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La storia di un viaggio in un corpo malato. Non si tratterà neppure di descrivere una specifica malattia, per
quanto tale ce ne possa magari anche apparire l’esordio: ma i sensi, che a essa possono venire attribuiti,
non pensandola solo come fatto semplicemente naturale ma anche come incidente culturale.
L’autrice si propone di percorrere un viaggio in corpo malato, entrandovi con un occhio antropologico, per
raccontarlo con parole che comincino ad affrontare il tema del disagio fisico considerandolo in termini
culturali. Prenderò a esempio un caso specifico: sarà dunque un esame che terrà conto degli attori che si
muovono attorno a un corpo sofferente, creando con esso il ruolo di malato.
È nata nel 1931, il 19 giugno, a Crema (morta a Roma il 21 Gennaio 2017), in una famiglia relativamente
colta e abbiente. Nelle mie attuali condizioni ha dovuto fare i conti con una nuova compagna, io che, da
almeno 50 anni, avevo considerato una conquista il vivere da sola, in un’autonomia che credevo piena ed
eterna. Ora che devo ricorrere a una badante, le cose e i pensieri sono molto cambiati, in un rapporto tutto
da costruire… due percorsi si sono incrociati.
Questo scrivere, dalla parte pensante della mia testa, mi vengono fuori tutte le scoperte – o piuttosto le
verifiche fondamentali, che credo siano arrivate a maturazione durante la malattia e il processo di scrittura.
- Verifico che la vecchiaia e una malattia possono anche essere considerate occasioni positive, per un
radicale ripensamento di se stessi.
- Verifico che, in sua occasione, fai un duplice viaggio, nel corpo e nella memoria degli eventi che
sono stati fondamentali per la formazione della tua persona.
- Verifico l’artificialità di ogni costruzione che separi corpo e anima.
- E infine la verifica per me più decisiva: che la tua persona si viene formando non pensandosi come
essere singolo, circoscritto da un orizzonte ‘’chiuso’’, ma come essere la cui ‘’autonomia
decisionale’’ sia frutto di un processo aperto, rinnovabile sempre nel rapporto con le altri classi di
persone.
Sic transit… (così passa). 2
Parte prima
Incidenti
Igienici oggetti d’amore
Vecchia e malata
Racconta di come nella vita è stata più volte sottoposta a diverse operazioni. Ma mai grave quanto l’ultima
concernente il cervello, e mai avrebbe immaginato che l’apertura dello stesso non avrebbe migliorato le
cose. Ha perso gran parte della memoria, e di conseguenza ha perso diversi ricordi nel raccontare, infatti
spiega come via via i discorsi si fanno meno dettagliati. Spiega la sua condizione (malata) e il suo statuto
(anziana). Statuto che non è sola a conferirsi ma lo fanno tutti gli altri. E di entrambi, condizione e statuto
cercherà di parlarci, cominciando una riflessione. L’esperienza della malattia l’ha portata a ragionare sulle
modalità attraverso le quali viene costruito il personaggio del ‘’paziente’’ e sull’importante ruolo che in tale
costruzione è giocato dalla clinica, come centro di pratiche e di discorsi che non sono solo ‘’medici’’ ma
anche e soprattutto sociali. In tutto questo lei sta a Roma, già da parecchi decenni.
Papa Ratzinger
Racconta e accenna, i giorni passati in una clinica da ricchi e le sue convinzioni di come denaro sia uguale a
maggiori probabilità di successo di operazione. D’altronde chi ha denaro, lo spende, soprattutto per curarsi.
Racconta delle sue visioni a causa della convalescenza postoperatoria e dei giorni in terapia intensiva.
Il decoro azzurro
Il blu era il colore dominante della clinica (tazze da tè, la ‘’divisa’’ camicione della paziente, i piatti)
escludendo chiaramente tutto ciò che concerneva gli oggetti del mondo medico. Racconta come è la sua
stanza, e i rapporti che si istauravano al suo interno, in particolare il rapporto paziente, corpo sofferente, e
chi con delicatezza e professionalità se ne prendeva cura. ‘’In questo quadro, avrei esercitato quella che
nell’etnologia americana si chiama con il nome di ‘’osservazione partecipante’’ e che Ernesto de Martino mi
aveva insegnato a praticare, mettendo sotto osservazione critica le mie stesse categorie giudicanti. E poi il
più nuovo concetto di ‘’resistenza’’ – oggi oggetto di una critica da me non condivisa – avrebbe guidato tale
osservazione.
Per il mio bene
Racconta di come alcune richieste anche dal parte del paziente risultino illegittime, e come esse vengano
giustificate con ‘’l’abbiamo fatto per il tuo bene’’ o ‘’è per una questione di igiene. Ciò che è bene o male, o
ciò che è pulito o sporco però, fa notare, non sono da tutti in egual modo condivise. In mezzo ci sta come
posta in gioco, l’autonomia della persona, bene grande ma anche e soprattutto, per gli uni e per l’altra,
tappa da raggiungere attraverso resistenze e confronti.
Il letto a sbarre
Facile, possibile, magari non voluta, era la riduzione a infante. Infatti la misero in un letto a sbarre per la
sua incolumità. Ma non solo cucirono anche il fondo del camicione, perché non agitasse le gambe. Racconta
3
inoltre di come i suoi oggetti riposti nell’armadio fossero spariti. Infatti la fecero uscire dalla clinica con un
maglione rosso, sarà stata una carineria, ma non rispecchiava lei né nel passato e né nel presente. Questo
perché vestiva sempre di nero o comunque con colori tenui, e infatti de gustibus, soprattutto in vestiti e
soprattutto ancora nei vestiti da indossare nel grande giorno del rilascio.
Domestiche sostituzioni
Racconta di come, una volta tornata a casa, qualcuno con mani amorevoli e soccorrevoli, in sua assenza
aveva apportato delle modifiche, per lei molto significative.
Badedas e Orogel
Racconta di come in compenso delle sparizioni trovò molti nuovi oggetti. Frutto del consumismo, e delle
Regole Assolute a lei imposte, verdure surgelate, detergenti intimi, lenzuola sterili e così via. La sua casa era
diventata ai suoi occhi mostruosa e inondata dal Consumo (prodotti di consumo).
Domestiche Sparizione
Racconta ancora delle sparizioni dalla sua casa a Roma
Un rito di passaggio
Spiega come tutte le sparizioni e il reinserimento di oggetti Nuovi e di Consumo, abbiamo segnato in lei un
rito di passaggio, sì una locuzione vecchia ma pur sempre comoda. Hanno segnato l’inizio di un nuovo
mondo, l’inizio della sua malattia, l’inizio del suo viaggio nel corpo malato. E spiega inoltre che la salute si è
un principio da salvaguardare ma ancora di più l’autonomia decisionale, che a lei stava via via sfuggendo
dalle mani. Visioni
Antropologia
L’esperienza delle visioni non interessò i medici, questo esulava dal loro compito ovvero quello che
l’operazione fosse andata bene. Per lei invece ogni Visione era indicativa di un Percorso, difficilmente
generalizzabile, ma anche tutto da comunicare ad altri. Se ne acquistava consapevolezza, infatti, in ognuna
di esse avrebbe scoperto l’uso di un linguaggio metaforico, in un intimo lavoro di decifrazione e di
costruzione dell’io osservante e dell’oggetto osservato.
Il linguaggio della visione viene da essa comparato a quello del MITO. In entrambi, a parlare sono le parole
assieme alle immagini.
La prima Visione
Racconta la sua prima visione, della morte del Papa e dovevano fare un documentario poi compare una sua
collega di nome Carla, antropologa demartiniana come lei. Questa Carla disse: ce la faccio, per ben tre
volte. E per Clara questo voleva dire una caparbia volontà di resistenza. Resistere doveva al male, e più che
al male, a un nuovo ‘’senso’’ che già mi trovavo addosso. Ebbe diverse visioni per i due giorni seguenti.
Nuovi interventi
E’ stata operata nuovamente al cervello, esattamente un anno dopo. Una rifinitura, che è stata fatta non
chirurgicamente ma con i raggi gamma. 4
Dentro la Visione
Pag. 39
Il distacco
Ma lo stesso distacco, che costruisce assieme me e l’oggetto, si sarebbe realizzato per fasi. Pag. 42
Il viaggio
Racconta la sua ultima visione, di lei che fa un viaggio che guarda dall’alto e rimane in qualche modo
estraniata da quello che vede. Qui infatti fa notare come le visioni dell’anno precedente fossero
qualitativamente diverse, un anno fa lei era soggetto agente nel senso che partecipava all’azione in qualche
modo, mentre adesso è come se fosse estraniata è come se viaggiasse e guardasse dall’alto, era un
passaggio rapido e vedeva immagini già viste. È stata l’ultima visione e da li in poi non ne avrebbe più
avuto. Ogni lotta era finita. Accettazione e divertimento furono gli assi di un viaggio, che forse le aveva
indicato una strada per adattarsi alla sua condizione.
Sul dolore
Le parole del dolore
Racconta di aver avuto tre interventi al cervello, luogo in cui si era originato il grande male, riconosciuto
come tumore benigno. E due volte è stata bombardata con vari raggi per appunto debellare l’ospite. Il tutto
è durato più o meno 4-5 anni, in cui perdeva la memoria, perdeva i ricordi, e solo con l’ultimo intervento è
riuscita a recuperarne un po'. Racconta di come la testa sia divisa in due parti. Una che soffre e una che
osserva e ragiona, nei limiti consentiti dalla memoria. La parte vigile è in grado di descrivere, solo in parte,
quella dolente. Il dolore comunque persiste, appena controllabile con dei farmaci. Cercare di controllarlo è
anche scriverne. Nel suo caso, ne ha individuato almeno quattro tipi, tutti connessi alla paralisi facciale:
1. Il primo ti ferisce come una spada o uno stiletto, che ti penetra nel più profondo, accompagnandosi
a un alone di ‘’indolenzimento’’.
2. Il secondo, quando questo ‘’indolenzimento’’ ti occupa per una buona parte della testa, come un
copricapo ferreo che le pesasse addosso.
3. Il terzo è una dolorosa pulsazione dell’occhio destro, che è andata acutizzandosi in questi ultimi
mesi.
4. Il quarto, da me chiamato anche fastidio, è il senso di pesantezza esterna e di gonfiore interno che
si accompagna a un pur dolente formicolio della parte destra della faccia.
Quando mi rivolgo a un medico, però è ben raro che egli dia risposta a questa situazione di dolore. Il nostro
corpo è stato ormai tagliato a fette, ciascuna affidata alla competenza di uno specialista e che trovano
difficoltà a mettersi assieme. Così si è aggiunta da poco l’altra fetta, quella di una clinica che si chiama ‘’del
dolore’’.
Racconta dei metodi che h