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STORIA DELL’IDEA D’EUROPA
STRUTTURA DEL VOLUME –
Si struttura in 6 capitoli.
L’autore esamina l’idea di Europa a partire dal mito della Grecia classica. Distinzione tra coloro che erano
greci, e quindi partecipavano a quella civiltà che si riconosceva ad esempio nelle istituzioni della polis (città
intesa come aggregato urbano, ma come copro sociale, rappresentazione di un copro sociale), e
organizzazione della democrazia, partecipazione cioè dell’interno corpo sociale alla vita politica; e tra i
barbari. primi due capitoli.
o I primi due capitoli sono utili per l’inquadramento storico e culturale.
o Chabod dedica il terzo e quarto capitolo, ovvero i capitoli centrali, al tema delle scoperte e
dell’incontro con le civiltà ad occidente e ad oriente. Già negli anni 40, vi è la consapevolezza della
straordinaria rilevanza che questo duplice modo di incontro ebbe nello sviluppo nella formazione di
questa idea di Europa.
In questi capitoli prende in considerazioni molte delle esperienze di scoperte e soprattutto di ritorno
del 500-600 -700.
- Capitolo 3 che inizia con una panoramica storiografica. Afferma che gli storici che si sono
occupati delle esplorazioni e delle espansioni ad occidente a cominciare de
- Capitolo 4 dedicato alle scoperte cinese e al rapporto con le culture e civiltà orientali.
o Quinto e sesto capitolo, tratta dell’Ottocento e del Novecento, affrontando il problema dell’incontro
di queste idee seicentesche e settecentesche e con il romanticismo e l’idea di nazione.
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CORSO MONOGRAFICO STORIA MODERNA 2016/2017 – ANGELO BIANCHI
o Prima metà del 500 esplorazioni a ovest
o Fine del 500, nel corso del Seicento esplorazioni ad Oriente.
ESPLORAZIONI AD OCCIDENTE
Egli offre la più alta espressione della polemica antieuropea. Egli tende a rovesciare il pensiero dominante
sui barbari, sui selvaggi.
Giudizio relativo alle popolazioni del nuovo mondo.
1443 poco più di 60 giorno dopo il ritorno di Colombo.
BOLLA INTER COETERAS
Sappiamo bene che voi [...] avete inviato Cristoforo Colombo […] con navi e uomini preparati in maniera adeguata […]
perché in questo modo ricercassero con cura terre ferme e isole lontane, navigando attraverso mari nei quali non si era navigato
prima. Questi infine […] scoprirono alcune isole e anche terre ferme, che finora non erano state scoperte da altri, nelle quali
vivono pacificamente numerose genti che, come dicono, non portano abiti e non si nutrono di carne. Per quanto è dato capire
ai vostri inviati suddetti, questi popoli che vivono nelle isole e terre di cui abbiamo parlato credono che esista nei cieli un solo
Dio creatore, e sembrano abbastanza disposti ad abbracciare la fede cattolica e ad apprendere i costumi retti. […] Perciò,
considerato tutto con attenzione, per l'esaltazione della fede cattolica, come si addice ai re e ai principi cattolici […] vi siete
proposti di sottomettere a voi, con l'aiuto della divina clemenza, le terre ferme e isole suddette, e di condurre i loro abitanti
alla fede cattolica. Noi dunque, lodando moltissimo nel Signore questo vostro sano e lodevole proposito […] doniamo,
concediamo e assegniamo a voi in perpetuo nei termini delle condizioni presenti, a voi e ai vostri eredi e successori […] con
l'autorità di Dio onnipotente a noi concessa nella persona di san Pietro, e del vicariato di Gesù Cristo, che ricopriamo in terra,
tutte le isole e terre ferme scoperte e da scoprire, note e ignote, dalla parte occidentale e meridionale, delimitate da una linea
costituita partendo dal polo Artico, o settentrione, e andando al polo Antartico, o meridione, sia che le terre ferme e le isole
[…] si trovino vicino all’India o in qualsiasi altra direzione: questa linea disti da tutte le isole che sono chiamate correntemente
“de los Azores” e “Caboverte” cento leghe verso occidente e mezzogiorno […].
Patronato: incarico di convertire quelle popolazioni e di svolgere la funzione di conversione religiose e
missionarità nei loro confronti.
VALUTAZIONE POSITIVA. Sono diversi dal popolo europeo. Non mangiano carne e non vestono i loro abiti.
Ma sembrano inclini a convertirsi al cristianesimo e sembrano credere ad un solo dio: cioè in uno stato di
natura orientato verso la religione cristiana.
Su quale base sono espresse queste valutazioni?
Poiché il cristianesimo è il compimento /realizzazione suprema della natura umana la natura anche di questi
uomini, non può che essere favorevolmente orientata verso ciò che costituisce il compimento naturale.
Orientati alla conversione. VISIONE TEOLOGICA.
Questa idea, almeno in larga parte, viene diffusa e veicolata nel corso del Cinquecento. Si veicola l’idea cioè
di uno stato di natura a cui attingerebbero queste popolazioni che di fatto, coincide con lo stato primitivo, e
quindi con una condizione sostanzialmente buona, positiva.
Chi introduce questa riflessione, in maniere evidente e nota, è un filosofo, che vive nel pieno Cinquecento,
Michel de Montaigne. Ricordiamo un’opera monumentale di saggi, che costituiscono una sorta di riflessione
generale sul mondo.
In quest’opera, di tre volumi, c’è una riflessione sulla storia, mondo, passato e inoltre sviluppa una riflessione
anche sulle popolazioni del nuovo mondo. 6
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Michel de Montaigne, in uno dei suoi saggi, parla di queste
popolazione, descrivendole.
Egli era uno degli esponenti più tipici della piccola nobiltà
francese, che nel corso del Cinquecento, avvia quella che si può
definire una vera e propria trasformazione sociale del tessuto
sociale della nobiltà francese. Era un nobile di provincia sud
occidentale; come gran parte dei suoi soci, intraprese la
carriera della magistratura. percorse i gradi di studio,
frequentò l’università in cui studiò diritto e diventò magistrato
nel parlamento di Bordeaux. Funzionario dell’amministrazione
del territorio francese.
Ciò che ha influenzato Montaigne (per comprendere quali sono le categorie mentali con le quelli egli giudica
la cultura e la civiltà che si trova difronte):
o FORMAZIONE: Formazione giuridica, ma soprattutto letteraria. Secondo la denominazione classica
dell’età moderna, egli era uomo di lettere, che non fa contrasto con il fatto che fosse uomo di diritto.
La formazione dell’uomo di diritto, era sostanzialmente unita alla formazione dell’uomo di lettere.
Era un grande conoscitore, secondo la tradizione umanistica e rinascimentale, dei classici,
soprattutto latini. (Tacito, Svetonio, Cicerone, Seneca, …). Conoscenza del diritto romano, del diritto
comune e della grande tradizione del pensiero politico e filosofico dei classici.
o PERIODO STORICO: Egli è vissuto nell’Europa del pieno Cinquecento, attraversata dalle
profondissime lacerazioni, conseguenti alla riforma protestante e gravi successioni dinastiche
(Soprattutto quelle francesi – “Guerra dei tre Enrichi”. Egli fu inserito nelle vicende durissime,
gravissime delle guerre di religione, da cui riportò impressioni molto severe.
Pubblicazione degli Essay intorno agli anni Ottanta del Cinquecento.
Nel primo libro dei suoi saggi
LETTURA CAPITOLO DEI CANNIBALI, capitolo 31
Ora, per ritornare discorso, io ritengo che non ci sia niente di barbaro e selvaggio in questa nazione, per quanto mi è
stato riferito, se non che si chiama “barbarie” ciò che non è nei nostri costumi; sembra infatti che non abbiamo altro
criterio di verità e di ragione che non sia l'esempio e l'idea delle opinioni e delle abitudini del paese in cui siamo. Là è
sempre la religione perfetta, il governo perfetto, l'uso perfetto e compiuto d'ogni cosa. Essi sono selvaggi, al modo
stesso in cui noi chiamiamo selvatici i frutti che la natura ha prodotto da sé nel suo sviluppo naturale; laddove, in verità,
dovremmo piuttosto chiamare selvatici quelli che noi abbiamo col nostro artificio alterati e distorti dall'ordine naturale.
In quelli sono vive e vigorose quelle virtù e proprietà che sono le vere, più utili e naturali, quelle che noi abbiamo
imbastardito in questi, adattati al piacere del nostro gusto corrotto. E nondimeno il sapore medesimo e la delicatezza
di diversi frutti di quelle regioni, che non sono stati coltivati, sembrano eccellenti, rispetto ai nostri. Non c’è ragione
che l’arte (= “ciò che è prodotto dal lavoro, dall’ingegno, ciò che è artificiale”) guadagni il punto d’onore sulla nostra
grande e potente madre natura. Abbiamo tanto sovraccaricato la bellezza e la ricchezza delle sue opere con le nostre
invenzioni, che l’abbiamo soffocata del tutto. […]
Giudizio più che positivo.
In questo modo, è già passato dalla riflessione sugli abitanti selvaggi, alla riflessione sul paese di
appartenenza. Egli sta parlando dell’Europa. 7
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Introduce il concetto del PRINCIPIO DI NATURA, contrapponendo il concetto di selvaggio, al concetto di
civiltà come sviluppo, come trasformazione.
Frutti che abbiamo alterato con il nostro intervento.
Contrappone natura e civiltà. Sviluppo civile e sviluppo naturale, laddove, secondo la riflessione, la
condizione di civiltà massima il ritorno alla natura e quindi tutto ciò permette a Montaigne di dire
che non sono per nulla barbari, perché in realtà sono più aderenti/vicini alla natura.
Il processo di sviluppo, il progresso, è un processo di corrompimento dello stato naturale. Nel confronto tra
i due, Montaigne mette in luce questo percorso differente.
L’arte non può superare la natura. L’arte, intesa non solo come produzione artistica, ma come artificio, come
prodotto dell’intervento umano. Il quale appunto produce esiti negativi.
È evidente che al di là della valutazione positiva delle civiltà amerinde, ciò che preoccupa Montaigne è lo
STATO DI CORRUZIONE della civiltà europea.
La lettura che da, è una lettura allo specchio, che rifrange un’immagine di Europa MALATA, in preda a quei
conflitti del Cinquecento.
Quei popoli dunque mi sembrano barbari in quanto sono stati in scarsa misura modellati dallo spirito umano, e sono
ancora molto vicini alla loro semplicità originaria. Li governano sempre le leggi naturali, non ancora troppo imbastardite
dalle nostre; ma con tale purezza, che talvolta mi dispiace che non se ne sia avuta nozione prima, quando c’erano
uomini che avrebbero saputo giudicarne meglio di noi. […] Essi non pot