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QUINDI
Il differenziale è il plus lavoro di cui si appropria il capitalista, dopo aver acquistato la
forza lavoro. Il lavoratore diventa parte del processo come un macchinario, perciò il
processo produttivo deve essere rivisto perché non si considerano le persone, ma solo
merci.
Il lavoratore non è proprietario degli strumenti di lavoro, non è proprietario nemmeno
del frutto del suo lavoro poiché ha venduto la sua forza lavoro, perciò ciò che produce
non gli appartiene più. L’alienazione viene dal fatto che il lavoratore è succube del
processo di produzione, non può scegliere come equando lavorare né l’attività da
fare il lavoro entra nel processo produttivo come un mezzo, e non come uno
strumento per aiutare l’essere umano a realizzarsi.
Per Marx, ed altre correnti filosofiche, la realizzazione umana passa grazie al lavoro,
ma le distorsioni del sistema economico hanno annullato questo processo.
Alienazione del denaro
Il denaro, nato come mezzo per raggiungere altri fini, diventa lo scopo stesso,
soprattutto della vita dei capitalisti, quindi una nuova prospettiva di alienazione.
Alienazione del lavoratore
Tre motivazioni
1. non è proprietario dei suoi strumenti di lavoro, che sono invece di proprietà del
capitalista.
2. non è proprietario del prodotto del proprio lavoro (di cui è invece proprietario il
capitalista, che ha anticipato mezzi di produzione e salari in cambio, appunto, del
diritto di disporre del prodotto).
3. non controlla l'organizzazione del processo produttivo, al cui interno ha un ruolo
parziale e specifico.
⇒ gli strumenti di lavoro, il prodotto e l’attività lavorativa si contrappongono al
lavoratore come qualcosa di esterno a lui;
⇒ Il lavoro risulta così per il lavoratore come un mezzo per un fine distinto - procurarsi
il salario (i mezzi di
sussistenza), anziché come diretta auto realizzazione dell’individuo nella società.
19/11
Marx -Teoria economica che si fonda su un sistema diverso dal capitalismo critica al
modello economico, proposta alternativa.
Teoria classica teoria marginalista 20
Political economyeconomics
Tre opere più importanti nel pensiero economico del XX ma che vennero ignorate
all’inizio
1. The theory of political Economy 1871, di Jevons,
2. Principles of Economics, Menger, 1871;
3. Eléments d’économie politiqu pure, 1871-72 di Walras.
Teoria Marginalista
Il focus della teoria riguarda l’allocazione delle risorse scarse che influenzano il valore
e la disponibilità a pagare degli agenti.
L’approccio di questi filone è utilitaristico, ma non nel senso di Bentham (scappare dal
dolore per arrivare al piacere), ma avere un’utilità legata al bene, la microeconomia
rappresenterà l’utilità con le curve di indifferenza. Si tiene conto di quella che è l’utilità
individuale, non quella sociale.
L’analisi individuale fa sì che si abbia un’eliminazione delle relazioni sociali nello studio
economico e dei valori collettivi. Fino a questo momento l’analisi economica
riguardava gli individui racchiusi in categorie sociali ed accumunati da un insieme di
interessi comuni. La svolta marginale risiede anche nell’analisi singola, cioè
differenziazione tra consumatori e produttori ed esclusione delle dinamiche reazionali.
Marx ultimo classicista, la sua teoria parte da assunti classici anche se presenta
differenze strutturali.
I marginalisti, invece, cambiano totalmente prospettiva d’analisi, partendo
dall’assunto che la teoria classica sia errata, ecco perché si parla di rivoluzione
marginalista.
L’utilità è soggettiva, cambia di consumatore in consumatore e non ha ragione di
essere teorizzata a livello macro (il valore dipende dai singoli soggetti), mentre la tesi
classica sosteneva che l’utilità è quella della collettività.
L’equilibrio diventa per i marginalisti fondamentale, tutte le teorie neoclassiche non
considerano il rapporto di domanda ed offerta, mentre i marginali ragionano in base a
come queste due componenti si incrociano ed interagiscono. In questo senso la teoria
può anche essere definita armonica.
I marginalisti vedono la teoria della distribuzione del reddito come un particolare della
teoria del prezzo, mentre per i classicisti l’idea di possesso di capitale giustifica un
maggiore rendimento perché va a sostituire quel capitale. I marginalisti studiano in
modo diverso il reddito, poiché credono che sia dato dalla produzione marginale per la
q di lavoro e vive in armonia con le relazioni del mercato: se c’è disoccupazione il p del
salario si riduce, le aziende assumono di più e il problema si risolve.
1: La definizione del problema economico
Per i classici: il problema economico è concepito come analisi delle condizioni che
garantiscono il continuo funzionamento di un sistema economico basato sulla divisione
del lavoro (analisi della produzione, distribuzione, accumulazione e circolazione del
prodotto). Per i marginalisti: il problema economico è quello dell’utilizzo ottimale delle
risorse scarse per soddisfare i bisogni e i desideri dei soggetti economici. => Il
problema si riduce a studiare secondo quali rapporti gli individui dovrebbero
redistribuirsi, mediante lo scambio, i beni e i servizi produttivi di cui dispongono
inizialmente, allo scopo di ottenere la situazione finale più vantaggiosa, date le loro
preferenze.
2: Il valore
Per i classici: concezione oggettiva, basata sulla difficoltà di produzione; Per i
marginalisti: concezione soggettiva, basata sulla valutazione dell'utilità dei beni da
parte dei consumatori.
3: L’equilibrio
Il concetto di equilibrio assume per i marginalisti un ruolo centrale che non aveva per
i classici: l'equilibrio corrisponde a condizioni di utilizzo ottimale delle risorse scarse
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disponibili, ed è quindi identificato da un insieme di valori per tutte le variabili
economiche implicate, prezzi e quantità simultaneamente.
4: Il ruolo dei prezzi
Per i classici: i prezzi hanno il significato di indicatori della difficoltà relativa alla
produzione; Per i marginalisti: indicatori di scarsità relativamente ai desideri dei
consumatori.
5: La teoria della distribuzione.
Per i marginalisti: la distribuzione del reddito non è altro che un caso particolare della
teoria dei prezzi nel contesto (dove riguarda, appunto, i prezzi dei 'fattori di
produzione'), Per i classici: è un problema con caratteristiche autonome, relativo ai
ruoli delle diverse classi sociali e ai rapporti di forza tra esse per i classici.
Caratteristiche
I marginalisti lasciano da parte il fenomeno produttivo, per studiare il comportamento
del consumatore e del produttore, vale a dire i fenomeni della microeconomia in
particolare. Lo schema di base è un modello di puro scambio.
Si consideri un individuo che ha una data dotazione di risorse e certe preferenze
esprimibili con una funzione di utilità. Se l’individuo tende a massimizzare la propria
utilità, nel rispetto del vincolo delle risorse possedute (il reddito), e se la funzione di
utilità possiede certe caratteristiche, si può dimostrare che l’individuo acquisterà una
quantità fisica di ciascuna merce in modo tale che le utilità marginali risultino
proporzionali ai rispettivi prezzi. Il fenomeno produttivo è messo in secondo piano e
viene data priorità al problema dell’ottima utilizzazione, mediante lo scambio, di una
certa dotazione e distribuzione iniziale delle risorse.
I nuovi elementi analitici introdotti dai marginalisti sono: 1. la nozione di utilità
marginale, che presuppone funzioni di utilità cardinali, continue e differenziabili; 2. la
nozione di sostituzione fra i vari beni consumati al variare dei prezzi relativi, il che
presuppone funzioni di utilità convesse; 3. una spiegazione dei prezzi quali indici di
scarsità, e quindi come allocatori ottimali delle risorse esistenti.
Nuovi elementi introdotti dalla teoria marginale:
- La nozione di utilità marginale, che presuppone funzioni di utilità cardinali,
continue e differenziabili, l’utilità si può misurare, rappresentare in via grafica
(continua e può essere comparata);
- La nozione di sostituzione fra i vari beni consumati al variare dei prezzi relativi,
il che presuppone funzioni di utilità convesse, c’è una perfetta sostituibilità sia
nel consumo che nella produzione;
- Una spiegazione dei prezzi quali indici di scarsità e quindi come allocatori
ottimali delle risorse esistenti, si parte dal supposto che le risorse sono scarse
perciò bisogna allocarlo in modo efficiente;
Jevons
Peculiarità: il suo obiettivo di matematizzazione della teoria economica La
professionalizzazione dell’economia. Il successo personale coincide con la
pubblicazione di teorie nuove e con la loro accettazione da parte dei colleghi docenti
universitari, mentre per Pettyo Cantillon, per Quesnay o Smith, per Ricardo o John
Stuart Mill, il successo è sanzionato nella più ampia cerchia degli uomini di cultura o
nell' accettazione delle loro tesi nel campo politico.
The coal question(1865): lavoro di economia applicata, in cui sostiene l’esistenza di un
vincolo insormontabile allo sviluppo dell'industria inglese, costituito dall' esaurimento
delle riserve di carbone da cui deriva l'energia per tutto l'apparato produttivo. Tesi di
chiara derivazione malthusiana, in cui una risorsa naturale -il carbone -assume il ruolo
che i prodotti alimentari avevano in Malthus. Le cupe predizioni di quest'ultimo non si
erano avverate, a parere di Jevons, in seguito all'abolizione delle Leggi sul grano e
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quindi dei dazi all'importazione. ⇒ In realtà, nel caso di entrambi: sottovalutazione
dell’importanza della tecnologia.
Portare la matematica nella teoria economica e riconoscimento della professione
dell’economista. Il successo delle pubblicazioni diventa un metodo di selezione
accademica (il numero di pubblicazione e l’importanza della rivista in cui si pubblica
l’articolo). Nasce l’idea che una teoria economica è valida se pubblicata da una rivista
importante.
II cammino personale di Jevons aiuta a comprendere la sua 'rivoluzione soggettivista'.
Dietro di essa vi è, infatti, l'avversione a una concezione dell'economia politica non più
come scienza morale, affine alla storia o alla politologia, ma come scienza affine alla
fisica o alla matematica che pun