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La coscienza umana e l'assoluto

H aveva detto che quando la coscienza umana si sa come assoluta non è più coscienza umana, perché la coscienza dell'uomo è quella di essere finito. Quando la coscienza umana si sa come assoluta non è più umana ma è elevata all'assoluto. Ma allora cosa siamo noi? E come dobbiamo pensarla questa coscienza umana se non esiste una sostanza sovrannaturale che si chiama spirito? (non c'è più la sostanza in H). F risolve questa ambiguità. Quell'assoluto a cui si arriva alla fine siamo noi. Siamo essere assoluto. Quell'assolutezza conclusiva hegeliana è ricondotta totalmente nell'orizzonte antropologico. È questa l'opposizione di F alla teologia hegeliana. F dopo una prima fase in cui pensava di poter seguire H nella sua risoluzione della religione in f, e pensava compatibile la f hegeliana con la proclamazione dell'ateismo, si rende conto che questo non è possibile.

F H rimane teologo, nonostante le sue critiche al cristianesimo. Certo, Dio viene negato da H come sostanza trascendente. Non c'è opposizione tra finito e infinito, non c'è infinito oltre a noi. L'infinito è immanente. Dio è risolto nelle categorie logiche. F dice che il Dio di H è un Dio ateo, perché non c'è più trascendenza, non c'è più sostanza. È risolto nel movimento logico, nella processualità del tutto. Quel logico, dice F, in cui si è risolto il vecchio Dio metafisico, non ha nulla di umano, non ha nulla di soggettivo o mondano. La logica soggettiva di H costituita da concetto, giudizio e sillogismo, queste forme logiche sono forme oggettive, assolute. Valgono in sé e per sé; hanno la stessa natura del vecchio Dio metafisico. Ecco la teologia nascosta in H. certo teologia atea, ma ancora teologia. H ha risolto Dio nel pensiero ma poi ha divinizzato

questo pensiero. Ha privato il pensiero, che è una cosa soggettiva, dalla soggettività. Ha tolto la soggettività e ha fatto di questo soggetto un senzasoggetto. La teologia atea hegeliana dice F va risolta in antropologia. Ogni religione, non solo la re-ligione filosofica di H, va risolta in antropologia. F anche qui, nella sua critica alla religione, usa esattamente gli strumenti hegeliani. Si chiede cos'è la religione: è proiezione di sé fuori di sé. L'essere umano proietta la propria assolutezza fuori di sé. Noi siamo assoluti non come singoli esseri, perché i singoli individuo umani sono individui finiti anche per F; l'umanità come interezza del genere umano è assoluta. L'individuo vede questa assolutezza del genere umano, ma non è disposta ad attribuirla all'essere umano, non lo ritiene degno di questa assolutezza. E la proietta al di fuori di sé, in un mondo

Trascendente sopra di lui. Questa è la struttura alienata della religione: alienazione è proiezione di sé nell'altro. Quando l'essere umano ha trasferito fuori di sé il suo interno, ha perso la sua essenza perché l'ha attribuita ad un altro. Si è autonegato.

H nel capitolo 4 della fenomenologia tratta della coscienza infelice, che è esattamente questa cosa. È la coscienza che è infelice perché vede la sua miseria, perché ha proiettato la sua grandezza al di fuori in un mondo trascendente. Di contro, vede la propria limitatezza: quindi è infelice. La radice di questa infelicità sta in questo atto proiettivo, nell'avere spostato al di fuori di sé la propria assolutezza. Il problema della coscienza umana, secondo H, era guadagnare quella assolutezza che nel 4 capitolo è fuori e nel 8 è dentro (perfetta coincidenza tra sogg e ogg). Le basi di F sono completamente hegeliane.

La coscienza che l'uomo ha di Dio è la coscienza che l'uomo ha di sé. L'essere umano non si accorge che l'oggetto che pensa che sia Dio è lui stesso. Ma sto prof riesce a fare una frase con una struttura corretta?? La critica della religione è un processo di riumanizzazione. Si tratta di prendere la cosa che è uscita al di fuori di noi e riportarla al nostro interno. È la risoluzione della teologia in antropologia. Il tratto in cui F cammina insieme a H è il tratto dove F si distanzia da H. Anche in H la coscienza infelice deve recuperare l'essenza che ha proiettata fuori dentro di sé. Ma quando l'ha recuperata essa è diventata assoluta. Quando F dice che la coscienza religiosa è la coscienza che l'uomo ha di sé stesso, quell'uomo là è l'uomo, non lo spirito assoluto hegeliano. Non è l'autoriflettersi dell'assoluto, sono io che rifletto su di me. 88 Ne derivaun nuovo concetto di cosa F intende per pensiero. Il pensiero non è altro che astrazione dalla sensibilità. Il pensiero è una proprietà della nostra sensibilità. Quando il pensiero pretende, come accade in H, di astrarre, separarsi dalla propria base sensibile, risulta del tutto incapace di cogliere l'essere. Viene messo nella impossibilità di cogliere la vera natura delle cose che stanno difronte a noi. Quando il pensiero si separa dalla sensibilità, dall'uomo naturale, alla fine conosce solo se stesso. A che fare solo con se stesso. Con questa conclusione di F paradossalmente torna ad aver ragione H. H dice che l'unità di pensiero ed essere è in realtà la tesi che afferma che quell'essere è in realtà pensiero. L'essere a cui il pensiero si unisce non è un essere indipendente, ma è questo medesimo pensiero che pensa se stesso. F dice le stesse cose di H ma gli

dà un senso opposto. Il pensiero pensa se stesso, ma nella sua pre-sunta unità con l'essere ha perduto l'essere. Il pensiero non ha colto minimamente l'essere, quel pen-siero hegeliano che si unisce con l'essere.

Un ultima considerazione – da un certo punto è legittima questa rivendicazione di F risolta da Htroppo facilmente nella categorialità logica. Nel fare questa operazione però, c'è un errore opposto. Nonostante F faccia i conti con H con le sue stesse parole, viene rimossa una tesi fondamentale di H: che il nostro rapporto con la natura non è immediato. Nel nostro rapporto con le cose naturali sono all'opera i nostri concetti. Ci sono inevitabili mediazioni logico-concettuali quando entriamo in contatto con le cose. Qui invece c'è intuizione prima di tutto, immediatezza con l'oggetto, che è una tesi pre-kantiana prima di tutto. Già K aveva smontato questa cosa: gli

oggetti in sé non sono così come li vediamo – sono un'operazione nostra sugli oggetti. Non c'è immediatezza che sia mediata. Con F si è persa del tutto la dialettica hegeliana, ovvero mostrare la natura concettuale delle cose.

Lezione 13 – 10 marzo 2021

Kierkegaard e Marx (giovane)

Kierkegaard

Abbiamo visto il tema di F dell'irriducibilità dell'essere al pensiero, irriducibilità della natura alla logica, irriducibilità del sensibile al concettuale.

K rivendica un altro tipo di irriducibilità – della libertà individuale alla universalità concettuale del pensiero. Significativo il nome che K dà a questo orizzonte della libertà individuale: esistenza. È noto che questa opposizione di K viene espressa solitamente con il tema kierkegaardiano per cui in H vi sarebbe una supremazia dell'universale sull'individuale. In H questa supremazia decreta

l'abassamento dell'essere umano all'animale. K dice che è nell'animale che l'individuo non ha alcuna rilevanza, ha rilevanza solo la sopravvivenza della specie, quindi la sopravvivenza dell'universale rispetto all'individuale. Mentre nell'uomo ciò che è importante è l'individuale rispetto alla supremazia della specie umana. In realtà se leggiamo H sappiamo che le cose non vanno così. In H non c'è mai subordinazione dell'individuo all'universale. H parla del concetto dicendo che quando il concetto perviene all'esistenza (dasein), questo concetto è l'individuo. Quindi il massimo di esistenza del concetto è l'individuale. Infatti la caratteristica fondamentale dell'assoluto è quella della riflessione su di sé. Questa riflessione secondo H sta nell'autocoscienza individuale. In H c'è la massima valorizzazione dell'individualità.intesa nei termini di autocoscienza, di sapersi come concetto individuale. Lo spirito assoluto è l'autocoscienza umana individuale che si è individuata, che sa se stesso come concetto. Tuttavia, vediamo in quale altro senso ha una sua legittimità questa obiezione. L'autoriflettersi dell'idea (che avviene nell'autocoscienza individuale, che si manifesta nell'individuo, che poi si manifesta nello spirito assoluto) è la conclusione di un percorso logico. Sono i nessi categoriali a dirci in cosa consiste questa autoriflessione - essa è l'insieme delle categorie logiche che terminano nell'autoriflessione. È proprio questa sottomissione dell'individuo alla logica ciò che viene attaccato e criticato da K. L'esistenza non è logica, scrive K. Per esistenza intende appunto la realtà individuale di prima. Notiamo anche qui una riproposizione di termini schellinghiani. K dice che una volta

pensata in termini logici, l'esistenza individuale è perduta. Una volta che l'esistenza sia stata pensata diventa immediatamente universale, viene sottoposta all'imprinting delle categorie logiche. Una volta che è pensata è subito catturata dentro la logica. A quel punto abbiamo definitivamente perso il proprio dell'esistenza.

Il pensiero deve prescindere dall'esistenza, cioè non deve occuparsi dell'esistenza. Perché il singolo non si lascia pensare, ma è solo l'universale che si lascia pensare. Quando penso universalizzo il mio oggetto. Il pensiero trasforma qualunque cosa di cui esso si occupa secondo categorie logiche.

C'è qualcosa che non si lascia pensare: l'esistere. C'è una netta divaricazione tra individualità e logica. Troviamo in K anche temi di F, che erano temi anche schellinghiani, perché trova in lui ascolto quella tipica contrapposizione

post-hegeliana tra pensiero e realtà, tra logica ed essere. Troviamo quindi il tema dell'impossibilità tra pensiero ed essere. Quando H postula l'unità di pensiero con essere in realtà H non pensa veramente l'essere: ma pensa
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Publisher
A.A. 2020-2021
115 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher eleonoramiao di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Ca' Foscari di Venezia o del prof Cortella Lucio.