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VIOLENZA E DEMOCRAZIA
Dell’aggressività come essenza non ce ne facciamo niente perché sarebbe come dire che siamo
governati da un’energia interna. Nessuno dice che non ci siano processi inconsapevoli, ma
quello che c’è dentro ognuno non fa fare determinate cose.
Parlare di aggressività in senso generale non dice niente. Abbiamo bisogno di un contesto, di
uno spazio fisico, simbolico, dove tutti questi concetti vengono vestiti. Se tolgo questo contesto
non capisco niente.
Un certo tipo di psicologia evoluzionistica e pulsionale, danno concetti nudi e quindi non sono
in grado di spiegare la totalità degli aspetti aggressivi.
Oggi sembra che le molestie siano qualcosa che sta sconvolgendo il mondo. Se noi oggi
abbiamo questo tipo di attenzione nei confronti di questi fenomeni, è perché nel corso del
tempo abbiamo cambiato idea nei confronti di qualcosa. E questi vanno a modificare come noi
percepiamo noi stessi e gli altri.
Nel 1967 una sentenza della cassazione definiva NON violenza quella necessaria a vincere la
naturale ritrosia femminile.
Negli anni ’80 era un paese in cui la legge riteneva lo stupro un reato contro la MORALE e non
contro la persona.
Nel ’82 il tribunale di Bolzano stabiliva che non si poteva evitare qualche iniziale atto di forza e
violenza dato che la donna volesse essere conquistata anche in forma rude.
Per anni c’è stato il debito coniugale, ovvero che la moglie non poteva esentarsi da avere
pratiche sessuali con l’uomo, cosa che è stata cancellata in Italia solo nel 1985.
Se andiamo ad analizzare i processi di stupro si trova che la colpevole in molti casi è la donna
in quanto già fidanzata cioè non più vergine e quindi priva di valore, come se le puttane non
potessero dire di no nei confronti di qualcuno che vuole violentarle. 22
Cos’è cambiato? Tutto ciò che noi consideriamo violenza, intesa come violazione, attiene al
fatto che noi siamo una società che è cambiata e che ha lavorato enormemente attorno ai
propri assetti e oggi ha delle categorie che non può assolutamente accettare.
Dobbiamo tenere presente che noi viviamo dentro un sistema democratico, è una società ha un
proprio codice di condotta, di pensiero, e un modo di intendere la soggettività. In alcuni punti
possiamo essere più o meno in accordo, ma se vado a violare questo patto sociale, incorro in
determinate sanzioni. Senza un contesto, quella mano su un ginocchio sarebbe una cosa
ridicola. Oggi è una questione politica, perché riguarda il rapporto tra i sessi nel nostro paese.
Molte non sono violenze fisiche ma sono psicologiche.
La psicologia della testimonianza, cosa vuol dire testimoniare di aver subito un abuso?
Dentro a questo contesto si generano un sacco di problemi a cui la psicologia deve rispondere.
Molte spiegazioni psicologiche possono essere vissute come una seconda violenza “desideravi
essere presa in quel modo inconsciamente”. Attenzione a come usiamo le categorie
dell’inconsapevolezza.
Ciò che oggi è considerato violenza, dentro un certo tipo di contesto.
Violenza e democrazia violenza di chi ha potere e chi non ha potere.
Il TSO è una violenza commessa da chi ha potere nei confronti di una persona che non ha
questo potere. Allora cos’è? Aspetti anche molto ambivalenti che riguardano lo statuto della
coscienza.
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Abbiamo utilizzato il concetto di molestia per analizzare i comportamenti che noi definiamo
violenti all’interno di un contesto.
Una persona senza contesto non è pensabile.
Toccare un essere umano oggi ha delle conseguenze che in altre epoche non c’erano.
Una mano che si appoggia su una guancia può essere percepita da una persona come un gesto
amorevole o come una violazione.
Il problema del significato: molti contesti della nostra azione professionale, ci troveremo
sempre davanti ad un problema di fondo, abbiamo esperienze raccontate ed esperienze
diversamente significate. Non eravamo presenti, abbiamo sempre il resoconto di quello che è
accaduto che può essere una versione diversa da quello dell’altro. Noi come psicologi
dobbiamo sempre gestire conflitti di significato. Ognuno porta un proprio senso rispetto
all’accaduto. I conflitti di significato accadono perché la presa di parola del singolo nel nostro
Paese è importante. Ma la sua parola non può essere parola fondativa di quello che è accaduto.
La vittima non ha la titolarità di descrivere ciò che ha vissuto come violento perché dev’essere
letto ciò che le è capitato secondo un codice pubblico che è condivisibile.
A me come clinica interessa come è stata percepita quindi la analizziamo per com’è vissuta. Ma
se è dentro una dinamica di coppia o famigliare le cose cominciano a modificarsi.
Dentro il rapporto 1:1 possiamo lavorare solo sul punto di vista del singolo, disinteressati dal
contesto effettivo perché non possiamo avere accesso a questo tipo di conoscenza.
La questione si pone se i fenomeni che noi conosciamo hanno delle ricadute che escono dallo
spazio clinico. Non è governato solo dal rapporto 1:1 ma da norme deontologiche, giuridiche
che vanno a delimitare questo spazio.
Il patto sociale diventa vincolante per tutti gli attori. Se ognuno di noi fosse titolare
singolarmente di definire un’azione violenta o meno ci sarebbe una paralisi. Questi codici
comuni condivisi prevedono ci sia un’interazione pulita. Gli esseri umani sviluppano quindi dei
codici comuni.
La vittima è uno dei protagonisti dell’atto di violenza.
Dobbiamo tenere presente che all’interno di un contesto abbiamo alcuni fenomeni importanti:
1) Siamo diventati sempre più verso una società non violenta, essere un contesto non
violento vuol dire che in un sistema non violento i conflitti tra esseri umani non possono
essere gestiti con un la forza. Il fatto che abbiamo costituito questo contesto vuol dire
che la nostra mente è cambiata. Siamo soggetti che ci sentiamo in un contesto di
diritto. Non siamo più disposti che le dispute tra esseri umani siano dispute di tipo
violento.
Noi quindi abbiamo un sistema in cui abbiamo consegnato la nostra aggressività allo stato, ad
un’entità collettiva. Sono quasi dei monopolisti della violenza.
Dire che siamo un contesto non violento non vuol dire che non ci siano delle dispute. La
democrazia è violenta, ciò che caratterizza questo contesto non violento è avere conflitti non
violenti. 23
Siamo una società fortemente conflittuale sul piano relazionale ma non possono essere gestiti
con la violenza se no siamo nell’ambito dell’illegalità.
Il tema della coercizione fa sì che una forma coercitiva nei confronti di un essere umano possa
essere messa in atto solo da chi ha l’autorità di poterlo fare.
Questa libertà, vogliamo sentirci liberi, va a controbilanciare tutto l’apparato della coercizione.
Noi non possiamo fare quello che vogliamo, e più la nostra identità è un’identità povera di
parola, più la collettività ha il diritto-dovere di fare qualcosa su di noi.
Quindi tutte le volte che transita su categorie deficitarie, la collettività non lascia in pace
nessuno.
Gli psicologi non possono fare una diagnosi ad un minore senza il consenso dei genitori proprio
perché è una società che valorizza al massimo il singolo con pregi e difetti perché si sa che la
diagnosi ha un riscontro sulla vita del bambino e della famiglia in Scandinavia. In Italia no.
È all’interno di questa tensione continua che si sviluppano tutta una serie di contesti di
violenza.
Se la violenza attiene agli scopi, vuol dire che dentro un contesto come il nostro, gli scopi sono
accettati non è violenza ma legittima, se va al di là del patto sociale allora diventa violenza.
Non posso risolvere questioni personali con un uso arbitrario della forza.
Vuol dire che l’aggressività come elemento naturalizzato non ci dice nulla perché non c’è
natura umana senza contesto quindi ciò che facciamo acquista importanza dal contesto.
Bisogna stare molto attenti alla cornice attraverso cui leggiamo il comportamento umano. Non
dimenticare mai la differenza tra azione e comportamento, semplice sequenza motoria
dell’azione è lo scopo che fa la differenza, non il gesto in sé.
Io una titolarità di diritti che mi permettono di avere gradi di libertà all’interno della società
molto ampi. Entro certi limiti ho delle libertà che ovviamente sono tutte dentro un patto sociale
che caratterizza la mia esistenza. La libertà è un concetto umano per definire i gradi di libertà
all’interno di contesto sociale.
Un atto diventa violento quando è un atto sregolato.
Tutte le forme che definiamo come esercizio sregolato rientrano nell’ambito della violenza
perché attivano un contesto normativo. Nel momento in cui questi patti vengono modificati ci
sono dei cambiamenti enormi.
Il sistema non violento presuppone che le dispute non vengano risolte tramite un arbitrio di
forza ma che entrambi abbiano ricorso ad un sistema aperto a tutti come la giustizia. Noi
possiamo avere un paese legale con dei livelli di legittimità asimmetrici. La legittimità dice che
ci sono degli elementi valoriali all’interno della società che costringono le leggi a cambiare.
Noi singoli siamo socializzati a una sorta di modalità relazionale di un certo tipo e siamo molto
sensibili nei confronti di tutte quelle persone che hanno un certo tipo di problema esercitato
socialmente.
Tutto questo ci porta ad avere presente che la violenza è sempre un triangolo, vuol dire che ha
almeno 3 vertici:
Chi agisce
Chi subisce
Lo spettatore: può essere chi assiste, l’opinione pubblica
In molti contesti democratici abbiamo inventato forme linguistiche per non chiamare una
pratica messa al bando a livello collettivo ma chiamandola in altro modo, per agire pratiche che
sono vietate = camuffamento linguistico.
Viene fatto perché la figura dello spettatore è la figura decisiva soprattutto in contesti
democratici. In molti frangenti è lo spettatore che fa la differenza. La minoranza è chi agisce e
chi subisce, la maggioranza sono gli spettatori. In molti casi lo psicologo agisce proprio con
spettatori.
Quando si parla di ruolo professionale noi abbiamo delle figure che sono addestrate ad
offendere gli esseri umani, a fermare qualcuno con l’uso della forza, a compiere azioni lesive, è
addestrata ad agire questo tipo di ruolo secondo delle norme che noi sigliamo collettivame