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A differenza del picco di lattazione, il picco di ingestione si ha più tardi, circa a 100 giorni dal parto: non è
possibile anticipare questo picco nemmeno cambiando l'alimentazione in quanto la bovina sfrutta il tessuto
adiposo di riserva e il volume del contenuto ruminale è difficile da aumentare per ingerire più alimenti.
Per quanto riguarda il peso si nota che al momento del parto la vacca pesa circa 700 kg e successivamente
650 kg: nel periodo d'asciutta che precede il parto, il peso della vacca aumenta sempre di più a causa della
gravidanza; poi il peso diminuisce in quanto la bovina sfrutta le riserve di tessuto adiposo per ricavare
energia per produrre latte. Inoltre, l'animale rincomincia a prendere peso dopo il picco di ingestione in
quanto il fabbisogno energetico per la produzione di latte è inferiore alla quantità di energia ingerita e
l'energia in eccesso viene utilizzata per il tessuto adiposo di riserva.
L'allevatore riesce a ottenere costantemente il latte dalla vacca grazie alla mungitura regolare e
ininterrotta: se questa viene interrotta bruscamente e si passa da 2/3 mungiture al giorno a 0, la
produzione di latte cessa immediatamente e si ha il periodo di asciutta.
Le curve della lattifera sono poi collegate al bilancio energetico: nella prima fase di lattazione il bilancio è
negativo, ovvero la quantità di energia ingerita è minore rispetto a quella richiesta; successivamente il
bilancio è pari a 0 e poi diventa positivo in quanto l'energia ingerita è maggiore di quella che serve per
produrre latte e si ha il periodo di recupero. Il bilancio pari a 0 si ha al 120 giorno in quanto la gravidanza
dura 280 giorni; il fatto di mangiare troppo poco e di avere un bilancio negativo nella prima fase non è un
segno di malessere dell'animale ma succede in quanto la bovina sfrutta le riserve adipose. Ciò che cambia è
la capacità di produrre energia, mentre l’energia di mantenimento è più o meno la stessa.
In genere il numero di giorni di una lattazione standard è di 305 giorni in quanto a questi seguono 60
giorno di asciutta e così 365 giorni, ovvero un anno. In questo modo la frisona è riuscita ad aumentare
notevolmente la sua produzione di latte di circa 1000 kg dal 2005 fino ad arrivare a 9742 kg di latte.
Tuttavia, la durata della lattazione può variare e superare i 305 giorni.
Le curve relative alle percentuali di proteine e lipidi costituiscono una rappresentazione grafica della
produzione della bovina dal punto di vista qualitativo; si nota che le curve del grasso e delle proteine hanno
un andamento opposto a quello della produzione di latte: scendono velocemente nelle prime settimane e
poi crescono lentamente. Ciò è dovuto all’effetto diluizione: producendo tanto latte, le proteine e i lipidi
sono presenti in concentrazione minore; se la produzione di latte cala il grasso e le proteine si concentrano
di più.
I foraggi.
Per foraggio si intende l'intera parte vegetativa di una pianta, la quale viene raccolta e somministrata, a
seguito di alcune trasformazioni, al bestiame. I semi, i frutti sono considerati foraggi se vengono raccolti
insieme alla parte vegetativa, altrimenti sono considerati concentrati (di energia/lipidi/proteine). Le specie
vegetali utilizzate per la produzione dei foraggi si definiscono colture foraggiere/piante. Per foraggio si
intende quindi un alimento grossolano ricco di parete vegetale (NDF> 50%) e che perciò non è adatto per
l'alimentazione di animali erbivori ma adatto per quella dei ruminanti. In particolare, i foraggi possono
essere: erbai annuali/poliennali, prati permanenti (stabili per almeno 10 anni), pascoli; inoltre possono
essere di un'unica essenza o più, ovvero monofiti o oligofiti, o graminacee, leguminose, brassicacee.
Si distinguono dai concentrati, i quali sono invece alimenti con una concentrazione di un certo principio
nutritivo.
Ai ruminanti devono essere somministrati i foraggi in quanto se fossero lasciati liberi di pascolare,
produrrebbero molto meno latte; i riminanti sono in grado di degradare l'alto contenuto di parete vegetale
presente nei foraggi grazie all'azione dei batteri ruminali, i quali grazie alle fermentazioni riescono a
digerire cellulose, emicellulose, amido e zuccheri solubili per poi sintetizzare proteine di alto valore
biologico che saranno poi nuovamente digerite.
Inoltre si tratta di un prodotto agro-zootecnico che può essere auto-prodotto nell'azienda e che quindi
consente un teorico risparmio, la possibilità di utilizzare i reflui e la certificazione di un alimento DOP; se si
considera il latte destinato alla caseificazione, esso è certificato come alimento DOP solo se una
determinata percentuale dei foraggi utilizzati peer il bestiame sono coltivate direttamente nell'azienda e
non importate da altri stati.
I foraggi possono poi essere somministrati con un pascolamento diretto, nelle zone limitate, o con una
somministrazione fresca, la quale è possibile nel periodo da maggio a novembre e non in quello invernale,
o come conservati.
Le tecniche di conservazione dei foraggi (fienagione e insilamento e disidratazione).
Per foraggio si intende l'intera parte vegetativa di una pianta, la quale viene raccolta e somministrata, a
seguito di alcune trasformazioni, al bestiame. Per foraggio si intende quindi un alimento grossolano ricco di
parete vegetale (NDF> 50%) e che perciò non è adatto per l'alimentazione di animali erbivori ma adatto per
quella dei ruminanti. Inoltre, si tratta di un prodotto agro-zootecnico che può essere auto-prodotto
nell'azienda.
I foraggi possono poi essere somministrati con un pascolamento diretto, nelle zone limitate, o con una
somministrazione fresca, la quale è possibile nel periodo da maggio a novembre e non in quello invernale, o
come conservati.
L’uomo conserva da sempre i suoi alimenti in quanto è necessario evitare che questi si rovinino; in
particolare si cerca di evitare il contatto con l’ossigeno, il quale causa l’ossidazione dell’alimento, ma
soprattutto con lieviti, batteri e muffe che ne distruggono la struttura.
I principi per una conservazione adeguata su cui l’uomo può intervenire sono molti: la temperatura, in
quanto la refrigerazione, il congelamento o il riscaldamento possono evitare lo sviluppo di batteri; il pH: se
è minore di 3, i microorganismi non vivono; la concentrazione d’acqua: se minore del 15% in un alimento i
batteri non si sviluppano; la pressione osmotica (utilizzo di zucchero o sale); la composizione atmosferica.
Per i foraggi esistono tre principali metodi di conservazione: la fienagione (in campo o su due tempi),
l’insilamento e la disidratazione, la quale è molto costosa e quindi poco utilizzata.
Fino a poco tempo fa l’uomo per risolvere il problema della conservazione dei foraggi durante il periodo
invernale e soggetto a forti piogge, utilizzava le marcite, ovvero la tecnica caratterizzata dall’uso dell’acqua
per coprire tutto il campo in modo da evitare il congelamento; in questo modo si garantiva una migliore
conservazione, tuttavia si tratta di un metodo molto costoso e che non viene quasi più utilizzato.
Oggi i foraggi sono conservati per poter garantire un’equa razione agli animali per tutto l’anno e per
semplificare le operazioni grazie all’utilizzo di macchine.
Inoltre, i foraggi possono essere coltivati come erbai, annuali o poliennali, come pascoli, nelle zone limitate,
o come prati permanenti, stabili per almeno 10 anni. Il momento ottimale della raccolta dei foraggi si ha a
fine stadio vegetativo e inizio spigatura in quanto in questo modo si garantisce un corretto equilibro tra
NDF e SS: si ha un giusto compromesso tra qualità e quantità.
La fienagione.
Per foraggio si intende l'intera parte vegetativa di una pianta, la quale viene raccolta e successivamente
somministrata, a seguito di alcune trasformazioni, nell'alimentazione del bestiame; si tratta di un alimento
grossolano ricco di parete vegetale, NDF>50%, e quindi adatto per i ruminanti. I foraggi possono essere
somministrati al bestiame con un pascolamento, nelle aree limitate, con una somministrazione fresca,
possibile nel periodo da maggio a novembre e non in quello invernale, o come conservati. L'uomo conserva
i foraggi in quanto vuole evitare che questi vengano a contatto con l'ossigeno dell'aria che li ossida e in
particolare con lieviti, muffe e microorganismi che ne distruggono la struttura; inoltre, conservando i
foraggi, si garantisce un'equa razione agli animali per tutto l'anno e si semplificano le attività grazie
all'utilizzo di macchine. I metodi di conservazione dei foraggi sono tre: la fienagione, l'insilamento e la
disidratazione, la quale è molto costosa e quindi la meno utilizzata.
La fienagione può avvenire in campo o su due tempi; è il metodo più antico di conservazione degli alimenti,
dopo le marcite, le quali sono una tecnica che consiste nel coprire il campo d'acqua in modo da evitare il
congelamento; tuttavia, si tratta di un metodo molto costoso che ormai non è più utilizzato. La fienagione
consiste nell'allontanamento dell'acqua dalla massa foraggiera grazie all'azione del sole e del vento; al
momento della raccolta la percentuale d'acqua è dell'80%, ma con step differenti si riesce a farla evaporare
grazie all'azione del sole e a far portar via l'umidità dall'aria, così da ottenere meno del 15%. Una
percentuale d'acqua inferiore al 15% è ottimale per la conservazione del foraggio in quanto i
microorganismi non riescono a svilupparsi.
La fienagione avviene secondo diverse fasi: il taglio della massa con o senza condizionamento
schiacciandola, in modo da aumentare la superficie di contatto e far uscire l'acqua più velocemente; il
momento ottimale del taglio dei foraggi si ha a fine stadio vegetativo e inizio spigatura in quanto si ha
l'equilibrio tra NDF e SS, è un buon compromesso tra quantità e qualità; il condizionamento può essere
svolto utilizzando o il sistema a rulli, ovvero per compressione, o quello a flagelli, ovvero per percussione, il
quale è più distruttivo e meno indicato per foraggi delicati. Avviene poi l'andanatura, ovvero il rivoltamento
e la raccolta in file della massa in modo da evitare l'accumulo di umidità di notte. In seguito, si ha
l'essicazione per l'azione combinata del sole e dell'aria con un tempo che può variare da 2 a 5 giorni; questa
fase può essere svolta in due tempi: un giorno in campo e un giorno in essiccatoio. La raccolta viene svolta
in balle parallelepipede o rotoballe grazie all'azione di macchine imballatrici di grandi dimensioni o alla
rotta imballatrice; esse vengono poi spostate nei fienil