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Eventi di vita stressanti: se la donna durante il periodo della gravidanza o subito prima ha vissuto
per esempio un lutto oppure se prima della gravidanza ha avuto degli aborti, delle malattie e che
tipo di malattie ha avuto
La violenza domestica: andare anche a valutare le sue relazioni di coppia, come sia questo rapporto.
Tutti questi fattori di rischio sono delle variabili importanti.
Storie di abuso fisico, sessuale e psicologico: l’abuso fisico è il maltrattamento fisico, l’abuso
psicologico è difficilissimo da individuare.
Domande molto importanti da porre alla donna, se esiste:
Una relazione conflittuale con il partner
Un supporto da parte dell’ambiente familiare e sociale;
se La gravidanza è stata desiderata o non desiderata, programmata oppure occasionale (anche se
gravidanze occasionali non ce ne sono).
Se ci sono state Durante la gravidanza delle complicanze fetali, dei rischi di aborto a causa ad
esempio di malformazioni del feto.
se La donna ha fatto uso di sostanze psicoattive, stupefacenti o alcool durante la gravidanza
Queste sono delle variabili di cui bisogna tenere conto facendo un’anamnesi ad una donna in
gravidanza.
Quali possono essere le fonti di ansia per una madre?
Un’ansia relativa al parto
1. L’ansia per il figlio che deve nascere
2. Ansia per il proprio ruolo
3. Che cosa rappresenta questo quadro di Giotto (“La natività di Maria”)?
Rappresenta una nascita, è nato un bambino, (è la nascita di Gesù “Natività di Maria”, ma non
m’interessa il lato religioso della vicenda). Notiamo che il bambino è in fasce, oggi si tende a
lasciare libero il bambino, sappiamo quanto è importante il movimento, addirittura all’interno
dell’utero sappiamo come si sviluppa la psicomotricità, pensate a questi poveri bambini che erano
avvolti nelle fasce e queste fasce le toglievano una volta alla settimana. Oggi si parla tanto di igiene,
di cura del bambino, a quei tempi il bambino era dunque bloccato da queste fasce, le braccia, le
mani, assolutamente bloccate in queste fasce e spesso questi bambini venivano così presentati come
salsicciotti e messi nelle culle e ogni tanto passava qualcuno e li dondolava se il bambino piangeva,
addirittura spesso queste culle venivano attaccate ai soffitti. Oggi invece le condizioni sono
cambiate, si pone molta importanza alle condizioni per favorire lo sviluppo psicologico. A parte
questo attenzionare le figure del quadro, tutte donne, poi ce ne sono alcune che lavorano. Questi
quadri sono la testimonianza di com’era una volta il parto, il parto era un’affare di femmine, di
donne, sono solo e soltanto donne. Oggi il parto viene gestito diversamente, rispetto a queste
testimonianze, oggi vi è anche una riduzione della mortalità infantile grazie alla struttura
ospedaliera, però ci chiediamo se questa medicalizzazione del parto serve alla donna oppure le
serve fino ad un certo punto? O forse è eccessiva questa medicalizzazione? Perché ormai la
gravidanza viene monitorata dall’inizio alla fine, con una serie di esami, quello che però non viene
messo in evidenza è il bisogno della madre di parlare con qualcuno delle proprie ansie, paure e
quindi spesso la donna una volta che l’esame va bene, viene bloccata ad esternare i propri vissuti
perché le dice che gli esami vanno bene; a casa accade la stessa cosa. La medicalizzazione ha
portato dei vantaggi perché ha ridotto notevolmente la mortalità infantile ed anche quella della
donna, però ha comportato anche degli svantaggi perché con questo alibi che l’esame è stato
effettuato e tutto va bene, l’aspetto psicologico viene trascurato. Per cui oggi vi è il tentativo di
trovare un equilibrio, anche attraverso il parto in casa, il ritorno all’ostetrica che fa partorire in casa,
l’esigenza di essere ascoltata al di là degli esami (ecografie).
Ieri abbiamo parlato dell’importanza del periodo prenatale, di quelli che possono essere i segni di
qualcosa che non và nel periodo prenatale. Individuare questi segnali di malessere nel periodo
prenatale è fondamentale perché si è visto che c’è una relazione fra disturbi della madre nel periodo
prenatale ed effetti psicopatologici della madre subito dopo il parto. In parole più semplici se la
madre ha sofferto di depressione durante il periodo prenatale è molto probabile che nel momento in
cui partorisce possa soffrire di depressione post partum. E’ fondamentale intervenire a livello di
prevenzione nel periodo prenatale, ci sono moltissimi lavori di molti ricercatori in merito a questa
problematica del periodo prenatale. Stavamo parlando del processo di medicalizzazione,
dell’eccessivo tecnicismo. E’ giusto che la donna venga seguita da un punto di vista medico, perché
tutto ha permesso la riduzione della mortalità della madre e dei bambini, le donne morivano di
parto. Adesso è rarissimo che succede una cosa di questo tipo. E’ giusto che vi sia questo filone
medico, ma è anche importante che la donna venga ascoltata (le sue ansie, le sue preoccupazioni).
Queste ansie riguardano tutte le donne, anche coloro che hanno desiderato il bambino, magari sono
maggiori nelle donne che non hanno desiderato il bambino, ma in generale sono presenti in tutte le
donne. Nella prima gravidanza queste manifestazioni sono più evidenti, ma in relazione ai fattori di
rischio che abbiamo visto, io ritengo che ogni gravidanza sia un discorso a parte rispetto alle altre
gravidanze. Io penso che sicuramente, a volte anche rispetto alle primipare, certe ansie e difficoltà
possono essere e sono presenti anche in altre gravidanze indipendentemente dal fatto di essere
primipare. In seguito al parto, le donne dicono sempre “non succederà mai più, questo sarà il
primo e l’ultimo figlio” però poi la storia continua, poi si elabora, si rimuove e si focalizza
l’attenzione e la memoria sugli aspetti positivi della vicenda, quindi il discorso del parto viene
superato e si pensa a fare ad altri figli. In letteratura le statistiche mettono in evidenza che i disturbi
post partum si riscontrano maggiormente o nelle ragazze molto giovani (adolescenti), o le donne
che hanno superato i quarant’anni di età. La mancanza di supporto, sostegno e risorse economiche
ha spostato l’età per la maternità. Premessa: cosa vuol dire mettere a mondo un figlio? Significa
assumersi una responsabilità, un progetto di trasformazione della propria vita e di quella del partner.
Quando ho iniziato a fare psicologia sui libri si leggeva che l’adolescenza inizia a dieci anni e si
conclude ai quattordici anni, assolutamente no. Adesso se noi parliamo di adolescenza diciamo che
si conclude, se tutto va bene, intorno ai trent’anni. Quindi non è vero che entro i quattordici anni il
processo è concluso. L’adolescenza è caratterizzata dall’acquisizione dell’identità. Questi disturbi
colpiscono le più giovani e le più mature perché:
• Una ragazzina di sedici anni che ancora è nel pieno della tempesta di questo percorso di
acquisizione d’identità, come si può assumere la responsabilità, l’impegno, modificando
l’identità che lei non ha, perché essere madre significa un cambiamento, se lei non ha ancora
un’identità come fa? Come può assumersi questo peso, quest’acquisizione di un’altra
persona? Anche se molte adolescenti preferiscono tenere il bambino piuttosto che abortire se
hanno un supporto familiare e sociale che li incoraggia sicuramente allora queste
problematiche del diventare madre ci saranno lo stesso ma saranno più contenuti; se non ha
un supporto né dalla famiglia, né dal partner (il partner generalmente le lascia, le
abbandona) e quindi si trovano da sole ad affrontare questo periodo, le troverete più soggette
alla sindrome patologica del post partum che è la depressione.
• Per le donne mature (che hanno superato i quarant’anni) anche se stiamo parlando di
gravidanze desiderate, volute da marito e moglie, tuttavia la nascita di un bambino può far
scoppiare la coppia, si rompe l’equilibrio, nasce questo bambino atteso e la coppia entra in
crisi rispetto alle ipotesi. Cosa è successo allora? Cosa entra in gioca? Se il partner è
immaturo potrebbe verificarsi che entra in competizione con il bambino perché polarizza
tutte le attenzioni della compagna. Spesso il figlio tanto atteso non è come lo immaginano,
come lo avevano immaginato. Il bambino porta ad attualizzare un processo di cambiamento
e se la coppia aveva idealizzato questo momento, è assolutamente impreparata a quelli che
sono gli aspetti problematici della nascita e questo può comportare che l’arrivo del figlio
coincide con una separazione della coppia. Se idealizzi qualcosa andrai incontro alla
delusione, l’oggetto ad un certo punto ti delude se sei impreparato. C’è una fantasia
relativamente al fatto che un figlio crea più unione nella coppia, ma è un falso, avviene
l’inverso. C’è l’idea che il figlio crea un legame, risolve tutti i problemi, ma non è così
soprattutto se ci sono già problemi nella coppia.
A proposito dei fattori di rischio volevo dirvi in che senso un lutto o un aborto può essere causa di
un rischio di depressione in gravidanza? Se hai avuto un aborto puoi aver paura di averne altro.
Generalmente noi banalizziamo la maternità e la gravidanza, ed invece non bisogna farlo. Questa
paura può creare dopo la nascita una relazione inadeguata tra madre e bambino, la nascita del
bambino comporta anche una perdita, perché andrai a condividerlo anche con gli altri, e questo
rapporto speciale si perderà. In questo senso si parla di lutto nei confronti della nascita, ma io non
mi riferisco a questo lutto della madre ma ad altro. Il fatto che la donna sia incinta non è solo un
fatto personale, ma familiare, quindi se c’è un lutto in famiglia (morte di un padre o una madre)
questo non può non creare una sofferenza nella donna. Spesso vengono in consultazione madri o
genitori che portano difficoltà di uno dei loro figli, sono famiglie apparentemente normali in cui ci
sono dei genitori che in realtà sono buoni genitori ma spesso dicono: abbiamo tre figli, due perfetti
ma al terzo non sappiamo cosa gli sia successo perché ci sta creando problemi, non sappiamo che
fare. Non sappiamo perché è nato così. Parlano di famiglie assolutamente normali, non maltrattanti.
Spesso la soluzione per migliorare il comportamento di questo ragazzo, è importante fare
un’anamnesi dettagliata di quella