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APPUNTI STORIA DEL DIRITTO II BRUNI ELIANA
Significa coltivare un'idea della convivenza, un'idea dello spazio giuspolitico, come uno spazio abitato da due soli protagonisti: individuo (concepito come uti singulus) e stato (concepito come individualità di potere).
- F.Ferrara è stato uno dei più importanti civilisti che nel 1939, guardando al passato, riassunse la visione della convivenza "In quella concezione individuo e stato marciavano ciascuno per la propria individualistica strada, ognuno perseguendo fini propri, ma non vi erano incroci o interferenze. Lo stato aveva la sovranità, la proprietà. Ognuno aveva un dominio proprio e queste sfere erano indipendenti e intangibili".
Quello che emerge dall'immagine di Ferrara è l'idea di una certa relazione tra individuo e stato; quindi il modello individualistico di convivenza non significa solo che lo spazio giuspolitico si immagina abitato solo da questi.
due protagonisti, ma si immagina anche una certa modalità di rapporto fra essi. Individuo e stato sono dipinti come due universi autonomi e tendenzialmente non interferenti e si immagina che la convivenza sia l'esito dell'interazione spontanea tra questi due universi. Dunque lo spazio del diritto privato è descritto come uno spazio abitato solo da individui irrelati (concezione atomistica); gli individui sono identificati dalla loro volontà e dalla loro autonomia. L'individuo, protetto dalla moderna era libero di volere e non a caso trovò nel contratto uno dei suoi massimi livelli di espressione. Invece lo spazio del diritto pubblico è descritto specularmente come uno spazio abitato solo dallo stato, cioè da un potere sovrano se e finché capace di tenere a debita distanza la società. Nelle visioni ottocentesche la sovranità era una funzione di distanza che postulava una distanza di sicurezza dalla società: lasocietà aveva i suoi spazi e la sovranità i suoi. Questa visione della convivenza determinò una diffidenza verso i corpi intermedi, visti come un residuo negativo della storia precedente, una dimensione, dal punto di vista giuridico, tipicamente pre moderna. I corpi intermedi erano guardati con diffidenza perché impacciavano gli individui e lo stato, cioè creavano dei lacci che vincolavano e che limitavano. Questo perché l'individuo pre moderno non rilevava in quanto individuo (cioè in quanto singolo), ma era un individuo che fu definito anche giuridicamente dalla diversa nozione di appartenenza a un ceto, a una corporazione, a una località; ciò che determinava la situazione giuridica era il bagaglio di diritti, facoltà e doveri che spettavano a quell'individuo. Dunque prima si vedeva di appartenenza e poi si raggiungeva l'individuo. L'individuo era giuridicamente rilevante solo il gruppo attraverso
Lasciata alle spalle. La rivoluzione inventò un proprio calendario, cioè un nuovo modo di calcolare il tempo. Era talmente forte la rottura che la rivoluzione voleva imprimere sulla storia francese che inventò anche un nuovo modo per calcolare il tempo. Un'altra ipotesi di misurazione del tempo avvenne durante il fascismo. Questa legge dispose lo scioglimento di tutte le associazioni nate su base professionale e vietò per il futuro la loro ricostituzione. Quindi vi fu una prima risposta radicale di uccisione del passato. Il 1700 fu l'epoca delle rivoluzioni, ma anche delle riforme. L'insofferenza per i corpi intermedi non era propria solo del 1700 rivoluzionario francese, ma fu anche propria del 1700 riformatore. Anche i sovrani illuminati ingaggiarono una partita tesa con questo tessuto di corpi intermedi: non li potevano fare fuori perché i corpi intermedi erano anche il segno del potere aristocratico di cui i monarchi erano al vertice.
Sicercò di comprimere il potere di questi corpi per far svettare il potere sovrano.→
Nel 1865 in Italia fu emanato il codice civile su base napoleonica. Il codice francese non menzionava le persone giuridiche o comunque i corpi intermedi; il nostro codice benché basato su quello francese, all'articolo 2 imboccò una strada mediana, in quanto menzionava le persone giuridiche accomunando le persone giuridiche private e pubbliche. Dunque il codice le accomunava, ma stabilì che di esse si occupava il diritto pubblico. A quell'epoca gli enti si chiamavano corpi morali. L'articolo 2 disse che questi corpi "godono dei diritti civili secondo le norme e gli usi osservati come diritto pubblico". Dunque il codice menzionava gli enti intermedi, pur non occupandosene. Gli enti erano considerate creature innocue, ma furono poste sotto lo sguardo più forte del diritto pubblico. - APPUNTI STORIA DEL DIRITTO II BRUNI
ELIANA - APPUNTI STORIA DEL DIRITTO II BRUNI ELIANA
Ciò produsse una diffidenza nei confronti dei corpi intermedi che sbavano questa ripartizione nitida del campo fra privato e pubblico, cioè fra individuo e stato.
Il 1800 è stato definito come il secolo dei codici e degli statuti.
- I CODICI
Dal punto di vista storico giuridico la codificazione ottocentesca rappresentò il momento di massima consacrazione dell'anima legicentrica della modernità giuridica continentale (l'Europa continentale coltiva l'aspirazione ad avere un diritto scritto soprattutto o prevalentemente nella forma della legge, vista come la fonte capace di risolvere i disguidi del vecchio diritto e in grado di garantire un diritto certo e uguale per tutti). Da questo punto di vista i codici furono frutto della riflessione illuministica che vagheggiava e additava un diritto scritto in leggi come il diritto ideale.
Nel 1700 l'idea di un diritto scritto che si
Esprimesse attraverso le leggi era nuova e rivoluzionaria. Un'idea che doveva mutare radicalmente volto agli ordinamenti allora vigenti nei quale lo spazio occupato dalla legge era minimo. Il diritto, e soprattutto il diritto privato, era un diritto che parlava attraverso fonti non legislative, cioè consuetudini, statuti, opinioni di giudici e giuristi. Questo ordinamento era caotico, perché risultava dalla stratificazione spesso plurisecolare di materiali normativi aventi la più diversa origine e che non avevano un principio gerarchico che li ordinava e che ne decideva la rilevanza.
Il problema del 1700 è stato quello della certezza del diritto; il soggetto non sapeva cosa poteva o non poteva fare.
L'intellettuale illuminista Voltaire, disse che nella Francia del 1700 "si cambiava più volte diritto che cavallo". Questo sottolineava la non uniformità del diritto.
C.Beccaria disse nel libro Dei delitti e delle pene (1764)
direttamente regolare tutti gli aspetti della vita sociale. Il codice ottocentesco era quindi un testo ambizioso, che mirava a essere l'unica fonte di norme giuridiche rilevanti. Con l'introduzione del codice, si cercava di superare la situazione precedente, in cui diverse normative coesistevano e potevano essere interpretate in modi diversi dai tribunali. Questa situazione portava a sentenze contrastanti e a una mancanza di certezza del diritto. Il codice rappresentava quindi un cambiamento radicale, in quanto stabiliva una normativa unica e chiara, che doveva essere applicata in modo uniforme da tutti i tribunali. Questo avrebbe dovuto ridimensionare il ruolo dei giudici e dei giuristi, che erano considerati simboli negativi del vecchio sistema giuridico. La legge, quindi, era vista come l'espressione di un diritto certo e uguale per tutti. Il codice diventò la consacrazione di questa idea legicentrica, in cui la legge scritta prevaleva sulle altre fonti del diritto. Tuttavia, è importante notare che il codice ottocentesco aveva delle limitazioni. Non poteva prevedere tutte le situazioni possibili e spesso richiedeva l'interpretazione dei giudici per essere applicato correttamente. Inoltre, nel corso del tempo, sono state introdotte nuove leggi e normative che hanno modificato e integrato il codice originale. Nonostante queste limitazioni, il codice ottocentesco ha rappresentato un importante passo avanti nella storia del diritto, introducendo il concetto di un diritto scritto e uniforme per tutti.Ridurre al minimo il ruolo dell'interpretazione. L'interpretazione non fu eliminata, ma l'interprete era guidato dal codice. Nei codici ottocenteschi l'interpretazione era vista come risorsa residuale, cioè come risorsa che poteva attivarsi solo nel caso di lacuna o oscurità della legge. Dunque il codice rappresentò una tappa fondamentale della modernità giuridica e consacrò un altro principio essenziale, quello dell'unicità del soggetto di diritto. Il soggetto della norma codificata era il chiunque, cioè un soggetto assunto come astrattamente uguale a tutti i più, al nobile o al clero, ma a chiunque (→gli altri. Il diritto non si dirigeva principio di uguaglianza giuridica formale). Anche da questo punto di vista i codici furono figli della rivoluzione francese e dell'articolo 1 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 che dice "Tutti gli uomini nascono e"
"rimangono liberi e uguali nei diritti” (unicità del soggetto di diritto). Questo articolo non sarebbe stato scritto se la riflessione giusnaturalista non avesse creato lo stato di natura per affermare che vi era un principio originario di uguaglianza degli uomini. Per alcuni storici del diritto la modernità giuridica continentale non iniziò con la scoperta dell’America, ma iniziò con questo articolo che insediò nei nostri ordinamenti, per la prima volta, il principio di uguaglianza giuridica formale. Così anche il successivo articolo 6 della medesima Dichiarazione stabilisce che “La legge è uguale per tutti, sia che protegga, sia che punisca”. L’individuo dei codici era il chiunque, cioè un soggetto assunto come astrattamente uguale agli altri. L’uguaglianza sostanziale non sarebbe stata concepibile se non avesse avuto alle spalle l’uguaglianza formale. I codici volevano marginalizzare il ruolo dell’interprete,
cioè dei giudici e dei giuristi (visti come tipici mondi del diritto responsabili del caos in cui versava il vecchio mondo del diritto). L'idea era quella che un diritto c