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L'ARTE POLITICA IN PLA LATONE SI RISOLVE IN UNA TENSIONE COSTANTE.
Quindi le tensioni ci sono (e non lo nasconde)..ma invece di cercare di eliminarle completamente
come vuole la concezione moderna (Hobbes,Bentham pensano che le tensioni siano un male per la
società) per avere una società di uguali in cui non si accetta il disordine (si crede disordine=dis +
ordine,cioè dualismo metafisico,è negazione assoluta dell'ordine)...Invece nella società classica il
disordine si accetta in quanto non è la negazione assoluta dell'ordine,ma un modo di manifestarsi
dell'ordine (e allo stesso modo vale per la differenza,che non è negazione assoluta dell'essere ma un
modo di manifestarsi dell'essere).
Di conseguenza le tensioni che creano il disordine non solo non le voglie distruggere,ma NON LE
POSSO DISTRUGGERE...se invece dicessi il contrario starei affermando che tra essere e non
essere c'è un dualismo metafisico (dimostrazione che dietro ai modi di organizzare le cose,alle
concezioni,c'è sempre,anche se spesso ne siamo inconsapevoli,un orizzonte di pensiero,uno sfondo
metafisico)
In questa prospettiva classica,in cui si tratta di farsi carico fino in fondo delle tensioni,
L'ARTE POLITICA è una tensione essa stessa costante alla RICERCA COSTANTE ED
INESAUSTA dei diversi MODI in cui sia possibile continuamente COMPORRE i conflitti che
continuamente e inevitabilmente segnano la vita politica di una città,di uno stato,in un sapiente
lavoro di INTRECCI DI SIMILI E DIVERSI.
Ecco che quindi ricorre una frequente immagine classica che concepisce la politica come ARTE
DEL TESSERE;ha a che fare con il tema della complessità=ciò che è tessuto insieme (Edgar
Moren)
COMPLEXUS=CIO' CHE E' TESSUTO INSIEME...ed è proprio l'immagine usata da Platone
Un tessuto si realizza con l'intrecciare un ordito (i fili verticali che restano fermi) e una trama (i fili
orizzontali che si intrecciano) grazie a un telaio (i fili verticali paralleli in alto e i fili orizzontali in
basso vengono percorsi in modo alternato da una spoletta che li intreccia);questo unirsi di simili con
i diversi fa sì che il tessuto prenda forma...ma il tessuto prende forma dal fatto che i simili,pur
restando simili,collaborano con i diversi (se mancassero anche solo o gli orizzontali o i verticali non
avrei il tessuto)
Allora l'arte regia è questo:chi esercita l'arte regia,del governo deve essere capace di intrecciare i
simili e i diversi...e non a caso si parla di TESSUTO SOCIALE.
L'arte regia,come la giustizia che non è una virtù ma rende virtuose le altre,non è identificabile con
uno dei modi con cui si manifesta,con una sola funzione del governo,MA E' CIO' CHE RENDE
CAPACE OGNI SINGOLA FUNZIONE DEL GOVERNO DI ORGANIZZARE I SIMILI E I
DIVERSI COME UN TESSUTO,IN CUI LE DIVERSE PARTI SI COSTITUISCONO IN UN
ORDINE DI TIPO COSMICO,CIOE' ARMONICO.
Quindi chi è onerato dell'arte regia,non indirizza il proprio operato secondo RAGIONE e non
secondo VOLONTA',perchè se fosse secondo volontà non ci sarebbe il tessuto:la mia volontà
sarebbe uno dei tanti fili che corre insieme agli altri..ma se le volontà che corrono parallele si
incontrano sullo sulla base di volontà e senza ragione non si intrecciano,al massimo si costringono e
si annodano...La RAGIONE è l'unica che può tenere insieme i singoli e quindi anche le volontà:
è una RAGIONE DIALETTICA,la quale percorre le diversità senza negarle..e quindi le singole
diversità ben si predispongono all'obbedienza a quell'uomo politico che riconosce le diversità;infatti
per non escludersi dal tessuto,esse devono riconoscere che fanno parte di quel tessuto.
LA TENSIONE DEI FILI E' COSTANTE E CI DEVE SEMPRE ESSERE (le tensioni vengono
quindi usate e sfruttate)
Quindi la guida dell'azione regia non è la volontà (che non può che imporsi sulle altre volontà
finendo per farle venire meno le stesse,non potrebbero far altro che piegarsi anche senza saperne il
motivo,in quanto subordinate a un potere più forte),ma la RAGIONE (e le ragioni del politico io le
vedo e le comprendo--->torna il valore etico del dialogo di Socrate:il dialogo non è solo uno
strumento di pacificazione,ma primariamente e soprattutto di conoscenza del bene,del buono--->
“chi commette il male lo fa innanzitutto perchè non conosce il bene”)
REPUBBLICA E POLITICO DI PLATONE:opere in cui ricorre costante nella configurazione
dell'idea di GIUSTIZIA,POLITICA (e quindi anche diritto),trattandosi di un pensiero classico,
la concezione di un ORDINE DINAMICO e di un METODO DIALETTICO che si struttura come
tale con un preciso orizzonte metafisico di sfondo.
Non deve stupire che lo troviamo anche nelle ultime opere di Platone,ormai maturo:
nella Repubblica tratta del problema della giustizia;
nel Politico tratta dell'arte regia,dell'arte politica;
nelle Leggi tratta della legge,cioè di che tipo di natura abbia o debba avere la legge in quanto tale.
Secondo Platone le leggi-i nomoi prodotti dallo stato (quindi positive,poste dallo stato) dovrebbero
CORRISPONDERE A QUELLE LEGGI MEDIANTE LE QUALI SI ESPLICA LA
RAGIONE,cioè ancora una volta e immediatamente SECONDO UNA PROSPETTIVA CHE
COMPRENDE L'IDEA PER CUI LA SAPIENZA DEVE TRASCENDERE LE SINGOLARITA'
DEGLI UOMINI E DEI GRUPPI CHE COSTITUISCONO LO STATO.
Filosofia del diritto 1 aprile 2015
Abbiamo sottolineato l'attualità del pensiero platonico rispetto alla proposta del concetto di
ARMONIA e di ARMONIZZAZIONE,che per Platone vale nella sfera della GIUSTIZIA e del
POLITICO:questa concezione sovverte l'idea che se esiste un ordine questo è di tipo gerarchico e
fonda la possibilità di concepire l' idea di un ordine di tipo DINAMICO.
Nel Politico Platone spiega come questo concetto vale anche per l'arte regia:si chiede quale metodo
deve adottare chi è deputato a gestire il potere politico.
Platone richiama l' immagine dell'arte del tessere (oggi connessa problema della complessità)
Così TESSERE=INTRECCIARE IL SIMILE E IL DIVERSO....come ARTE POLITICA=SAPERE
CONSTANTEMENTE GESTIRE LE TENSIONI FRA LE DIVERSE PARTI DELLA SOCIETA
PER TROVARE QUEL CONCETTO MEDIO CHE TIENE INSIEME I DIVERSI.
Quindi torna il metodo tipico della DIALETTICA
Dialogo delle LEGGI: Platone si interroga sulla legge,su quali caratteristiche deve avere la LEGGE
POSITIVA,POSTA:nella concezione platonica deve rispondere alla STESSA NATURA che ha la
LEGGE DELLA RAGIONE (infatti la concezione classica la pone al centro della legge la
ragione...non la volontà,tipica della concezione moderna).
Platone tratta questo problema in varie parti delle Leggi:
all'inizio sostiene che la guida nella scelta delle leggi per il legislatore non può che essere
L'INTELLETTO (nous in greco)
Poco più in là nell'opera Platone ricorda che già dall'antichità una forma di canto portava lo stesso
nome di leggi: NOMOI,e tali leggi erano dette CITAREDICHE...resti stabilito per noi seppure cosa
strana:I CANTI SONO LEGGI
-Quindi Platone dice che il legislatore è guidato dall'intelletto-nous,e poi dice che lo stesso nome di
leggi veniva dato anche a un tipo di canto;questo è strano ma importante per la concezione platonica
in quanto Platone dice che se noi comprendiamo come è fatta la MUSICA,comprendiamo anche
quale tipo di NATURA abbiano le leggi rispetto a quella RAGIONE che le governa.
Perchè la legge (etimo: viene da NEMO-DISTRIBUIRE-->allora LA LEGGE,distribuendo,
E' ALLO STESSO TEMPO ORDINE E MISURA)
Se noi guardiamo alla musica,dove nei canti citaredici ricorre lo stesso termine “nomoi”,vediamo
che nella musica non abbiamo da una parte la musica e dall' altra le leggi della musica....ma stanno
INSIEME; allo stesso modo avviene per le leggi:non ci sono le leggi da una parte completamente
staccate e l'intelletto che le produce dall'altra...ma,se una legge è legge,è intelletto-è ragione...cioè la
LEGGE in quanto ORDINE E MISURA è espressione stessa dell' INTELLETTO,non una mera
espressione eventuale di quello.
E infatti Platone sostiene che la legge ha un nome “nomos” ha un nome simile a quello di intelletto
NOUS-NOOS.
La connessione tra musica e legge è fantasiosa,l' etimolgia non è corretta..tuttavia Platone usa
questa connessione per dirci che la FONTE della legge nella RAGIONE è ciò che costituisce la
legge in quanto tale; quindi se viene da altra parte,se viola i dettami della ragione...essa NON E'
legge.
Platone: “Essenzialmente bisogna tendere che nostra volontà segua la ragione,perchè al di sopra di
tutto vi è la RIFLESSIONE,la quale dice ciò che vi è di bene e ciò che vie di male e quando diviene
pubblico decreto assume il nome di LEGGE”
Quindi la definizione di legge per Platone è: QUEL PUBBLICO DECRETO CHE PROVIENE
DALLA RAGIONE,CHE ESSENZIALMENTE E'RAGIONE
Perciò la legge non è volontà...tuttavia questa non rimane completamente estranea:bisogna che
segua la ragione...quindi c'entra eccome...infatti anche nella concezione classica la legge è
inevitabilmente anche coartazione,imposizione.. ma LA VOLONTA' SEGUE LA
RAGIONE...mentre nella concezione moderna,soprattutto nel movimento dell'Imperativismo,
la fonte della legge è LA VOLONTA'...la legge è esclusivamente comando dello stato..dove la
ragione non c'entra...la ragione inerisce solo al contenuto della legge;
inoltre nel movimento post-moderno di Kelsen,il formalismo giuridico,il contenuto delle leggi non
interessa più...non ci si preoccupa più del contenuto giusto o ingiusto ma solo se una legge è valida
o invalida...e quindi si guarda esclusivamente alla Stufenbau,cioè ai rapporti di delegazione di
potere che autorizzano un certo organo ad emettere una certa legge o no.
Quindi nella concezione classica,sopratutto con San Tommaso,attribuire alla ragione un RUOLO
essenziale nella FORMAZIONE DELLA LEGGE,in quanto la legge è ESPRESSIONE DI
RAGIONE di ragione..vuol dire porsi di fronte al problema della legge ingiusta.
San Tommaso:“La legge ingiusta non è nemmeno una legge..è una corruzione della legge...e in
quanto tale non va obbedita” ----> ha una teoria affermativa del diritto:sì le leggi possono essere
ingiuste perchè possono non corrispondere alla ragione....
Tutto ciò mentre nell'Imperativismo non esiste proprio il concetto di legge ingiusta...al massimo può
essere invalida,ma qualsiasi cosa dica va comunque obbedita..poichè la fonte della legge è