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Questi, con la raccolta delle “Regie costituzioni” afferma appieno il suo potere legislativo, controlla

l’antica nobiltà, si impone sulle comunità con funzionari statali inviati in ogni provincia, riorganizza

ulteriormente l’Università, e riforma la giustizia facendo sentire meglio il peso del suo volere.

4. Principali Stati europei

4.1. Francia

Il regno di Francia, dopo la crisi causata dalle guerre di religione, si risolleverà con l’editto di

tolleranza verso gli ugonotti, e si avvia col XVII secolo verso l’assolutismo. La Corona, per far

fronte alle varie ed ingenti spese statali, dovute principalmente al ramo militare, si dota di entrate

proprie con le imposte e con interventi specifici in campo economico: di conseguenza non convoca

più l’assemblea dei tre Stati; proprio la loro mancata convocazione attesta la spinta verso

l’assolutismo vero e proprio. Il re per garantire quest’accentramento di poteri, si avvale di ministri e

rappresentanti in ogni provincia del regno: costoro sono i c.d. “intendenti” ai quali è affidata

l’esecuzione degli ordini del re; conseguentemente, il potere del principe si fa sentire in modo

diretto e capillare in ogni territorio del regno, e per effetto la sovranità dello Stato penetra in tutti i

domini. Il re si dota, inoltre, di un potere legislativo che tende ad aumentare senza limiti, se non

limitato in parte dalle c.d. “leggi fondamentali” che reggono la Corona: questi in particolare emana

le c.d. “ordonnances” di carattere generale che danno una disciplina organica e chiara ad interi

settori del diritto; pur rifacendosi in buona parte a regole già esistenti. La legislazione del sovrano

riesce a disciplinare ogni aspetto della vita del suddito, e conseguentemente questi si ritrovano

impossibilitati a contrapporsi al volere del principe. Anche nell’ambito della giustizia il sovrano ha

un potere assoluto: tuttavia, spesso le Corti supreme ne rallentano o ne impediscono le decisioni;

freno favorito maggiormente dalla venalità delle cariche, che consente al giudice di non temere la

perdita del posto comprato. L’affermazione della sovranità nello Stato francese si pone in modo

così marcato che, dal punto di vista esterno, questa finisce per divenire il modello organizzativo

seguito da molti altri stati d’Europa; inoltre, la politica estera francese di questi secoli mostra una

tendenza espansiva che mira a minare la sovranità altrui.

4.2. Olanda

La situazione olandese è importante da ricordare, in particolar modo per la costanza con cui è

riuscita a perseguire la propria sovranità. I Paesi Bassi, composti da Belgio ed Olanda,

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appartenevano ai domini spagnoli degli Asburgo. In Belgio, la maggioranza della popolazione era

cattolica; in Olanda, invece, questa era calvinista. Sin dalla prima metà del XVI secolo, i Calvinisti

olandesi cercarono di rivendicare, con caparbietà, ampia autonomia politica e libertà religiosa:

tuttavia, ciò non si realizzò subito, ma necessitò di un centinaio di anni, fino al riconoscimento

ufficiale della repubblica olandese da ricordare per due ragioni. In primo luogo per via del fatto che,

di fronte a tutta una serie di regni, nasce una nuova repubblica, seppur guidata da alcuni notabili;

ed in secondo luogo perché in Olanda viene riconosciuta la libertà religiosa, e non solo la

tolleranza (che d’altronde la pace di Vestfalia ha riconosciuto altrove). La libertà religiosa è il primo

punto di partenza per il riconoscimento dei diritti innati nell’uomo.

4.3. Inghilterra

Tra il XVII e il XVIII secolo, la Francia è conosciuta come l’emblema dello Stato assoluto, mentre

l’Inghilterra come lo Stato limitato dal parlamento. Questa situazione si venne a verificare in

conseguenza di gravi sconvolgimenti politici, e con la destituzione di due re, dei quali Carlo I

condannato ed ucciso. Inoltre, in Inghilterra, a differenza di quanto era avvenuto in Francia, si era

avuto il riconoscimento legislativo di importanti diritti in capo ai sudditi. Come ben sappiamo, le

vicende del XVI secolo, avevano posto il re a Capo della Chiesa anglicana, ma non erano riusciti a

limitare il potere del Parlamento, il quale anzi era riuscito ad ottenere dal re la facoltà di partecipare

con questi alla legislazione. Di fronte a varie tendenze assolutistiche regie, il Parlamento riuscì a

far firmare al re per legge alcuni diritti soggettivi nella “Petition of rights”: con tale legge si stabilì

che la Corona non potesse imporre alcuna tassa senza il consenso parlamentare; e che nessuno

poteva essere incarcerato o punito senza un giusto processo. Verso la prima metà del XVII secolo,

le tendenze assolutistiche del re si scontrarono nuovamente con il Parlamento, ma stavolta

condussero alla guerra civile, alla sconfitta regia, al processo nei confronti di Carlo I, ed alla sua

decapitazione; nonché, alla proclamazione della Repubblica sotto la protezione dittatoriale di

Cromwell. Morto Cromwell, il Parlamento (autoconvocatosi), decide verso la seconda metà del

XVII secolo di ripristinare la monarchia, ma pretese che il re fosse coadiuvato da un Consiglio

privato della Corona. Il re, piuttosto si dotò di un suo, più o meno segreto, Consiglio di Governo

(chiamato Cabinet, perché riunito in una piccola camera di fianco a quella del re). Le tendenze

assolutistiche del nuovo monarca, si scontrano nuovamente con il Parlamento, il quale impose per

legge l’”Habeas corpus”, cioè il diritto per ogni suddito di conoscere i motivi del suo arresto e di

vederli convalidati da una sentenza del giudice. Dieci anni dopo, la situazione precipitò

nuovamente perché il re dell’epoca, considerato di essere troppo cattolico, venne fatto abdicare e

fu chiamato al trono il capo della repubblica olandese, Guglielmo d’Orange (genero del re Giacomo

II, appena costretto alla fuga). L’anno dopo questo giurava il “Bill of rights”, il quale lo impegnava

verso il Parlamento a rispettare le leggi, a riconoscere la libera elezione dei deputati e l’immunità

parlamentare.

Dopo queste varie vicende, la situazione cominciò a stabilizzarsi: in definitiva, il re non è dotato di

un potere assoluto, ma di un potere limitato dal Parlamento; ed inoltre si faceva assistere dal

proprio “Cabinet”. In questo, col tempo, si sono venuti a formare due “partiti”, liberali e

conservatori, e quindi anche quel meccanismo di maggioranza e minoranza tipico del

parlamentarismo moderno. In modo ancora non definitivo viene a formarsi il sistema costituzionale

consuetudinario inglese: re non assoluto a capo dell’esecutivo (cioè di un Governo composto da

ministri faceti parte del Cabinet del re), governo formato del resto da membri in buoni rapporti con

la maggioranza del Parlamento, il quale ultimo dotato di potere legislativo condiviso col re.

Estintasi la dinastia regnante, vi subentrò per successione quella tedesca degli Hannover: tuttavia,

il nuovo re, Giorgio I, non conosceva la lingua inglese, ed era dunque poco portato a seguire la

politica del suo Governo. Questo, finì dunque per riunirsi da solo e col vedersi collegato

maggiormente al Parlamento, ed in particolar modo alla sua maggioranza: venne inoltre ad

affermarsi la necessità che il Governo godesse della fiducia del Parlamento per poter operare. Si

venne perciò ad instaurare un legame di fiducia tra maggioranza parlamentare e Governo; organo

ormai a parte rispetto alla Corona, che si era ormai scostata dai problemi dell’esecutivo. È inoltre

importante sottolineare che il Parlamento, non si riuniva già da un bel po secondo l’adunanza dei

tre Stati, ma si riuniva ormai nella composizione della “Camera dei Lords”, composta da nobili ed

ecclesiastici, e della “Camera dei comuni”, formata dai rappresentanti delle comunità. Quindi, da

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queste considerazioni ne consegue che il sistema consuetudinario inglese poteva ormai dirsi

consolidato, almeno per quanto riguarda i punti basilari.

5. Aspetti essenziali della dottrina

L’ambiente dei giuristi di età moderna non è rimasto immutato di fronte a tutti i cambiamenti che

interessarono il XVI- XVII secolo. Le più importanti opere di questo periodo, sono quelle di studiosi

che si posero il problema di illustrare i poteri, ed i limiti, del principe. Tra questi ricordiamo il

pensiero cinquecentesco di Jean Bodin, il quale ha voluto illustrare il processo che ha condotto la

monarchia francese a porsi come “sovrana” in un processo storico indirizzato verso l’assolutismo.

Il teorico più importante dell’assolutismo regio è però l’inglese Tom Hobbes (metà XVII secolo), che

nel “De cive” e nel “Leviatano” offre per la prima volta la costruzione scientifica dello Stato e del

diritto in chiave assolutistica, muovendo dal diritto naturale. Hobbes, sostiene infatti che “homo

homini lupus”, cioè che nello stato di natura, l’uomo non si dimostra portato alla vita pacifica ed al

diritto, ma alla violenza ed alla sopraffazione: tuttavia, l’uomo in quanto vincitore di molti simili,

teme comunque di finire prima o poi ucciso; a questo punto, l’istinto di sopravvivenza lo induce ad

accettare un “patto leonino” con il principe, in base al quale questi gli garantisce protezione in

cambio di totale obbedienza. Quindi, in definitiva, l’uomo esce dallo stato di natura allo scopo di

salvare la sua vita, rinunciando tuttavia ad ogni diritto possibile, obbedendo al principe pur di

sopravvivere: pertanto il principe e lo Stato risulta legittimati ad ogni tipo di comando; ed è proprio

questo l’assolutismo. Inoltre, secondo Hobbes, il principe è fonte della legge, e non è quindi tenuto

a rispettarla perché egli è sopra di essa, e conseguentemente il suo operato non trova limiti

nemmeno in essa.

Cinquant’anni dopo, un altro studioso inglese, John Locke, partendo anche lui dallo “stato di

natura”, arriva a conclusioni differenti rispetto ad Hobbes. Questi, nel “Secondo trattato sul governo

civile” sostiene che l’uomo non è retto dalla forza, ma dalla ragione, dall’uguaglianza e dalla libertà.

Nello “stato di natura”, secondo Locke, l’uomo ha dei diritti e la ragione insegna che devono essere

preservati, e quindi è necessaria un’autorità a cui affidarne la tutela. Quest’autorità non può che

non essere il principe, a cui l’uomo riconosce potere, ma senza rinunciare a tutto, come voleva

Hobbes, ed anzi riservandosi proprio quei diritti che provengono dallo stato di natura. Secondo

Locke, è importante non confondere lo “stato di natura” con

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A.A. 2016-2017
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SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher rock-mitic di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto medievale e moderno e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Siena o del prof Colao Floriana.