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X
consumatore sceglierà il punto di ottimo C in
base alla sua curva di indifferenza. Una volta
introdotta l’imposta il consumatore consumerà
OD quantità di X e DC quantità di Y: se avesse
consumato la stessa quantità di X in assenza di
imposta, avrebbe consumato DE quantità di Y;
per cui la quantità di Y a cui si deve rinunciare a seguito dell’introduzione dell’imposta può essere
interpretata come il gettito dell’imposta in termini di rinuncia al bene Y: EC è il gettito dell’imposta. Per
capire se un’imposta diretta è più efficiente rispetto all’indiretta si possono usare due metodi: a parità di
gettito, bisogna vedere se la perdita di utilità è superiore (più distorsiva e inefficiente) o inferiore; a parità
di sacrificio, bisogna vedere se l’imposta diretta raccoglie più o meno gettito rispetto all’indiretta. Il nuovo
vincolo di bilancio trasla verso il basso fino a essere tangente alla curva di indifferenza: il gettito
dell’imposta corrisponde alla distanza verticale tra il punto di ottimo e il vincolo di bilancio prima
dell’introduzione dell’imposta. Il nuovo punto di ottimo è il punto B: le due imposte provocano lo stesso
sacrificio al consumatore perché il consumatore massimizza la sua utilità sulla curva di indifferenza e il
gettito è rappresentato dalla differenza tra il vincolo di bilancio prima e dopo l’imposta. A parità di sacrificio
è più efficiente l’imposta diretta, poiché il gettito, a parità di sacrificio, è maggiore. Se l’imposta indiretta
gravasse non solo sul bene X, ma anche sul bene Y (e quindi fosse generale sul consumo), i prezzi relativi
non cambiano e di conseguenza sarebbe meno distorsiva.
Per quel che riguarda l’offerta di lavoro, l’individuo ha un’utilità che dipende dal livello di reddito,
endogeno, e da A, il tempo libero. Il reddito è pari al salario orario che moltiplica la differenza tra ore totali
a disposizioni e ore di tempo libero. Il consumatore può scegliere A e scegliendolo decide anche qual è il
suo livello di reddito. w è la pendenza del vincolo di bilancio, poiché è come se fosse il rapporto w/1, dove 1
è il prezzo del bene normalizzato e w è il prezzo del bene X, ovvero il tempo libero, e rappresenta il suo
costo opportunità. Le imposte che provocano variazioni del vincolo di bilancio sono distorsive, mentre
quelle che non lo cambiano creano solo effetto reddito e quindi sono efficienti. Si parte dal vincolo di
bilancio, in cui sulle ascisse si misurano le ore di riposo A, sulle ordinate il reddito. Le ore di riposo possono
essere al massimo L, il reddito massimo è pari
a w*L. La distanza tra il punto di ottimo e
l’intercetta è l’offerta di lavoro dell’individuo.
Ci può essere un’imposta sul salario, ovvero sul
reddito endogeno, e un’imposta in soma fissa
sul reddito esogeno. L’imposta sul salario è
un’imposta proporzionale che determina una
riduzione del salario. L’inclinazione del vincolo
di bilancio cambia, diminuisce, diventando più
piatta. Quello che cambia è il massimo reddito
ottenibile che diventa w*L(1-t). Il punto di
ottimo è N, dove l’individuo consuma OM ore
di tempo libero che gli permettono di ottenere
un reddito pari a MN; in assenza di imposte sarebbe stato MZ, per cui la differenza rappresenta il gettito
dell’imposta diretta sul reddito endogeno. Nel caso invece di un’imposta in somma fissa, l’inclinazione del
vincolo di bilancio non varia, ma trasla verso il basso; il nuovo punto di ottimo è Q e VQ è il gettito
dell’imposta. L’imposta in somma fissa è meno distorsiva dell’imposta diretta, è per cui efficiente per
costruzione. Nel passaggio da P a N, per l’effetto reddito l’individuo ha diminuito le ore di tempo libero (da
P a Q), mentre per effetto sostituzione le ha aumentate (da Q a N). Introducendo un’imposta proporzionale
sul reddito lavorativo, variano i prezzi relativi con un effetto reddito che fa diminuire la quantità di tempo
libero, mentre l’effetto sostituzione le fa aumentare: questo perché il salario netto, con l’imposta sul
reddito, diminuisce. Esso è il costo opportunità, cioè il prezzo del bene tempo libero. L’effetto sostituzione
dice che si tende a consumare di più il bene di cui il prezzo relativo è diminuito, per cui se diminuisce il
prezzo del bene tempo libero se ne consuma di più. L’effetto reddito afferma che si tende a consumare di
meno di tutti i beni normali (tra cui il tempo libero), per cui per quell’effetto consumerà meno tempo
libero, ovvero lavora di più. L’effetto netto di una variazione dell’imposta sul salario è indeterminato perché
provoca due effetti che vanno in direzione opposte: l’effetto reddito fa aumentare l’offerta di lavoro,
l’effetto sostituzione la fa diminuire. L’effetto è per cui indeterminato a seconda dell’effetto che prevarrà:
l’offerta di lavoro diminuisce se sostituzione domina reddito, cioè quando ci sono elevate aliquote marginali
o in assenza di vincoli alla variazione della propria offerta di lavoro (per lavoro non dipendente, per lavoro
straordinario e per lavoro femminile). L’effetto di un aumento o di una riduzione dell’imposta non ha un
effetto scontato sulle scelte degli individui. Laffer afferma che c’è un modo per aumentare il gettito delle
imposte diminuendo le imposte: sull’asse orizzontale c’è l’aliquota delle imposte, mentre sull’asse verticale
il gettito. Se l’aliquota è pari allo 0%, il gettito è dello 0%; se l’aliquota è del 100% è 0% perché se si deve
pagare tutto il reddito allo Stato non si lavorerebbe. Se dallo 0 si aumenta l’aliquota contributiva, il gettito
aumenta; la forma della relazione non può che essere una curva dove, nel tratto in discesa, per aumentare
il gettito si devono diminuire le imposte. Non si è mai riuscito a verificare che diminuendo le imposte si
possa aumentare il gettito; nel Regno Unito uno studio sull’ottima imposta ha provato a stabilire il livello di
aliquota oltre cui la curva si trova nel tratto decrescente, ottenendo un risultato di circa 46%, ma secondo
altri è intorno al 75%. In conclusione, l’imposta sul salario è più distorsiva rispetto all’imposta fissa in
quanto a parità di sacrificio di utilità per il contribuente comporta un minor gettito per lo Stato.
Per quel che riguarda gli effetti delle imposte sul risparmio, un individuo vive in due periodi, t1 e t2, nei
quali percepisce due redditi pari a Y1 e Y2 e deve scegliere quanto consumare in ciascun periodo C1 e C2.
Ciò che deve fare è massimizzare l’utilità in relazione al consumo nei due periodi. L’ipotesi è che il reddito
sia trasferibile da un periodo all’altro tramite il mercato dei capitali: si può quindi risparmiare guadagnando
un reddito di capitale o indebitarsi dovendo pagare degli interessi. Nel primo periodo il consumo del
consumatore è pari al reddito che guadagna meno il risparmio C1=Y1-S. Se il risparmio è positivo il
consumo del primo periodo è minore del reddito e si possono dare a prestito i propri risparmi, mentre se è
negativo il consumo è superiore al reddito, per cui ci si indebita. Il vincolo di bilancio del secondo periodo è
pari al reddito del secondo periodo più il risparmio, moltiplicato per 1+r. Se S è positivo, nel secondo
periodo si ottiene il risparmio più il reddito da capitale, mentre se S è negativo si devono pagare gli interessi
oltre a restituirlo. Di conseguenza si ottiene una relazione tra C1 e C2, dove (1+r) è l’inclinazione del vincolo
di bilancio, ovvero il prezzo relativo del consumo di oggi rispetto al consumo di domani. L’intercetta alle
ascisse è il reddito di oggi e una parte del reddito di domani, poiché non si può prendere a prestito l’intero
reddito del periodo 2 altrimenti non si avrebbero abbastanza risorse per ripagare gli interessi. Si parte dal
vincolo di bilancio, dalla cui tangenza con la curva di indifferenza si ottiene il punto di ottimo, il punto E; il
punto W è il punto in cui l’individuo consuma esattamente quello che guadagna in quel periodo. Se il punto
di ottimo è a sinistra di W si sta risparmiando,
mentre se è a destra si sta indebitando. Ci
sono due tipi di imposte: proporzionale sul
reddito totale o proporzionale sulla spesa.
L’imposta proporzionale sul reddito totale
colpisce tutte le fonti di reddito, tutte le
entrate del contribuente. Il vincolo di bilancio
intertemporale ha una pendenza che è
cambiata, per cui i prezzi relativi sono
cambiati e di conseguenza l’imposta è
distorsiva. L’imposta proporzionale sulla
spesa colpisce il livello di consumo e il vincolo
di bilancio intertemporale ha una pendenza
invariata, per cui l’imposta non è distorsiva.
Gli effetti dell’imposizione sul risparmio dipendono dalla rilevanza degli effetti di sostituzione. Poiché il
reddito è tassato, se l’imposta tassa tutte le fonti di reddito è distorsiva (meno dell’indiretta ma comunque
distorsiva); per renderla non distorsiva si possono esentare i redditi da capitale o tassarli in maniera diversa
in modo da ottenere un’imposta equivalente, cioè che produce gli stessi effetti economici, a un’imposta
proporzionale sulla spesa, ovvero un’imposta non distorsiva.
Traslazione dell’imposta e incidenza fiscale
La teoria dell’incidenza fiscale e traslazione d’imposta fanno riferimento al fenomeno per cui non è
necessariamente il soggetto passivo colui che sopporta, interamente o parzialmente, l’onere dell’imposta
stessa. La traslazione, se c’è, può essere sia in avanti (se il soggetto passivo è posto a monte del processo
produttivo e può traslarla sul consumatore) che all’indietro (quando il consumatore ne trasferisce il peso
sul produttore). Il soggetto passivo, ovvero il contribuente, si chiama soggetto percosso; il contribuente di
fatto, cioè colui che sostiene l’effettivo onere dell’imposta è il soggetto inciso; alcune imposte si possono
trasferire, altre invece non sono trasferibili.
Se viene introdotta un’accisa (indiretta) sui produttori in concorrenza perfetta, i costi totali di un’impresa
sono dati da una generica funzione di costo che dipende dalla quantità; la funzione di offerta corrisponde
alla funzione dei c