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I POTERI DEI SOCI
L’EXIT
Istituto riscoperto con la riforma del 2003. Prima era una cosa inutilizzata, la riforma ha posto
questo diritto al centro con particolare rilevanza per le società chiuse. Perché il recesso si
atteggia in modo diverso nelle società aperte e nelle società chiuse? Nella società aperta
il recesso ha un’utilità minore perché le azioni possono essere vendute, dunque il
disinvestimento non si realizza necessariamente con il recesso. Avere un mercato significa
poter uscire dall’investimento quando lo si ordina, tuttavia dipende dal pacchetto, dal
flottante cioè da quante azioni vengono trattate nel corso del giorno (al giorno si trattano
5000 azioni della società, se ne mettono 20000 sul mercato, ecco che c’e un crollo del titolo
per eccesso di offerta). Quando devo fare un investimento il tema dell’uscita è cruciale
tanto quello della qualità perché l’uscita consente di smobilizzare e prendere altre strade,
investimenti meno flessibili sono più rischiosi e difficili da vendere. Nel costruire l’investimento
l’investitore deve pensare a come uscirne e dunque sapere che c’è mercato e si può
vendere è molto apprezzato > in una società quotata l’investimento è più appetibile
perché porta con sé il fatto che esiste un mercato e si può disinvestire con una certa facilità.
Nella società quotata c’e meno necessità dell’istituto proprio perché essendoci un
mercato c’e sempre un’alternativa per i soci. Tuttavia il diritto di exit è garantito anche nelle
società per azioni, perché protegge il valore dell’azione prima degli effetti della decisione.
Il recesso serve anche nelle quotate perché protegge il valore e il socio ha la possibilità di
dissentire da delibere che hanno un effetto negativo, senza avere una ripercussione sul
valore, che per lui è sterilizzato; tutto quello che succede a valle della delibera, al socio non
interessa cioè non si assume il rischio. Se il diritto di recesso non esistesse, il socio dovrebbe
andare sul mercato con le conseguenze della delibera sul valore. Il diritto di recesso
cristallizza il valore. L’unica differenza è che il recesso non è immediato, il disinvestimento e
quindi la vendita sul mercato è immediata.
Angelici parte dal fatto che ci siano in capo ai soci una serie di poteri. Quando tuttavia è
in minoranza non conta molto, il legislatore del 2003 ha fatto rinascere il diritto nell’ottica
del processo di protezione delle minoranze. Possibilità di uscire determinando un costo per
la maggioranza è la società, chiaramente c’e una necessità di riflessione da parte della
società. Wall street rule > l’azionista vota con i piedi cioè se ne va, dunque anche in questo
caso c’e un costo. (Disegno 1). La società non è interessata dal passaggio di soldi tra
azionata e acquirente delle sue azioni, ma da fastidio alla società, perché si crea un costo
comunque: pacchetto azionario vale meno. Creato un percorso che vuole in prima
battuta escludere il costo per la società > soci, terzi, utili, capitale, scioglimento. Alla società
allora è data la possibilità di revocare la delibera che ha generato il recesso e sterilizzare il
recesso > exit strumento di voice, perché la minoranza il cui voto non ha determinato nulla
perché la delibera è comunque passata, ha avuto una manifestazione forte e la
maggioranza vede come non sia possibile fare altro, allora revoca. Questa è un’operazione
mercantile cioè una transazione:
mercato dei soci,
Ø mercato esterno dell’equity che ha bocciato perché la maggioranza che si rivolge
Ø ai terzi non trova gli acquirenti
mercato del capitale di credito boccia perché non trova finanza
Ø i creditori si oppongono all’uso del capitale.
Ø la maggioranza prende atto e si va allo scioglimento oppure la società non si scioglie
Ø perché la maggioranza revoca la deliberazione e tutto torna come prima.
Il recesso non è la volontà del singolo, ma è il mercato che è razionale e decide alla fine
la sorte della società.
Costruzione di base del recesso: il recesso è istituto essenziale del nostro ordinamento. Prima
della riforma del 2003 le cause di recesso erano poche ed essenzialmente casi in cui si
realizzava una modifica significativa. Il recesso è una conseguenza del principio
maggioritario. Lo statuto può essere modificato ai sensi del principio maggioritario, il socio
che non è d’accordo o ha una percentuale che permette di arrivare la blocco (voto dei
2/3 = socio ha il 35%, significa che non si può raggiungere il quorum).
Caso: nonna vuole investire il 30% in una società chiusa.
Diritto di voto
• Modifica dello statuto > quorum diverso per le delibere dell’assemblea. Serve il
• consenso per fare le cose, quindi più peso.
Assemblea: nomina degli amministratori e sindaci. Bilancio. Azioni di responsabilità.
Modifiche statutarie. Liquidazione. Rinegoziazione su tutti i quorum significherebbe
che il socio di maggioranza pur avendo un numero maggiore di azioni, ha un peso
minore, non si può. Conta moltissimo la situazione contingente cioè se la nonna è
stata cercata dalla società significa che sono disposti a chiedere qualsiasi cosa.
Mettere un quorum diverso sulla nomina degli amministratori è vietato perché
l’ordinamento vuole proteggere interessi altri > se non si arriva alla maggioranza, c’e
un blocco che è causa di scioglimento. Norma specifica sulla nomina degli
amministratori > 30% contro 70% in un sistema proporzionale alla nonna spettano 3,
se fossero 5 amministratori alla nonna ne spetta 1. Possono essere chieste altre cose:
il presidente sia eletto tra gli amministratori scelti dalla nonna. Rispondere alla
domanda di cosa serve il presidente.
Le cose da negoziare sono poche: prezzo, voto, recesso, maggioranze e tutti i diritti
di voice e anche strumentali alla voice come quelli di controllo, utili.
Entrambe le clausole di gradimento mero e prelazione per angelici sono strumenti, e ti che
consentono ai soci di controllare l’accesso alla compagine. Mediante una valutazione
affidata a un organo della società centralizzata (clausole di gradimento mero), nell’altra
diffusa (clausola di gradimento mero) perché in tutti i casi è consentito ai soci di controllare
l’accesso. Cassazione fine anno 70 > la S.p.A è fondata sulle azioni e la caratteristica che il
legislatore ha voluto dare alle azioni è quella di circolare perché i soci sono investitori e
devono avere e la possibilità di disinvestire. Se nello statuto ci fosse una clausola che mette
nelle mani di qualcuno che decide in modo discrezionale della circolazione significa far
diventare l’investitore prigioniero del suo investimento. Subordinare al placet di qualcuno
circolazione dell’azione è snaturarne il senso. Attenzione alle regole di circolazione! Il
problema è sempre quello di far circolare più velocemente il denaro, le operazioni di
cartolarizzazione sono operazioni industriali di produzioni di titoli. Le azioni incorporano tutte
le regole di circolazione, sono sostanzialmente nominative perché c’e un problema di
controllare l’origine della ricchezza e la loro circolazione, salvo le leggi speciali che
prevedono le azioni al portatore, la strazia del legislatore nelle S.p.A. è assicurare
circolazione mentre invece nella srl è assicurare partecipazioni alla compagine. Angelici
confronta poi il diritto di opzione > nella srl non si può togliere, mentre nelle S.p.A si può.
Il recesso che è cambiato nel tempo è costruito sul principio maggioritario > contratto che
può essere cambiato da una parte cioè dalla maggioranza. Il principio è cardine perché
la società non può essere bloccata costruendo meccanismi di unanimità, questa non è
neppure pattuibile. Il legislatore allora poteva immagina che con questo principio si potesse
cambiare tutto, la giurisprudenza si è accorta che c’erano delle decisioni che non davano
luogo al recesso ma che permettevano di modificare in modo significativo: introduzione di
vincoli al trasferimento delle azioni > se uno investe in una società dove c’è la libera
circolazione e poi si ritrova con la clausola di gradimento non mero (sottoposto a criteri
oggettivi) per farlo serve l’unanimità. Il legislatore del 2003 con il diritto di recesso ha
affermato che il principio è maggioritario e non l’unanimità e ci sono delle regole a presidio
dell’investimento che se sono modificate dalla maggioranza, non serve il voto della
minoranza me il solo dissenso permette di uscire perché è cambiato l’oggetto sociale.
Scissione e fusione non sono cause di recesso nella S.p.A poiché non cambia il tipo >
modifica dell’oggetto sociale, se l’oggetto della deliberazione è la fusione è protetto dal
recesso per la semplice ragione che è l’oggetto della deliberazione che determina il
recesso. Tutti gli effetti di una fusione che comportano un cambiamento dell’oggetto
sociale luogo al diritto di recesso. Nella srl la fusione dà luogo al diritto di recesso perché
cambia la compagine sociale. Saggio di DI CATALDO
IL RECESSO DEL SOCIO
Autonomia statutaria
L’autonomia statutaria nel decidere le cause di recesso nella società chiusa fino ad arrivare
al recesso ad nutum è una tesi da non condividere. L’argomento a favore è tratto
dall’ipotesi di facesse previsto per la società a tempo indeterminato, ma il professore dice
che un conto è ragionare in termini di vincolo perpetuo e sua correzione mediante l’istituto
del recesso, altra cosa è ragionare sul contratto di società e sua deroga con recesso > il
recesso è un istituto che nasce come correzione e contrappeso al principio maggioritario.
Il legislatore della legge delega che ha portato al decreto contenente le norme ha previsto
che la delega era data per dare autonomia alla creazione delle cause statutarie di recesso
a favore dei soci dissenziente, la logica del recesso come è messo nelle società per azioni
a termine è quella del contrappeso e quindi del dissenso. Muoversi su una logica diversa
mette in crisi la causa stessa del contratto: effettivamente si deve tornare alla logica del
contratto di società (esercizio in comune di atti