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RAPPORTO TITOLO PRELIMINARE – CODE CIVIL

Durante il percorso di approvazione del codice civile, quel libro preliminare venne profondamente criticato tanto da portare i membri della commissione alla decisione estrema di abbandonarlo e tralasciarlo. Di quel titolo preliminare si persero i titolo terzo, quarto e quinto e si ricavò un titolo della pubblicazione, effetti e applicazione delle preliminare unico denominato leggi in generale costituito di soli 6 articoli. Il titolo V è stato poi rivisitato in maniera piuttosto radicale (pag. 55 del testo di Alvazzi) – ciò che viene detto in tema di interpretazione risulta limitato. Cosa dice il nuovo titolo preliminare ART. 1 Promulgazione delle leggi – Le leggi hanno esecuzione in tutto il territorio francese in virtù della promulgazione che ne è fatta dall’imperatore. Esse saranno osservato in qualunque parte della Repubblica, dal momento in cui potrà esserne conosciuta la promulgazione.promulgazione dovrà ritenersi conosciuta nel dipartimento in cui risiederà l'imperatore, un giorno dopo quello della promulgazione. Efficacia della legge – La legge non dispone che per l'avvenire (EFFETTOIRRETROATTIVO). Le leggi di polizia e di sicurezza obbligano tutti coloro che abitano nel territorio.
  • I beni immobili sono sottoposti alla legge francese.
  • Le leggi che riguardano lo stato e la capacità delle persone regolano i francesi anche qualora residenti in paese straniero.
Il giudice – Il giudice che rifiuterà di giudicare sotto pretesto di silenzio, oscurità o insufficienza della legge, potrà essere perseguito come responsabile e colpevole di diniego di giustizia (Ricordiamo ciò che diceva l'art. 12). In questo caso viene una versione semplificata di ciò che diceva l'art. 12. Ma cosa manca? Guardiamo l'art. 5 Il giudice – è fatto divieto al giudice di

pronunciarsi in via di disposizione generale e regolamentare nelle cause di sua competenza: il giudice può giudicare solo per quanto riguarda la causa che gli è sottoposta e non può giudicare in termini valevoli erga omnes (al di fuori dei limiti della causa a lui sottoposta)

NB: il nostro ragionamento è finalizzato all'art. 11 e 12 del libro preliminare e l'art. 4 e 5 del titolo preliminare.

Qui manca il richiamo all'art. 11, quanto meno sotto il profilo del suo contenuto nel senso che l'art. 11 stabiliva in maniera chiara che nelle materie civili il giudice, in difetto di una legge, potesse costituirsi a ministro di equità e che l'equità riguardava il ritorno agli usi e al diritto naturale.

Quindi quando l'art. 12 dice che il giudice ha l'obbligo di giudicare e che non può non farlo, lo può affermare perché gli si dice che in caso di silenzio, oscurità o silenzio della legge

può costituirsi ministro di equità. Ma che succede quando si obbliga il giudice a giudicare perché non può avvantaggiarsi di silenzio, oscurità della legge ma da nessuna parte compare il riferimento ad un dato criterio interpretativo? L'esclusione del rinvio all'art. 11 e quindi l'eliminazione dell'art. 11 che eleggeva il giudice a ruolo di ministro di equità, priva il giudice di un appiglio interpretativo. RISCHIO: viene messo in evidenza da Paolo Alvazzi (pag 58) riguardante una forzata positivizzazione e quindi un approccio meramente legalistico nella lettura di quella necessità di giudicare. RIASSUNTO PER FASI Noi siamo partiti da una dottrina illuministica che impone al giudice di essere messo esecutore della legge. Arriviamo all'estrema ratio di quella ideologia che legge il legislatore quale interprete del caso concreto (una sorta di iper attività dell'interpretazione autentica che puòportare alla rottura del principio di separazione dei poteri e al blocco della giustizia); Passiamo a una progettazione del code civil a inizio 800, dove si dice che il giudice è obbligato a giudicare e allo stesso tempo enuncia le modalità interpretative (equità); Passiamo all'abbandono del libro preliminare inteso come eccessivamente filosofeggiante che necessita di una riscrittura e di una sintesi. Ci troviamo un titolo preliminare che riporta due articoli (4 e 5) nel quali si ripetono alcuni contenuti del libro preliminare (necessità del giudice di giudicare con riferimento alla sola causa a lui sottoposta e gli si impone l'obbligo di giudicare) ma si perde il contenuto dell'art. 11. QUINDI ABBIAMO UN GIUDICE CHE DEVE GIUDICARE, MA SULLA BASE DI COSA? Il rischio è quello di tornare a una lettura sistematica e chiusa delle norme codificate. Leggiamo le parole di Norberto Bobbio Ci troviamo di fronte a una situazione opposta a quella

Rispetto alla quale eravamo partiti. Dalla considerazione che la completezza è un dogma, arriviamo al suo esatto opposto. L'art. 4 si ritrova ad essere il manifesto della completezza del codice. Occorre trovare il principio che risolve il silenzio dell'oscurità della legge, ma dove? Si dà per scontato che si debba trovare nel codice. Quindi se il codice a tutto può rispondere e quindi non ci sono difetti interpretativi, il dogma della completezza è più che affermato. L'ideologia napoleonica (bouche de la loi) si afferma comunque. Quindi sostanzialmente il giudice si ritrovava a dover rinunciare a un supporto estremamente importante per la sua attività.

Attenzione: esattamente come è possibile una lettura schiacciata su una interpretazione legalistica è anche possibile una lettura opposta, ovvero: come la dottrina che pretende di riportare il giudice all'interno del codice perché non ritiene che possa appellarsi

Ad altro ha una sua legittimazione logica, ha legittimazione anche una dottrina opposta che interpreta la norma dell'art. 4 nel senso di una autonomia riconosciuta al giudice dal codificatore. Perché se il codificatore dice al giudice che deve giudicare e non gli impone di riferirsi alla legge per risolvere problemi interpretativi, perché non si può immaginare una supplenza giurisprudenziale al silenzio del legislatore?

In pratica, l'assenza di parametri interpretativi può portare a due visioni:

  1. Una ristretta che riporta il giudice alla norma, impedendo al giudice di muoversi al di fuori dei confini tracciati dalla norma
  2. Un'altra che, poiché non ci sono vincoli da parte della legge, se non l'obbligo del giudice di giudicare, consente al giudice di interpretare.

Queste due posizioni caratterizzeranno da questo momento in poi l'ambito dei rapporti tra il giudice e il legislatore.

23/11/2020

Effettuiamo ora una sorta di riepilogo argomentato.

di ciò che abbiamo affrontato nelle lezioni precedenti.
IL DOTTOR VOLGARE – ovvero IL COMPENDIO DI TUTTA LA LEGGE
Questa opera ci interesserà soprattutto per quanto riguarda il tema della LINGUA.
Muratori
Quando abbiamo studiato i saggi di (ovvero nel momento in cui abbiamo letto gli autori che analizzano sotto un profilo critico la giurisprudenza) abbiamo accennato il grande tema della lingua.
La lingua della giurisprudenza è un tema assai risalente: molto spesso veniva criticato l'utilizzo della lingua latina, preferendo la lingua volgare. Anche Hotman fece una riflessione in tema di linguaggio nel 500.
Il tema della lingua è quindi ripreso nel 700 in modo critico perché nel momento in cui l'idea e la progettualità principale è quella di discostarsi da quella stagione del pensiero giuridico, vediamo che la ripresa di questo argomento fornisce la prova decisiva e inconfutabile circa la importanza della lingua.
C'è unaprocesso democratico. In altre parole, il linguaggio giuridico deve essere comprensibile e accessibile a tutti i cittadini, in modo che possano partecipare attivamente alla vita democratica del paese. Per raggiungere questo obiettivo, è necessario evitare l'uso di espressioni complesse e tecnicismi e privilegiare un linguaggio chiaro e semplice. Questo non significa banalizzare il contenuto delle norme, ma renderlo comprensibile anche a chi non ha una formazione giuridica. Inoltre, è importante considerare l'evoluzione delle tecnologie e l'uso sempre più diffuso di internet e dei social media. Questi strumenti offrono nuove opportunità per rendere il linguaggio giuridico più accessibile, ad esempio attraverso la creazione di siti web e app che traducono le norme in un linguaggio comprensibile a tutti. In conclusione, la questione della lingua nella giurisprudenza è un problema che affonda le sue radici nel passato, ma che continua a essere attuale. La comprensione di questa evoluzione è fondamentale per promuovere una maggiore partecipazione democratica e garantire che il diritto sia accessibile a tutti.

più ampio numero di consociati – idea della diffusione del sapere giuridico che esce dalla nicchia dei tecnici e diventa patrimonio comune infiltrando la comunità che a sua volta può infiltrare i luoghi di formazione del sapere).

Nel secolo di raccordo, ovvero il 600, viene maturata questa problematica. Andiamo a vedere come De Luca richiama la necessità di una attualizzazione linguistica mettendo in campo le ragioni che protestano un certo conservatorismo linguistico e quindi contestano un richiamo ai tempi antichi. De luca si chiede in primo luogo se CONVIENE TRATTARE LE LEGGI IN LINGUA VOLGARE. Questo ingresso di stampo filosofico sta a significare che nella proposta delle argomentazioni che de luca avanzerà non c’è una ragione vera e propria ma il tema che affronta appartiene a quei temi dialettici che vengono affrontati secondo una modalità dialettica e quindi dipende molto dalla particolare contingenza storica considerare.

prenderne vantaggio. La lingua volgare potrebbe portare ad una perdita di precisione e chiarezza nel linguaggio giuridico, rendendo difficile la comprensione delle norme e dei concetti legali da parte dei cittadini comuni. Inoltre, l'utilizzo della lingua volgare potrebbe compromettere l'autorità e la solennità del linguaggio giuridico, che tradizionalmente si esprime in una forma più elevata e distinta. D'altra parte, le RAGIONI IN SENSO POSITIVO sono: L'utilizzo della lingua volgare potrebbe favorire una maggiore comprensione e partecipazione dei cittadini comuni alla giustizia, permettendo loro di comprendere meglio i propri diritti e doveri. Inoltre, la lingua volgare potrebbe rendere la giurisprudenza più accessibile e meno elitaria, contribuendo a ridurre le barriere linguistiche e culturali che spesso impediscono ai cittadini di accedere alla giustizia. Infine, l'utilizzo della lingua volgare potrebbe favorire una maggiore trasparenza e accountability nel sistema giuridico, permettendo ai cittadini di comprendere meglio le decisioni dei tribunali e di partecipare attivamente al dibattito pubblico sulle questioni legali. In conclusione, la questione della volgarizzazione della lingua della giurisprudenza presenta argomentazioni sia a favore che contro. È importante valutare attentamente i pro e i contro di questa scelta, considerando sia gli aspetti positivi che quelli negativi, al fine di prendere una decisione informata e bilanciata.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
80 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alessiaa.c di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto moderno e contemporaneo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Pedrazza Gorlero Cecilia.