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Visione della storia
Per Marx la storia si svolge secondo strutture conoscibili e prevedibili. Quindi, una "scienza della storia" è possibile, ma perché sia tale deve fondarsi sul principio che governa il flusso degli eventi storici, la "dialettica". Questo è un termine della filosofia classica greca che indica un argomento che emerge dalla discussione di punti di vista diversi e contrapposti. Egli trascura le variabili storiche e culturali. Marx vede la storia come una serie di modi di produzione, come la successione di una ciascuno dei quali contiene elementi critici che conducono allo sviluppo di quello successivo, fino all'affermazione finale del bene. Il modo di produzione attuale, il "capitalismo", si è sviluppato dal precedente, il feudalesimo, per le criticità interne di quest'ultimo, e a sua volta è caratterizzato da una serie di problemi interni che lo porteranno in tempi brevi all'autodissoluzione.
ad essere sostituito da un nuovo sistema economico e sociale, il comunismo, in cui quelle criticità saranno risolte. La classe operaia nasce con lo sviluppo del capitalismo, nasce da quel modo di produzione, nel momento in cui questa classe avverte di essere sfruttata perché il capitalista si appropria di un valore che non gli appartiene, mette in discussione quel modo di produzione, si formano nuove classi e lo sviluppo di queste classi avviene grazie allo sviluppo di un nuovo sistema di produzione. Nella dialettica vi è una fase ascendente dove si sviluppano presupposti positivi, a questa se ne contrappone una discendente perché i presupposti di questa prima fase vengono messi in discussione. Prima fase è la tesi, seconda antitesi, terza sintesi, superamento delle contraddizioni. Si rifà ad Hegel. Secondo Hegel la storia è spiegabile per fasi. Marx vede queste fasi applicate ai modi di produzione, per questo parliamo di determinismo storico. Lasocietà si trasforma perché cambiano i modi di produzione. Lui stesso è tacciabile di determinismo economico, la variabile su cui basa la sua opera è una variabile economica. Come altre teorie evoluzioniste (ma diversamente da quella di Darwin), la teoria della storia marxiana è olista e determinista: essa vede il processo storico come determinato da forze sovraindividuali (di cui si dirà tra breve) e crede che l'azione di queste forze sia inarrestabile, anche se può venir rallentata da contro-tendenze. L'individuo non può cambiare la struttura ma è la struttura che influenza l'azione individuale. È la struttura che modifica i comportamenti individuali, assegna alla variabile economica un ruolo centrale. Marx sostiene che l'azione individuale è fortemente influenzata dalla struttura sociale, gli uomini non possono mai modificare la tendenza storica con la propria azione individuale. Questa teoriaha avuto poca fortuna dal punto di vista scientifico, mentre ha avuto seguito politicamente. La storia ha un senso e una direzione, e chi è capace di coglierne il senso e assecondarne la direzione può fare grandi cose. Questo produce nei militanti una motivazione analoga a quella di una fede religiosa, come venne osservato da subito. Un'implicazione sgradevole di questa visione della storia è che un partito rivoluzionario che lotta per il potere, o lo ha conquistato, si può sentire legittimato a compiere azioni brutali e odiose, giustificandole perché necessarie a risolvere le contraddizioni del presente e avviare la storia verso il proprio fine. Il primato dell'economia e critica dell'economia politica Gli studiosi marxisti vedevano nella concezione materialistica della storia l'origine della sociologia e della storia economica moderne. In Marx manca una teoria della storia che sia divisa da quella dell'economia. Il fatto cheMarx parli di critica dell'economia politica deriva dalla sua posizione ambivalente rispetto all'istituzione mercato. Da un lato segue gli economisti liberisti come Smith e che spiegavano lo sviluppo economico in base alla libertà di scambio e all'espansione dei mercati competitivi: questi stimolano la divisione del lavoro, la specializzazione delle attività produttive e l'utilizzo della tecnologia, e quindi la creazione di ricchezza e la crescita economica. Dall'altro critica questa visione secondo cui il mercato stabilisca un equilibrio giusto, il mercato crea una società divisa. Secondo Marx, invece, la diffusione del mercato crea una società irrimediabilmente divisa tra datori di lavoro e lavoratori, la ricchezza che il mercato produce è inseparabile dallo sfruttamento e la sua espansione implica necessariamente un peggioramento delle condizioni dei lavoratori. Al centro della critica del mercato marxiana è lo scambio.
tra salario e lavoro. Mentre gli economisti lovedono come un caso particolare di scambio, in cui i lavoratori cedono il proprio lavoro a un datore di lavoro, in cambio di un salario determinato dal gioco di domanda e offerta, Marx ne dà una lettura contemporaneamente politica e storico-filosofica. Egli riprende la teoria di Ricardo secondo cui il valore con cui i beni vengono scambiati sul mercato, il loro prezzo, deriva in ultima analisi dalla quantità di lavoro che vi è contenuto. Il profitto che il datore di lavoro trae dalla propria attività in realtà è un'appropriazione di gran parte del valore creato dal lavoratore, perché il salario, il valore del lavoro, copre solo parte del valore creato dal lavoratore: questa parte è il costo di produzione del lavoro, cioè del mantenimento dell'operaio, mentre il rimanente, il plusvalore, rimane al datore di lavoro. Tutta la ricchezza dei datori di lavoro, il«capitale» propriamente detto, non è altro in ultima analisi che valorestrappato ai lavoratori. C’è una parte di valore che spetterebbe al lavoratore ma se neappropria il datore di lavoro. Scambio iniquo tra salario e lavoro, c’è una classesfruttata che potrebbe organizzarsi per sconvolgere l’ordine. Per questo la classedominata mette in discussione il capitalismo. Marx ci dice che le teorie formulate daglieconomisti che riguardano il mercato sono invenzioni fatte per nascondere il contrastotra lavoratori e datori di lavoro che non è altro che una contrapposizione tra il lavorovivo, quello degli operai e il lavoro morto, quello che viene fornito dai capitalistiborghesi. Secondo Marx il valore viene dal lavoro vivo, quindi dal lavoro svolto daglioperai. Questo produce una conseguenza siccome il progresso tecnologico sostituisceil lavoro degli operai, il progresso non crea un valore, poiché le macchine noncostituiscono
lavoro vivo e solo quello vivo crea valore. Sostituendo l'operaio con la macchina non creo plus valore e quindi si riducono i profitti. Si diminuiscono i profitti del capitalista creando così i presupposti per la fine del mondo capitalista. Il limite di questo pensiero di Marx è che non riesce a dimostrare, come d'altronde neanche Ricardo, che il prezzo dei beni dipende dalla quantità di lavoro contenuto in essi. Non si può prescindere dall'utilità che quel bene ha per i soggetti che scambiano quel bene. Il valore di scambio dipende dall'utilità del bene. Marx sostiene che il valore di una merce è uguale alla quantità di lavoro impiegata direttamente per produrla. In un'economia di mercato un lavoratore che vende il suo lavoro riceverà per questo il prezzo che serve a riprodurre la sua forza lavoro, ossia il costo del suo mantenimento: cibo, abiti, casa. Tuttavia, ciò che egli produce sul lavoro
probabilmente sarà parecchio più di questo, e tale "plusvalore" non andrà a lui, ma al capitalista. Nella teoria marxista ogni quota di plusvalore di cui si appropria qualcun altro che non sia il lavoratore è, per definizione, sfruttamento, in quanto solo il lavoro produce valore. Tutti i sistemi di proprietà implicano perciò un conflitto di interessi di base, dal momento che un gruppo espropria il prodotto del lavoro di un altro gruppo. Le classi sociali Uno dei concetti più utilizzati ancora oggi in sociologia, è quello di classe. Concetto che Marx ha ripreso da Smith e Ricardo. Marx ha unito il significato economico e quello politico del concetto di classe in un modo così efficace che è stato ampiamente ripreso da diversi autori non marxisti. Il concetto marxiano di classe descrive come la posizione economica degli individui suddivida la popolazione in gruppi tra loro distinti, con dotazione differenziale dirisorse e diverse capacità di mobilitarsi, individualmente o collettivamente, per mantenere o incrementare queste risorse. Il concetto di classe ci permette di classificare gli individui raggruppandoli all'interno di questo idealtipo consentendo di semplificare la realtà. Secondo Marx, un modo di produzione comprende un determinato assetto delle "forze produttive", ovvero l'insieme dei capitali, delle tecnologie e delle materie prime disponibili, e un determinato assetto dei "rapporti di produzione", definiti in primo luogo dai rapporti di proprietà. La società borghese è caratterizzata dalla proprietà privata, in base a cui sono definite due classi: i proprietari, la borghesia, e i non proprietari, la classe operaia o il proletariato. Proletariato coloro che non hanno nulla a parte la loro prole. Se una classe guadagna lo fa alle spese dell'altra, ci sono sempre interessi incompatibili. Secondo Marx ognuno deicome nel caso del piccolo imprenditore.come nel caso del piccolo imprenditore che produce per conto di un intermediario commerciale. Questa seconda formulazione è meno conosciuta.