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RITROVAMENTO IMPORTANTE

Nel 1486 a Costantinopoli, un monaco che studia il greco scopre in un cartoccio un manoscritto che

conteneva una serie di scritti apologetici tra cui la lettera a Diogneto, scritto tra il 190 e il 200 d.C.

e che delinea il primissimo pensiero cristiano.

Un pagano, Diogneto, chiede ad un cristiano le basi ed il senso della sua religione, ponendogli tre

domande:

Quale Dio è mai quello che permette ai suoi fedeli di affrontare impavidi la morte?

1. (riferimento alle persecuzioni cristiane)

Quale genere di affetto stringe i fedeli cristiani tra loro?

2. Se questo sentimento è così bello, com’è possibile che non sia mai apparso prima nel

3. mondo?

È il paradosso della vita cristiana, e il cristiano a cui vengono poste le domande risponde lasciando

testimonianza di come i primissimi fedeli cristiani concepissero la loro posizione nel mondo:

-i cristiani non si distinguono dal resto degli uomini nel mondo, né per paese, o lingua e modo di

vestire, non sono i confini il loro segno distintivo (universalismo);

-sono stranieri nella propria patria ma cittadini del mondo, come i cittadini esercitano i loro doveri

ma come i stranieri sopportano tutti/o, ogni paese è patria ed ogni patria è straniera

(cosmopolitismo), il cristiano è straniero della patria ma cittadino del mondo;

- sono conformi agli usi locali e sono concordi nel vivere, a seconda di dove abitano, nella loro

condizione paradossale lo straniero in patria;

-i cristiani sono l’anima del mondo, come l’anima nel corpo, l’anima mundi o il soffio vitale per gli

stoici (anche se questi sono panteisti e non monoteisti). I cristiani danno vita al corpo, essi sono

prigionieri del mondo (in senso platonico) ma lo sostengono, dando espressione al soffio divino;

-danno senso al mondo e lo sostengono.

Ma qual è il loro senso nel mondo? Come deve comportarsi il cristiano difronte alle autorità

temporale? Questo quesito non viene posto nella lettera a Diogneto, ma si ripresenterà.

Quando a Gesù è chiesto come ci si dovrebbe comportare il cristiano rispetto all’autorità temporale,

la risposta a questo problema si ripresenta nella riflessione politico-filosofica cristiana.

La Patristica

In questa dottrina troviamo una serie di autori, filosofi e apologeti detti anche “padri della Chiesa”,

è la prima costruzione dottrinale del pensiero cristiano a cui nel tardo medioevo subentrerà la

scolastica. Tra i padri della Chiesa ci sono tre nomi di particolare importanza: Sant’Ambrogio

(seconda metà IV sec), Agostino da Ippona (V) e Gregorio Magno (VI seconda metà).

Sant’Ambrogio è colui che teorizza il potere spirituale, affermando che i vescovi, cioè i ministri di

Dio, possono giudicare gli Imperatori, inoltre tutti i poteri sono ordinati da Dio, perciò è negato il

principio di resistenza e di ribellione, perché il potere temporale deriva da Dio.

Egli consente la conversione del secondo padre, Sant’Agostino. Egli scrisse De Civitate Dei, cioè

la città di Dio, dove influenzato sia dallo stoicismo che dal platonismo, parte (in conformità con la

dottrina cristiana) parlando di una condizione anteriore del mondo terreno dove vi era una totale

assenza del peccato (espressione speculare della natura degli stoici).

Partendo da questa visione elabora l’idea delle due città, una è la città terrena mentre l’altra è la

citta divina. La prima esiste perché esiste il peccato (cioè la schiavitù, la lotta al potere ecc.), essa è

un remedium peccati e l’esistenza delle istituzioni politiche ambisce ad arginare questi peccati. Il

termine rimedio non indica la soluzione, perché non ci sarebbe più il male, esso è un espediente

adottato per limitare i danni della malvagità e dell’ingiustizia. La citta terrena è un insieme di

istituzioni politiche convenzionalmente adottate dagli uomini in ragione della provvidenza divina.

La città di Dio è quella in assenza del peccato, ma non è in competizione con la prima.

Cos’è lo Stato?

Il XIX libro parla dello Stato, denominato Repubblica nel linguaggio politico di Agostino, cerca di

spiegare che cos’è e quale deve essere la condotta del cristiano nella città terrena.

La riflessione s’interroga su cosa dovrebbe essere la repubblica e dicendo che esso è il remedium

peccati non cerca di non giudicare lo Stato, anzi egli sostiene che c’è un modo per giudicarla e

valutare la città terrena, anche se è complementare alla città di Dio.

In questo libro Sant’Agostino dialoga con Cicerone e fa una distinzione tra Res Pubblica e Res

Pubblica romana, dove quest’ultima non è un aggregato di uomini casuale ma un popolo (cosa del

popolo come diceva Cicerone), ma cos’è la res populi?

Egli sostiene che nella repubblica romana il culto pagano era ancora in pratica ed essa accettava la

schiavitù come condizione naturale, perciò non coincide con la repubblica cristiana, perché

quest’ultima si conforma in modo imperfetto con la città di Dio.

Nella dottrina di Agostino si sostiene che le due città, che simbolicamente rappresentano il potere

spirituale e temporale non sono in competizione tra di loro, ma che una guida l’altra.

Gregorio Magno, l’ultimo padre, ha un ruolo importante nell’edificazione della Chiesa e nel suo

potenziamento a Roma, in un periodo di fragilità del potere temporale e argina le minacce che

arrivano dall’esterno, permettendo l’assestamento anche del governo temporale di Roma.

La sua figura è molto importante anche per quanto concerne la questione dottrinaria, infatti anche

lui era un ministro di Dio e teorico con funzioni di governo all’interno della chiesa.

Tra gli argomenti di sua riflessione troviamo l’obbedienza passiva, che come per Ambrogio, deve

essere il principio inconfutabile del credere cristiano e la regola pastorale. La parola è un’arma che

deve essere usata con cautela in questo contesto, perché da una parte abbiamo il potere temporale

che mentre decade continua a cercare una fonte di legittimazione ed il potere spirituale che prede

forza grazie ai ministri di Dio, è un momento di ridefinizione per la legittimazione del governo e

dell’Impero.

“le azioni dei reggitori non devono essere attaccate dalla spada della lingua”.

Nel periodo in cui scrive quest’ultimo i due poteri stanno ancora definendosi, così come le figure

dei regnanti e dei vescovi, cioè coloro che saranno portati a fornire una legittimazione del potere

temporale.

Quando la fase di legittimazione finisce inizia quella del conflitto, cioè quale potere prevale

sull’altro e questo principio pervaderà tutto il basso medioevo, e la questione si baserà sulle

competenze che devono avere gli uni verso gli altri (sovrani che nominano vescovi).

Troveremo successivamente la teoria delle due spade di Gelasio, che definisce il rapporto tra potere

temporale e spirituale.

19/10/16

La teoria delle due spade

La “teoria delle due spade” è una particolare dottrina elaborata da Papa Gelasio I, la quale

definisce chiaramente il rapporto fra potere temporale e potere spirituale. Famosissima fu la frase

da Gelasio pronunciata:

“Gli imperatori cristiani hanno bisogno dei vescovi per la vita eterna e i vescovi fanno uso dei

regolamenti imperiali per ordinare il corso della vita terrena.”

Gelasio crea dunque una formula di equilibrio tra papato e impero, un equilibrio, sì, precario ma

comunque duraturo.

Fino ad Agostino, la res publica è res publica christiana ma, successivamente, a seguito del

processo della “traslatio imperii” vi sarà uno spostamento della res publica christiana verso il Nord

Europa.

Si pone dunque il problema di come gestire il rapporto tra i due poteri. Proprio in questo periodo,

attorno al IX secolo, cominciano a comparire le figure dei “decretaristi”, ovvero coloro che

commentavano gli atti del papa.

Decretum è infatti un vocabolo latino che indica la decisione.

A seguito, però, delle cosiddette false decretali, si vede che i vescovi avevano comunque

mantenuto i contatti con i nobili ed era dunque impossibile riuscire a capire quale fosse il livello di

indipendenza dei vescovi dal potere politico. Le false decretali hanno il compito di decifrare il

codex canorum.

Con la “riforma cluniacense” il monastero di Cluny, fondato nel 910, comincia ad avere un ruolo

fondamentale nel potenziamento del potere ecclesiastico. Il monastero esprime la propria

autonomia nell’operazione di scelta dei propri capi, modello che viene rapidamente esportato negli

altri monasteri francesi. Da Cluny si irradia un forte intento riformatore, che si esprime attraverso la

lotta alla simonia (vendita delle cariche ecclesiastiche).

Fino agli ultimi anni dell’undicesimo secolo, quando cominciò la grande polemica tra l’autorità

spirituale e quella temporale, non ci fu un’attiva discussione di idee politiche. Era un contrasto

tecnico, sui codici e sulle competenze. Alla fine dell’XI secolo, comincia a riemergere la

dimensione della politica. La questione dirimente è la lotta per le investiture.

Ma che cos’è una investitura?

L’investitura corrisponde al rito di legittimazione del potere spirituale.

A quel tempo, i regnanti avevano voce in capitolo nella nomina dei vescovi. È qui che emerge il

corto circuito tra i due poteri, che entrano in contrasto proprio sulla questione centrale del governo

ecclesiastico. Oltre all’investitura spirituale, era infatti prevista anche un’investitura laica, che era

mal sopportata dalla Chiesa. Figura centrale in questa fase è quella di Papa Gregorio VII, il quale,

nel 1075, proibisce l’investitura laica dei vescovi. Con il Dictatus papae viene stabilita la

superiorità

del papato su ogni autorità temporale.

L’imperatore del Sacro Romano Impero Enrico IV, a questo punto, risponde sfidando il papa

intraprendendo una serie di eventi che termineranno con la famosa vicenda di Canossa. Il conflitto

papato-impero si risolverà solo con il Concordato di Worms del 1122, quando l’Imperatore

rinuncerà al diritto tecnico dell’investitura e rinuncerà cioè ai simboli spirituali delle investiture

stesse. Da qui nasce il pensiero politico del Tardo Medioevo e della prima età moderna.

I papisti

Manegoldo fu un teologo che difende le ragioni di Gregorio VII nella diatriba che ebbe con Enrico

IV. Egli sostiene che la sovranità del potere temporale sia legata non alla volontà dell’Imperatore,

bensì a un patto con il popolo: nessun

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Publisher
A.A. 2016-2017
86 pagine
5 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/02 Storia delle dottrine politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Mirgifra1 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del pensiero politico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Cotellessa Silvio.