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Cenni sui paradigmi di ricerca

Esistono vari approcci allo studio della leadership.

Focalizzazione sulla figura del leader. Le prime ricerche hanno cercato di rispondere alla domanda se l'autorità esercitata dal leader fosse fondata su talenti personali innati o acquisiti. Poiché prevaleva una concezione "tutto o nulla" della leadership pareva evidente la necessità di scoprire quali caratteristiche o tratti personali distinguessero i capi dalle altre persone del gruppo e ciò avrebbe permesso una più efficace scelta e allocazione occupazionale delle persone da inserire in posizioni di comando. Ma, a parte il fatto che molte delle liste di qualità ritenute indispensabili per essere un capo risultavano eterogenee, approssimative o troppo ampie, l'esperienza pratica e le verifiche mediante follow-up dimostravano come i fattori specifici del posto di lavoro, del compito, della situazione organizzativa nel suo complesso risultassero ben

più determinanti delle predizioni fatte in base amisure di attitudine o a profili di personalità.All’interno di questo approccio si è sviluppata una specifica prospettiva di indagineche mise in luce l’esistenza di due dimensioni o orientamenti di base, nel fenomenodella leadership:

  • capi orientati verso i dipendenti (considerazione); essi erano particolarmentesensibili ai problemi dei loro subordinati
  • capi orientati sul compito (iniziativa di strutturazione); essi enfatizzavano ilcontrollo della esecuzione dei compiti, erano attivi nel dare spiegazioni solo ditipo tecnico, risolvevano di persona i problemi inerenti l’attività lavorativa

Tali dimensioni sono statisticamente indipendenti ed inoltre il rapporto tra stile dicomportamento adottato e efficienza o successo del gruppo non risulta sempre chiaroe univoco. Ad esempio, mentre la dimensione considerazione è positivamentecorrelata con il livello di soddisfazione dei membri,

ciò non avviene per la produttività, per la quale dovrebbero essere ipotizzati altri fattori causali. Approcci focalizzati sulle contingenze situazionali. Le ricerche successive si sono focalizzate sugli elementi situazionali in grado di incidere sulle varie forme di leadership. Nascono in questo modo i modelli di contingenza per lo studio della leadership: 1) Fiedler [1967]: il comportamento prescelto dal capo rappresenta la migliore strategia possibile rispetto alle caratteristiche della situazione e non deriva da decisioni preventive del leader o da suoi tratti di personalità. La situazione determina quanto il leader sia in grado di esercitare la sua influenza. La situazione viene descritta facendo ricorso a tre fattori che possono far variare il suo grado di favore da un minimo a un massimo: - relazioni tra leader e dipendenti, cioè dal clima affettivo del gruppo di lavoro (misurato con test sociometrici o con scale tipo differenziale semantico) - la strutturadel compito, considera il grado di precisione e di chiarezza con cui è definito il compito. Il potere accordato al leader dalla organizzazione (in termini di possibilità di fornire ricompense, sanzioni, decisioni sulla carriera ecc.) Lo stile di leadership è misurato facendo riferimento al punteggio ottenuto su una scala di valutazione del collaboratore meno preferito (Least Preferred Coworker, LPc): - Alto punteggio LPc: stile di leadership amichevole, orientato sulle relazioni, permissivo; possibilità di procurare un successo solo se la situazione sia moderatamente favorevole o almeno si regga su un certo equilibrio dei fattori situazionali. - Basso punteggio individua un forte centraggio sul compito e una distanza e freddezza hanno successo quando la situazione è molto favorevole o sfavorevole. Il modello proposto da Fiedler assume che ogni comportamento sociale derivi dall'interazione tra più variabili. Nonostante la sua ricchezza, questo.

approccio ha ricevuto solo parziali conferme sperimentali e, soprattutto, ci si è limitati ad applicare la nozione di contingenza agli aspetti di produttività e non a quelli di soddisfazione dei dipendenti.

2) Vroom [1973] propone un proprio modello di contingenza (Normative decision making model) centrato sugli stili del leader nel processo di presa delle decisioni. Assunzioni principali: non esiste una modalità unica di leadership per le diverse situazioni; il leader può muoversi lungo un continuum che va dalla decisione autocratica, completa o con richiesta di informazioni, alla consultazione individuale o collettiva. Il grado di appropriatezza dello stile prescelto non dipende da stabili qualità del soggetto, ma dall'esatta diagnosi dei problemi che tipizzano una certa situazione.

3) House [1971] e Evans [1974]: necessità di valorizzare il ruolo dei membri del gruppo in rapporto allo stile di leadership. Il path-goal model si propone

Difocalizzare la funzione di chiarificazione e motivante della leadership rispetto al conseguimento degli scopi del gruppo di lavoro. Il leader dovrebbe definire un "sentiero" lungo il quale i dipendenti si muovono per ottenere i risultati che sono percepiti come soddisfacenti. La funzione motivante del leader consiste nell'accrescere il numero e il tipo di vantaggi che rendano i membri coinvolti sul lavoro. Per svolgere queste funzioni potranno essere scelte e adottate quattro forme di leadership (direttiva, supportiva, orientata alla riuscita, partecipativa) in rapporto alle caratteristiche della situazione. I fattori contingenti che incidono sulla scelta sono: a) le caratteristiche dei subordinati o collaboratori; b) quelle relative al contesto situazionale, definito rispetto al tipo di compito da svolgere, al sistema di autorità e alle caratteristiche del gruppo di lavoro.

4) Hersey e Blanchard [1982] situational leadership theory, SLT: si basa su tre principali

variabili: a) la quantità di orientamento e di guida fornita dal leader rispetto al compito (orientamento al compito); b) la quantità di supporto emotivo e relazionale (orientamento alle relazioni); c) il livello di maturità dei collaboratori rispetto alle loro specifiche funzioni da svolgere. L'attenzione principale è posta sulla relazione tra capo e collaboratori e sul suo svolgersi nel tempo (si parla a questo proposito di life cycle theory of leadership). Per maturità dei collaboratori si intende la loro capacità di assumersi delle responsabilità nello svolgimento di certi compiti. Essa comprende una componente di abilità nel compito e una componente motivazionale rispetto al compito; entrambe variano da un minimo a un massimo, pertanto si determinano quattro livelli di maturità a cui corrispondono differenti stili di leadership:

  • telling: basato su comunicazione unidirezionale, dà ordini, fornisce
istruzioni,nella forma di prescrizioni, e supervisione sul compito; si collega a situazioni di bassa maturità psicologica e rispetto al compito
  1. selling: fornisce spiegazioni sul compito e riconosce le indicazioni e le richieste dei collaboratori; si collega a situazioni di adeguata maturità psicologica e bassa maturità rispetto al compito
  2. participating: condivide il modo di pensare degli altri nel prendere decisioni, cerca di coinvolgerli anche sul piano affettivo, fornisce più sostegno relazionale e incoraggiamenti che guida; si collega a situazioni di alta maturità sul compito e minore maturità psicologica
  3. delegating: ridotta funzione di guida e di sostegno alle relazioni; si collega a situazioni ad alta discrezionalità con collaboratori di elevata maturità psicologica e rispetto al compito
Approcci focalizzati sulle percezioni leader-seguaci. Nei diversi modelli considerati resta determinante l'idea che gli esiti finaliderivino dalle condotte delle leader. I subordinati, collaboratori o seguaci restano in secondo piano anche laddove, come nel modello di House ed Evans o di Hersey e Blanchard, essi assumono un ruolo di modulazione delle condotte del capo. In realtà, ci si dovrebbe chiedere più chiaramente come mai le persone obbediscono o seguono i capi e se possano effettivamente incidere, poco o tanto, sul loro modo di agire. Graen: modello dei legami verticali diadici di leadership. In questo approccio si prendono in esame le relazioni diadiché tra ciascun collaboratore e il capo, piuttosto che considerare i subordinati come un gruppo unico. Così alcuni membri formeranno un vero e proprio in-group caratterizzato da rapporti speciali dei singoli con il leader, mentre altri di fatto percepiti come out-group, instaureranno relazioni con il leader legate prevalentemente al compito e di carattere formale. Il leader, riconoscendo questa progressiva articolazione interna del gruppo, ne viene

Influenzato e potrà essere modificato il suo stile di azione. In sostanza, le relazioni che si osservano in un gruppo non derivano semplicemente da una scelta del leader, sono il risultato di un processo bidirezionale tra leader e seguaci. Punto fondamentale di questo approccio sembra essere l'attenzione ai processi percettivi, di categorizzazione e di valutazione degli attori.

Il ricorso ai modelli delle attribuzioni causali fa parte delle prospettive recenti nello studio della leadership. Il leader è tale in quanto "così appare agli occhi dei seguaci-osservatori" e, nello stesso modo, il leader si comporterà in funzione delle proprie percezioni e attribuzioni sui seguaci che gli stanno intorno. Così i subordinati, privilegiando certe caratteristiche più salienti e trascurandone altre più periferiche, si formano una rappresentazione generale, semplificata e schematica del leader come principale agente causale.

dell'andamento del gruppo. Questo schema, che si svilupparà rapidamente soprattutto quando le prestazioni risultano o molto buone o molto cattive (effetto di sovrastima dell'impatto del leader), servirà per organizzare successive informazioni e per dare valutazioni sulle qualità effettive della persona che riveste quel ruolo. Nello stesso tempo, poiché questo schema è applicato e comunicato nelle relazioni quotidiane e nei comportamenti espliciti, anche il leader ne diverrà consapevole e potrà usarlo per impostare il proprio comportamento.

Hollander e Julian [1969]: le persone sono viste come leader potenziali nella misura in cui alcune loro caratteristiche (intelligenza, valori personali, tratti di personalità ecc.) corrispondono alla pre-concezione di leadership. Così, essi prenderanno in considerazione solamente certe qualità, ritenute preminenti, indipendentemente dalla natura del compito, del gruppo di lavoro o dell'organizzazione.

In altre parole, spesso lea
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Publisher
A.A. 2020-2021
124 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/06 Psicologia del lavoro e delle organizzazioni

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mdp97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Giancaspro Maria Luisa.