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SEI CONCETTI CHIAVE DELLA PSICOLOGIA CLINICA
L'importanza del CONTESTO nel definire e comprendere la psicopatologia. Il contesto è molto importante per ricostruire la storia della persona stessa e non solo il contesto fisico ma anche il contesto storico. Molte volte i sintomi emergono quando la persona ha un cambio di vita molto importante. I risultati dei test devono essere sempre letti alla luce di quello che è successo nella vita della persona.
Il CONTINUUM tra COMPORTAMENTO NORMALE E PATOLOGICO. Questo lo abbiamo visto quando abbiamo fatto la differenza tra disfunzionale e patologico. Non tutto quello che è patologico ha un nome diagnostico. Non è che una persona è solo sana o malata. A volte non ci sono criteri chiave ma è probabile che la persona ha alcuni sintomi e non tutti quelli che servono per fare una diagnosi. Questi stati che non arrivano al punto finale di questa traiettoria tra il normale e il patologico, devono comunque
essere presi inconsiderazione. Il manuale determina le situazioni diagnostiche ma prima nella vita della persona c'è una situazione inevoluzione. Puoi conoscere una persona prima quando ha comportamenti disfunzionali prima della diagnosi. Tutto ciò che è disfunzionale non è obbligatoriamente patologico.
Il RELATIVISMO STORICO E CULTURALE nel definire e classificare la psicopatologia; (esempio della fata della casa)
I VANTAGGI E I LIMITI della diagnosi (affidabilità e validità della categoria diagnostica). Il vantaggio è quello di poter identificare una categoria oggettiva per cui si può dare un "nome" alla patologia effettiva e discuterla con altri professionisti, ma allo stesso tempo la diagnosi serve conoscere la storia. Limite: se sei attaccato alla diagnosi, se la aspetti per dire che una cosa è grave, puoi perdere le situazioni grigie, non riesci a prendere "per i capelli". La persona
potrebbe avere un malessere prima che la diagnosi fosse fatta e proprio quel malessere doveva essere preso in considerazione prima che diventasse patologico. Il principio di CAUSALITÀ MULTIPLA. Quando abbiamo davanti a noi una persona dobbiamo capire perché quella persona avverte quel malessere, il malessere o disturbo dipende da delle ragioni, alcune sono controllabili altre no. In questa descrizione vediamo due tipi di fattori causali:- cause precipitanti: stressor che permettono di precipitare una situazione che è già grave per via dei fattori biologici (esempio: rottura con il fidanzato)
- cause predisponenti ossia la persona può avere un'architettura genetica svantaggiata che la rende più predisposta ad essere a rischio se si verificano degli stressor
Provoca un danno significativo, delle conseguenze negative nel nostro modo di vivere. Quando andiamo a fare analisi delle variabili correlate, andiamo ad allargare il campo al modo in cui questo non dormire, ad esempio, impatta sui vari contesti della vita della persona: tu la notte non dormi, ma la mattina ti svegli? Bisogna valutare se una cosa fa danno rispetto ai parametri della persona e non rispetto ai parametri dello psicologo. Ad esempio: il paziente dice: "faccio fatica perché la sveglia non tanto la sento". Lo psicologo potrebbe essere anche lui un dormiglione e mette 4 ritardi alla sveglia. Magari è un suo modo di svegliarsi. Così come potrebbe esserci uno psicologo che fa lo zombie. Questi due psicologi personalmente possono avere interpretazioni diverse. L'interpretazione corretta è quella che chiede: "ma prima la sentivi la sveglia?" L'unico modo per capire se c'è un danno è quello di valutarli.
rispetto a come la persona funzionava prima di avere sintomi. Nel processo di aiuto dobbiamo togliere i nostri occhiali e mettere quelli del paziente. L'analisi delle variabili e il danno va fatto in relazione a quello che è il modo di vivere della persona. Immaginate il Colloquio come un processo che dall'inizio alla fine allarga lo sguardo. Primo allargamento dal punto di vista dello spazio nella fase 4. Poi emerge fase 5.5. capiamo se c'è un altro sintomo che nella fase 3 il paziente non ci ha detto e che magari è presente solo a livello di una delle sfere della sua vita. Dalla fase 6 in poi la storia dei problemi. 6. Si chiederà al paziente di raccontare la prima e ultima volta in cui ha esperito questo sintomo e come è stato. Questo perché la persona per processi cognitivi ha un ricordo più nitido della prima e ultima volta che le cose gli succedono. Per avere una fotografia precisa del come la persona esprime quel malessere.ci facciamo raccontare i ricordi più nitidi. Si farà poi il confronto fra il prima e il dopo. Questo ci aiuta a capire se ha avuto altri problemi psicologici o psichiatrici, se ha incontrato altri psicologi prima di noi, se è stato trattato farmacologicamente ci permette di capire e di farci un'idea della gravità della situazione (ricerca di aiuto di RIID). Sulla base di quello che abbiamo raccolto nella fase 6, andremo a vedere e a intersecare queste informazioni con la storia individuale o personale dell'individuo. Qui andremo anche a raccogliere informazioni circa eventuali eventi stressanti che la persona riconosce come tali. Da eventi macro-stressanti a periodi di vita che la persona può dire di essere stati molto stressanti. A questo punto il 6 e 7 si intersecano e si cerca di capire se i precedenti problemi che la persona ha manifestato prima del momento in cui le rivede possano ricondursi temporalmente a qualcuno degli eventi di vita.Maggiori che la persona vede come stressanti. Si cerca di costruire con la persona questa storia e cercare di capire se c'è una vulnerabilità rispetto alle problematiche psicologiche emerse.
La persona cosa si aspetta da questo aiuto. È importante capire quali sono le aspettative della persona se sono o meno realistiche e spiegare il successo delle terapie da cosa dipende.
In tutto questo processo nulla vieta di utilizzare i test in una qualsiasi parte del colloquio. Sulla base delle informazioni raccolte all'interno del colloquio e sulla base dei test fatti diamo al paziente la nostra opinione sul malessere, se incontra una diagnosi o no, costruiamo di un piano terapeutico.
Modello multidimensionale:
Per condurre l'esame psicodiagnostico lo psicologo utilizza 3 classi principali di informazioni:
- Canale verbale
- Osservazione diretta del comportamento
- Registrazione strumentale dell'attivazione psicofisiologica del soggetto: riguarda un
esamepsicodiagnostico che accade a livello multidisciplinare (ossia ci sono tanti professionisti ad intervenire nel colloquio clinico) e multidimensionale (prende in considerazione tutti quelli che sono gli indici che vanno a definire quello che è il sintomo).
Quando vogliamo capire come i sintomi intaccano sul corpo potrebbe essere utile fare un esame delle funzioni psicofisiologiche. A farci capire, ad esempio, quanto è grande quell'ansia potrebbero partecipare indici come sudorazione della pelle, battito cardiaco, esame neurologico. L'ideale sarebbe che queste informazioni possono essere raccolte non tanto da uno psicologo clinico ma da uno psichiatra.
Un Problema che c'è stato quando iniziavano a delinearsi le regole del colloquio clinico (anni '70) è: gli indici provenienti da diversi canali di informazione descrivono comunque i medesimi fenomeni e i medesimi costrutti?
N.B.: Misure relative ad uno o all'altro canale non sono
intercambiabili; si tratta di misurazioni relativamente indipendenti.Colloquio