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L'indice dei prezzi al consumo, sopra analizzato, è un indice di Laspeyres: il paniere di riferimento è quello dell'anno

base. L'indice dei periodi successivi (t = 1, 2, .... ) è calcolato in rapporto al paniere q0 dell'anno base. Più

precisamente l'indice di Laspeyres, PL, calcolato nell'anno 1 è pari a: PL=p1*q0/p0*q0.

L'indice di Laspeyres è quindi uguale alla somma ponderata del rapporto fra il prezzo dell'anno corrente (i = l, 2, ... ) e

l'anno base e w rappresenta il peso per il bene i nell'anno iniziale di riferimento: la somma di tutti i pesi è

naturalmente uguale a 1. Le distorsioni dell'indice dei prezzi del tipo Laspeyres derivano dal fatto che i pesi dell'anno

base rimangono costanti, mentre in realtà variano nel tempo: tale indice è a base fissa (l'anno zero) con

ponderazione fissa (WO). Il vantaggio decisivo dell'indice di Laspeyres, ancora più rilevante in sistemi economici

basati sull'informazione, è la sua tempestività. Infatti per calcolare l'ultimo dato sull'inflazione è semplicemente

necessario aggregare i prezzi più recenti dei beni che compongono il paniere, rilevati secondo un prestabilito piano

di campionamento. Un modo alternativo per misurare l'indice dei prezzi al consumo può quindi essere quello di

considerare come riferimento l'anno corrente anziché l'anno iniziale. L'indice calcolato in questo modo si chiama

indice di Paasche e risponde alla domanda di quale sia il valore di reddito necessario per acquistare il paniere di oggi

nell'anno iniziale. Tale indice è a base fissa (l'anno zero) ma con ponderazione variabile: Pp=p1*q1/p0*q1.

L'indice di Paasche è quindi uguale alla somma ponderata del rapporto fra il prezzo dell'anno corrente (i = 1, 2 .... ) e

l'anno base, essendo w il peso per il bene i nell'anno corrente: la somma di tutti i pesi è naturalmente uguale a 1. La

differenza cruciale rispetto all'indice di Laspeyres è data dal fatto che i pesi w variano ogni anno. L'indice di

Laspeyres e l'indice di Paasche possono essere fra loro collegati per ottenere un indice di valore: più precisamente

un indice di valore può essere espresso come prodotto fra un indice di quantità a prezzi costanti, cioè un indice

Laspeyres, e un indice dei prezzi con pesi variabili. Questo è il modo con cui si procede alla costruzione di molti

aggregati di contabilità nazionale a prezzi costanti. L'indice di Paasche che si ottiene dividendo l'indice di valore per

l'indice di quantità è anche chiamato deflatore implicito e rappresenta una differente misura del tasso di inflazione.

Il deflatore implicito, calcolato come indice di Paasche, non può tuttavia essere concatenato da un anno all'altro per

il fatto che variano da un anno all'altro i pesi di riferimento: ciò è invece possibile con l'indice di Laspeyres. In molti

casi tuttavia la contabilità nazionale può seguire il cammino opposto e cioè dividere l'indice di valore per un

appropriato indice dei prezzi in modo tale da giungere a un indice di quantità. Un modo per conservare le qualità di

entrambi gli indici è stato proposto da Fisher, il quale ha proposto un indice dei prezzi calcolato come media

geometrica dell'indice di Laspeyres e Paasche. L'indice di Fisher è quindi definito come: Pf=radice(Pl*Pp).

1.2.2. L’indice economico del costo della vita

Gli indici statistici fin qui descritti sono quelli più diffusi e utilizzati, in quanto stabiliscono limiti o approssimazioni

all'indice “vero” del costo della vita, che si basa invece sul concetto economico della spesa minima necessaria per

raggiungere un dato livello (non osservabile) di utilità. L'indice del costo della vita, anche chiamato indice di Konus,

Pk, è misurato attraverso la funzione di spesa e (p, u) che risolve il problema di minimizzazione della spesa necessaria

per raggiungere un dato livello di utilità. L'indice di Laspeyres, che è misurabile, rappresenta un limite superiore

dell'indice del costo della vita rispetto a una variazione di prezzo, che invece non è direttamente misurabile. Il

confronto dei due rapporti consente di concludere che la spesa del consumatore in corrispondenza dell'indice di

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Laspeyres è superiore alla spesa in corrispondenza del «vero» indice del costo della vita Pk, misurato sulla base dei

nuovi prezzi per un livello di utilità costante. Se le preferenze sono omotetiche ciò rappresenta una condizione

necessaria e sufficiente perché l'indice di Laspeyres sia superiore all'indice di Paasche. L'ipotesi di omoteticità delle

preferenze implica che la proporzione di spesa dedicata a ciascun bene rimanga costante al crescere del reddito, il

che rappresenta un'ipotesi poco plausibile. Konus ha tuttavia dimostrato un risultato di maggiore interesse anche se

meno forte. Si può infatti dimostrare che se le preferenze non sono omotetiche e Pp è minore o uguale a Pl esiste un

paniere intermedio, media ponderata dei due panieri di riferimento, per il quale vale ugualmente la precedente

relazione. È possibile fornire una dimostrazione analoga se, viceversa, Pp è superiore a Pl. Ciò equivale ad affermare

che se si verifica empiricamente la disuguaglianza.

1.2.3. Costo della vita e mercati: Stati Uniti, Unione europea e Italia

Consideriamo con un esempio empirico il problema della misurazione del livello dei prezzi e del costo della vita. La

precedente analisi può essere estesa al confronto dei prezzi per il medesimo bene in una data area geografica: il

problema è di particolare rilevanza quando i prezzi sono espressi nella medesima moneta, come avviene negli Stati

Uniti e nell'Unione europea con l'introduzione dell'euro. Gli organismi ufficiali che, come l'ISTAT o il Bureau of Labor

Statistics, raccolgono i dati elementari sui prezzi di ciascun bene sono regolati da leggi e regolamenti del potere

politico che, di regola, pongono come obiettivo la raccolta e la divulgazione del numero indice su cui si basa il calcolo

del tasso di inflazione. Fra gli obiettivi indicati dal Parlamento non rientra, almeno attualmente, la rilevazione

elementare relativa ai prezzi del medesimo bene in diverse località: esistono tuttavia elaborazioni e studi che

consentono di fornire indicazioni su questo cruciale aspetto del meccanismo di mercato. La questione è rilevante per

almeno tre considerazioni: 1. l'equilibrio di mercato corrisponde a una distribuzione di prezzi e non a un singolo

prezzo parametrico, assegnato esogenamente. La teoria economica risolve il problema con l'espediente di

ridenominare ciascun bene sulla base della qualità, la localizzazione e la data: il medesimo bene in due luoghi diversi

viene considerato come due beni diversi e ciò vale analogamente per il tempo e la qualità. Si tratta di un’ipotesi

plausibile che ha tuttavia un'implicazione sul significato dei prezzi: il prezzo di un dato bene in un tempo e una

località prefissati può associarsi a un numero molto limitato di soggetti economici e di scambi. In tal caso il prezzo

riflette un potere di mercato e non può più essere considerato come parametrico. 2. la distribuzione di prezzi

corrispondente a ciascun bene fornisce una indicazione sulle caratteristiche del mercato sottostante. Nel caso

teorico di un mercato di perfetta concorrenza la distribuzione di prezzi collassa a un solo prezzo, che corrisponde al

prezzo parametrico di mercato. Nel caso del monopolio occorre distinguere fra due casi limite. Se il monopolista non

discrimina e pratica un prezzo unico, nel mercato si osserva un solo prezzo, superiore a quello di un mercato

concorrenziale. Se il monopolista è in grado di praticare una discriminazione perfetta dei prezzi, la distribuzione dei

prezzi che si osserva sul mercato corrisponde alla distribuzione della disponibilità a pagare dei consumatori. Mercati

di concorrenza monopolista e oligopolio, cioè le forme prevalenti di mercato, rispecchiano l'interazione fra potere di

mercato e la distribuzione congiunta di caratteristiche e reddito; 3. la distribuzione dei prezzi in euro nell'Unione

europea rappresenta un indicatore importante del grado di integrazione, concorrenza e mobilità delle risorse

all'interno dell'Europa. Un punto di riferimento analogo è rappresentato dalla distribuzione dei prezzi che si osserva

per prodotti analoghi negli Stati Uniti: in linea teorica lo spazio di confronto e arbitraggio in Europa dovrebbe essere

superiore, data la minore estensione geografica dell'attuale Unione europea a 11 rispetto agli Stati Uniti. L'indice del

costo della vita (ACCRA) sulla base dei dati più recenti (1996) evidenzia valori stabili nel tempo, con un coefficiente di

variazione uguale al 1993. La città più costosa degli Stati Uniti è New York, con un indice pari a 224: Los Angeles, sulla

costa Ovest, è invece, fra le grandi metropoli, un'area molto meno costosa con un indice pari a 120. A parità di altre

condizioni il costo della vita nel Sud degli Stati Uniti tende a essere inferiore rispetto al Nord. Si osserva una

situazione analoga nel caso dell'Italia, dove il costo della vita al Nord è mediamente superiore rispetto al Sud:

un'analisi del sistema dei prezzi per le principali città consente di concludere che Milano è l'area con il più elevato

costo della vita, superiore del 20-30% rispetto alle principali città nel Sud. Si tratta di un divario analogo a quello

registrato sull'intero territorio degli Stati Uniti (la media più o meno una deviazione standard): ciò rispecchia quindi

una minore concorrenzialità dei mercati e una più ridotta mobilità delle risorse in Italia rispetto agli Stati Uniti.

2. Inflazione, produttività e distribuzione del reddito

2.1. La misurazione della produttività Pag. 24 di 61

2.1.1. La produttività del lavoro

Dopo aver analizzato la misurazione del livello dei prezzi e del suo tasso di variazione, cioè il tasso di inflazione, ci

poniamo il problema di analizzare quali siano le principali forze economiche che influenzano quest'ultimo.

Consideriamo l'influenza sul tasso d'inflazione di due forze, cioè la produttività e l'offerta di moneta: In questo

paragrafo affrontiamo l'analisi del rapporto fra inflazione e produttività, esaminando le implicazioni per quanto

riguarda la distribuzione del reddito. La produttività è il rapporto fra l'input di fattori produttivi e l'output che ne

deriva: consideriamo anzitutto il caso più semplice in cui l'output è un solo prodotto misurabile e l'input è

rappresentato da

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A.A. 2017-2018
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/02 Politica economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Stecatt di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Politica economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Campiglio Luigi.