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Testimonianza Conado
Conado ha accelerato alcuni processi che erano già comunque in atto, come l'espansione dell'e-commerce anche sulle categorie alimentari. Ha altresì ridotto la fedeltà alle insegne, perché le limitazioni imposte durante la pandemia hanno fatto sì che le persone sperimentassero anche nuovi negozi e nuovi modelli di acquisto, nonché nuove modalità di acquisto, facendo sì che le insegne preferite diventassero sempre meno preferite. La concorrenza è diventata orizzontale tra insegne della grande distribuzione, ma anche molto verticale, quindi tra canali specializzati. La sfida del retail diventa anche cercare di soddisfare la sempre maggiore domanda di convenienza e qualità, ed è necessario rispondere con uno o più canali. Quindi il mercato è cambiato, la clientela ha una nuova composizione sociale ed economica.
e questasituazione ne ha differenziato in maniera profonda sia le esigenze che le attese. Quindi sicuramente ai retailer viene chiesta una maggiore agilità, poiché i retailer non agili nell'adeguarsi a questi cambiamenti, a questa nuova normalità potrebbero essere nuovamente penalizzati nel tempo. Per aumentare la share of wallet, che è l'obiettivo principale che un retailer si deve porre, cioè avere una quota sempre più rilevante sul portafoglio dei suoi clienti, la chiave è la differenziazione dei formati distributivi per contenuti, prezzo e servizio, perché la multicanalità ormai non è più una scelta di insegna, ma è una scelta di acquisto del consumatore. Vediamo l'evoluzione dei canali - formati: È fondamentale differenziare il formato distributivo sulla base della missione di spesa, sulla base di come il cliente utilizza quel formato distributivo in funzione di quelle cheSono le sue esigenze, i suoi bisogni e i suoi comportamenti di spesa. La trasformazione del Punto Vendita:
La multicanalità è il primo elemento strategico per fatturare lo share of wallet del cliente, quindi ti do più sempre all'interno del mondo Conad opportunità, (come ad esempio ParaFarmacie, punti carburante, etc.), e ti tengo sempre agganciato al mondo Conad. È chiaro anche che tutte le insegne e tutti i canali devono parlare un unico linguaggio di posizionamento di insegna e di valore di marca, e il cliente deve essere accompagnato in un customer journey che è più complesso, facendolo spostare da un canale all'altro ma dove ritrova sempre le caratteristiche della relazione con Conad.
TESTIMONIANZA COOP
La testimonianza si focalizza sulla marca del distributore (MDD), con un focus sul mondo Coop.
La MDD nel mercato italiano, ruolo, performance, rapporti con i copacker:
Quindicesima e sedicesima lezione: La marca commerciale in Italia
Questa quindicesima e sedicesima lezione verte sulla situazione in Italia della marca commerciale, che è forse la leva di marketing più complessa da gestire per il distributore perché comporta una gestione a tutto tondo di un processo assortimentale che prevede non solo il posizionamento dei propri prodotti, ma poi la ricerca di copacker, la definizione di politiche di prezzo e ovviamente il supporto comunicativo. Rappresenta quindi l'elemento più importante per quanto riguarda le attività di marketing che vengono realizzate dai distributori.
In questa lezione ci concentriamo su due aspetti: il primo riguarda il quadro della marca commerciale in Italia alla luce anche di quello che avviene all'estero e dell'evoluzione recente di questo fenomeno, e il secondo tema è invece un po' più ampio perché riguarda i sistemi di filiera e il modo con cui i distributori italiani selezionano i prodotti e selezionano le imprese che
sviluppano la marca per loro, quindi il secondo tema è la filiera di produzione, tra sostenibilità e innovazione. Salvo rarissime eccezioni, il distributore realizza tutta l'attività di marketing ma non realizza concretamente l'attività produttiva, perché l'attività produttiva è sempre gestita da un'impresa manifatturiera, che ha gli impianti per produrre i prodotti. La riflessione che faremo riguarda quindi in che modo vengono selezionati, quali sono i tipi di contratti, quali sono le logiche che sono sottese a questo grande tema. Per quanto riguarda le informazioni sul mercato italiano dobbiamo necessariamente provare a partire da quello che succede nel contesto europeo. Qui sotto a sinistra vediamo un'immagine tratta dalla Private Label Manufacturers Association (PLMA) che riporta al 2020 la situazione, la penetrazione dei prodotti a marchio valore, quindi sono dei valori un po' più alti rispetto al mercato italiano.Diversi Paesi. I dati sono per volume e non per valore di mercato, però dalla fotografia possiamo immediatamente intendere come l'Italia nel contesto europeo dista parecchi chilometri dietro rispetto agli altri, con un 22.3%, contro una media Europea grossomodo intorno al 37/38%.
Vediamo qui sopra a destra invece un dato che è di un'altra fonte, che fa riferimento al 2019, del mercato USA. Qui abbiamo solo il dato complessivo di 136 miliardi di dollari di marca commerciale, e ci fa rendere conto di che impatto abbia il prodotto a marchio comunque in un contesto di produzione globale.
Tornando all'Italia, quali sono i motivi per cui l'Italia sconta ancora questo ritardo?
Il primo motivo è la minore concentrazione distributiva, e vuol dire che i diversi attori sono meno concentrati, quindi i primi grandi attori, pensiamo a Conad o a Coop, hanno quote di mercato tutto sommato ancora modeste, il 15%, il 13%, di fronte invece a Paesi nei quali i primi 5
distributori normalmente hanno l'80%, il 90% di quota di mercato. Questo cosa comporta? Comporta il fatto che le politiche assortimentali, quindi le politiche di selezione alla marca commerciale possono differire nella misura in cui non c'è una policy unitaria da parte di grandi gruppi.
Il secondo motivo è che c'è una presenza di canali alternativi, specialmente nel sistema alimentare, ma non solo, in Italia, pensiamo all'ambulantato, al mondo digitale, pensiamo ai mercati di nicchia che però nei diversi Paesi, nelle diverse località e nei diversi territori comunque fatturano, e quindi sottraggono sicuramente quote alla GDO e ovviamente quote alla marca commerciale.
Terzo elemento: c'è un comportamento del consumatore, della domanda che può differire in alcune aree del Paese, ad esempio nel mezzogiorno d'Italia anche per una minore concentrazione distributiva il comportamento del consumatore è comunque
maggiormente orientato, per diversi motivi, alla marca industriale e un po' meno alla marca commerciale, e questo è un fenomeno che registriamo in ampie aree del mezzogiorno che probabilmente sono anche quelle nelle quali la concentrazione distributiva è più modesta. Infine, il nostro mercato distributivo è prevalentemente composto della distribuzione organizzata, e non dalla grande distribuzione, quindi da gruppi che sono associati a loro volta a cooperative o a CEDI e che quindi hanno un'autonomia nei processi assortimentali di offerta che fa sì che non ci sia un'omogeneità nelle politiche per esempio di selezione della marca commerciale, e quando andiamo a registrare le informazioni all'interno dei diversi distributori di questa natura scopriamo che magari la marca commerciale è molto sviluppata da alcuni CEDI, e invece molto poco da altri, perché alcune politiche tipicamente assortimentali vengono realizzate avediamo anche la suddivisione della quota di mercato per i principali competitor, con un'ampia dominanza del leader di mercato che detiene oltre il 50% della quota. Inoltre, possiamo notare che la quota di mercato degli altri competitor è piuttosto frammentata, con nessuno che supera il 10% di quota. Infine, è interessante notare che la quota di mercato della nostra marca commerciale è in crescita costante, ma ancora lontana dalla leadership di mercato. Tuttavia, considerando i fattori che abbiamo analizzato in precedenza, possiamo essere ottimisti sul potenziale di crescita futura della nostra marca commerciale. In conclusione, la nostra marca commerciale sta facendo progressi significativi nel mercato italiano, nonostante alcuni ostacoli. Con una strategia mirata e un'attenzione continua alle esigenze dei consumatori, siamo fiduciosi che possiamo continuare a crescere e raggiungere una posizione di leadership nel mercato.Vediamo la stessa informazione ma disarticolata prima per canali, vediamo ipermercato, superstore, supermercato, libero servizio di prossimità, e poi invece spacchettata per i diversi formati. Quell'informazione che probabilmente ci interessa di più non è solo quella della quota di mercato della marca commerciale, che come vediamo differisce nel senso che i supermercati di vicinato, le superette, quindi quello ovviamente hanno una quota più elevata, ma l'informazione che sono chiamati supermercati di prossimità, che ci dà IRI è quella di dirci di stare attenti che ovviamente hanno una quota elevata in ragione del fatto che poi la quota assortimentale fatta 100 le referenze in assortimento nel caso del negozio di prossimità raggiunge il 22.3%, quindi è abbastanza ovvio che a una numerica così elevata corrisponda poi una quota di mercato di questa natura. Invece l'ipermercato ha una quota di mercato del 16.6%.
con una quota assortimentale solo dell'11.4%. Quali sono i motivi alla base dello sviluppo recente, quindi gli ultimi 5/6 anni, della MDD? Tutte le ricerche continuano a confermare un dato da una parte abbastanza ovvio ma dall'altra non tanto, cioè i diversi segmenti di domanda, con difformità parlando delle categorie, ricercano un rapporto positivo tra convenienza e qualità, anche le scorse lezioni ci ricordano che la convenienza è un fattore critico di successo e siccome la marca commerciale ha una battuta di cassa del 25% inferiore rispetto alla marca leader, spiega questo fenomeno di crescente sviluppo alla luce di quello che abbiamo visto, cioè dal 2008 la crisi di allora solo in parte è stata recuperata. Secondo elemento: c'è una indubitabile crescente fiducia nei distributori moderni, quindi nelle insegne. Diversamente da una ventina di anni fa dove gli elementi di fiducia erano abbastanza ridotti e, tolte legrandiinsegne per le quali c'era un riconoscimento fiduciario, tutte le altre avevano scarsissima possibilità di essere riconosciute, e questo naturalmente comportava un non s