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CONOSCENZA
RIC. RICERCA -
OPERATIVA AZIONE
Diega Orlando sostiene che la ricerca – azione è da ricondurre alla ricerca nomo tetica
(sperimentale) (cap. 4 pagg. 69 – 85). Col passare del tempo il metodo sperimentale si è raffinato,
introducendo variabili per cercare di avere un’immagine più reale della realtà. Un tentativo per
unire il metodo qualitativo e quantitativo è stato fatto dalla ricerca – azione, ma secondo Orlando
anch’essa ha la stessa logica del metodo sperimentale. Secondo Orlando la ricerca – azione è più
flessibile del metodo sperimentale, in quanto si crea un’ipotesi, la verifica e la ricambia. Il passo in
comune col metodo sperimentale è quello di pretendere di descrivere perfettamente la realtà,
sono entrambi nell’ambito della spiegazione, inoltre entrambi sono basati sul principio di causa –
effetto e orientati alla descrizione.
IL METODO AUTOBIOGRAFICO
Diega Orlando parla del metodo autobiografico nel 5° capitolo del suo libro e divide l’argomento in
paragrafi :
- Dalla sociologia alla pedagogia
- Aspetti metodici
- L’autoformazione
- Compiti del ricercatore e rischi insiti nell’uso del metodo
Dalla sociologia alla pedagogia
Inizialmente c’era la diffusione del racconto autobiografico, che come genere letterario è sempre
esistito dal momento che l’uomo ha iniziato a scrivere. Il metodo autobiografico, al contrario, non
ha tanta storia alle spalle, ha infatti meno di 100 anni. È nato in ambito sociologico all’inizio degli
anni ’20, ma si è affermato a Chicago solo negli anni 20/30 del ‘900. Inizialmente è stato usato per
studiare la marginalità urbana. Florian Znaniecki e William Thomas, due sociologi del tempo,
decisero di fare delle ricerche sui contadini polacchi emigrati in America in quel periodo, in quanto
avevano notato che i progetti di integrazione socio-culturali proposti non erano efficaci. Svolsero
così una ricerca che viene riproposta nel testo “Il contadino polacco in Europa e in America”, con
l’obiettivo di cogliere il vissuto dei contadini dopo il trasferimento. Utilizzarono così le
autobiografie, diventando un metodo di ricerca a tutti gli effetti. Partendo dal loro vissuto, in
questo modo, si sarebbero costruiti dei progetti socio-culturali migliori. La loro ricerca ha avuto
successo e negli anni 20/30 il metodo si è diffuso e ha iniziato ad essere usato da altri ricercatori.
Negli anni 40 si iniziò a perdere interesse riguardo il metodo autobiografico, stessa cosa negli anni
50/60 dove nessuna ricerca veniva affrontata con quest’ultimo. Negli anni 70/80 torna in vigore e
viene riaffermato. Attualmente esistono molte scuole che lo utilizzano in modo differente sia dal
punto di vista teorico che pratico.
Il metodo autobiografico è un metodo qualitativo. Il rigore metodologico utilizzato ha poco a che
fare con l’approccio quantitativo. In questo metodo può accadere che la ragione si intrecci con la
fantasia (ragionevolezza), la quale si esprime con il verosimile. Il metodo A.B. persegue il rigore
metodologico con procedure razionali, dove capita però che nella razionalità trova posto anche la
fantasia.
Alcune scuole si avvalgono del metodo A.B. per quantificare il qualitativo. Viene raccolto il vissuto
delle persone con interviste strutturate e successivamente vengono analizzati i risultati con
l’analisi fattoriale. Ci sono dei programmi appositi che dalle interviste estrapolano i dati
quantitativi, in questo modo però il metodo A.B., che è naturalmente qualitativo, viene snaturato.
BISOGNI EDUCATIVI
Come indagare i bisogni? Bisogna trasformare i concetti riferiti ai bisogni e scomporli in dimensioni
osservabili. Il bisogno denota una tensione, cioè uno scarto provato da un individuo o da un
gruppo tra le sfide che insorgono dalla vita e le risorse atte a colmarle. (G. caliman).
A volte capita di non riuscire a individuare i bisogni dei soggetti, bisogna quindi cercare di capire se
effettivamente ci sono bisogni che non ho considerato. Il metodo utile a questo proposito è quello
autobiografico, perché passa appunto dal vissuto dei soggetti e ha lo scopo di fare leva sulle
capacità e sulle risorse degli uomini per costruire la propria umanità. Usando il metodo
autobiografico è possibile individuare sia le risorse che i problemi del soggetto. Orlando sostiene
inoltre che la narrazione di ciascun soggetto diventa possibilità non solo di progettazione (creare
un progetto per il soggetto) ma anche di autoeducazione. I soggetti narrando la storia possono
scoprire di essere capaci di pensare, modificare il proprio pensiero e modificare il proprio
apprendimento. Il soggetto raccontando è costretto a riflettere e cogliere i suoi limiti e capire di
poterli superare.
AUTOFORMAZIONE
Nell’autoformazione il 4° e il 7° criterio del paradigma unificatore sono centrali. Orlando sottolinea
come il soggetto sia capace di fare introspezione, chiamando così in causa il 6° criterio; il soggetto
riesce a fare ricerca e contemporaneamente ad auto educarsi, scopre di aver raggiunto dei
traguardi e capisce che è capace di perseguirne di nuovi. Viene chiamato in causa anche il 9°
criterio, soprattutto il concetto di responsabilità. Il soggetto racconta il suo vissuto e scopre di
essere incompiuto e che può migliorarsi, questo lo porta a capire che non è determinato/vincolato
dal contesto, ma che può decidere di migliorare. Il soggetto si rende conto che è responsabile del
suo agire.
COMPITI DEL RICERCATORE E RISCHI DEL COINVOLGIMENTO
Nell’applicazione del metodo autobiografico, il ruolo del ricercatore è fondamentale. Quando
qualcuno racconta di sé stesso, ad esempio della propria infanzia, il racconto è “frutto” del
percorso successivo, viene influenzato da quello che è successo dopo alla vita del soggetto, non
sarà mai un racconto veritiero al cento per cento. Il ricercatore, oltre a raccogliere i dati, deve
saper cogliere la specificità del soggetto nel raccontarsi e per fare questo deve fare EPOCHÈ. Deve
sospendere le proprie opinioni, la propria visione del mondo e i suoi pregiudizi. I rischi del metodo
autobiografico è quello, ad esempio, di manipolare il racconto dell’altro. Il metodo A.B. si basa
sulla reciprocità, deve esserci una relazione reciproca tra ricercatore e soggetto educando, c’è
sempre uno scambio tra due pratiche di vita, il ricercatore deve imparare a tenere per sé la propria
teoria per far emergere quella dell’educando, anche per essere oggettivo. L’oggettività consiste
anche nell’intersoggettività, questo vuol dire che dopo che il ricercatore ha raccolto i dati, questi
vengono esposti all’educando che ha partecipato, ed egli deve confermarli o meno. Il metodo A.B.
si avvale di vari strumenti come le interviste narrative, i diari, i video, le fotografie etc. L’intervista
narrativa è quella più usata, essa è un’elaborazione individuale che contiene bisogni, desideri,
motivazioni, emozioni di chi si racconta. Claudio Cortese, sostiene che l’espressione intervista
narrativa, la preferisce a quella di Rita Bichi, che parla di intervista biografica. Cortese sostiene che
l’intervista biografica è una parte specifica dell’intervista narrativa, l’intervista narrativa è volta a
cogliere l’intera biografia del soggetto, è un’espressione più ampia. Egli propone una suddivisione
dell’intervista narrativa :
Storie o story interviste in cui il soggetto si racconta su un tema specifico, in prima
persone (intervista narrativa focalizzata).
Storie di vita o life story è l’intervista autobiografica, un racconto in prima persona su
tutta la sua esistenza.
Cronache o history racconto in terza persona, il ricercatore ascolta il racconto e poi
scrive un prodotto a riguardo.
L’intervista narrativa è diversa dall’intervista strutturata, che viene usata dall’approccio
sperimentale. Nell’intervista strutturata i dati devono essere quantificabili e ha come obiettivo
uniformità empiriche. A tutti i soggetti della ricerca vengono proposte le stesse domande nello
stesso ordine, per tutti uguale. L’intervista strutturata e il questionario sono due cose uguali,
l’unica differenza sta nel modo in cui vengono proposte, il questionario sono delle domande su un
foglio, l’intervista strutturata sono delle domande che vengono poste dallo sperimentatore a degli
intervistati che hanno un tempo limite per rispondere, essa ha una durata molto breve. Inoltre
molto spesso gli intervistati non sanno il motivo preciso per cui vengono interrogati. Nell’intervista
narrativa, invece, viene spiegato il motivo per cui si fa intervista nei dettagli, essa ha il compito di
far emergere un contenuto e lo sperimentatore può intervenire per sollecitare il soggetto ad
approfondire qualcosa, egli non è neutro (nell’intervista strutturata sì), inoltre essa può durare
dalle 2 alle 3 ore.
Come abbiamo già detto l’intervista narrativa è diversa dall’intervista semi-strutturata. A
differenza dell’intervista strutturata, nell’intervista semi-strutturata ci sono poche domande
riguardo temi specifici che si vogliono descrivere, temi da “affrontare assolutamente”.
L’intervistatore prepara delle domande stimolo e può sviluppare e approfondire cosa sorge dal
racconto volontario dell’intervistato, se ci sono delle tematiche connesse possono essere
approfondite. Nell’intervista semi-strutturata l’intervistatore può anche cambiare l’ordine delle
domande.
Sia le interviste strutturate, che quelle semi-strutturate servono a “Descrivere” una problematica,
l’intervista narrativa, invece, mira a “comprendere” una problematica. Punti dell’intervista
narrativa :
Individuazione tematica
Preparazione intervista
Realizzazione
Trascrizione
Analisi e interpretazione dei dati
Un punto molto importante dell’intervista narrativa è quello di creare delle mappe concettuali,
nelle quali ha una grande rilevanza considerare il presente, il passato e il futuro. È necessario fare
una griglia ben specifica, di modo che nel momento in cui si va ad intervistare non venga
dimenticato nessun punto.
REALIZZAZIONE
Uno studioso di nome Atkinson propone delle direttive da seguire nell’effettuare le interviste
narrative.
1. DECIDETE CHI VOLETE INTERVISTARE scegliere le persone verso le quali si nutre un
reale interesse, inoltre l’intervistato deve stabilire un rap