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SALE AND LEASE BACK
L’impresa ha un bene, lo vende e contestualmente fa un contratto di leasing. Si chiama “lease back” perché il bene torna indietro
come leasing (in realtà non si muove, è soltanto un tornare indietro contabile). Lo IAS 17 prevede che ci sia un differimento
dell’eventuale plusvalenza. Se si vende il bene, lo si vende normalmente perché ha un valore di mercato superiore, così si fa
liquidità che però poi si andrà a scontare quando si pagheranno le rate future.
L’IFRS 16 dice che questa è una vendita che va registrata come vendita; se c’è una plusvalenza o una minusvalenza, questa va a
CE. Questo spiega anche perché chi adotta anticipatamente l’IFRS 16, deve adottare anche contemporaneamente l’IFRS 15. Il
locatore riconosce invece l’acquisto e lo mette in bilancio e poi anche il contratto di leasing. Quindi scompare questo differimento
di plusvalenza e i 2 contratti vengono trattati come sono dal punto di vista formale: una vendita e un leasing (acquisto di un diritto
d’uso).
- Se però la vendita è inferiore al fair value (quindi ho venduto in perdita) di fatto ho pagato in anticipo una parte del leasing e
questo va nel calcolo del diritto d’uso.
- Se invece la vendita è a un prezzo superiore al fair value vuol dire che mi hanno dato finanza aggiuntiva e quindi va in questo
calcolo.
Che fa il locatore?
Il locatore segue lo IAS 17. Per lui:
- Se è un leasing operativo continua a portare a CE i canoni man mano che maturano e poi li incassa.
- Se è un leasing finanziario, in base allo IAS 17, si registra un credito al valore attuale delle rate e poi man mano che gli vengono
corrisposte una parte va a interessi attivi (all’inizio più alti) e una parte va a interessi passivi e continua a fare così.
Abbiamo in bilancio lo stesso bene da tutte e due le parti?
Sì e no, nel senso che da una parte abbiamo in bilancio il bene perché il locatore ha il bene in bilancio; il locatario ha in bilancio un
diritto d’uso. Sono 2 cose diverse: uno è un diritto, l’altro è un bene intangibile.
Rimane però il fatto che le 2 modalità di contabilizzazione dello stesso contratto sono asimmetriche. Da una parte si registra un
diritto d’uso, lo ammortizza e si registra una passività; dall’altra non necessariamente.
Hanno cercato una soluzione, ne hanno trovate 2 ma nessuna delle due ha funzionato:
- Il locatore dovrebbe diminuire il valore del bene per il fatto che l’ha dato in uso, quindi non ha più lo stesso valore. Non ha
più il controllo per tutta la durata del leasing, quindi non può fare niente e ha perso i benefici. Non funziona perché se si toglie
il valore attuale del diritto d’uso che si sta indebitando, si rischia di portare a valori infimi un qualcosa che poi torna indietro
(esempio: immobili).
- Il locatore tiene in bilancio il bene e allo stesso tempo si registra in bilancio il credito per tutte le rate che incasserà, come se
fosse lo IAS 17. C’è una duplicazione di asset che non ha alcun senso. Lo stesso bene viene registrato prima come valore
intangibile, poi praticamente viene registrato il valore attuale delle rate dello stesso bene come diritto d’uso dato in uso.
Alla fine hanno abbandonato la ricerca di un sistema di contabilizzazione del leasing che fosse speculare per il locatario e il locatore.
- Il locatario va con il diritto d’uso.
- Il locatore mantiene il bene in bilancio.
Si segue ancora la ripartizione leasing “operativo” e leasing “finanziario”. Il board ha fatto notare che non è necessario che ci sia
una perfetta coincidenza come nel caso della registrazione dell’acquisto e della vendita; non necessariamente in tutte le
transazioni le modalità di rappresentazione in bilancio da parte delle controparti devono essere uguali.
Questo è il nuovo IFRS 16 che entrerà in vigore nel 2019 e probabilmente verrà omologato così com’è. È ragionevolmente certo
ma non sicuro al 100% che venga omologato perché stanno facendo un po’ di manfrina perché questo standard fa esplodere i
debiti in bilancio come debiti finanziari.
Corollario di questo è che qualcuno deve rinegoziare i covenant. Se qualcuno ha fatto un contratto di finanziamento dove, per
quello che riguarda i covenant ha messo intellegittimente la clausola che i covenant si calcolano in invarianza di principi contabili,
allora non ha un problema; l’unico problema è che praticamente deve tenere la doppia contabilità:
- Deve tenere la contabilità in base al vecchio IAS 17.
- Ai soli fini di quello che mostra alle banche, per far vedere che ha rispettato i covenants, deve rifare il bilancio secondo lo IAS
17.
Se qualcuno non ha messo questa clausola deve andare a rinegoziare con l’istituto finanziario perché è fatale che potrebbe aver
sforato i covenant e anche questo può creare dei problemi. Alcune imprese europee dicono che hanno un problema a rinegoziare
i coventants, quando si va a rinegoziare qualcosa perché si ha un problema si è sempre in una condizione contrattuale di inferiorità.
Ovviamente come tutti gli standard prevedono delle specificazioni, per esempio per le rate variabili forniscono anche parecchi
esempi.
IAS 19 – BENEFICI PER I DIPENDENTI – PIANI A PRESTAZIONE DEFINITA
Si tratta di tutto ciò che contrattualmente o per prassi (quasi sempre contrattualmente) va a essere erogato ai dipendenti in
aggiunta allo stipendio/paga base/salario, quindi sono retribuzioni aggiuntive. Possono essere di breve periodo o possono essere
di lungo periodo, cioè di tipo pensionistico o simile. Quelli di breve periodo non creano problemi, maturano man mano e si
esauriscono però, in genere, nel corso dell’anno; possono essere la tredicesima, la quattordicesima, i bonus di performance, le
retribuzioni aggiuntive al raggiungimento di obiettivi (MBO), le ferie non godute che l’azienda accantona mensilmente e poi paga
(è un debito per l’impresa).
Non ci sono problemi; l’unico problema si ha quando c’è una compartecipazione agli utili, anche in questo caso queste
“compartecipazioni agli utili” non vengono considerate come distribuzione di dividendo ma come costo del lavoro perché il
dividendo si configura come una distribuzione di utili ai soci e per quel motivo non passano da CE.
Tutte le operazioni che l’impresa pone in essere con i propri soci, in qualità di soci, non passano mai da CE; dividendi, aumenti di
capitale, distribuzioni di capitale non passano mai a CE. Qui si parla di dipendenti, allora questi vanno a costo. C’è un problema,
se si distribuisce una parte dell’utile netto e lo si distribuisce come costo e poi lo si rimonta sopra, poi arriva un utile netto diverso
che va corretto. Si può uscire da ciò cambiando il metodo di calcolo.
Ci sono alcuni paesi dell’America Latina dove, in alcune legislazioni, è obbligatorio che una certa percentuale degli utili vada ai
propri dipendenti.
Il problema, dal punto di vista contabile, c’è quando si tratta di benefici di lungo periodo (per esempio pensioni). In Italia la
pensione la erogano gli istituti preposti a questo, normalmente l’INPS. In altri stati, dove c’è la socializzazione degli oneri, è uguali.
In alcuni paesi, specialmente quelli di matrice anglosassone, lo stato o non dà niente o dà qualcosa per la pura sopravvivenza;
allora nel pacchetto retributivo di queste aziende ci sarà anche il fatto che sarà l’azienda stessa a dare una pensione ai propri
dipendenti, ovviamente se maturano la pensione.
Questo standard a noi tocca relativamente poco, se non per quelle imprese multinazionali italiane che hanno anche delle
controllate in paesi di questo tipo, in realtà è uno dei più discussi proprio perché le passività relative all’eventuale erogazione
futura di pensione sono passività che tendono ad assumere una magnitudo veramente importante. Queste imprese sono tutte
delle piccole INPS e come l’INPS fa fatica a stare in equilibrio, anche queste imprese fanno fatica, considerando che hanno anche
il rischio impresa.
I piani pensionistici, ai fini dello IAS 19 ma anche concettualmente, si dividono in 2 tipi:
- A contribuzione definita.
- A prestazione definita.
PIANI A CONTRIBUZIONE DEFINITA
L’impresa periodicamente paga un contributo a un ente esterno (che può essere statale o un’assicurazione privata) e assolve la
sua obbligazione in questo modo, non ha più nessuna responsabilità. È simile a quello che esiste in Italia, dove l’impresa paga i
contributi all’INPS e una volta pagati non ha più nessuna obbligazione verso il dipendente. Non ci sono problemi dal punto di vista
delle complicazioni contabili. Man mano che maturano i contributi al fondo esterno, questi vanno a costi e quando vengono pagati
il debito viene onorato. Sono contribuzioni periodiche (mensili, annuali, semestrali).
PIANI A PRESTAZIONE DEFINITA
L’impresa si assume l’obbligo a dare una prestazione che può essere una pensione al termine della vita lavorativa e al
raggiungimento di determinati anni di servizio, può essere una somma finale (tipo il TFR – quando va via ha maturato tot anni e
per ogni anno ha diritto a tot di importo) oppure possono essere altri tipi di prestazioni (per esempio: assistenza medica,
assicurazioni sulla vita).
Qua il problema è che bisogna fare un calcolo come lo fanno quelli che gestiscono le pensioni. Quindi per i piani a prestazione
definita bisogna fare il “calcolo attuariale della passività”, ciò significa che bisogna tenere conto, in maniera probabilistica, di tutte
le variabili che incideranno sull’erogazione o meno della pensione o della somma finale e sul quantum (anche sull’importo). Le
variabili sono:
- Numero di persone: ci si sta assumendo una passività per tutte le persone che avranno maturato un certo numero di anni.
Bisogna stimare quante persone matureranno il diritto alla pensione, questi sono calcoli probabilistici (tasso di rotazione del
personale).
Esempio: Se l’impresa erogherà la pensione se il dipendente è stato almeno 20 anni, io devo stimare quanta forza lavoro
rimarrà 20 anni.
Siccome sto già erogando delle pensioni a chi è andato in pensione, devo stimare quanti anni camperanno queste persone,
quindi i tassi di mortalità. Ci sono tabelle in ogni paese che sono diversificate sia per sesso (perché ovviamente le donne vivono
più a lungo) e per tipo di lavoro che uno ha fatto. Gli attuari lavorano molto anche per le imprese assicurative. Le imprese
assicurative fissano un premio infatti utilizzano tabelle di mortalità che r