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FISSAZIONE DEI TESSUTI
Consiste nella stabilizzazione fisica e chimica dei costituenti cellulari e tissutali
(fotografia statica della situazione che ho nel campione biologico)
Determina nel tessuto il cambiamento verso uno stato il più vicino possibile a
quello della materia vivente, ma tale da consentire l’allestimento di preparati
microscopici
La fissazione rende insolubili i costituenti chimici della sostanza vivente
Le strutture biologiche, oggetto di studio, devono essere preservate da:
a) Alterazioni postmortali determinate dagli enzimi autolitici presenti in ogni
cellula
b) Enzimi ed agenti litici speciali di singoli organi (ad esempio l’acido cloridrico
e gli enzimi idrolitici del succo gastrico)
c) Enzimi litici esogeni, prodotti da batteri
Tipi di campioni:
Cellule
Embrioni
Frammenti di tessuti
Organi con processi patologici
I metodi di fissazione sono di 2 tipi:
I. METODI FISICI: rappresentati da
Calore/essiccamento: impiegati solo in strisci di sangue ed in apposizioni di
midollo osseo. Di regola sono seguiti da un ulteriore trattamento con metodi
chimici (post-fissazione) perché appena le cellule entrano in contatto con
l’acqua ricominciano la loro attività
Raffreddamento/congelamento: il freddo non è un agente fissativo in senso
stretto, non garantisce una stabile conservazione delle strutture biologiche e
quando i tessuti vengono riportati a temperatura ambiente possono aver
luogo tutte le modificazioni degenerative che intervengono dopo la morte
del tessuto. Il freddo pertanto viene definito come agente conservante. È
molto usato in istochimica perché permette la conservazione del tessuto e
l’indurimento del tessuto per la sezione (dopo aver ottenuto le sezioni si
eseguono le reazioni istochimiche previste, solo successivamente si fissa il
tessuto con metodi chimici (post-fissazione). In questo caso le reazioni
istochimiche devono essere di durata relativamente breve, in genere non più
di mezz’ora per scongiurare artefatti da dislocazione o da solubilizzazione di
sostanze. Il congelamento del materiale oggetto di studio deve essere
quanto più rapido possibile. Si evita così la formazione di grossi cristalli di
ghiaccio, capaci di alterare profondamente la struttura dei tessuti. I cristalli
si formano allorché coesistono la fase liquida e quella solida, per motivi
termodinamici, è favorita la dissoluzione dei cristalli piccoli a favore
dell’accrescimento di quelli più grandi. Un congelamento rapido impedisce la
formazione di cristalli dell’acqua e la stabilizza in uno stato solido amorfo,
come il vetro (ghiaccio vetroso)
LEZIONE 2
22/03/2017
Il congelamento del materiale oggetto di studio deve essere il più rapido possibile. In
questo modo si evita la FORMAZIONE DI GROSSI CRISTALLI DI GHIACCIO, capaci di
alterare profondamente la struttura dei tessuti rompendo le membrane. Se il
congelamento è lento alcune parti vanno incontro a solidificazione mentre altre sono
ancora nella fase liquida e, quando queste due fasi coesistono, si formano i cristalli.
Per motivi termodinamici è favorita la dissoluzione dei cristalli piccoli a favore
dell’accrescimento di quelli più grandi. Un congelamento rapido impedisce la
formazione di cristalli dall’acqua e la stabilizza in uno stato solido amorfo, come il
vetro (GHIACCIO VETROSO) che non dà problemi.
METODI DI CONGELAMENTO
Per ottenere un congelamento rapido si devono trattare pezzi molto piccoli (non più
spessi di 1-3 mm) a basse temperature.
1. Negli studi più delicati, il congelamento puo’ essere ottenuto mediante:
Azoto liquido a -170°C
Isopentano, propano
Derivati alogenati del metano e dell’etano (detti freon, che ormai non
vengono utilizzati più a causa delle problematiche del buco dell’ozono)
2. In studi meno raffinati un congelamento sufficientemente rapido si puo’
realizzare:
Introducendo i campioni da esaminare in una CAMERA REFRIGERATA, quale
quella di un CRIOSTATO
Spruzzandovi sopra un gas che, espandendosi, sottrae calore (freon oppure
anidride carbonica)
CRIOSTATO
Sono apparecchi usati per sezionare tessuti congelati, costituiti da una camera
refrigerata contenente un microtomo, cioè una lama di acciaio utilizzata per ottenere
sezioni istologiche, anch’essa refrigerata. Le sezioni criostatiche hanno lo scopo di
preservare le strutture molecolari labili (come ad esempio le molecole della matrice
extracellulare, i recettori di membrana, gli enzimi ecc..) degradabili a seguito
dell’impiego di fissativi chimici per tempi lunghi e della tecnica della inclusione e per
la rapidità di esecuzione, utile nella diagnostica intraoperatoria (estemporanea).
FISSAZIONE PER CONGELAMENTO - ESSICCAMENTO (FREEZE – DRYING)
È una tecnica complessa che richiede l’impiego di apparecchiature costose. Ha il
vantaggio di non richiedere l’uso di liquidi fissativi e trova impiego per ricerche
citologiche, istochimiche e con accorgimenti particolari , in microscopia elettronica.
Differisce dal congelamento perché dopo congelamento non viene tagliato ma
essiccato e puo’ essere messo in paraffina conservandosi così per molto.
Il metodo esige:
a) Rapido prelievo del tessuto
b) Raffreddamento alla temperatura dell’azoto liquido
c) Disidratazione a una temperatura compresa fra -60°C e -30°
d) Inclusione in paraffina o carbowax e successivo taglio
Lo scopo principale di questo metodo è cercare di eliminare tutta l’acqua presente
all’interno della cellula. Il raffreddamento rappresenta il passaggio più delicato del
metodo, da esso dipende la buona conservazione dei tessuti. Durante il
raffreddamento è necessario evitare la formazione di grossolani cristalli di ghiaccio,
che provocano profonde alterazioni nelle cellule e lasciano tracce ben visibili all’analisi
microscopica. Perciò il pezzo deve essere raffreddato il più velocemente possibile (con
formazione di ghiaccio vetroso e non cristallino). Nella pratica si impiegano pezzi
piccoli (1mm) e un liquido raffreddante con conduttività alta anche alle basse
temperature, quale azoto liquido, isopentano (metilbutano).
Un recipiente chiuso ermeticamente con un’uscita collegata a una pompa rotativa che
aspirando leva l’aria dal recipiente creando il vuoto (si arriva a 10^-1 atm). Alzando la
temperatura di una decina di gradi si favorisce la sublimazione dell’acqua delle
molecole che passa allo stato gassoso che viene aspirato ulteriormente dalla pompa. Il
campione a questo punto è completamente disidratato. A questo punto il pezzo viene
incluso in paraffina o in carbowax.
Si usano anche una serie di vaschette contenenti la paraffina che, alzando la
temperatura, si fonde e il campione cade all’interno. Poiché esso non contiene più
acqua, la paraffina entra all’interno del campione.
II. METODI CHIMICI: le principali responsabili delle caratteristiche morfologiche e
funzionali della sostanza vivente sono le PROTEINE. La fissazione delle proteine
comporta la denaturazione di esse e, in grado più o meno elevato, la fissazione
di altri tipi di molecole che si trovano:
Legate chimicamente alle proteine che vengono fissate
Trattenute all’interno delle maglie del gel proteico determinato dalla
fissazione medesima.
La denaturazione consiste nella trasformazione della disposizione spaziale
della catena polipeptidica (o delle catene, se più di una) dalla disposizione
iniziale della proteina nativa (quella presente in vivo) verso una più
disordinata. Ne consegue la modificazione delle proprietà chimiche, fisiche e
biologiche della proteina e, in particolare, una diminuzione della solubilità.
La denaturazione puo’ essere:
Reversibile: se puo’ tornare alla struttura nativa
Irreversibile: se è indotta da agenti chimici e fisici e non puo’ tornare alla
struttura nativa
Le proteine denaturare possono andare incontro a:
FLOCCULAZIONE: coagulazione
FORMAZIONE DI UN GEL: dello stesso volume della soluzione originaria
La fissazione di cellule e tessuti deve comunque avvenire con la minima
alterazione possibile della struttura della proteina, sia primaria sia di
ordine superiore.
REQUISITI DELLA FISSAZIONE CON METODI CHIMICI
1) PRECOCITA’: il tessuto va fissato il prima possibile dopo il prelievo
dall’organismo, se si tratta di materiale autoptico, il prima possibile
dopo il decesso dell’individuo. Più tempo passa più si rovina il
campione. Questo requisito è particolarmente significativo per
studi di microscopia elettronica. La resistenza di un tessuto alle
alterazioni post-mortali varia da tessuto a tessuto ed è in funzione
dello stato funzionale e di eventuali patologie.
2) PICCOLE DIMENSIONI DEL FRAMMENTO DA FISSARE: gli agenti
fissativi penetrano nel tessuto dalla superficie verso l’interno, i
frammenti grossi si fissano male nel loro interno.
3) IDONEO MEZZO DI FISSAZIONE: a seconda del tipo di studi che si
intendono eseguire, spesso è necessario l’impiego di metodi
fissativi differenti su frammenti dello stesso materiale biologico. Vi
sono degli standard ma se bisogna lavorare su qualcosa di mirato,
si utilizzano fissatori specifici.
4) ABBONDANZA DEL MEZZO FISSATIVO: nel caso di fissatori chimici
in soluzione.
CLASSIFICAZIONE DEI FISSATIVI CHIMICI
I fissativi si possono suddividere in:
a) FISSATIVI PRIMARI: sono quelli che assicurano da soli una
efficace conservazione delle cellule e dei tessuti, rispettando
l’architettura generale e la struttura, in quanto agiscono
sulle proteine tissutali. Si dividono in base all’effetto che i
fissativi producono su soluzioni di ovalbumina in:
Coagulanti = precipitazione grossolana di ovalbumina
o e macroscopicamente evidenti (etanolo, metanolo,
acetone, cloroformio, bicloruro di mercurio, acido
picrico, triossido di cromo, acido cromico, acido
tricloroacetico)
Non coagulanti = precipitazione fine e non
o macroscopicamente evidenti (formaldeide,
gluteraldeide, acroleina, tetrossido di osmio,
bicromato di potassio, permanganato di potassio,
dietilpirocarbonato, parabenzochinone, acido acetico)
Questa classificazione è del tutto empirica e non si
riferisce all’effetto dei fissativi sui tessuti (la fissazione
di un tessuto biologico comporta sempre un grado
variabile di coagulazione, cioè una insolubilizzazione
irreversibile delle proteine tissutali)
MECCANISMI DI REAZIONE DEI FISSATIVI PRIMARI
I principali effetti dei fissativi chimici primari sulla
sostanza vivente: