album: riprese aeree fatte dell’aeronautica.
- Album su stazione centrale (costruita nel 1931). Qui siamo di fronte a fotografie in bianco e nero
(stampate in laboratorio) + troviamo anche il timbro del fotografo.
- Foto del bombardamento di Santa Maria delle Grazie.
STORIA DELLA FOTOGRAFIA GIAPPONESE (anni ’60 dell’Ottocento)
Il Giappone ha una cultura isolazionista in questo periodo => la fotografia arriva tardi (in Europa si diffonde
dagli anni ’30 dell’Ottocento)
Nel 1845 arriva il primo dagherrotipo.
I primi studi fotografici giapponesi nascono in un ambiente feudale: i feudatari incentivano per i primi
esperimenti fotografici. Le prime sperimentazioni sono alla scuola di Nagasaki (dove c’erano già fotografi
occidentali). I primi fotografi giapponesi si formano grazie a quelli occidentali (in Giappone non c’erano le
conoscenze sufficienti per creare studi fotografici da zero).
Quello che colpisce è la bellezza estetica delle foto. Erano fatte per essere vendute agli occidentali come
ricordo di viaggio. Fino a qualche anno fa si pensava ad una colorazione ad acquarello, invece era
colorazione con pigmenti in polvere, pestati al mortaio e mischiati con gelatina animale (collante). Il
pigmento veniva steso varie volte.
In questo momento inziale i fotografi operanti in Giappone (anche se occidentali) non tentav