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Al cambiamento di governo della GB del 79, si aggiungono poi anche i cambi di governo tedesco e
francese dell’81 e 82.
Nell’83 inoltre c’è un ri-orientamento della presidenza Mitterrand: alla fine dell’83 e con il
semestre di presidenza francese dell’inizio dell’84, si ottiene un cambiamento di rotta francese e
un cambiamento nella politica estera di Mitterrand, diventando più europeista e mettendo tra i
suoi obiettivi una “Europa sociale” su questo terreno c’è l’intesa con Delors: Delors aveva una
visione più ortodossa, ma trova una intesa sui temi dell’ “Europa sociale”. Nella prima metà
dell’84, quindi, Delors vede i suoi orientamenti di politica economica fatti propri dal governo e allo
stesso tempo Mitterrand lavora in maniera intensa per arriva all’estate dell’84 a sbloccare i punti
di blocco e di stallo del processo di integrazione, e lo fa puntando sul rapporto con la Germania
che si conferma come traino del processo di integrazione.
Dall’altra parte in Germania c’è Cole e, soprattutto, il suo ministro degli esteri, Genscher
Genscher è colui che incarna al meglio la politica europeista tedesca. Chi si muove più liberamente
e convintamente sul piano della politica europea è Genscher, e continuerà a farlo fino al momento
della riunificazione tedesca: nel momento della riunificazione tedesca invece sarà la figura di Cole
a prendere le luci de riflettori.
Questo ri-orientamento della presidenza Mitterrand porterà al vertice di Fontainebleau: vertice
nel quale si riesce a far convergere un insieme di decisioni che sbloccano tutti gli ingranaggi che
avevano prodotto l’euro-stallo Mitterrand da parte sue accetta che la PAC venga rimessa in
discussione, che venga posto un tetto ai rimborsi in modo che non sia qualunque livello di
produzione ad essere remunerato, ma che le remunerazioni arrivino solo ad un determinato tetto
di produzioni.
C’è quindi per la prima volta un inizio molto cauto di messa in discussione della PAC e questa
primo allentamento della PAC viene proprio dal presidente francese. L’aver rimesso in discussione
la PAC permette anche di trovare una soluzione per il problema del finanziamento della comunità:
il problema della GB, dell’allargamento e delle nuove politiche. Tutto questo è dato dal fatto che la
Germania è favorevole ad aumentare il suo contributo.
La soluzione che viene data al problema della GB è una soluzione molto pragmatica: le viene data
una restituzione finanziaria per il primo anno, e viene stabilito poi che alla GB ogni anno venga
ristabilita una quota fissa un bilanciamento tra quello che la GB incassa e quello che versa
(principio britannico del “giusto ritorno”) questa è considerata una totale aberrazione da parte
degli integrazionisti in quanto si tratta di una valutazione pienamente economica, contabile e
numerica: non vengono considerati i vantaggi politici del partecipare al mercato comune e dal far
parte della comunità. Questo meccanismo in ogni caso permette di arrivare ad un accordo e sulla
base di questo si decide di alzare la quota di IVA versata nelle casse comune dall’1% all’1.4% si
trattava di un aumento graduale, era una quota destinata a crescere. Questo aumento della quota
dell’IVA era data dalla crisi del settore carbo-siderurgico che necessitava una grande
ristrutturazione industriale da parte dei paesi: quindi, l’aumento della quota IVA va a coprire la
modernizzazione industriale ma non solo, anche lo sviluppo di nuove politiche: iniziano le prime
spese per le politiche ambientali, politiche per lo sviluppo, politiche sociali etc.etc. grazie a
questi nuovi finanziamenti si arriva ad una grande diversificazione delle politiche comuni.
C’è quindi un incremento dei finanziamenti comuni, che permette di trovare una soluzione a tutti i
problemi precedenti: allargamento e entrata di Spagna e Portogallo, contributi della GB e sviluppo
di nuove politiche. Alla fine Spagna e Portogallo entreranno del gennaio dell’86.
La dimensione dell’integrazione che rimane aperta è quella istituzionale, il tema dello sbloccare la
struttura istituzionale era un tema legato all’allargamento: una aggiunta di membri deve per forza
portare ad una riforma delle istituzioni. La Germania era quella che spingeva maggiormente verso
una riforma delle istituzioni: la Germania voleva un maggior potere per il parlamento, un
cambiamento del metodo decisionale e un cambiamento del rapporto tra commissione e
parlamento si iniziava ad ipotizzare un restringimento della commissione e a considerare la
commissione come un esecutivo che deve rispondere al parlamento. Sul tema della riforma
istituzionale a Fontainebleau si decide la formazione di due comitati di lavoro: 1) Comitato Dooge,
che deve elaborare delle proposte da presentare al consiglio un anno dopo: questo comitato deve
lavorare sulla riforma delle istituzioni, su una riforma generalizzata del sistema, che deve portare
poi ad una unione politica. 2) Comitato Adonnino, che aveva il compito di creare delle proposte
per una “Europa dei cittadini”, incaricato di fare delle proposte per una idea di cittadinanza
europea e sui temi della democratizzazione europea. Questi due comitati producono i loro
rapporti in vista del vertice di Milano dell’85: questo vertice è un momento decisivo. In vista di
questo vertice c’è una produzione notevole di programmi e proposte, questo vertice è anche un
laboratorio di studio sull’integrazione europea: alla fine del vertice si arriva alla decisione di aprire
una conferenza intergovernativa che deve produrre poi un nuovo trattato, che sarà poi l’Atto
Unico dell’86 il primo trattato di revisione del trattato di Roma, che fino a questo momento non
era mai stato toccato.
Questo processo che porta alla firma dell’Atto Unico è un processo molto più complicato di quello
che aveva portato alla firma del trattato di Roma; per i trattati di Roma avevano negoziato solo 6
paesi in questo negoziato per l’Atto Unico abbiamo: i governi degli stati membri (prima 9, poi
12), le istituzioni, società civile e gruppi di interesse molto strutturati e organizzati su base trans-
nazionale, attori che per la prima volta influiscono davvero sul processo di integrazione.
Cosa viene prodotto dai due comitati? Vengono elaborate due proposte che sono entrambe
abbastanza ambiziose: il comitato Dooge porta anche una serie di osservazioni che vengono fatte
dai 3 governi dissidenti (GB, Danimarca e Grecia) che obiettano su tutte le proposte fatte dagli
altri: questi tre paesi non vogliono sbloccare la situazione. Si arriva ad un punto d’incontro sul
terreno dello sviluppo del mercato unico; su questo punto un ruolo fondamentale è quello della
Commissione che passa di mano e viene ora diretta da Delors, che ha nella sua commissione un
gruppo di commissari eccellente (il migliore team di commissari di sempre). Delors riesce a
costruire una struttura molto solida che riesce a cambiare la percezione che gli stati hanno della
commissione: dopo 20 anni di commissioni deboli e senza visione politica, nel giro di pochi mesi
l’atteggiamento cambia totalmente. Insieme a Delors in questa commissione c’era: Lorenzo Natali,
già commissario nella commissione Thorn, Peter Sutherland, che si occupa della concorrenza e che
avrà un ruolo molto importante nell’attuazione del mercato unico, Lord Cockfield, che si occupa
del mercato interno, figura chiave perché sarà lui in collaborazione con Delors a elaborare in vista
del vertice di Milano il “libro bianco” ovvero un documento di proposte concrete in questo libro
c’erano un insieme di proposte dettagliate su come arrivare, su quali passi legislativi fare, per
arrivare ad un mercato unico realmente integrato. Il libro bianco lega due temi apparentemente
separati: lega le proposte del mercato unico con il tema della riforma istituzionale, in particolare
con la messa in discussione dell’unanimità si decide che quell’insieme di norme che serviranno
per attuare il mercato unico vengano adottate a maggioranza e non all’unanimità: c’è quindi un
impegno che i paesi si prendono di rinunciare al diritto di veto per arrivare di comune accordo ad
un mercato unico. Non si chiede più quindi una riforma generale del funzionamento delle
istituzioni, si chiede solo di rinunciare al diritto di veto in quel settore specifico del mercato unico,
sapendo che su quel settore c’era un interesse condiviso da tutti gli stati membri: sulla costruzione
del mercato unico anche la GB e la Danimarca sono d’accordo alla rinuncia del diritto di veto.
Quindi, quando si arriva al vertice di Milano, sul tavolo ci sono i due rapporti dei due comitati, c’è il
“libro bianco”, c’è il rapporto Spinelli e poi c’è il tandem franco-tedesco: in vista del vertice di
Milano c’è una stretta collaborazione tra Mitterrand-Genscher-Delors che creano una posizione
coordinata: la loro posizione era per una forte volontà di avanzare nell’integrazione ma in maniera
da non suscitare il veto britannico, cioè c’era una volontà di andare avanti nel processo senza però
forzare quelli che erano i limiti britannici.
Si propone una conferenza intergovernativa per la riforma dei Trattati che viene messa al voto. Il
presidente del consiglio italiano, Craxi, forzò la mano ai propri partner, chiedendo la votazione a
maggioranza dei membri del consiglio per l’organizzazione di una conferenza intergovernativa
sulla riforma del trattato di Roma, ottenendo l’appoggio di sette governi europei e il voto contrario
di una furibonda Margaret Thatcher e dei colleghi greco e danese.
Fu grazie all’iniziativa di Craxi e di Andreotti che si ricorse, per la prima volta in un Consiglio
Europeo, al voto a maggioranza semplice, richiamando l’articolo 236 del Trattato CEE, seppur su
una questione di natura procedurale, che esulava quindi dal compromesso del Lussemburgo del
1966. Si creava così un precedente, che apriva la strada alla riforma dei Trattati.
La Thatcher alla fine lascia correre. Lascia correre perché comunque il suo consenso per il mercato
unico era più forte la Thatcher vota contro ma poi comunque lascia perdere.
Durante i lavori della conferenza intergovernativa i lavori vanno in una direzione che la Thatcher è
disposta ad accettare, in quanto la parte principale di questo Atto Unico riguardava il mercato
unico, che la Thatcher voleva fortemente. A questa parte si aggiunge anche il fatto che nell’Atto
Unico su richiesta della GB viene integrato anche il Sistema Monetario Europeo, che era un
accordo esterno (era