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I CRITERI DI VALUTAZIONE
CRITERI GENERALI
ART.2426 C.C.
E’ l’articolo di riferimento per quanto riguarda le valutazioni, analizza il livello sottostante i principi
generali dando atto quindi a criteri operativi. Il Codice Civile di fatto ha però sposato il principio di
valutazione generale, IL PRINCIPIO DEL COSTO.
PRINCIPIO CONTABILI NAZIONALI (DOCUMENTO N°11)
Anche a livello dei Principi Contabili Nazionali viene indicato il COSTO come criterio di base delle
valutazioni di bilancio. Il COSTO è inteso come la spesa che un’impresa ha effettivamente
sostenuto per procurarsi un determinato fattore produttivo. Il COSTO misura il valore dell’utilità che
l’impresa ritiene di poter trarre da un determinato fattore produttivo (valore minimo), si può anche
esprimere come VALORE DI FUNZIONAMENTO ovvero valore di utilità attribuita. Il criterio del
COSTO è quello che lascia minor latitudine agli apprezzamenti soggettivi ed è di facile applicabilità
ed attuazione (per questi tre motivi è elevato a POSTULATO GENERALE).
L’utilizzo del COSTO per esprimere i valori che rappresentano le varie poste di bilancio, implica
una distinzione tra: 1)il caso in cui i beni oggetto di valutazione siano prodotti dell’impresa e 2)il
caso in cui i beni oggetto di valutazione siano stati acquistati.
Beni prodotti dell’impresa
Scelta della configurazione di costo:
• COSTO PRIMO o COSTO DIRETTO: il costo è formato dai costi relativi ai fattori della
produzione che vengono inglobati direttamente ed integralmente in quel bene.
• COSTO INDUSTRIALE o COSTO INDIRETTO : il costo primo è incrementato di una quota
costi indiretti industriali, cioè quegli altri costi che sono serviti per fabbricare il bene (sono
costi che si riferiscono però anche alla produzione di altri beni). Vengono attribuiti al
prodotto per quote. Il vantaggio di questa configurazione è che è più completa. Lo
svantaggio consiste nel fatto che si introduce un grado di soggettività nella imputazione del
costo.
• COSTO COMPLESSIVO : il costo industriale incrementato da una quota di costi
commerciali, unoa quota di costi amministrativi e una quota di oneri finanziari (gli oneri
finanziari devono derivare da finanziamenti correlabili alla produzione del bene e non
devono andare oltre il momento di conclusione della produzione). Questa configurazione
non è prospettabile per le valutazioni di bilancio perché considera costi che non riguardano
la produzione del prodotto, ma riguardano l’azienda nel suo complesso e vengono
sostenuti dopo la produzione.
La configurazione di costo che solitamente si utilizza è quella del COSTO INDUSTRIALE.
Scelta, a parità di configurazione, tra:
• COSTO EFFETTIVO : costo effettivamente sostenuto per produrre il bene oggetto di
valutazione, ha carattere consuntivo.
• COSTO STANDARD : costo calcolato prima della produzione del bene, ha carattere
preventivo, rappresenta il traguardo che l’impresa si propone di raggiungere prima di
iniziare la produzione, è da considerarsi come un obbiettivo di efficienza. Una volta
terminata la produzione si calcola il costo effettivo e si fa la differenza ottenendo il grado di
minor/maggior efficienza che l’impresa ha ottenuto.
La scelta migliore è quella del COSTO STANDARD poiché produce un valore dell’attivo inferiore e
rispecchia il principio della prudenza. I Principi Contabili Nazionali accettano anche il COSTO
EFFETTIVO quando non ci sia un ingente scostamento tra i due costi.
Per quando riguardai beni fungibili, scelta tra la valutazione singola di ogni bene in base al loro
costo, oppure la loro valutazione complessiva:
• La valutazione singola di ogni bene al proprio costo è il metodo più corretto.
• La valutazione migliore sarebbe quella al COSTO SPECIFICO (la società dovrebbe avere
una contabilità che le consenta di calcolare il singolo costo di un bene e un magazzino tale
da distinguere ogni singolo bene), ma è anche quella più difficile da attuare.
• COSTO MEDIO PONDERATO : si calcola il costo effettivo industriale di quel modello del
bene e se ne fa la media ponderata, successivamente si moltiplica per il numero dei beni
prodotti.
• LIFO (last in first out): metodo di movimento del magazzino, l’ultimo prodotto ad entrare in
magazzino è anche il primo ad uscirne, si valuta il magazzino in base ai costi in epoche più
lontane, se il regime dei costi di produzione è crescente nel tempo questo metodo porta ad
attribuire un valore minore al magazzino (vantaggio in termini di prudenza ma si ha
l’inconvenienza di esporre il valore dei beni in modo non aggiornato); se il regime dei costi
di produzione è decrescente si attribuirebbe un valore superiore al magazzino (svantaggio
della non esposizione dei costi correnti).
• FIFO (first in first out): metodo di movimento del magazzino, il primo prodotto ad entrare in
magazzino è anche il primo ad uscirne, se il regime dei costi di produzione è crescente, è
un metodo prudenziale (ma meno rispetto al LIFO) ed ha il vantaggio di esporre i valori
correnti dei costi.
La scelta migliore appare quella del FIFO perché si mantiene dentro la prudenzialità ed ha anche il
vantaggio di inserire valori che si avvicinano molto al prezzo corrente.
È necessario avere alle spalle un attendibile contabilità di costo (ormai presente in quasi tutte le
imprese).
Beni acquistati dall’impresa
Solitamente il costo d’acquisto è un valore unico e oggettivo, è facile evidenziare i prezzi di
acquisto, quindi non sono necessarie le scelte in merito a configurazione di costo e a costi
standard o specifici. Si manifesta però il problema per quanto riguarda i beni fungibili, cioè quando
bisogna valutare le rimanenze di magazzino perché i beni possono essere acquistati in lotti diversi
e quindi a costi diversi.
Il criterio del costo si riferisce al momento di acquisizione del fattore della produzione, senza
contare il tempo che intercorre tra questo momento e quello della valutazione, nell’intervallo di
tempo il costo potrebbe essere cambiato (il criterio del costo rappresenta il valore di
funzionamento non aggiornato). Bisogna quindi vedere se il valore dell’utilità, con riferimento alla
chiusura dell’esercizio, è maggiore o minore del costo. Se il valore di funzionamento è sceso si
innesta il postulato della prudenza, in questo caso il costo non è un valore prudenziale; se il valore
è superiore al costo la prudenza implica di valutare al costo (se il costo ha superato la verifica della
prudenzialità viene utilizzato in sede delle valutazioni di bilancio).
Criteri sostitutivi o alternativi:
Per i beni destinati ad essere venduti : il criterio è quello del valore di presumibile
realizzodesumibile dall’andamento del mercato, è il prezzo pieno decrementato dai costi
ancora da sostenere. Una volta ottenuto questo valore si confronta con quello derivato
tramite il criterio del costo: se questo valore è superiore si utilizza il criterio del costo, se
questo valore è inferiore si utilizza il criterio del valore di presumibile realizzo.
Per i beni destinati ad essere utilizzati dall’impresa : il criterio da utilizzare è quello del
valore recuperabile tramite l’uso, cioè il valore che si ritiene di poter ancora detrarre alla
fine dell’utilizzazione di quel bene (valore residuo). La tecnica per determinarlo è il cash
flow scontato, ossia si prospettano i flussi di cassa che si ritiene si possano pervenire
dall’utilizzazione di questo bene che poi vengono attualizzati. Una volta ottenuto questo
valore si confronta con quello derivato tramite il criterio del costo e si attuano le stesse
decisioni usate per il valore di presumibile realizzo.
Bisogna precisare per ciò che riguarda il costo d’acquisizione. Il costo di acquisizione è una
categoria più ampia del costo di acquisto poiché comprende anche le costruzioni in economia
(costo d’acquisto≠ costo di acquisizione).
Il costo è un valore soggettivo ma la soggettività è limitata, questo vuol dire che il costo è
attendibile. Se il costo rimane uguale in più esercizi significa che continua la sua attendibilità.( Per i
beni soggetti ad ammortamento invece l’attendibilità può essere ridotta per la soggettività collegata
all’ammortamento). Quindi una delle principali caratteristiche del principio del costo è la sua
attendibilità. Uno svantaggio è però legato al fatto che non è un valore aggiornato poiché il valore
di alcune attività/passività è destinato a mutare nel tempo.
Il principio del costo applicato agli elementi passivi: è il denaro che si prevede di dover sborsare
per estinguere le passività in oggetto, è rappresentato dal valore nominale.
PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI, FRAMEWORK (VALUTAZIONE DEGLI ELEMENTI DI
BILANCIO)
I criteri di valutazione utilizzati sono:
• COSTO STORICO : è il costo di acquisizione riferito al momento di acquisizione del fattore
produttivo.
• COSTO CORRENTE o VALORE CORRENTE : è il costo che si sosterrebbe se si dovesse
acquisire quell’attività nel momento in cui viene redatto il bilancio (costo di sostituzione).
• VALORE DI REALIZZO o DI REGOLAMENTO.
• VALORE ATTUALE : è il valore attualizzato dei flussi finanziari in entrata che si prevede che
potrebbe realizzare il bene.
Di questi quattro criteri di valutazione nessuno di essi è il criterio guida.
Per gli IAS infatti il criterio che assume una grandissima importa è il FAIR VALUE(valore equo).
Questo criterio si può trovare enunciato nella descrizione del costo storico. In alcuni casi il fair
value è considerato simile al costo storico e quando si parla di esso nell’ambito delle valutazioni ci
si riferisce al momento temporale della chiusura dell’esercizio.
Alcune voci di bilancio possono essere valutate al fair value mentre per altre è obbligatorio.
Il fair value è l’importo al quale una attività può essere scambiata o una passività estinta, tra parti
consapevoli e disponibili, in una operazione tra terzi indipendenti. Viene inteso come il valore di
mercato di quel bene, precisamente esso è il valore di mercato attendibile quando si è in un
mercato attivo.
La valutazione al fair value:
E’ OBBLIGATORIA
: per attività e passività finanziarie, strumenti derivati e per lo
svolgimento di attività agricole.
E’ FACOLTATIVA : cioè è un criteri