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La componente fisiologica e neurofisiologica
Relazione tra emozioni e risposte fisiologiche:
- Ipotesi della specificità assoluta
- Ipotesi della non-specificità
- Ipotesi della specificità dimensionale (emozioni positive vs. emozioni negative)
- Ipotesi della specificità neurochimica
- Ipotesi della specificità delle richieste metaboliche (energetiche) necessarie per la realizzazione di specifiche tendenze d'azione
- Ipotesi della specificità individuale (differenze individuali/stili di risposta)
IPOTESI DELLA SPECIFICITÀ ASSOLUTA
Risposte fisiologiche che tendono a ripresentarsi ogni volta che proviamo la stessa emozione. L'esperienza soggettiva che accompagna il processo emozionale deriverebbe dalla consapevolezza di queste risposte fisiologiche. William James (1884) riteneva che le diverse emozioni (gioia, paura, tristezza ecc) fossero associate a pattern fisiologici di risposta unici e ben distinguibili.
tra loro (da cui deriverebbero le diverse esperienze soggettive di gioia, paura, tristezza, ecc). Questa ipotesi è conosciuta in letteratura come teoria di James-Lange. Poco dopo una serie di autori mettono in crisi questa ipotesi. IPOTESI DELLA NON-SPECIFICITÀ In netta contrapposizione con la prima. Non esiste specificità fisiologica per le diverse emozioni, esiste solo un livello aspecifico di attivazione, che implica il coinvolgimento di determinate strutture; è l'intervento dei processi cognitivi che attiva lo stimolo e un'emozione precisa. Ci sono molti esempi che dimostrano che spesso le emozioni (soprattutto quando non sono troppo forti) sono di natura aspecifica. Cannon (1927), e più recentemente Schacter e Singer (1962), contraddissero questa idea attraverso una serie di esperimenti che sostenevano, invece, l'esistenza di un pattern indifferenziato di risposte (arousal) per tutte le emozioni. Questa ipotesi è conosciuta.storicamente in letteratura come teoria di Cannon-Bard. Noi interpretiamo le emozioni cognitivamente, non fisicamente (James). IPOTESI DELLA SPECIFICITÀ DIMENSIONALE Altri autori dicono che non possiamo distinguere le singole qualità emozionali dal punto di vista fisiologico, però possiamo raggruppare tutte quelle attività che solitamente hanno a che fare con le emozioni positive e negative. Una serie di nuove strategie metodologiche, orientate a immaginare una terza possibilità, ovvero che potremmo essere in grado di costruire degli insiemi di risposte fisiologiche in base alle emozioni positive e alle emozioni negative. ULTIME TRE IPOTESI Negli ultimi anni hanno trovato grande spazio con studi ed esperimenti. Piccole modifiche delle ipotesi che rispecchiano quello che oggi la letteratura ci suggerisce. • Ipotesi della specificità neurochimica: riguarda aspetti legati all’idea che esistano dei neuro trasmettitori specifici per ogni emozione (paura,rabbia, ecc). Ipotesi che non ci siano risposte specifiche, ma che ci sia un'attività di tipo neurochimico che attiva diverse risposte.- Ipotesi della specificità delle richieste metaboliche (energetiche) necessarie per la realizzazione di specifiche tendenze d'azione (ci allontaniamo se abbiamo paura); è una nuova versione della specificità assoluta, si pensa che le emozioni siano associate a una serie di tendenze d'azione (abbiamo paura/ci allontaniamo). Alcuni autori ci spiegano grazie a essa che c'è una specificità legata a queste tendenze.
- Ipotesi della specificità individuale, cioè le differenze individuali creano anche diversi stili di risposta. Altre teorie (i modelli cosiddetti dimensionali) ritengono che sia possibile distinguere, da un punto di vista delle risposte fisiologiche, soltanto tra reazioni emozionali positive e reazioni emozionali negative.
Trovato ancora oggi una soluzione probabilmente a causa dei problemi metodologici insiti nelle modalità che rendono possibile lo studio di questa componente in laboratorio (emozioni a bassa intensità; imagery = chiedere al soggetto di pensare a una forte emozione per fargliela in qualche modo riprovare; monitoraggio intrusivo talvolta invasivo delle risposte oggetto di osservazione).
La neurologia delle emozioni e più in generale le neuroscienze stanno portando un contributo significativo alla comprensione delle strutture che sostengono il processo emozionale.
In particolare: circa il ruolo dell'amigdala (il circuito talamo-amigdala, il circuito talamo-cortico-amigdala) e di altre strutture sottocorticali "antiche" (e che condividiamo con molte altre specie) nell'attivazione emozionale. Si sta cercando di individuare una serie di percorsi da collegare all'amigdala per quanto riguarda l'attivazione fisiologica.
Sistema limbico = piccole
strutture nervose molto antiche, che troviamo anche in altre specie, che si ritiene siano il supporto materiale e fisico delle emozioni. Le emozioni dal punto di vista neurofisiologico vengono sostenute dal sistema limbico, però era stata esclusa l'amigdala, che oggi ha un ruolo fondamentale. L'amigdala fa parte del sistema limbico. Possibile modello del ruolo dell'amigdala nello scatenamento della risposta emozionale (figura adattata da Armony e LeDoux, 1997) Il funzionamento dei due circuiti:- Il circuito talamo-amigdala: riguarda le valutazioni non consapevoli; lo stimolo raggiunge il talamo sensoriale che arrivano all'amigdala è un'analisi dello stimolo
- Il circuito talamo-cortico-amigdala: è un circuito più complesso perché specifica la natura dello stimolo che ci troviamo ad affrontare
specifiche stimolo.L'amigdala le capta e arriva a generare risposte espressive autonomiche ed endocrine.
LEZIONE 9
LA COMPONENTE ESPRESSIVO -MOTORIA
Si può declinare in modi diversi: il volto è sicuramente la parte del corpo che ha generato più curiosità, ma anche il comportamento (Argyle, 1978; Harrigan, Rosenthal e Scherer, 2005; Walbott, 1998):
I principali segnali non-verbali coinvolti nell'espressione delle emozioni:
- Comportamento facciale
- Il comportamento visivo/lo sguardo
- Il comportamento motorio-gestuale/cinesica
- La postura (inclusi i movimenti del collo e della testa): ritenuta però meno specifica rispetto al comportamento facciale
- Il comportamento spaziale (prossemica): distanza dagli altri, paura del prossimo
- Gli aspetti non-verbali del parlato: il tono, la voce, ci danno spesso degli indizi sulle emozioni dell'altro
- Il contatto corporeo (stretta di mano, colpo, spinta, urto, abbraccio,
Il volto è uno stimolo che per tutti noi è un'attrazione fatale. Questo comincia già dalla nascita: il neonato, ad esempio, è attratto dal volto dell'adulto, dall'"oggetto" che gli fornirà le cure di cui ha bisogno.
Il cinema e in particolare il primo piano è stata la prima grande possibilità di poter scrutare da così vicino il volto, nella vita reale non arriveresti a una vicinanza simile. Oggi abbiamo le tecnologie che ci permettono di studiare il volto, ma l'interesse nei confronti del volto inizialmente nasce con presupposti molto diversi, si sente ancora l'influenza di Aristotele; si tratta di un primo tentativo di collegare le espressioni statiche di un individuo a un animale. Giovan Battista Della Porta riprende la teoria aristotelica e tenta di ricondurre le forme del volto a quelle di un animale.
In Italia abbiamo avuto uno degli ultimi grandi studiosi di fisionomica,
ovvero Cesare Lombroso: si riconnette ad Aristotele e a Della Porta e inventa l'antropologia criminale. Lombroso tentava di trovare delle irregolarità nelle caratteristiche del volto di criminali e pensava di averle trovate (in alcune sentenze si chiamava un esperto di fisionomica che, in base alle misure del volto dell'imputato, doveva affermare o negare la sua colpevolezza). Chi ci porta fuori da questa tradizione è Darwin: quando torna dal suo viaggio, il padre lo accolse con tutti gli onori e palpandogli la testa gli disse che era chiaro che avesse imparato tantissime cose (suo papà era un esperto di fisionomica). Darwin, però, man mano prende le distanze da questa tradizione e ci dice che ciò che è importante è ciò che accade sul volto, non la forma del volto. Ci spinge ad occuparci di qualcosa che mai nessuno prima aveva affrontato: la fotografia. Insieme a de Boulogne comincia a studiare i muscoli facciali. Grazie a quest'ultimo,attraverso degli impulsi elettrici, per la prima volta abbiamo una mappa dei muscoli e delle espressioni facciali. La muscolatura si è evoluta ai fini della comunicazione.LEZIONE 10
LA COMPONENTE ESPRESSIVO - MOTORIA, PARTE DUE
Dopo e sulla scia del lavoro svolto da Darwin sono nate una serie di metodologie per descrivere l'attività dei muscoli facciali: ad ogni cambiamento si associa un'emozione. FACS (Facial Action Coding System, Ekman) = metodologia più utilizzata in ambito di ricerca per lo studio del comportamento facciale nell'adulto: manuale che descrive tutte le possibili posizioni facciali consentite dalla nostra costituzione anatomica. Serve per aiutare il ricercatore a distinguere tra posizioni facciali magari simili.EMOZIONI ED ESPRESSIONI FACCIALI
L'interesse per l'attività dei muscoli facciali nasce nel contesto della psicologia delle emozioni; si cominciano a costruire ipotesi e nuove teorie, ma siamo ancora lontani daltrovare una soluzione condivisa e soddisfacente per tutti gli studiosi. Tutti noi siamo in grado di riconoscere, senza che nessuno mai ce l'abbia insegnato, le principali configurazioni che caratterizzano le diverse emozioni.
Rabbia, disgusto, paura, gioia, tristezza, sorpresa: tutti siamo in grado di riconoscerle quasi automaticamente. Il volto riflette la nostra interiorità, è uno strumento fondamentale per comunicare.
Le grandi domande che riguardano questo aspetto sono:
- Esistono azioni facciali specifiche per le diverse emozioni? La ricerca ha dimostrato che non c'è una conseguenza diretta tra emozioni e comportamento facciale; c'è chi pensa che sia qualcosa di innato (ogni volta che proviamo quell'emozione, usiamo quei muscoli facciali) e c'è chi pensa che il volto sia semplicemente uno strumento di comunicazione (ad esempio, per buona educazione scambiamo un sorriso)
- Le azioni facciali sono necessarie
affinché si attivi il processo emozionale? No, perché in molti casi l'emozione fa il suo corso anche se esternamente riusciamo a