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CHOUCHOU LOUIS
La seconda storia riguarda Chouchou Louis, un ragazzo cresciuto in un villaggio vicino a Kay. Anch’egli ha
trascorso un’infanzia difficile dopo la morte della madre e l’abbandono della scuola. Sin da piccolo è
costretto a seguire suo padre nei campi. Sono quelli gli anni della dittatura DUVALIER, padre e figlio, che
finisce nel 1986 con la fuga del dittatore sotto le pressioni di un movimento per la democrazia appoggiato
dall’estero. Successivamente si instaura una giunta militare. Chouchou, che nel frattempo si è sposato e ha
messo su famiglia, accoglie con entusiasmo l’elezione di ARISTIDE, democratico. Ma subito ci fu un colpo di
state il potere lo ebbero nuovamente i militari di orientamento duvalieriano. Un giorno, durante un viaggio
in bus, Chouchou si sbilancia facendo un affermazione sulle strade, ma ancora peggio questa affermazione
aveva un nonsoché di democratico. Quindi fece un commento sulla situazione politica e viene ascoltato da
un militare in borghese. Viene fatto scendere e venne picchiato di fronte a tutti i passeggeri e trattenuto dai
militari nella loro baracca. Nel periodo successivo l’uomo vive nel terrore di essere nuovamente arrestato,
cosa che avvenne poco dopo a seguito di una banale accusa palesemente falsa. Al suo rilascio viene
soccorso, ma inutilmente a causa delle torture a lui inflitte per vari giorni. Chouchou senza conoscenza e
con il corpo mutilato, impiegherà tre giorni per morire senza che le cure del dottor Farmer possano valere a
qualcosa, se non accompagnate da una terribile agonia.
Spiegare ‘’versus’’ comprendere la sofferenza
L’agonia di Acèphie e Chouchou fu, in un certo senso, una sofferenza ‘’modale’’. Ad Haiti, l’AIDS e la 2
violenza politica sono due cause primarie di morte tra i giovani. Quando la valla dell’Artibonite fu
sommersa, privando così le famiglie come quella dei Josef della loro terra, c’era dieto una decisione umana;
quando l’esercito haitiano fu finanziato e dotato di libertà d’azione, si trattava sempre di decisioni umane. E
in realtà, a prendere le decisioni in questi due casi, potrebbero essere state le stesse persone. Queste
biografie impietose suggeriscono che le forze sociali ed economiche che hanno plasmato l’epidemia di AIDS
sono, in ogni senso, le stesse forze che hanno portato alla morte di Chouchou e alla più vasta repressione in
cui essa si inscrisse. Per di più, entrambi questi individui erano ‘’a rischio’’ di un tale destino già da molto
tempo prima di incontrare i soldati che cambiarono la loro sorte. Entrambi erano, sin dall’inizio, vittime di
VIOLENZA STRUTTURALE. Il termine è particolarmente adatto in quanto tale sofferenza è ‘’strutturata’’ da
forze e processi storicamente dati (spesso economicamente pilotati) che cospirano – attraverso la routine,
il rituale o, come più spesso accade, la durezza della vita – nel limitare la capacità d’azione. Per molti, tra cui
parecchi miei pazienti e informatori, le scelte, grandi o piccole che siano, sono limitate dal razzismo, dal
sessismo, dalla violenza politica e da una povertà opprimente.
Mentre alcuni tipi di sofferenza sono facilmente osservabili, la violenza strutturale fin da troppo spesso
sfugge a coloro che potrebbero descriverla. Ci sono almeno tre ragioni per questo stato di cose.
1. La prima è data dal ‘’distanziamento’’ connesso con l’esotizzazione della sofferenza. È difficile
riconoscere la sofferenza delle persone che non ci sono vicine e tutto quello che allontana dagli altri
(la distanza geografica, la diversità di genere fra maschile e femminile e le ‘’differenze culturali’’)
ostacola tale riconoscimento. La sofferenza degli individui le cui esistenze e le cui lotte ricordano le
nostre, tendono a commuoverci; la sofferenza invece di coloro che sono ‘’lontani’’, sia
geograficamente che culturalmente, ci tocca spesso di meno.
2. La seconda ragione è connessa alla difficoltà che incontriamo nel rappresentare la sofferenza altrui
e al fatto che ci troviamo spesso di fronte a qualcosa che sfugge continuamente l’oggettivazione. Il
peso stesso della sofferenza rendo molto più difficile rappresentarla.
3. La terza ragione è più legata a dinamiche culturali: c’è una distanza, che va colmata, fra
l’interpretazione del senso individuale della sofferenza e le matrici socioculturali e politiche di tale
sofferenza. Per colmare tale sofferenza, secondo Farmer, occorre assolvere al compito di ‘’spiegare
la sofferenza’’. Il problema ha un valore eminentemente etnografico nel momento in cui richiede
un lavoro approfondito sui significati locali per situare le biografie nei sistemi sociali e storici in cui
di sviluppano. Saggio: in terzo luogo le dinamiche e la distribuzione della sofferenza sono ancora
poco capite. I medici, se sono fortunati, possono alleviare la sofferenza dei malati. Ma spiegare la
sua distribuzione richiede una riflessione articolata, ci dicono cosa succede a una o tante persone;
ma per spiegare la sofferenza bisogna incastonare la biografia individuale nella più vasta matrice
della cultura, della storia, delle economia politica.
In breve, una cosa è comprendere la sofferenza estrema – una attività senza dubbio universale – e un’altra,
un po' diversa, è spiegarla. Le esperienze di vita come quelle di Acèphie e Chouchou, e degli altri haitiani
che vivono nella povertà e che condividono analoghe condizioni sociali, devono essere incastonate in una
etnografia, se la loro rappresentatività vuole essere compresa. Questa comprensione locale deve poi essere
calata, a sua volta, nel sistema storico di cui Haiti fa parte. La debolezza di analisi di questo tipo risiede
senza dubbio nella loro enorme distanza dall’esperienza personale.
Comprendere la violenza strutturale
Come possiamo discernere la natura della violenza strutturale ed esplorare il suo contributo alla sofferenza
umana? Possiamo mettere a punto un modello di analisi dotato di un potere esplicativo e predittivo, per
capire la sofferenza in un contesto globale? Questo compito, benché deprimente, è tanto urgente quanto 3
praticabile. Il nostro frettoloso esame dell’AIDS e della violenza politica ad Haiti suggerisce che l’analisi
debba essere: geograficamente ampia.
1. In primo luogo Il mondo che conosciamo sta diventando sempre
più interconnesso. Un corollario di tutto ciò è che la sofferenza estrema – in particolare su larga
scala, come il genocidio – è raramente separata dalle azioni dei potenti.
storicamente profonda
2. L’analisi inoltre deve essere : non solo abbastanza profonda da
ricordarci gli eventi e le decisioni come quelli che privarono i genitori di Acèphie della terra e che
fondarono l’esercito ad Haiti, ma profonda abbastanza da ricordarci che gli haitiani di oggi sono i
discendenti di un popolo rapito all’Africa allo scopo di fornire ai nostri antenati zucchero, caffè e
cotone.
Fattori sociali, compresi il genere, l’etnicità (la ‘’razza’’) e lo stato socio-economico, potrebbero avere
ciascuno un ruolo nel rendere gli individui vulnerabili alla sofferenza umana estrema. È d’obbligo una
considerazione simultanea di vari assi sociali nello sforzo di discernere una economia politica della
brutalità.
A fronte di tali difficoltà, per un’analisi della ‘’violenza strutturale’’, Farmer propone di considerare tre
‘’assi della sofferenza’’:
1. L’asso del ‘’genere’’: permette di capire perché due persone dotato dello stesso status possano
cadere vittima di violenze differenti; essere donna, infatti, spesso significa subire un rapporto di
subordinazione che in investe in modo diretto l’intimità della vita domestica. L’essere dominati
politicamente in questi casi tocca più direttamente la sfera delle relazioni familiari e la
dimensione corporea in una situazione di povertà materiale. La maggior parte delle donne che
muoiono di AIDS hanno vissuto in un profondo stato di povertà.
2. L’asse della ‘’razza’’ o dell’‘’etnia’’: mostra che la definizione delle differenze in termini di
‘’razza’’ ed ‘’etnia’’ occulta il problema della diseguaglianza economica e sociale. Il concetto di
‘’razza’’ (che non ha alcun valore biologico) e quello di ‘’etnia’’ (che è una nozione dal preciso
significato politico) sono usati molto concretamente per deprivare dei diritti fondamentali
specifici gruppi sociali impedendo di concepire la disuguaglianza sociale come la conseguenza di
una differente distribuzione di risorse. La differenza di ‘’razza’’ o di ‘’etnia’’ quindi, utilizzata per
spiegare la sofferenza, occulta le disuguaglianze sociali, ‘’biologizzandole’’ o ‘’etnicizzandole’’.
3. L’asse che vede combinarsi la ‘’violenza strutturale’’ e la ‘’differenza culturale’’: ci invita a
riconoscere infine che anche gli antropologici hanno talvolta confuso, con un approccio
eccessivamente relativista, la disuguaglianza sociale con la differenza culturale. Gli approcci
basati su un concetto di ‘’cultura’’ inteso come un’essenza che gli uomini hanno, o come un
codice fisso che ne determina i comportamenti, hanno portato a una ‘’culturalizzazione’’ della
sofferenza; hanno cioè, in alcune circostanze, affrontato il tema della gestione del potere e
degli assetti istituzionali come un problema di trasformazioni culturali dei contesti locali, a
scapito degli elementi strutturali che incidono sui rapporti di forza.
Asse del genere
Acèphie Joseph e Chouchou Louis condividevano uno status sociale simile, e ciascuno morì dopo un
contatto avuto con l’esercito haitiano. Il GENERE aiuta a spiegare perché Acèphie sia morta di AIDS e 4
Chouchou di tortura. Le ineguaglianze di genere aiutano a spiegare perché la sofferenza della donna sia
molto più comune rispetto a quella di Chouchou. In tutto il mondo le donne si confrontano con il problema
del sessismo, una ideologia che le pone al di sotto degli uomini, tanto che un gruppo di antropologhe
femministe facendo ricerca notarono come le donne stavano comunque un posto più sotto degli uomini,
infatti gli uomini in quasi ogni contesto dominavano in vario modo le istituzioni politiche, legali ed
economiche. Queste differenze di potere hanno fatto s&igrav