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Cappella Palatina di Aquisgrana (Aachen)
La cappella Palatina (Pfalzkapelle) è il nucleo più antico della cattedrale di Aquisgrana e fu fatta costruire da Carlo
Magno tra il 786 e l'804 come cappella privata del suo palazzo annesso. Nonostante le aggiunte, le modifiche e i
restauri nei secoli successivi la sua struttura e soprattutto il suo corredo di opere di oreficeria sono ancora
eccezionalmente conservati.
L’Evangelario di Godescalco fu commissionato da Carlo Magno e sua moglie Ildegarda a Godescalco ultimus
famulus di Carlo. Grazie ai riferimenti a una visita a Roma e al battesimo di Pipino, figlio di Carlo, possiamo datare
l’opera, ora conservata alla Biliothèque nationale de France, all’anno 781.
L’evangelario, preceduto da lunga dedica in poesia in cui Carlo viene definito providus et sapiens, studiosus in arte
librorum, è scritto in inchiostro color oro e argento su pergamena tinta di porpora e presenta iniziali decorate e sei
grandiose raffigurazioni a tutta pagina, poste all’inizio del libro: i quattro evangelisti, il Cristo in trono e la fontana
della vita, quest’ultima motivo forse in riferimento al battesimo di Pipino.
La fontana, organizzata come un tempietto a piante centrale e ottastilo, si articola su due livelli separati dal listello
della cornice inferiore. Le colonne anteriori sono caratterizzate con basi dorate e capitelli corinzi, mentre quelle
posteiori, un tempo argentate, sono semplicemente scanalate. Il tetto a cono con acroterio a palmette è coronato
da una grande croce greca.
All'interno è la piscina rossa realizzata con blocchetti posti come opus reticulatum. Tutt'intorno senza alcun
riferimento prospettico, una grande varietà di animali, tra cui un cervo e due pavoni. Il testo che sovrasta
l'illustrazione: In vigilia natalis, rimanda alla pericope della vigilia di Natale, che inizia con Matteo 1, 18, In illo
tempore, nella pagina di fronte.
L'Evangelistario è uno dei migliori esempi dei primi sviluppi dell'arte della miniatura in epoca carolingia. Vi
coesistono infatti grandi miniature a piena pagina, di ispirazione bizantina e ravennate, e grandi iniziali tipiche
dell'innovativo stile dell'abbazia di Corbie. In queste periodo l'uso di elementi antichi fu piuttosto superficiale e
legata a motivi decorativi o calligrafici.
Il gruppo dei vangeli di Ada
Tra il 781 – 784 d.C. avviene un recupero delle forme dell’arte del passato, la cultura viene rielaborata alla luce
della modernità, si parla di “classicismo carolingio”
Carlo Magno promuove in prima persona la cultura e l’arte del libro, consapevole della sua importanza. Rinnovato
l’interesse per la cultura classica, rinascenza di Giuliano Apostata. L’800 circa viene visto come l’orizzonte
dell’organicità, l’idea di iniziare ad incastonare nell’architettura gemme e cammei fu di ispirazione classica. Il
modello di Godescalco inizia ad essere ripreso in modo più sofisticato.
Il vangelo di Ada (fig. 1) fa parte di una serie stilistica con altri libri illustrati, il tono è omogeneo ma ogni libro ha
caratteristiche proprie. La serie viene chiamata “gruppo di Ada”, tra i quali il libro più famoso è il vangelo di Lorsch
(fig. 2), dell’800 ca., di cui si conserva anche la coperta in avorio, di cui gli intagli richiamano alcuni modelli
tardoantichi e paleocristiani; il vangelo è scritto in oro.
Le tavole dei canoni ricorrono molto simili tra loro, vengono fatte tavole di comparazione tra le corrispondenze nei
vangeli canonici, ricorrente l’impaginazione architettonica in arcate.
Spiccata la capacità di variazione dei termini del racconto, fantasia continua.
Vangelo di Harley, 810 circa (fig. 3).
Saint Médard a Soissons, 810 circa (fig. 4), riprendere in modo letterale il modello di Godescalco, ma con maggiore
coerenza nel disegno e nella decorazione.
Vangelo di Saint Riquier, dell’810 circa (fig. 5).
1. 2. 3.
4. 5.
Sviluppi della miniatura carolingia
Terenzio, Commedie, biblioteca vaticana, 800-820 circa, copiato e miniato ad Aquisgrana o a Corvey (fig. 1).
Vangeli dell’inconorazione, Vienna, Schatzkammer (fig. 2): entrarono a far parte del rituare dell’inconorazione
imperiale, vennero ritrovati nel sepolcro di Carlo Magno da Ottone III°. Carlo Magno veniva venerato come un
santo, vi era un vero e proprio “culto” dell’imperatore (era stato anche canonizzato da un Papa, il quale venne però
successivamente “scomunicato”, e quindi le sue azioni annullate).
La parte illustrata è relativamente ridotta. L’artista sembra di provenienza esotica, estraneo alla cultura dei Franchi,
forse in arrivo dall’Oriente e dalla stessa Costantinopoli, città con cui Carlo Magno aveva stretti rapporti.
Da questi vangeli derivano una serie di imitazioni e copie (gruppo dei vangeli dell’incoronazione), tra cui i vangeli di
Aquisgrana, cattedrale (fig. 3), e quelli di Bruxelles, alla biblioteca nazionale (fig. 4).
1. 2. 3. 4.
La scuola di Reims
820 circa, scriptorium di Reims, vangeli di Ebbone, vescono di Reims (Epernay).
Il segno grafico è rapidissimo (scriptorium di Reims), dando effetti espressivi alle immagini e movimento delle
figure, dalle sagome vibranti (fig. 1). C’è un gioco di comunicazione di sguardi tra gli evangelisti ed il rispettivo
simbolo.
Le tavole dei canoni (fig. 2) hanno una cornice architettonica più classica, data da delle colonne che reggono un
frontone. 1. 2.
Il salterio di Utrecht (fig. 1), 820-830 circa, è una raccolta dei salmi, dai testi difficili da interpretare. I tratti delle
figure sono rapidi, ma non approssimativi. Vi sono numerose copie tra cui il salterio di Harley del 1140 (fig. 2),
conservato al British Museum di Londra.
1. 2.
Bibbia di Carlo il Calvo, 871-877, Parigi, biblioteca nazionale, commissionata dal figlio Carlomanno, abate di
Saint-Amand, per farsi perdonare di una congiura verso il padre. In queste raffigurazioni non ci sono decorazioni
figurative, vi è un ritorno alla tradizione insulare.
L’altare d’oro di Sant’Ambrogio
Milano, basilica di sant’Ambrogio, area del presbiterio con interventi del vescovo Angilberto II, il quale commissionò
appunto l’altare (824-860).
L’altare d’oro di sant’Ambrogio contiene le reliquie di Ambrogio e dei martiri Gervasio e Protasio. E’ un oggetto
straordinario, di meravigliora struttura e preziosità del materiale. La narrazione si sviluppa sui quattro lati.
Nel lato anteriore è rappresentato il Cristo in gloria, i simboli dei quattro evangelisti e i dodici apostoli. Nel lato
anteriore vi sono le storie di Cristo, mentre in quello posteriore le storie di sant’Ambrogio. Le storie sono narrate
tramite dei rilievi a sbalzo.
La figura di Cristo in trono è data da un rapido segno grafico, pieno di increspature. I profili sono un po’ “sporchi”,
col risultato di rendere vibrante la materia. Il modo di intendere gli edifici all’antica dimostra una tridimensionalità
quasi incoerente, vi è una disposizione in diagonale.
Nel lato posteriore cambia il registro espressivo, la rappresentazione è più risentita dal punto di vista plastico, i
volumi sono più sporgenti, le figure piene e carnose. Si vede il “cambio di mano”, probabilmente vi sono due
maestri che collaborano tra di loro.
Le iscrizioni sono in scrittura carolina, risultano semplici da leggere e interpretare. Vi è unaa raffigurazione paritaria
tra i due ritratti di Agilberto e Wolwinius sul retro dell’altare, entrambi vengono incoronati dal santo e presentano
una posizione simile, traspare un confronto alla pari tra il committente e il magister. Sul ruolo dell’artista in età
medievale e alto medievale non si hanno molte informazioni. Tuttavia egli non è un’entità anonima, si conosco
pochi nomi di artisti solo perché si conoscono poche opere rispetto all’età moderna e contemporanea. Gli
anonimati sono spesso dovuti alla mancanza di ricostruzioni bibliografiche.
Le didascalie che troviamo sulle storie di sant’Ambrogio si spiegano con la rarità e la minor divulgazione delle
stesse rispetto ai Vangeli, occorreva quindi che venissero spiegate.
Gli affreschi di Castelseprio
Castelseprio oggi non esiste più. Fondata probabilmente nel V secolo, ebbe il suo massimo sviluppo in età
longobarda e poi carolingia, quando fu la capitale di una vasta contea. Estintasi la casata dei conti, cominciò a
decadere nel XII secolo e fu poi totalmente rasa al suolo da Ottone Visconti, arcivescovo di Milano, nel 1287.
La chiesa di Castelseprio (Varese) di santa Maria Foris Portas è dell’ 830 – 840 ca. Rimase in piedi e conservò la
sua struttura antica, intitolata alla Vergine.
Gli affreschi dell’abside est furono riscoperti nel maggio del 1944 sotto strati pittorici sovrapposti del XV e XVI
secolo. Le absidi nord e sud furono ricostruite nel dopoguerra. Narrazione: Annunciazione e Visitazione (fig. 1-2),
prova delle acque amare (fig. 3), il sogno di Giuseppe (fig. 4), andata a Betlemme (fig. 5), Natività (fig. 6),
adorazione dei Magi (fig. 7), presentazione al tempo (fig. 8).
Nell’abside orientale il ciclo di affreschi, con tecnica “a secco”, conservatisi illustra le storie della Vergine. La prova
delle acque amare viene ripresa da un vangelo apocrifo: per giustificare lo strano concepimento del figlio, Maria
dovette bere delle acque avvelenate.
Le pitture sono piene di naturalezza e di sfumature, nonché abilità nel rendere le espressioni, sono di ispirazione
chiaramente classicista. La datazione al X secolo degli affreschi si basa su testimonianze materiali archeologiche,
non stilistiche. L’artista probabilmente era di provenienza orientale, forse da Costantinopoli. Tuttavia il confronto tra
un mosaico ed un dipinto su muro risulta difficile per quanto riguarda l’effetto stilistico, ci si sofferma quindi sul
confronto stilistico e iconografico (volti allungati e malinconici, fig. 9-10, rispettivamente il Cristo benedicente della
chiesa di Castelseprio e il mosaico dell’abside di Santa Sofia a Costantinopoli, 787 – 815 ca.) per la proposta di
una datazione anche dell’inizio del IX secolo.
1. 2. 3.
4. 5.
6. 7. 8.
9. 10.
Arte carolingia in Trentino
San Benedetto a Malles, Val Venosta
L’edificio è un’aula rettangolare, con tre absidiole / nicchie a est, che originariamente ospitavano altari. Verso il
1165, quando la chiesa passò alle benedettine di Mustair (e prese l’attuale titolo), le pareti furono rinforzate
raddoppiandone lo spessore verso l’esterno. A quest’epoca risale anche il campanile.
All’edificio della chiesa vi sono susseguiti diversi interventi che hanno fortemente compromesso la decorazione<