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CIG
Assegni familiari ANF
TBC – tubercolosi
NASPI – a differenza delle altre prestazioni non avviene in costanza del rapporto di lavoro.
In costanza di rapporto di lavoro il datore opera come sostituto dell’INPS e provvede ad anticipare gli importi delle prestazioni
temporanee per poi recuperare gli importi in fase di conguaglio. Diverso è il caso di prestazioni assistenziali (e non assicurative) finanziate
direttamente dallo Stato es. L.104. Così come è diverso il discorso per i lavoratori autonomi, liberi professionisti e parasubordinati. La
sottrazione eventualmente fatta per le prestazioni assicurative sul reddito da lavoro autonomo, risulterebbe gravosa se fatta al pari dei
lavoratori subordinati. E diverso è anche il caso dei lavoratori del settore pubblico (EX INPAP, EX ENPALS).
Modifiche del rapporto giuridico previdenziale e conseguenze sulle gestioni e prestazioni
.Per variazione del rapporto di lavoro (da impiego privato a pubblico, da dipendente ad autonomo)
.Per trasferimento del lavoratore in altri stati.
Nel caso di trasferimento in altri stati, il problema della libera circolazione dei lavoratori è aggirato attraverso il frazionamento dei
contributi versati che tiene conto del possibile problema di mancato raggiungimento dei requisiti minimi per le prestazioni presso alcune o
ciascun ente. Il legislatore italiano per questo problema ha individuato due soluzioni base:
-La totalizzazione dei contributi: nel momento che il soggetto raggiunge l’età pensionabile in Italia, l’INPS deve conteggiare in modo
fittizio anche le contribuzioni versate presso altri enti.
-La ricongiunzione: comporta un trasferimento fisico di denaro e comporta che vi sia la ricongiunzione “monetaria” dei contributi
versati da un fondo all’altro. La ricongiunzione è onerosa: passando da regimi di prestazioni più basse a regimi con prestazioni maggiori si
paga la differenza.
Contribuzione figurativa
I contributi vengono computati anche in quelle occasioni di sospensione del rapporto di lavoro (malattia, disoccupazione involontaria) cd.
contribuzione figurativa. Si tratta di contributi a carico complessivo della collettività. La contribuzione figurativa si distingue per poter
essere conteggiata “per il diritto” (cioè può essere idonea per raggiungere un diritto come quello di pensionamento) e “al calcolo” (ma al
contempo non idonea per il calcolo contributivo).
Riscatto contributivo
Anche per periodi propedeutici al lavoro possono essere riconosciuti dei contributi, attraverso l’istituto del riscatto contributivo. Si tratta
normalmente di una forma onerosa, il cui importo (forfettario) viene determinato in relazione all’età e alla retribuzione.
Misure anti-cumulo per le occasioni di pensione e lavoro
Per i percettori di pensione la possibilità di lavorare e di percepire reddito da lavoro e prestazione pensionistica è contemplata (anche se in
precedenza era proibito), con una relativa riduzione della prestazione e con l’obbligo contributivo rispetto l’imponibile.
Inadempimento contributivo
Quando il datore di lavoro non adempie (evade o elude) il pagamento contributivo, può essere chiamato al pagamento dei contributi e di
sanzioni (30% annuo).
Diverso è il caso dell’omissione contributiva: cioè quando materialmente il datore non paga i contributi pur comunicandone l’esatta
misura. (Sanzione 5,5% annuo).
Accanto alle sanzioni civili ci sono sanzioni di natura penale, in particolare una sanzione legata al mancato pagamento dei contributi e alla
manipolazione delle scritture oltre una certa soglia prevede la reclusione.
Altra sanzione penale (depenalizzata) riguarda l’omesso versamento dei contributi prelevati per la parte a carico del dipendente poi non
effettivamente versati.
Lezione 7 – Criticità del sistema previdenziale e gestione dei contributi
Criticità finanziarie dei sistemi previdenziali
La matrice di tipo assicurativo del nostro sistema previdenziale prevedrebbe una stretta corrispettività tra la contribuzione versata e la
prestazione poi spettante, ma in un sistema solidaristico questa si è spesso allentata al fine di re-distribuire le risorse.
Fino alla fine degli anni ’90 esisteva un istituto detto di “integrazione al trattamento minimo della pensione”: questo consentiva per
tutte le pensioni “a calcolo” inferiori alla cifra minima (di pensione minima) di integrarne la parte necessaria al raggiungimento della soglia.
Tale integrazione spesso andava a costituire la gran parte del trattamento previdenziale e a compensare situazioni di persone che avevano
contribuito veramente poco (per lavoro nero o per scarso lavoro). Questo meccanismo è stato eliminato con la riforma Dini verso la fine
degli anni ’90. Principio di corrispettività e principio di libertà dal bisogno (rif. costituzionali), vengono contemperati dando prevalenza
comunque al principio di corrispettività.
Il sistema originario: la capitalizzazione delle risorse
L’ente di previdenza ha come obiettivo principale di conservare il valore della contribuzione versata (ottica di capitalizzazione
individuale) fino al momento in cui tali somme devono poi essere nuovamente erogate. Inconveniente tipico è la svalutazione
monetaria. Il sistema per garantire un equilibrio tenta l’investimento il più possibile sicuro al fine di mantenere ed aumentare il valore
della contribuzione versata. L’investimento generalmente più utilizzato e con un trend crescente era quello nel “mattone”. Per quanto tale
meccanismo di investimento poteva essere il meno rischioso, due eventi come le guerre mondiali in cui sono avvenuti diversi
bombardamenti e distruzioni ne hanno compromesso la tenuta.
Il secondo modello di gestione, a partire dagli anni ’60: la ripartizione delle risorse
La ripartizione prevede che le risorse accumulate (provenienti da capitalizzazione collettiva) vengano immediatamente impiegate. É un
sistema che si attiva più facilmente per un ente già operativo, quindi in itinere. Non si sconta così intensamente il problema della
svalutazione monetaria.
Il problema che si presenta riguarda le spese per la gestione del sistema: sono necessarie entrate sufficienti a sostenere le uscite pianificate.
Il sistema deve proiettarsi in avanti, basandosi sulla statistica attuariale (previsione di spese e di uscite correlata agli aspetti di vita: organico
dei contribuenti, speranza di vita media...) al fine della predeterminazione dei contributi.
Il rialzo delle aliquote contributive deve tenere conto del massimo carico sopportabile, in quanto è costo indiretto del lavoro e rischia di
far verificare fenomeni di spiazzamento (lavoro nero, omissione contributiva...). L’alternativa all’innalzamento delle aliquote è allargare
la platea dei contribuenti. Terza possibilità, utile a contingentare i fenomeni del mercato del lavoro, consiste nell’elaborare dati previsionali
esatti.
Lezione 8 – che cosa non ha funzionato e quali strumenti per rimediare
Si è reso necessario ristabilire le regole di calcolo individuando la corretta misura in relazione a:
. Livello delle prestazioni da garantire
. Numero dei pensionati (studio del mercato del lavoro)
. Durata della prestazione (speranza di vita media, statistiche mortalità)
Il tutto fa riferimento a dati statistici che nell’ultimo quarantennio hanno subito delle alterazioni impreviste.
La speranza di vita media aumenta (3 mesi ogni 2 anni), questo problema incide sul lato della spesa.
Altri problemi hanno riguardato le entrate: come il tasso di occupazione, cioè la riduzione della popolazione attiva per l’aumento della
disoccupazione. Incidenza sulle retribuzioni che diminuiscono e, sulla stabilità lavorativa.
Il D.L. dell’11 luglio del ‘92 blocca pensioni e fa il prelievo forzoso sui C/C del 6 per mille per contrastare gli effetti di svalutazione
monetaria sulle finanze pubbliche. I primi interventi ’92 e ’93, considerati parte della ‘riforma Amato’, tentano di ridurre le uscite ed
aumentare le entrate. L’aumento delle entrate attraverso le imposte risulta difficile. Si agisce con il contingentamento delle uscite che
stabilisce delle finestre di uscita al fine di tamponare il problema della liquidità. Questo sistema non opera una riduzione sui livelli di spesa.
Vengono modificati i requisiti di accesso alla pensione per ridurre la platea dei soggetti aventi diritto al trattamento. Vengono stabiliti dei
requisiti più alti. Vengono modificate le regole per il calcolo della prestazione affinché ne sia ridotta l’entità.
La riforma previdenziale più organica è quella del ’95 riforma Dini Legge n. 385/95 per mezzo della quale si tenta di garantire l’equilibrio
finanziario del sistema. Si aumenta la platea dei contribuenti. Viene radicalmente cambiata la modalità di calcolo, con l’effetto che la
prestazione (e quindi il costo finale) si riduce considerevolmente, si introduce la previdenza complementare.
Lezione 9 – struttura delle prestazioni pensionistiche (Cap. 6)
Il primo intervento riformatore negli anni ’60 (legge del 1965) interviene sul sistema di stampo corporativo delle origini con la tecnica della
ripartizione. L’intervento introduce due prestazioni differenti (per i dipendenti privati):
. La pensione di VECCHIAIA (requisiti di accesso sono l’età anagrafica e un requisito contributivo minimo)
. La pensione di ANZIANITÀ (accesso a qualsiasi età, requisito minimo di 35 anni di contributi)
Il meccanismo di calcolo per il trattamento faceva fede sul sistema retributivo in sostituzione del precedente sistema contributivo puro
(medesima restituzione del versato).
Questo nuovo sistema non tiene conto dei contributi versati bensì del livello delle retribuzioni raggiunte in un certo arco di tempo dell’età
lavorativa. Con questo sistema l’adeguatezza del disposto costituzionale si avvicina più al “tenore di vita” come interpretazione piuttosto
che al “bisogno”.
Per il calcolo si faceva fede alla media delle retribuzioni percepite negli ultimi 5 anni di lavoro (escludendo eventuali flessioni negative).
Questo meccanismo ha portato una necessità di ridistribuzione per pensioni che non si auto-finanziavano.
La proporzione tra l’anzianità contributiva e la misura della pensione era la seguente: per ogni anno di lavoro il tasso di sostituzione era del
2%. Ogni anno di lavoro pesava un po’ meno. Per raggiungere il 100% in 40 anni, ogni anno doveva pesare per il 2,5% invece che del 2%.
Es. un lavoratore che ha lavorato per 40 anni (massima contribuzione ipoteticamente raggiungibile quindi = 100%), la sua pensione sarebbe stata pari all’80%
della retribuzione di riferimento (2% per 40 anni= 80%).
Su questo meccanismo l’intervento del ‘92/’93 si concentra sul fronte