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IN UN CONTESTO DI INSEGNAMENTO, OLTRE ALLA LINGUA, BISOGNA INSEGNARE ANCHE LA CULTURA!!!
Concetto di cultura.
il concetto di cultura non ha un’univoca definizione, bensì molteplici e ognuna differisce in alcuni particolari.
Antropologi, sociologi, linguisti e altri studiosi, collaborando insieme hanno cercato di darle una definizione,
ma la conclusione che hanno ottenuto è proprio questa: non esiste se non molte.
Molti sostengono che la cultura è qualcosa che si ottiene con lo studio (quindi mediante uno sforzo), per altri
qualcosa che ci pergiunge e ci condiziona, per altri ancora comprende gli usi, i costumi e i sistemi di
comunicazione. Andando nel dettaglio:
TAYLOR definisce cultura come totalità complessa inclusiva di arte, conoscenza, credenza, leggi,
comportamenti e tutti gli altri usi e costumi acquisiti da un uomo in quanto membro di una società.
DONDEYNE cultura non è altro che tutti i modi per mezzo dei quali un uomo o un gruppo si comprendono e
si esprimono.
MEAD non esistono culture in astratto ma individui che con le loro pratiche quotidiane esprimono il loro
modo di vivere che noi chiamiamo “cultura”.
BALBONI l’unità minima di cultura e il “modello culturale” e questo è la risposta a un problema, esempio: la
risposta al bisogno di mangiare.
Abbiamo detto che la cultura è come un velo trasparente che influenza ogni minuto della nostra vita in modo
incoscio, tenendo ben presente questo concetto introduciamo il concetto di habitus e di software of the
mind.
Secondo Bourdieu la cultura è un habitus ovvero un sistema di disposizioni durevole organizzate in base
alle esperienze passate, in grado di funzionare come principi generatori e organizzatori delle pratiche che
possono essere adattate per il conseguimento degli scopi, senza supporre una loro consapevolezza e la
padronanza esplicita delle operazioni necessarie per raggiungerli. Il concetto di habitus è vicino a quello di
conoscenza tacita. Occorre quindi andare oltre l’insegnamento della cultura attraverso la semplice
esposizione a testi, tutte le culture sono situate e relative a un tempo, a un luogo, a un contesto e il
potenziale di cambiamento delle convenzioni e delle pratiche ne rende complicato qualsiasi insegnamento
in classe (baldi- uguali e diversi: il paradosso della cultura).
Secondo i deterministi invece la cultura è definibile come un software of the mind, ovvero come una
programmazione mentale in grado di definire l’ambiente operativo per il comportamento. Una sorta di
auto predisposizione per reagire a determinati stimoli. A volte sono le reazioni sono prevedibili e questa
prevedibilità rende più facile la comprensione perché mi permette di adattare il linguaggio e il
comportamento, permette la creazione di mappe cognitive, il concetto di software of the mind riguarda
anche il non verbale per questo motivo bisognerebbe essere dotati di competenza socio pragmatiche e
conoscere l’adeguato contesto per quel tipo di enunciati.
[valori desiderati= corrispondono ai nostri veri desideri. Valori desiderabili= sono quelli che la società ti fa
credere essere migliori o più giusti]
Il ruolo cruciale della gestualità!
il non verbale espressivo si divide in 3 aree :
1. FRONTE: area del pensiero
2. OCCHI, SOPRACCIGLIA, NASO: area dell’anima
3. BOCCA: sorriso, regola i rapporti sociali, disponibilità
Sembra quindi evidente che un messaggio non si esprimi solo a parole, anzi, molto spesso tendiamo a
credere più a quello che vediamo anziché a quello che sentiamo.
Competenza comunicativa: capacità di raggiungere tutti i codici linguistici. Relazione tra usi linguistici e
specifiche situazioni comunicative. La ricezione di un messaggio è strettamente legato alle competenze
dell’interlocutore.
In un contesto classe, quindi in presenza di un insegnante di L2 e degli alunni, l’insegnante adatterà il suo
linguaggio e soprattutto la sua gestualità al grado di conoscenza della classe. Essa accentuerà la propria
gestualità, soprattutto i gesti illustratori e regolatori. Questo rafforzamento porta all’effetto di mirroring
ovvero all’imitazione dei gesti dell’altra persona. L’effetto negativo del mirroring è che gli studenti
potrebbero fraintendere il significato e utilizzarli in situazioni non opportune oppure all’eccessivo utilizzo.
STRUTTURA DEI GESTI
Linguistica (lessico, morfosintassi, testualità)
Paralinguistica (intonazione, ritmo, timbro e volume)
Cinesica (postura, contatto visivo, sguardo)
5 TIPI DI GESTI:
Simbolici (emblemi): usati per accompagnare o sostituire un messaggio, sono dotati di un
significato
Illustratori:
a. Batonici (battere il tempo)
b. Deittici (indicare qualcosa o qualcuno)
c. Cinetografi (gesti di respingere)
d. Pittografici (quando si disegna la forma)
Esternalizzatori: riflettono un’attività mentale
Adattatori: alcune parti del corpo entrano in contatto con altre parti del corpo
Regolatori: regolano i turni di parole
TRE MACROFUNZIONI IN CORRISPONDENZA DELL’USO DEI GESTI
1. Facilitare la comprensione
2. Elicitare risposte
3. Fornire feedback
Durante una conversazione bisogna tener presente:
Prossemica: distanza e posizione dei due parlanti
Chimica: odore, lacrime, rossore
Pronemica: rapporto con la puntualità e il ritardo
A seconda della cultura con cui entriamo a contatto dobbiamo adottare una prossemica differenze, se
abbiamo a che fare con degli orientali, questi non avranno problemi a stare moto vicini. In occidente
solitamente si mantiene una distanza di un braccio. In paesi del nord Europa tendono a mantenere una
forte distanza. La chimica ci fa capire se il nostro interlocutore è imbarazzato oppure no, se vuole o non
vuole continuare la conversazione o se lo stiamo mettendo in difficoltà, qui subentra la differenza tra
informazione e comunicazione (*). Il rapporto tra puntualità e ritardo o il tempo con cui ci tratteniamo
cambia radicalmente. In Italia se siamo invitati a cena a casa di una persona se subito dopo il dessert ci
alziamo e ce ne andiamo possiamo dare l’impressione di non aver gradito la cena o la compagnia e sarebbe
segno di scortesia, tutto il contrario nei paesi scandinavi. Nei paesi de nord Europa se dopo una cena ci
tratteniamo troppo in casa diamo l’impressione di essere invadenti, tant’è che, per non incorrere in
spiacevoli inconvenienti, negli inviti non solo è specificato anche l’ora di arrivo ma anche l’ora in cui
dobbiamo andarcene.
i fraintendimenti accadono, anche tra parlanti di L1, sia nel verbale sia nel non verbale, perché come per le
parole esistono termini omonomi anche i gesti possono essere omomorfi o addirittura sconosciuti (vedi ad
esempio mano a borsa)
alcuni esempi: se entriamo in un Bar brasiliano e chiediamo 3 birre mostrando pollice, indice e medio, il
barista brasiliano ci porterà 2 birre poiché non terrà conto del pollice.
Se ci troviamo in un ristorante tedesco e arriva al tavolo lo chef e noi avvitiamo l’indice sulla guancia per far
capire che abbiamo gradito, probabilmente lo chef ci caccerà dal ristorante poiché nella sua cultura gli
abbiamo dato del pazzo. Mentre se lo chef è spagnolo, ci picchierà direttamente, a meno che non sia, gay.
Se un marocchino ci guarda toccandosi il lobo, non ci sta dando dell’effemminato ma ci sta lanciando un
avvertimento.
Se un bulgaro scuote la testa dall’alto al basso nega.
Se ci troviamo a parlare con un arabo e questo con la gamba accavallata ci mostra la suola dondolante, non
è segno di disinvoltura ma forse è meglio che ce ne andiamo.
Se un tedesco, durante un congresso, una conferenza, un colloquio, batte le nocche contro il tavolo, non
dobbiamo arrabbiarci, non sta insinuando che siamo duri, anzi! Ci sta lodando.
Se un inglese ci guarda e ci mostra con la mano l’indice e il medio mostrandoci il dorso della mano, non è
un gesto amichevole (vittoria) ma ci sta mandando a fanc***, il corrispondente del nostro dito medio.
Detto questo è quindi molto importante conoscere la cultura di un popolo prima di incorrere a incidenti
diplomatici o molto peggio.
Quindi, concludiamo dicendo: i gesti accompagnano, rafforzano o sostituiscono il nostro messaggio.
(*): la differenza tra informazione e comunicazione è che la comunicazione è volontaria mentre
l’informazione non sempre lo è. il rossore in viso ci invia l’informazione che la persona è imbarazzata ma
non rientra nella sua volontà farcelo capire, per questo non rientra nella comunicazione.
UNA NUOVA REALTA’
Negli ultimi decenni siamo costretti a prendere dei provvedimenti nei confronti di una nuova realtà:
l’immigrazione. Non è l’immigrazione in sé a essere una novità ma il fatto che i nuovi migranti, migrano per
restare, per trovare un nuovo futuro, mentre una volta partivano per cercare di racimolare denaro o
sfuggire a una momentanea situazione disagiata del proprio paese ma con l’idea poi di tornare al loro paese
di origine. Oggi dobbiamo prendere dei provvedimenti che funzionino per un lungo periodo di tempo, e che
siano mirati a un’integrazione sociale e culturale. I modelli adottati dai vari paesi sono vari e diversi tra loro
ma nessuno di questi ha mai funzionato veramente.
Modello di assimilazione: modello adottato in Francia, la quale chiedeva al cittadino straniero di
abbandonare, in luoghi pubblici, le proprie pratiche culturali in cambio della cittadinanza.
Modello statalista: modello veicolato dalle istituzioni, questo rende molto facile l’accesso ma poi porta alla
ghettizzazione e all’emarginazione.
Modello multiculturale: modello adottato dalla Gran Bretagna, questo non chiede al cittadino straniero di
abbandonare la propria cultura basta che rispetta le leggi della Democrazia, modello possibile solo se lo
stato che lo adotta ha un giudiziario forte e delle leggi che difendano efficacemente la Democrazia.
Non modello: non è obbligatorio adottare un modello, l’Italia per esempio non ne ha, non è
necessariamente un fatto negativo, perché a volte il modello porta rigidità e difficilmente si adatta
rapidamente ai cambiamenti.
La situazione se non ben gestita può portare al comunitarismo (prevale una forte propensione alla
discriminazione, alla segregazione culturale, si riconoscono molte comunità ma ghettizzate) secondo il
comunitarismo il diverso è una minaccia alla propria identità e al consenso sociale e chiede l’assimilazione
totale.
Il primo passo verso una buona integrazione è l’insegnamento della lingua, poiché questa è il principale
veicolo che unisce culture diverse. Insegnamento non solo improntato v