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PRINCIPALI EFFETTI DI RICALIBRATURA DEI SISTEMI DI WELFARE
• ESPANSIONE = espansione politiche verso nuovi rischi sociali (politiche di cura e attivazione) e
mantenimento politiche verso vecchi rischi sociali
• CONSERVAZIONE = inerzia istituzionale che porta al mantenimento delle risorse verso vecchi rischi
sociali e assenza politiche verso i nuovi rischi sociali (politiche di cura, attivazione)
• RETRENCHMENT = assenza politiche verso i nuovi rischi sociali (politiche di cura, attivazione) e
riduzione delle politiche verso i vecchi rischi sociali (pensioni, politiche passive, assistenza
tradizionale) (paesi anglosassoni ; Europa centro-orientale) ;
• RICALIBRATURA FUNZIONALE = riduzione delle politiche verso i vecchi rischi sociali (pensioni,
politiche passive, assistenza tradizionale) ed espansione politiche verso nuovi rischi sociali (politiche
di cura e attivazione) (es. la flexicurity), (welfare conservatore-corporativo);
Gli effetti distributivi dei vari sistemi di welfare: dopo i 30 gloriosi, aumento generalizzato delle
disuguaglianze sociali e vulnerabilità dei gruppi svantaggiati rischi di dualizzazione sociale.
IL CASO ITALIANO
Processi di RETRENCHMENT più accentuati rispetto a quelli di RICALIBRATURA (dagli anni Novanta):
• riforme del Sistema pensionistico (in futuro tra i meno generosi dell’Europa occidentale);
• il Mercato del lavoro (crescente flessibilità con solo timide misure per la sicurezza a fronte della
perdita del posto);
• contenimento spesa in Sanità e Istruzione;
• mancato/scarso investimento nella copertura di nuovi bisogni e rischi sociali. 55
Possibili risposte alle domande più frequenti dei compiti passati
I REGIMI DI WELFARE
Dagli anni settanta sono state proposte numerose tipologie per classificare i sistemi di welfare dei paesi
occidentali. Nel 1974 R.Titmuss suddivise i sistemi di welfare in tre modelli: residuale, remunerativo e
istituzionale-redistributivo. Questa classificazione venne ripresa nel 1990 da Esping-Andersen, il cui contributo
ha assunto una fondamentale rilevanza nel dibattito internazionale per aver chiarito alcuni assetti essenziali dei
sistemi di welfare nell’Epoca d’oro. Egli ha proposto 3 regimi di welfare, consolidatesi durante l’espansione del
capitalismo keynesiano: regime liberale, conservatore-corporativo e social democratico.
Con il concetto di “regime” di welfare, Esping Andersen fa riferimento non solo alle politiche sociali dello stato
ma in generale all’interazione tra queste e il mercato del lavoro e la famiglia.
Prima di analizzare le caratteristiche e gli esiti di ciascun regime, è fondamentale conoscere tre dimensioni di
valutazione degli esiti:
• demercificazione, cioè la misura con cui il WS attenua la dipendenza dell’individuo dal mercato,
permettendogli di disporre dei servizi anche senza avere un reddito da lavoro (casalinghe, bambini,
disoccupati);
• destratificazione, che rappresenta la misura con cui il welfare state riesce a ridurre l’impatto delle
disuguaglianze date dallo status occupazione o dalla classe sociale;
• defamilizzazione, e cioè il grado con cui il welfare attenua la dipendenza dell’individuo dalla famiglia,
attraverso risorse alternative.
Ora passiamo all’analisi dei 3 regimi di welfare:
1) il regime liberale (residuale) è caratterizzato dal minimo intervento dello stato nel welfare, che si limita
a fornire un’assistenza temporanea agli individui ad alto rischio di esclusione (poveri). Gli schemi di
assistenza sono basati sulla prova dei mezzi (means test) e gli individui sono incoraggiati a ricorrere al
mercato. C’è una bassa demercificazione, una bassa destratificazione e una defamilizzazione media.
Caratterizza i paesi anglossassoni (Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito).
2) Nel regime conservatore-corporativo (remunerativo) lo stato interviene tramite schemi assicurativi
occupazionali, per proteggere i lavoratori dai principali rischi sociali (vecchiaia, disoccupazione,
malattia). Il “male breadwinner” è il principale destinatario e la generosità delle prestazioni è legata ai
contributi versati e/o alle retribuzioni. La demercificazione è media, la destratificazione è medio-bassa e
la defamilizzazione è bassa. Caratterizza l’Europa continentale (Germania, Francia, Austria, Olanda,
Italia).
3) Il regime social democratico (istituzionale-redistributivo) è caratterizzato da schemi universalistici di
sicurezza sociale con prestazioni generose, a somma fissa e destinate a tutti i cittadini, a prescindere
dalla prova dei mezzi e dalla posizione lavorativa. Vi è la massima estensione del ruolo dello stato.
Demercificazione, destratificazione e defamilizzazione sono alte. Caratterizza i paesi scandinavi
(Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia).
Il modello di Esping Andersen venne criticato per la scarsa valutazione del ruolo della famiglia nei regimi di
welfare e a partire da questa critica è stata aggiunta la terza dimensione della “defamilizzazione”, che ho
precedentemente definito e di cui ho specificato il grado per ciascun regime. Un’altra critica riguarda il modo in
cui è stato costruito l’indice di demercificazione.
Si propose di considerare oltre alle politiche di trasferimento del reddito (disoccupazione, malattia, vecchiaia)
anche le pensioni di invalidità e le prestazioni di assistenza sanitaria, per ottenere un quadro comparativo dei
paesi maggiormente corretto.
Tra le più importanti proposte di integrazione sulla composizione dei regimi ricordiamo quella di Maurizio
Ferrera (1996) che presenta una “quarta Europa sociale” comprendente Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Egli
mostra come questi paesi presentino un modello di intervento pubblico misto, uno scarso sviluppo delle
politiche assistenziali, un forte dualismo tra dipendenti del settore pubblico e delle GI contro i lavoratori delle
PMI e i precari, un basso grado di defamilizzazione, una demercificazione asimmetrica e un basso livello di
destratificazione. 56
PRINCIPALI CAMBIAMENTI DEGLI ULTIMI 20 ANNI (CAP. 3)
A partire dagli anni 70, fine dell’epoca d’oro, ci fu un forte indebolimento delle basi socio-economiche del
“compromesso di mezzo secolo” che portò alla formazione di nuovi rischi sociali, che il modello consolidato di
welfare non era in grado di gestire.
I principali cambiamenti erano dovuti alla riorganizzazione della mobilità internazionale, all’aumento del costo di
accesso delle abitazioni e del costo del lavoro, all’elevato carico fiscale e alla transizione verso un sistema economico
post-industriale. Infatti la crisi del settore industriale causò un forte aumento della disoccupazione maschile
(disoccupati di lunga durata) ed un’impennata dell’occupazione femminile nel settore terziario, a causa delle
difficoltà economiche familiari.
Questo ha comportato la ristrutturazione dell’organizzazione socio-economica familiare, col passaggio dal modello
tradizionale del “male breadwinner” a quello, egualitario, del “dual adult worker”, secondo la teoria di Lewis (2001).
La difficoltà nel redistribuire i carichi familiari ha causato l’aumento della domanda dei servizi alla persona forniti dal
settore pubblico e privato.
Altri due cambiamenti importanti nella struttura demografica e familiare sono stati l’invecchiamento della
popolazione e la pluralizzazione delle forme familiari, con l’aumento di tipologie familiari più vulnerabili.
Dal punto di vista economico, con la fine della convertibilità del dollaro in oro dichiarata da Nixon nel 1971, si passa
ad un sistema di cambi variabili e questo comporta una maggiore fluttuazione dei sistemi monetari, causa di
instabilità economica.
Per far fronte a questa instabilità nel 1975 si tenne un incontro politico tra gli esponenti di 6 grandi potenze mondiali
(Francia, Germania, Italia, Giappone, UK e USA), a cui si aggiunge poi il Canada (G7) e successivamente la Russia (G8).
La formazione di questa organizzazione aveva lo scopo di monitorare gli sviluppi dell’economia mondiale,
coordinando le politiche economiche e gli scambi tra i diversi paesi.
Per effetto di queste trasformazioni il WS entra in una fase di austerità permanente ed è perciò necessario lo
sviluppo di nuove misure di welfare finalizzate a proteggere la popolazione dai nuovi rischi sociali. Per comprendere
la differenza tra i nuovi e i vecchi rischi sociali è fondamentale l’approccio teorico della political economy, di Crouch,
Streeck ed Esping-Andersen, secondo cui gli individui possono trarre le risorse fondamentali per la loro
sopravvivenza da 3 meccanismi: il mercato del lavoro, l’organizzazione familiare e il welfare state.
Pertanto è all’interno del rapporto tra questi tre meccanismi che si sono sviluppati i nuovi rischi sociali. Questi
riguardano: 1) l’occupazione temporanea e un salario basso, 2)la difficoltà di conciliazione cura-lavoro nelle famiglie,
3) l’incapacità di acquistare e mantenere una casa, 4) la bassa transizione istruzione-lavoro, 5) la difficoltà di
prendersi cura di un membro familiare non autosufficiente e 6) la scarsa inclusione sociale degli stranieri.
Sono due le interpretazioni sul cambiamento del WS: una basata sul retrenchment, cioè il taglio del WS che era
contrapposta ad una basata sulla resilience, cioè la capacità di resistenza del WS; l’altra basata sulla ricalibratura del
WS contrapposta a quelle precedenti basate sui tagli o sulla capacità di resistenza del WS.
Pierson (2001) sostiene che i sistemi di welfare siano dotati di una capacità di resistenza ai tagli grazie a dei processi
politico-istituzionali, per cui i cittadini elettori si oppongono ai tagli perché sono avversi al rischio. Intervengono
inoltre i fattori di path dependency, per cui le decisioni prese in passato vincolano le scelte attuali e future, rendendo
difficile realizzare dei tagli.
Il retrenchment può essere esplicito, in casi di profonda crisi economica, per cui il governo giustifica i tagli
sostenendo che questi siano necessari per salvare le finanze pubbliche e per promuovere la crescita economica e
l’occupazione. Questo ha comportato una “dualizzazione” dei diritti sociali, cioè un trattamento diseguale tra vecchi
e nuovi beneficiari del welfare.
Esiste inoltre un tipo di retrenchment nascosto, cioè una riduzione della protezione sociale e una privatizzazione dei
rischi senza un esplicito smantellamento del WS, quindi senza offrire risposte adeguate ai cambiamenti sociali
avvenuti.
La seconda interpretazione riguarda il concetto di ricalibratura, che rappresenta un rimodellamento del sistema di
welfare lungo la dimensione funzionale, distributiva, istituzionale e normativa. Questa visione determina l&