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I CONSILIA DI BARTOLOMEO CIPOLLA (1450-1475)

Le norme statutarie 300esche restano vigenti nei secoli, anche quando ci sono nuove

redazioni. Questo è l’opposto logico del codice, che abroga e si sostituisce al precedente.

Il Cipolla è un precorritore, perché, nella seconda metà del 400, si occupa in maniera

abbastanza frequente del diritto criminale (mentre gli altri non l’hanno fatto).

Ci sono anche delle repetitiones, cioè delle trattazioni specifiche di singole materie (così come c’erano

delle quaestiones, per individuare problemi particolari sui quali valeva la pena soffermarsi): sono

occasioni solenni con le quali il docente mette a fuoco un discorso, sapendo di potersi dilungare.

Queste repetitiones sono abbastanza precoci: quando ancora non è professore a Padova

ma tiene corsi privati a Verona, tiene queste repetitiones.

Si dedica poi anche alla stesura di consilia criminalistici (raccolti a parte), il che in

quest’epoca è raro: ce ne sono non 1-2, ma decine. Se ne conservano in particolare 80

(anche se sono sempre pochi rispetto alla mole privatistica).

Siamo nei primi anni 70 del 400. Non c’è una data certa, perché tali consilia si hanno man

mano che vengono chiesti. Il consilium è infatti un testo che viene redatto a richiesta del

giudice durante il processo in corso.

Il giudice infatti, prima di dare la sentenza, vuole essere sicuro di non sbagliare, oltre che

perché tiene alla giustizia, ma soprattutto per evitare il c.d. giudizio di sindacato una volta

che la carica sarà scaduta.

Quando il giudice cessa dalla carica (che dura di solito massimo un anno), è previsto che

l’attività del magistrato uscito di carica, i suoi atti, vengano posti a sindacato: si va a verificare

se gli atti che ha compiuto sono secundum legem, legittimi, o se ha violato la normativa vigente.

In quest’ultimo caso, le parti che ritengono di essere state danneggiate illegittimamente,

possono farsi avanti in questo giudizio di sindacato.

La sentenza quindi non è facilmente impugnabile all’interno del processo, però c’è questo

modo surrettizio per ottenere giustizia ove la sentenza non sia legittima.

Il giudice ha tutto l’interesse ad emettere una sentenza che sia impeccabile.

à

Tendenzialmente, l’idea è che il giudice che incorre nel giudizio di sindacato, nel senso

che questo ha nei suoi confronti esiti negativi, è sottoposto ala pena del contrappasso:

rischia quindi di essere sottoposto alla stessa pena che ha comminato alla parte danneggiata

(per cui in campo penalistica rischia di essere molto seria).

Il podestà, per cercare di sedare in qualche misura la lotta per fazione che infesta quasi

tutte le città italiane, viene individuato in un soggetto straniero, un magistrato esterno:

c’è infatti il rischio per cui, quando una fazione prende il potere, si rivalga sulla fazione

soccombente, con una serie di vendette reciproche che chiaramente non hanno nulla a che

vedere con il buon governo.

È un po’ una foglia di fico, perché chiaramente la fazione che governa sceglierà un

magistrato di una città in cui governa quella stessa fazione. Però, in ogni caso, il fatto che

sia un forestiero in qualche misura evita che ci siano delle vendette eccessivamente gravi.

In secondo luogo, di solito, questi soggetti sono degli uomini politici, ma si comincia a

ritenere che se sono degli esperti della pubblica amministrazione, dello stato, non c’è niente

di male: si sceglieranno quindi i giuristi, coloro che hanno studiato giurisprudenza.

Il podestà quindi arriva per un anno, è forestiero e dottore di giurisprudenza. Ovviamente

non arriva da solo, arriva con la sua squadra, perché gestire una città 400esca è ormai

complesso e complicato.

Ci sono quindi queste squadre di giuristi che girano l’Italia.

La giurisdizione la dovrebbe esercitare il podestà, ma, non potendo egli far tutto, la delega

ad altri, ossia ad uomini di fiducia venuti anch’essi da fuori: gli assessori.

L’assessore è quindi colui che deve giudicare del maleficium, cioè dei crimini.

Per quanto si sia cercato, chiamando gente fuori, di abbassare il livello dello scontro,

c’è il rischio che la sentenza sia precostituita, in quanto il podestà e tutti i suoi uomini sono

chiamati dalla fazione che governa: se dunque il condannato appartiene all’altra fazione

rischia di essere condannato ingiustamente.

Bisogna dare garanzie di imparzialità.

à 34

L’imparzialità è un qualcosa di interno al giudice, che quindi non si può garantire a priori.

La si può però favorire, e ciò si fa normalmente garantendo la terzietà e l’indipendenza.

Nonostante i giudici siano dei doctores, sono pur sempre dei pratici, scelti perché

politicamente collegati a chi detiene il potere in quel luogo.

L’assessore che su delega del podestà giudica sul maleficium, è un doctor iuris per cui sa

à cosa sta facendo, ma non ha le capacità tali da tacciare qualsiasi contestazione.

Bisogna evitare che la giurisdizione sia esercitata in modo parziale, perché altrimenti il sistema

non può funzionare bene. Ecco allora che si sceglie, così come si è deciso di chiamare un

podestà esterno, di chiamare un soggetto estraneo al processo: il giurista consulente,

un giurista che non può essere politicamente targato, ma un giurista di chiara fama.

Quindi, per quanto possibile, un professore universitario.

Il giudice, quando richiede il consiglio al giurista consulente, cerca così di sanare la

carenza di legittimazione sostanziale della sua giurisdizione: l’assessore del podestà ha

infatti la legittimazione formale piena a decidere, ma rischia di essere azzoppato sul piano

sostanziale, perché è sentito parziale il sistema.

Sono i giudici per primi a chiedere i pareri di un giurista estraneo, addirittura di un’altra città,

à che non conosce le parti (tant’è che in questi consigli spesso non vengono neanche indicati

i nomi delle parti), il che è garanzia di indipendenza: egli dunque accerta il fatto, stoppa il

processo e rimette il problema ad un giurista esterno (ovviamente se ha i soldi per farlo).

Il professore universitario gli renderà il consilium: non sarà un parere preventivo ed esterno

al processo, ma un parere dentro al processo, al giudice.

PROBLEMA. Quando questo sistema si diffonde, le parti capiscono l’antifona: se il giudice

ritiene di non essere all’altezza della situazione, e per evitare il problema rimette il caso ad

un altro, le parti stesse possono allora sottoporre delle questioni ai giuristi, ove siano

particolarmente reputati dal punto di vista scientifico (pur sempre pagando).

Questo paradossalmente, ridà discrezionalità al giudice.

Quando il giudice chiede il consilium, non sta scritto da nessuna parte che debba per forza

applicarlo. Tuttavia, dal momento che sono stati spesi dei soldi pubblici per avere questo

consiglio, non è obbligatorio ma è nella logica delle cose che egli segua il consiglio richiesto.

In questa maniera si sgrava delle responsabilità, ma il suo potere rimane molto limitato.

Nel momento in cui sono le parti a fornirgli ciascuna il consilium che sono andati a

procurarsi, il giudice smette di chiedere il proprio (così risparmia anche denaro pubblico),

e riacquista spazio di manovra: egli infatti si troverà davanti sicuramente a due consilia, e,

a parte nel caso in cui uno dei due sia dato da un giurista molto autorevole, potrà scegliere

l’uno o l’altro, avendo comunque le spalle coperte (perché non decide lui, ma sceglie solo

quale dei due consigli autorevoli pare più giusto).

Questo innesca anche un problema di deontologia per i professori che danno i consigli:

è ovvio che la parte che chiede il consiglio e paga si aspetta ovviamente che il consiglio

“gli dia ragione”, ma il giurista non deve dargli ragione a prescindere, perché se il consiglio risulta

palesemente parziale, il giudice sceglierà l’altro consiglio e sarà svilito nella sua autorevolezza.

Il giurista deve fare un lavoro di equilibrio: non può dare una soluzione contraria alla parte

à che chiede il consiglio, ma non può nemmeno arrivarci in maniera smaccatamente partigiana.

Se lo sa fare, ci sono buone probabilità che il giudice scelga il suo consiglio e non l’altro.

Questo spiega un altro aspetto dei consilia: per quanto il professore sia autorevole, la sua

opinione rimane sempre un’opinione, come tale contrastabile per definizione, se ci sono

argomenti validi, dall’altro giurista.

Allora, come garantirsi che il proprio consilium prevalga su quello dato dall’altro giurista?

I due giuristi non sono avversari, sono esterni al processo, però di fatto è normale che si sostengano

tesi opposte. Invece di scrivere un consiglio originale, si scrive un consilium fondato sulla tradizione.

Non si cerca l’originalità ma la coralità: questo è il presupposto della communis opinio doctoris.

à Il singolo può sbagliare, la comunità no. I consilia diventano quindi progressivamente ripetitivi:

viene dato il consiglio e, per avallarlo, si elencano i vari autori (fra i giuristi di pari fama,

è la quantità che prevale).

Questo è il meccanismo del consilium, anche in campo penalistico, anche se in misura più ridotta.

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Non ci sono manuali di diritto penale: quelli che ci sono non sono fatti da storici del diritto

ma da storici, e non sono un granché.

Nell’affrontare gli 80 consilia criminalistici resi dal Cipolla negli anni 60-70 del 400,

ci si trova di fronte a decine e decine di problemi che nascono della prassi.

Cipolla ha la fortuna di lavorare in concomitanza con la nascita della stampa, e la stampa

di testi giuridici è sicuramente uno dei filoni principali della stampa 500esca.

La stampa a caratteri mobili consente una diffusione capillare dei testi giuridici.

La stampa che abbiamo a disposizione è del 1575, un secolo dopo rispetto la stesura di quei

testi che sono stati stampati a Venezia.

CONSILIA CRIMINALIA : è una raccolta dedicata ai consigli in campo criminale

di Bartolomeo Cipolla, giurista di Verona (i consigli sono locali, ma c’è una relativa

uniformità in ciò che è previsto nei diversi statuti).

Si tratta di consigli chiesti a Padova, ad un giurista di Verona, ma stampati a Venezia

à e acquistati da giuristi di tutta Europa: da un lato, perché c’è una sostanziale uniformità

nell’affrontare il problema penale, dall’altro lato

Dettagli
A.A. 2015-2016
62 pagine
17 download
SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giuliabertaiola di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto moderno e contemporaneo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Rossi Giovanni.