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MICROARRAY

Il microarray è una tecnica di analisi del DNA che si basa sulla capacità delle basi complementari di accoppiarsi formando legami a idrogeno. Tra i diversi test biologici che sfruttano la complementarietà tra le basi ricordiamo la PCR, il southern blotting e il northern blotting; questi ultimi due possono essere considerati gli antenati del microarray. Un antenato ancora più simile al microarray è il dot blot, una tecnica utilizzata per verificare se il campione sperimentale presenta il gene di interesse. Si utilizzano determinate sonde marcate con un fluorocromo in grado di legare delle sequenze specifiche. In caso di ibridazione si ha emissione di fluorescenza. Il microarray è un insieme di sonde microscopiche di DNA attaccate ad una superficie solida. La superficie solida deve essere inerte; può essere costituita da un sottile strato di vetro, da una membrana di nylon o da un chip a silicio. È possibile immobilizzare sulla matrice DNA.

cDNA o oligonucleotidi in posizioni ben definite. Quando il campione viene a contatto con una sequenza complementare, il DNA ibridizza e può essere rivelato mediante fluorescenza in seguito ad eccitazione con il laser. Questa è una delle differenze tra il microarray e le tecniche del northern e southern blotting che sfruttano come metodo di rivelazione la radioattività. Altra differenza è che nel southern e northern blotting viene impiegata un'unica sonda libera e marcata con il radioattivo mentre il campione è immobilizzato sul filtro di nitrocellulosa; in questo modo si può analizzare un numero limitato di campioni e l'analisi è di tipo qualitativo o semi-quantitativo. Con il microarray la sonda è costituita da milioni di sequenze nucleotidiche non marcate e ancorate ad un chip. Il campione viene marcato con fluorocromi o biotina. È possibile così analizzare un numero limitato di campioni ma per lo screening di.molteplici geni. Il metodo di rivelazione è la fluorescenza ed è possibile eseguire un'analisi di tipo quantitativo. I vantaggi del microarray sono: la necessità di piccole quantità di campione e di reagenti, il metodo rapido e automatizzato, la possibilità di effettuare uno screening su un ampio numero di geni e una comparazione parallela tra geni diversi, inoltre non comporta rischi biologici per l'operatore in quanto non fa uso di sostanze tossiche o radioattive. La tecnica del microarray si suddivide in tre fasi: la preparazione del chip, l'esperimento che consiste nella preparazione e nell'ibridizzazione del campione con le sonde contenute sul supporto solido e l'analisi dei risultati prestando attenzione all'eliminazione di fasi positive e negative ottenendo così dati significativamente corretti. Preparazione dei genechips. Esistono due tecnologie per la costruzione dei genechips: la sintesi in situ delle sonde sul chip e la sintesi delle sonde in laboratorio e successiva stampa sul chip.

supporto solido con la tecnica della fotolitografia utilizzata per la prima volta dall'azienda Affymetrix. Il supporto solido viene colpito con il laser in punti ben determinati e noti al fine di attivare il supporto generando un OH libero al quale si può attaccare un nucleotide alla volta con un legame fosfodiesterico. Anche se questa tecnica di sintesi è molto accurata, la massima lunghezza degli oligonucleotidi che è possibile raggiungere è di 25 nucleotidi, ma oligonucleotidi di queste dimensioni non sono sufficienti a dare specificità al microarray, per questo ogni gene è rappresentato da 15-20 probes che vengono scelte in regioni di sequenza che presentano la più alta divergenza conseguenze di geni che appartengono alla stessa famiglia. Vengono usate sia probes perfect match (PM) cioè sequenze di basi capaci di ibridizzare perfettamente la sequenza di riferimento che probes mismatch (MM) identiche alle probes perfect match ad

eccezione di un singola base inposizione centrale. Le sonde PM formano dei duplex più stabili con i campioni e sviluppano un segnale più fluorescente rispetto ai probe MM che formano duplex meno stabili. Le sonde MM rappresentano un controllo di specificità che permettono di distinguere il segnale che deriva da un'ibridazione specifica con il campione da quello, meno intenso, derivante da un'ibridazione non specifica.

Altro metodo per la costruzione del genechips è la tecnica spotting detta anche Stanford con la quale è possibile ottenere sonde più lunghe rispetto a quelle sintetizzate in situ. Questa tecnica consiste nel sintetizzare le sonde con una reazione di PCR e immobilizzarle sul supporto solido in un secondo momento. Un robot depone i prodotti di PCR gene-specifici in un punto preciso dell'array, il vetrino viene essiccato per 2 secondi a 100°C, viene fatto il fissaggio con i raggi UV, le sonde di DNA vengono denaturate per

renderle a singolofilamento per trattamento con una temperatura di 95°C per 2 minuti. Preparazione dei campioni. Metodo standford: l'mrna della cellula sperimentale e l'mrna della cellula di controllo vengono retrotrascritti per ottenere un c DNA reso fluorescente grazie a due fluorocromi di colori differenti: il Cy3 per il controllo emette una lunghezza d'onda nel campo del verde e il Cy5 per il campione sperimentale emette nel campo del rosso. I due campioni di c DNA vengono miscelati in ugual quantità e poi fatti ibridare al chip. Il colore e l'intensità di ogni singolo spot sul chip viene monitorato con un microscopio confocale a scansione per fluorescenza. Se lo spot risulta di colore rosso significa che il gene è maggiormente espresso nel campione sperimentale, se risulta verde al contrario il gene è maggiormente espresso nel campione di controllo, se risulta giallo il gene è espresso allo stesso modo nel campione sperimentale e nel campione di controllo.

nel controllo. Se lo spot non presenta alcuna colorazione significa che il gene in questione non è espresso in nessuno dei due campioni. Poiché sul supporto solido sono presenti migliaia di spot questi non si analizzano singolarmente ma da un'osservazione generale si può intuire se il campione sperimentale eventualmente trattato presenta un'espressione genica più o meno differente rispetto al campione di controllo: si tratta di un'analisi qualitativa. È possibile sfruttare il microarray anche per effettuare un'analisi di tipo quantitativo. In questo caso è necessario standardizzare lo strumento in maniera tale che il rapporto dell'intensità della fluorescenza dei due fluorocromi sia uguale a 1. L'intensità relativa V/R è una misura dell'abbondanza degli mRNA di ogni specifico campione. A causa della presenza del rumore di fondo si prendono in considerazione soltanto intensità relative.

> 2 o< 0,5 ovvero situazioni in cui l’espressione del gene nel campione sperimentale raddoppia o dimezza rispetto al campione di controllo.

Metodo affymetrix: viene impiegato quando i genechips si preparano con il metodo della fotolitografia. Si parte da un mrna caratterizzato da una coda di poliA in 3’. Si effettua una retrotrascrizione ottenendo un c DNA. Si sintetizza quindi un filamento di DNA complementare al c DNA per ottenere una molecola di DNA a doppio filamento. Dal c DNA a doppio filamento si ricava il c RNA che viene biotinilato. L’RNA biotinilato viene frammentato per rendere più debole l’ibridazione; l’ibridazione viene effettuata in presenza di SAPE: streptavidina- ficoeritrina come marcatore. La streptavidina lega 4 molecole di biotina e si porta dietro la ficoeritrina che è il fluorocromo, rendendo visibile l’ibridazione. Il metodo Affymetrix al contrario del metodo Standford permette una comparazione virtuale cioè

Il testo fornito descrive le differenze tra il metodo Stanford e il metodo Affymetrix per la comparazione dei risultati ottenuti da laboratori differenti. Ecco come il testo può essere formattato utilizzando tag HTML:

Il metodo Affymetrix utilizza campioni di RNA marcati con biotina, mentre il metodo Stanford utilizza campioni di DNA marcati con fluorocromi Cy3 e Cy5.

Nel metodo Affymetrix, i campioni vengono ibridati in presenza di SAPE e ogni campione viene ibridizzato su un singolo chip. Nel metodo Stanford, i campioni differentemente marcati vengono miscelati in parti uguali tra loro e vengono ibridizzati sullo stesso chip.

Nel metodo Affymetrix, lo scanner misura l'intensità di fluorescenza per ciascun campione. Nel metodo Stanford, viene misurata l'intensità relativa data dal rapporto tra le intensità.

Per l'elaborazione dei dati, i risultati vengono espressi in una matrice in cui ogni riga rappresenta un gene e ogni colonna rappresenta una condizione sperimentale. Per tener conto del rumore di fondo, tutti i risultati vengono espressi in...

logaritmi in base 2. Con il microarrey è possibile studiare il profilo dell'espressione genica di una cellula e valutare la modulazione di un cluster di geni in risposta ad uno stimolo che può essere anche un farmaco. In ambito clinico è possibile valutare se cellule tumorali sono resistenti ad un determinato chemioterapico, per determinare le predisposizioni verso alcune malattie e valutare il tipo di infezioni batteriche o virali. È anche possibile individuare un cluster di geni responsabili del differenziamento cellulare: grazie al microarray è stato infatti possibile identificare un cluster di 200 geni che fungono da marker di staminalità: una cellula viene definita staminale se possiede questi 200 geni. Il microarrey può essere utilizzato per la valutazione di tossicità di un farmaco in vivo: il farmaco viene somministrato all'animale da laboratorio, si preleva il fegato e viene effettuato il microarrey sugli epatociti.

valutando l'espressione di alcuni geni implicati in fenomeni tossici. Oltre ai genechips esistono anche gli array proteici, ovvero supporti inerti su cui vengono immobilizzate proteine. Per gli array proteici esistono due tipologie di chip: il capture biochip su cui vengono immobilizzate immunoglobuline che espongono la parte variabile pronta a legare l'antigene; questo viene utilizzato per mettere in evidenza infezioni virali e batteriche. L'interaction biochip consiste nell'immobilizzare una proteina che lega un'altra proteina o DNA. METODI DI STUDIO DELLA TRASDUZIONE DEL SEGNALE La comunicazione cellulare è definita come l'insieme di quei processi che permettono il dialogo tra due o più cellule di un organismo in risposta a segnali specifici. Il cell signaling può essere suddiviso in tre fasi: la ricezione localizzata ge
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A.A. 2019-2020
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SSD Scienze biologiche BIO/14 Farmacologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ila..95 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Farmacologia sperimentale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Orabona Ciriana.