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Una istituzione molto produttiva è l’Accademia degli Intronati, che produssero gli
“Ingannati! (1531) e l’”Amor costante” (1536), qui il toscano è fuso con elementi locali
senesi, il sale comico di queste commedie erano le storpiature, i fraintendimenti, le frasi
nonsense, i modi bassi e volgari, e i detti alla rovescia “alla totò”.
Anticonformisti: Aretino, Caro, Bruno.
2. • Pietro Aretino, autore della “Cortigiana” (1525) ambientato a Roma, e presenta un
colorito linguaggio della koinè cortigiana, lo scrittore non rinuncia a nessuna
caratteristica del parlato introducendo le iperralistiche incoerenze del parlato
“Anda…andava, anzi era ito…) e dalla creazione di nomi col la struttura
Verbo+Nome (dispera-famiglie o trangugia-lasagne);
• Annibal Caro, autore degli “Straccioni” (1543), ambientata a Campo de’ Fiori, e
rivela una notevole mimesi con il parlato, ottenuta tramite frasi nominali, strutture ad
eco, derivati ed alterati;
• Giordano Bruno, autore del “Candelaio” (1583), qui la deformazione degli schemi
canonici parte dal prologo diviso in Antiprologo, Proprologo e Discorso del bidello,
la commedia è articolata in 3 linee parallele, Bruno rifiuta esplicitamente di scrivere
alla Petrarca o alla Boccaccio, e il suo plurilinguismo comprende arcaismi, cultismi,
voci popolari fiorentine e cortigiane, e alcune espressioni napoletane.
3) La tradizione del plurilinguismo:
Una straordinaria policromia espressiva:
1. Il plurilinguismo raggiunge la sua massima espressione quando l’affermazione della norma
stimola il gusto dell’illegalità, non a caso proprio a Venezia, città di Bembo e di molti
teorici, si diffuse il plurilinguismo teatrali. La “Venexiana” e le opere di Ruzante
(autore/attore che deve il suo nome al ruolo che interpretava) come la“Pastoral” (il dialetto è
simbolo di naturalezza mentre l’italiano di corruzione e artificiosità) mostrano l’utilizzo di
diversi dialetti: il veneziano dei cittadini, il bergamasco dei facchini, il pavano dei contadini,
fiorentino, latinesco e furbesco.
Le commedie delle lingue per eccellenza sono “La Spagnolas” di Calmo, qui il
polilinguismo viene utilizzato come una virtuosistica policromia, e la “Zingana” di
Giancarli, dove si arriva fino all’introduzione di alcune frasi in arabo.
Al polo veneziano va poi affiancato un polo romano, quest’ultimo più “straccione”, come
dimostra l’esperienza della commedia ridicolosa, dichiaratamente minore, del Primo
Seicento, che ci ha lasciato opere come i “Diversi linguaggi” di Verucci, dove sono presenti
10 personaggi con altrettanti idiomi diversi.
Commedia dell’Arte e “comici scrittori”:
2. Il mito dell’improvvisazione nasce dallo studio e dalla replica (agli attori venne richiesto di
imparare espressioni letterarie o tipiche di alcuni dialetti). La mancanza di un testo
drammatico di base, sostituito dal canovaccio (schema riassuntivo dell’azione), rafforza lo
sperimentalismo espressivo e il relativismo linguistico dei comici. Le opere venivano
trascritte in italiano e gli attori si impegnavano a caratterizzarle. Tra Cinquecento e Seicento
non pochi professionisti decisero di stendere per intero il testo da recitare diventando così
“comici scrittori”. Negli “Amorosi inganni” di Belardo, l’italiano degli innamorati si alterna
con il veneziano del Magnifico, il bergamasco del servo, il siciliano del forestiero e lo
spagnolo del capitano. Il relativismo linguistico implica accorte modifiche del tasso di
dialettalità, in rapporto al personaggio, ma anche della platea (più o meno predisposta a certi
dialetti). Le maschere più diffuse erano: Zanni, Arlecchino e Brighella-veneziano,
Pantalone-veneziano, Dottore, Balanzone, Graziano-bolognese, lombardo e latino,
Pulcinella, Coviello- napoletano, capitano-spagnolo, innamorati- toscano letterario.
Varietà linguistiche marcate socialmente:
3. Nella Commedia dell’arte l’interesse è centrato sul plurilinguismo orizzontale, ovvero sulla
giustapposizione di varietà geografiche, mentre il plurilinguismo verticale manca del tutto o
tende a ridursi alla diglossia dell’idioma popolare.
Una maggiore disponibilità al plurilinguismo verticale è riconoscibile nelle opere di Ruzante
(1496-1542), qui la naturalezza dialettale si oppone al “fiorentinesco” dei letterati.
L’interesse per la dimensione sociolinguistica rimane esterno nella commedia rusticale
fiorentina, mentre nei prodotti delle commedie popolari senesi non manca il plurilinguismo
verticale ad esempio, i personaggi dei ceti bassi usano “laggare” (forma caratteristica del
contado) i ceti medi “lassare” (prevalente in città) i ceti alti “lasciare” (fiorentino).
Anche il milanese Maggi introduce la componente sociolinguistica nelle sue commedie, la
più famosa “I consigli di Meneghino” (1697) dove l’italiano aulico è attribuito
all’aristocrazia, l’ibrido pretenzioso milanese ai ceti medi e il milanese schietto al popolo.
4)Goldoni e dintorni
Oltre la Commedia dell’Arte:
1. Nel Settecento il pubblico della commedia è ormai ampio e socialmente eterogeneo, la
nuova mentalità imprenditoriale aveva contribuito non poco all’affermarsi del genere presso
le platee più vaste. Proprio il successo popolare e la parallela trasformazione in attività
commerciale tendevano a limitare lo slancio creativo degli spettacoli, riducendoli sempre di
più alla buffoneria facile e ripetitiva. Già Maggi alla fine del Seicento si opponeva alle
consuetudini della scena barocca, in nome di una rappresentazione appoggiata ad un testo
scritto, nonché ispirata a criteri di verosimiglianza e a valori morali edificanti.
Nella prima metà del secolo Martello e Maffei, rappresentarono in modo esemplare la
reazione aristocratica al pragmatismo della Commedia dell’Arte.
Altri commediografi seguirono itinerari diversa concentrata sulla ricerca di una lingua media
nazionale, culminata poi con Goldoni. Tra questi è rilevante l’apporto della “triade toscana”:
Fagiuoli (più legato alla Commedia dell’Arte), Nelli (maggiormente influenzato dal
realismo) e Gigli (maggiormente legato al fiorentino contemporaneo), che realizzarono una
sorta di superparlato comico toscano, che attinge da espressioni popolari e dall’illustre
tradizione.
Goldoni e la Riforma del linguaggio teatrale:
2. La soluzione di Goldoni(1707-1793) nasce dalla reinterpretazione della Commedia dell’Arte
purificata dei suoi aspetti più rozzi. Secondo Goldoni la nuova commedia d’autore doveva
far riferimento al “Libro del Mondo”, costituito dalla realtà della vita umana e dal “Libro del
teatro”. L’italiano teatrale di Goldoni è un fantasma scenico, che ha la vivezza del parlato
ma si alimenta piuttosto all’uso scritto non letterario.
Nella “Lettera agli associati dell’edizione Paperini” scrive: “essendo la commedia una
imitazione delle persone che parlano più di quelle che scrivono, mi sono servito del
linguaggio più comune, rispetto all’universale italiano. Circa al nostro vernacolo veneziano,
so che me n’intendo bastamente per credere che sia scritto come si parla”. Si noti che la
definizione di scritto come si parla riguarda solamente i testi in veneziano, per le commedie
in italiano predilige una sorta di “koinè” del uso familiare, socialmente e geograficamente
differenziato in cui compaiono: veneziano, forme letterarie, screziature auliche, modi
toscani, fraseggi colloquiale e frequenti francesismi. Goldoni scopre e in parte inventa un
italiano della conversazione quotidiana, in cui il dialetto e l’italiano tendono ad incontrarsi.
Inoltre Goldoni, pose mano alla riforma in maniera graduale e senza eccessi innovativi.
La maggiore novità di Goldoni riguarda sia l’attenzione per le tattiche del discorso e il largo
uso di segnali discorsivi (eh, dunque, ecco), sia sul versante della sintassi l’attenzione a
fenomeni assai comuni nel parlato: dislocazioni, “che” indeclinato, “ci” attualizzante e gli
alterati.
L’Antirealismo di Carlo Gozzi:
3. Goldoni parve pericolosamente sovversivo al veneziano Carlo Gozzi (1720-1806), nel caso
di Gozzi il riscontro popolare si accompagna ad un progetto culturale di sorprendete
originalità e fantasia espresso dalle “Fiabe teatrali”. L’atmosfera delle sue rappresentazioni
riprende dal melodramma, dal barocco, dalle metamorfosi… contribuendo a creare un
“mostro scenico”, che venne accolto trionfalmente. Il tradizionalismo antirealista di Gozzi si
ribella all’impoverimento del linguaggio dovuto alle tendenze naturalistiche e
razionalistiche della cultura borghese.
Gozzi riprende piuttosto dal plurilinguismo della commedia dell’Arte. Inoltre l’antirealismo
della fiaba dissimula ma non inibisce il sottointeso ideologico morale. L’originalità e la
modernità scaturiscono per paradosso da un’apparente congerie di luoghi comuni. Alle
invenzioni della commedia dell’Arte si aggiunge la regressione all’infanzia.
Se la scelta di Goldoni per un teatro-verità può dirsi rivoluzionaria, non meno determinate è
stata la scelta anacronistica di Gozzi per il teatro-finzione, una scelta che affascinerà i
romantici, e poi influirà le avanguardie teatrali del Novecento.
5)Ottocento borghese e verista:
Commedie e drammi borghesi:
1. Goldoni con i suoi modelli rivesti il ruolo di caposcuola, la sua influenza è evidente in
Giraud, che nell’”Aio nell’imbarazzo” inserisce passaggi di conversazione impulsiva e
frammentaria accostati con stilemi di sostenuta letterarietà. Il picco più alto del goldonismo
ottocentesco è costituito da “Goldoni e le sue commedie nuove” (1851) di Paolo Ferrari, che
ottenne uno straordinario successo dovuto anche ad una lingua convenzionale ma non
accademica. I testi di questo periodo sono largamente debitori ai consumistici modelli
francesi ed in particolare Dumas figlio.
Per quanto riguarda la lingua domina un sostanziale eclettismo, dall’insistita
melodrammaticità di Giacometti con “Morte civile”, che utilizza strutture e forme
linguistiche fortemente tradizionale, ai dialoghi moderatamente realisti di Torelli, Giacosa,
Praga e Verga.
Verga e il verismo teatrale:
2. Già con Giacosa si ebbe un’accelerazione verso il parlato realista, inserendo tra una battuta e
un’altra, pettegolezzi, discorsi pratici, formalit&agr