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TECNOLOGIA

 – l’allestimento cambia metodologia: invece di essere a parete, viene applicato su

DINAMISMO

pannello, in modo da poter essere facilmente modificato a seconda delle esigenze.

 – il museo non è più una collezione stabile di opere, ma è un elemento ampliabile, di

AMPLIABILITÀ

possibile crescita. Per adattarsi al nuovo concetto di Arte Moderna, viene diviso in moduli che

possono essere combinati e ampliati, spesso ispirati alle forme organiche (vedi: Museo a crescita

illimitata, Le Corbusier; Museo d’arte di domani, Stein).

Il museo inizia a contenere anche le opere degli artisti viventi – è un luogo vivo.

 – la luce deve essere artificiale e applicata in funzione dell’elemento esposto. Crolla,

ILLUMINAZIONE

così, il mito della luce naturale zenitale diffusa (ovvero la luce naturale proveniente da un punto in

alto, come nel Pantheon. Infatti, la tipologia di museo che utilizza questa luce fa un rimando

simbolico al museo come “Pantheon del bello”, ovvero un luogo di reverenziale sacralità che, però,

finiva per annoiare). Il nuovo sistema di illuminazione è puntiforme, detto “spot light”.

 – le grandi e ricche facciate, poste all’apice di imponenti scalinate, vengono sostituite

TRASPARENZA

con le vetrate, posizionate a livello della strada e costruite dagli architetti che, nello stesso periodo

e con lo stesso stile, costruivano anche i grandi magazzini o centri commerciali – luoghi di incontro

e di interesse delle persone comuni nella nuova epoca del consumismo. Si perde così, finalmente, il

senso di distacco e distanza trasmesso dai musei dell’800.

*La facciata della contemporaneità prevedeva un parallelismo “vetrata/vetrina” che faceva

comprendere l’idea dell’esperienza museale del tempo. Il visitatore si sentiva indotto e

condotto a entrare nel museo (vedi: Museo Pompidou, Renzo Piano). Dall’interno del

museo il visitatore deve devere la contemporaneità della città che si evolve e cresce con gli

stessi edifici rispetto a quello dentro il quale lui si trova.

Il visitatore, dentro e fuori il museo, sente di poter capire fino in fondo, con gli strumenti a

sua disposizione, l’opera d’arte che ha di fronte: il ruolo del museo sta, ora, nel porre

l’opera stessa ad una distanza adatta, con un ambiente corretto attorno, in modo da non

creare più un timore reverenziale ma dare speranza nelle capacità di comprensione del

visitatore stesso – democraticità del museo (negli USA soprattutto, legata ad un periodo di

rinnovamento della speranza dopo la crisi del 1929).

 ECONOMIA E STABILITÀ

 , – la musealità ha una sua efficienza legata alla

TRASPARENZA CONCETTUALE MACCHINA VISIBILE

movimentazione, alle opere, al flusso del pubblico (a cui si inizia a prestare attenzione con gli studi

di sociologia americani). La nuova concezione dello spazio e dell’esposizione di traduce nelle “white

cubes”, ovvero stanze bianche dal carattere iper-minimale che sono pronte ad accogliere opere di

artisti contemporanei ed anche viventi, a dispetto delle camere ottocentesche esageratamente

decorate, in cui le opere finivano per perdersi. Queste “sale in stile”, infatti, riflettevano in tutti i

loro elementi il gusto e l’idea del bello appartenuta al 1600-1700.

Museologia e Storia del Collezionismo

*Nel discorso storicista dell’800, l’idea di ambientare l’opera nel contesto “originale” porta

addirittura Caterina II a ricopiare nella galleria del Museo Ermitage di San Pietroburgo le

Logge Vaticane di Raffaello per poterci inserire le statue (rappresentazioni del “bello”) e per

ospitare tutti i rimandi Classici, Neoclassici e Antichi: l’idea era quella di travolgere tutti i

sensi del visitatore con la sensazione del “bello”.

In base alle nuove biforcazioni di visita riservata al visitatore o allo studioso, il MoMA di New York iniziò una

doppia diffusione dei manifesti, doppi percorsi eccetera. In Italia ed in Europa, questa metodologia arrivò

solamente dopo decenni, perchè il ventennio 1930-1950, con l’ideologia fascista, fermò la nazione in una

situazione sociologica ed allestitiva volta solamente a diffondere le ideologie del partito o ad esso collegate.

La prima mostra dedicata all’attenzione per una comunicazione adatta a tutti i tipi di visitatore fu quella di

Picasso del 1953 a Palazzo Reale – il primo progetto prevedeva che questa mostra fosse tenuta, invece, al

Pac.

Museo della Fondazione Guggenheim, New York – Solomon Guggenheim, collezionista di arte astratta,

richiesse la realizzazione di un tempio da inserire nella città per conservare la sua collezione.

Sebbene totalmente differente dai musei ottocenteschi, esso non assomiglia nemmeno ai musei Moderni:

non è pensato per essere accresciuto, ma come tempio di autocelebrazione della collezione e dello stesso

proprietario. L’aspetto è monumentale sia dall’esterno che dall’interno, dove l’illuminazione proviene da un

foro in alto, chiaro rimando al Pantheon. La stessa architettura interna prevede una difficoltà notevole

nell’organizzazione dell’esposizione: il percorso è formato da una spirale non in piano alle cui pareti sono

esposte le opere, una dopo l’altra. L’idea era quella di vedere le opere partendo dall’alto – ribaltando la

tradizione del museo ottocentesco, che prevedeva un percorso ascensionale nel percorrere la scalinata che

portava all’ingresso, come se il museo stesso fosse stato messo su un piedistallo.

Il Museo Guggenheim contraddice, quindi, tutti gli aspetti del museo moderno, ma in verità esso è frutto di

una intuzione di Wright, l’architetto a cui sono stati affidati i progetti: egli capì, infatti, le intenzioni del

committente e realizzò un’architettura adatta solamente ad ospitare arte astratta, come un tempio in

mezzo alla città.

1959, Allan Kaprov – il pubblico fa parte dell’opera d’arte. Primo museo in cui il pubblico entra nel campo

visivo di chi visita il museo e guarda le opere, che possono dirsi “compiute” solo quando qualcuno le guarda

ed entra in contatto con esse.

Regardeur – colui che guarda, contempla, osserva, esamina.

“C'est le regardeur qui fait le tableau.” (Marcel Duchamp)

Neue Galerie, James Stirling (Stoccarda, 1975) – la forma rotonda dell’edificio si riferisce, chiaramente, al

Pantheon. Il concepire un luogo circolare dove posizionare il meglio delle collezioni permane per tutti e due

i secoli tra il 1700 e il 1800, prima di essere eliminato dal Movimento Moderno.

Naturalmente, però, anche il Modernismo decade e questo accade con l’avvento del Post-Modernismo.

Esso fa finire il dictat del Movimento precedente ed il divieto di utilizzo delle forme provenienti dal passato,

compresa quella rotonda. Nel caso museale, questo significa che l’architetto è libero, ha fatto propria una

cultura classica o neoclassica di grande peso culturale e l’ha restituita in forma ludica, alleggerendola di

tutto il peso culturale, appunto, che essa aveva al momento del concepimento degli archetipi su cui si

basava.

L’architetto post-moderno non deve vergognarsi di proporre forme architettoniche di rimando antico,

Museologia e Storia del Collezionismo

classico o neoclassico, perchè ha fatto di queste stesse culture degli elementi talmente intimi da poterli

interpretare in maniera totalmente innovativa.

5 dicembre

Nella museografia italiana degli anni ’50, uno dei più importanti personaggi fu Carlo Scarpa, capace di dare

forza al proprio linguaggio e condizionare il visitatore con il suo modo di vedere le opere – famosi i suoi

tagli di visuale, che impongono un determinato modo di vedere le opere. Gli architetti del periodo

sapevano di dover intervenire, nei restauri e nella trasformazione degli edifici in musei, in condizioni molto

particolari. Mentre i BBPR erano più empatici, Scarpa sottintese molte delle motivazioni e dei meccanismi

alla base delle sue esposizioni, che, quindi, non risultavano sempre comprensibili. Fece anche scelte

allestitive arbitrariamente critiche, mettendo il visitatore nella condizione di arrivare all’opera da dietro –

vedendo subito il particolare più rilevante o più interessante dell’opera ed eliminare la stereotipata visione

frontale.

Tra gli architetti della sua epoca, fu uno dei più coinvolti nel panorama artistico, capace di esprimersi con

materiali poveri avendo un senso del recupero adatto all’epoca del Dopoguerra. Egli aveva grande

dimestichezza con la materia e la materialità, non disdegnava di utilizzare e lavorare i materiali più diversi

nonostante la sua capacità di comprendere l’arte astratta, di grande raffinatezza significativa e culturale.

Le esposizioni degli anni ’50 si caratterizzano per essere “esposizioni campionarie” – infatti, Scarpa è

ricordato per aver creato lo showroom Olivetti a Venezia.

Castelvecchio, Verona

1958 – 1964

Scarpa, in un caso sostanzialmente unico, organizza l’allestimento museografico e alla stesso momento ha

voce anche nel restauro – decide di intervenire con un restauro razionale che rimetta in luce elementi di

valore dell’edificio stesso, senza contemplazione della rovina o totale stravolgimento.

La coesistenza tra periodi storici significa che l’architetto interviene in modo che l’elemento

contemporaneo non sia invasivo, possa rimettere in luce l’edificio o una sua parte e, allo stesso tempo, sia

in grado di avere una nuova funzione all’interno del museo. Per questo bisogna “conservare e non

restaurare”, rimanendo coerenti nella scelta dei materiali (i più simili possibili agli originali), ma attuando

comunque una identificazione con la contemporaneità – bisogna dare chiarezza storica all’intervento.

Durante la prima visita di Scarpa a Castelvecchio, egli si rese conto che tutto era “falso”: decide di

intervenire attraverso una ripulitura e un allestimento dal linguaggio limpido, con pulizia di forme e grande

studio della singola opera. Il museo viene immediatamente definito “museo democratico” ed ha elementi

forti e simbolici, frutto di una sintonia ed un dialogo con gli storici dell’arte contemporanei. Ad esempio,

sistemò la statua equestre di Cangrande della Scala, simbolo di Verona, fuori dal museo e su una

piattaforma – la quale permetteva di vedere l’opera da più punti di vista, tutti studiati per mantenere

un’idea sopraelevata del museo. Questo creava un rapporto diretto tra l’istituzione e la città, ma

permetteva anche al visitatore di scegliere i

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Publisher
A.A. 2014-2015
11 pagine
1 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/04 Museologia e critica artistica e del restauro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ambragi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Museologia e storia del collezionismo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Nenci Chiara.