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ISTITUZIONI INTERNAZIONALI – APPUNTI PARSI
Le Relazioni internazionali hanno sviluppato due approcci nei confronti delle istituzioni: uno
razionalista, più tradizionale (spiega perché gli stati hanno interesse soggettivo nel creare
istituzioni), e uno costruttivista (secondo il quale la diffusione di istituzioni nel sistema
internazionale tende ad aumentare nel tempo). Mitrany, un ungherese - razionalista, nel 1943 scrisse
che eravamo davanti al più grande fallimento delle promesse dello stato: le due ideologie avevano
infatti sostituito alle istituzioni altre istituzioni che le avevano gerarchizzate (le istituzioni del
partito sono superiori). Secondo lui ciò è legato al fatto che la dimensione statale-nazionale non è
più efficace, bisogna superare la dimensione nazionale, gli stati devono essere prima affiancati e poi
sostituiti da un'autorità transnazionale. Il suo pensiero non è molto influente nell'immediato ma la
sua idea intorno al 1958 sarà importante per Ernst Haas, che assiste al regionalismo europeo
(formazione di istituzioni che daranno vita all'UE, ecc). Il suo ragionamento non è prescrittivo, si
chiede quali dinamiche politiche possono portare ad un'autorità politica transnazionale e utilizza il
concetto di spill over (ereditato dal funzionalismo): se attori cooperano in un settore mettono in
comune una politica, se questa collaborazione è di successo essa incrementerà la profondità della
collaborazione e quindi la collaborazione si estenderà ad altri settori. La principale critica che gli
viene mossa è di Krasner nel 1973, che dice che il regionalismo europeo si può spiegare come il
frutto dell'egemonia americana che li ha spinti a costituire una massa politico-economica coerente
rispetto alla sfida della guerra fredda.
LE ISTITUZIONI INTERNAZIONALI TRA SPERANZE E SCETTICISMO
Secondo molti studiosi le istituzioni internazionali pongono dei freni all’arbitrio degli stati nei loro
comportamenti reciproci e consentono ai governi di affrontare collettivamente problemi sentiti da
tutti. Tuttavia, le istituzioni internazionali sono anche oggetto di considerevole scetticismo: secondo
gli scettici, le istituzioni internazionali non potranno realmente vincolare l’azione degli stati.
Occorre fare una distinzione tra organizzazione e istituzione: una organizzazione è un gruppo di
individui dotato di una struttura formale e orientato verso un obiettivo comune, una istituzione è
invece un insieme di regole che strutturano l’interazione tra individui e gruppi definendo i
comportamenti permissibili e non permissibili.
Le istituzioni internazionali sono sistemi di regole accettati dai vari stati che stabiliscono come essi
devono o non devono comportarsi gli uni nei confronti degli altri. Il termine si applica a insiemi
normativi quali il diritto internazionale, le regole della diplomazia e il principio di sovranità ma
anche alle istituzioni artificiali, cioè non generate dall’evoluzione e consolidamento di pratiche ma
da atti fondativi progettati, negoziati ed approvati (es. patto della Società delle Nazioni).
Buzan, della scuola inglese, fa una distinzione tra istituzioni primarie e secondarie: le prime sono
generate da processi evolutivi piuttosto che da atti creativi (sono otto: sovranità, territorialità,
diplomazia, gestione dei rapporti tra grandi potenze → alleanze/guerra/equilibrio di potenza,
uguaglianza degli esseri umani → diritti umani, mercato, nazionalismo → democrazia, protezione
dell’ambiente naturale). Lo studio delle istituzioni internazionali precede quello delle relazioni
internazionali, nate dopo la Prima guerra mondiale con la volontà di conoscere le condizioni che
favoriscono la cooperazione pacifica tra stati e il ruolo che le istituzioni internazionali hanno per
promuovere questa cooperazione. Le istituzioni internazionali possono avere un peso determinante
sulla politica degli stati e ridurre il conflitto militare, economico e politico tra essi.
L’ISTITUZIONALISMO RAZIONALISTA
1. Genealogia
L’istituzionalismo razionalista emerse a partire dai primi anni Ottanta in risposta a precedenti
approcci istituzionalisti e alle critiche realiste. Tra i precursori istituzionalisti sono importanti il
funzionalismo e il neofunzionalismo. L’approccio funzionalista divenne influente negli anni
successivi alla Seconda guerra mondiale; secondo i funzionalisti, lo stato doveva essere affiancato
da nuove forme di autorità basate sulle conoscenze tecniche ed economiche, poiché non riusciva più
a soddisfare i bisogni fondamentali degli individui. L’integrazione internazionale sarebbe stata
promossa con agenzie funzionali, che aumentano la loro legittimità, risolvendo i problemi concreti.
Per Mitrany, infine, il popolo avrebbe dato più fiducia a queste agenzie, creando così una nuova
forma di politica globale (trascendenza). Il neofuznionalismo mira invece a spiegare processi di
integrazione regionale piuttosto che globale, mira ad offrire una teoria positiva libera da elementi
prescrittivi e mette in rilievo le dinamiche più propriamente politiche dell’integrazione
sovranazionale. Lo spill over, qui, è dovuto ad un’interdipendenza tra i settori di un’economia
moderna o promossa da Élite amministrative economiche. L’integrazione politica regionale viene
prodotta da un progressivo allargamento delle sfere di competenza delle istituzioni regionali. Alcuni
hanno criticato questa teoria riferendosi al secondo dopo guerra: gli USA avevano svolto una
funzione egemone e l'ordine non era quindi dovuto a quella cooperazione che si era creata tra gli
stati secondo i neo-realisti (si parla della teoria della stabilità egemonica).
Nella teoria delle stabilità egemonica, Krasner dice che l’esistenza di una potenza capace di fornire
beni pubblici, è una condizione necessaria per avere la cooperazione.
2. Assunti e ipotesi
L’istituzionalismo razionalista nasce come tentativo di mostrare che l’egemonia non è una
condizione necessaria per assicurare la cooperazione in condizioni di anarchia. Il testo principale di
questa scuola, After Egemony di Robert Keohane, mira in primo luogo a dimostrare come la
cooperazione sia possibile anche in assenza di un egemone e che le istituzioni internazionali hanno
un ruolo essenziale nel promuoverla. Gli istituzionalisti accettano gran parte degli assunti della
tendenza realista (centralità degli stati, gli stati agiscono cercando la maggiore utilità attesa dato il
contesto strategico in cui si trovano, gli stati badano solo ai propri interessi, gli stati operano in un
mondo anarchico). L’obiettivo dell’istituzionalismo razionalista è quello di dimostrare che, al
contrario di quanto sostengono i realisti, questi assunti sono compatibili con alti livelli di
cooperazione interstatale e che le istituzioni internazionali contribuiscono a realizzarla. L’uso della
teoria dei giochi è stato un elemento importante perchè offre, sulla base di calcoli matematici, delle
probabilità di esiti cooperativi. Il punto di partenza della teoria istituzionalista sono le preferenze
degli stati, prese come date senza chiedersi come sono nate. La teoria si presenta quindi
immediatamente come parziale. Una seconda caratteristica importante della teoria è una logica
funzionalista: l’esistenza delle istituzioni internazionali viene spiegata dai benefici che portano agli
stati o dalle conseguenze benefiche che gli stati si aspettano. La teoria non si applica a situazioni in
cui gli interessi degli stati coincidono perfettamente e pertanto sono superflue sia la cooperazione
che le istituzioni, né a situazioni in cui gli interessi degli stati sono del tutto incompatibili.
3. Collaborazione e coordinamento
L’attenzione degli istituzionalisti si è concentrata sui giochi di collaborazione e i giochi di
coordinamento. Nei giochi di collaborazione gli stati trovano maggiori vantaggi da un esito in cui
tutti cooperano rispetto a un esito in cui tutti defezionano. L’interesse comune alla cooperazione,
tuttavia, non è sufficiente a garantire un esito cooperativo perché in molte situazioni uno stato può
trarre vantaggio maggiore da un esito in cui gli altri cooperano mentre esso stesso defeziona. Ad
esempio, ogni stato può preferire un esito in cui tutti gli stati riducono l'emissione di gas serra
nell'atmosfera, ma può beneficiare ancora di più da un esito in cui tutti gli altri stati riducono le
emissioni mentre esso stesso continua ad aumentarle. Situazioni di questo genere sono
esemplificate nel famoso gioco detto Dilemma del prigioniero (l'interesse individuale prevale su
quello per la cooperazione). Anche nei cosiddetti giochi di coordinamento vi è una tensione tra
obiettivi individuali e collettivi. In queste situazioni, gli stati hanno un interesse comune a
raggiungere un accordo, ma un conflitto di interessi rispetto ai termini dell’accordo stesso. Per
esempio, vari governi possono preferire un'armonizzazione degli standard di sicurezza a una
molteplicità di standard nazionali, perchè l'armonizazzione facilita il commercio internazionale ma
ogni stato preferirebbe che tutti gli altri stati adottassero lo standard che esso stesso ha già attuato e
quindi sostenessero tutti i costi di transazione. I giochi di coordinamento richiedono generalmente
un processo negoziale attraverso il quale gli stati identificano una soluzione di compromesso. Ma
anche in questo caso l’interesse individuale può prevalere sull’interesse comune. I negoziatori
usano tattiche che aumentano il rischio che il negoziato fallisca (come il bluff o rifiutando le
proposte). Una differenza fondamentale tra i due tipi di giochi è che, una volta stabiliti i termini
dell’accordo, nei giochi di coordinamento i partecipanti non hanno un interesse a violare i termini
dell’accordo, mentre nei giochi di collaborazione i partecipanti trarrebbero un vantaggio dalla
defezione unilaterale, che quindi rimane sempre un rischio concreto. Secondo gli istituzionalisti
razionalisti alla base dei problemi finora considerati si trova spesso un deficit di informazione e le
istituzioni internazionali possono facilitare la cooperazione tra stati proprio perché aumentano la
quantità e soprattutto la qualità dell’informazione disponibile. Per facilitare esiti positivi in giochi
di collaborazione, le istituzioni internazionali dovrebbero consistere principalmente di regole che:
diminuiscono l’ambiguità degli obblighi dei partecipanti; che impongono obblighi di trasparenza e
giustificazione agli stati; che delegano ad agenti imparziali la verifica del rispetto degli accordi; che
strutturano eventuali sanzioni nel caso venga accertata una violazione; che assicurano gli stati che
ci