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HANS KELSEN
Importantissimo giurista, egli è il capostipite del normativismo, anche chiamato “teoria pura
del diritto".
Egli porta a conclusione un ragionamento iniziato nel 1800, ma il quale era rimasto ancora
ancorato ad elementi esterni al giuspositivismo, essendo molti di essi appartenenti al
giusnaturalismo.
L’obiettivo di Kelsen è creare una separazione totale tra diritto e morale ed andare a studiare
la legge in quanto tale, ergo, egli vuole creare una scienza pura del diritto.
I tre elementi della filosofia di Kelsen
La posizione di Kelsen matura in un periodo storico preciso: siamo dopo la caduta
dell’impero napoleonico, quando iniziano a ristrutturarsi gli stati europei, sia territorialmente,
che politicamente: nascono stati come l’Italia e la Germania, l’Impero Asburgico diventa
l’Impero Austro-ungarico ed in generale vi sono una serie di moti di protesta.
In questo periodo nascono la dottrina della giuspubblicistica tedesca e la allgemeine
Rechtslehre [teoria generale del diritto].
La creazione di questa nuova corrente del diritto germanica è alla nascita del nuovo stato
tedesco, il quale, dovendo dotarsi di nuove leggi, inizia a creare un diritto attingendo da
diverse dottrine.
In particolare, si parte dal giuscivilistico, cercando poi di trasporre tali norme di diritto privato
a situazioni di diritto pubblico.
Dunque, in Germania vengono applicate norme fondamentalmente di diritto privato alla
materia del diritto pubblico, cosa che potrebbe creare un problema, ma il quale proprio
grazie alla dottrina dall’allgemeine Rechtslehre viene risolto: questa va infatti ad affermare
una visione del diritto positivista, cosicché il diritto viene essenzialmente inteso come
composto dalla sola legge, la quale è un comando da parte dello stato sorretto da una
sanzione.
Tutte le norme sono poi raggruppate in un unico testo che è il Codice, il quale - per
definizione teorica - dovrebbe essere tendenzialmente completo, cioè dovrebbe essere uno
strumento che permetta al giudice di risolvere ogni situazione: oltre a ciò, le leggi
dovrebbero avere una sola interpretazione giusta.
Questo è anche uno degli obiettivi del normativismo di Kelsen: creare una raccolta di leggi
completa e diretta.
Dopo aver introdotto la prima componente della filosofia di Kelsen, parliamo ora degli altri
due elementi.
Riprendendo Kant, ricordiamo che secondo lui normalmente non possiamo conoscere
veramente, essendo che noi percepiamo tutto attraverso le forme pure a priori, le quali
fungono da sorta di filtro sulla realtà.
Questa teoria è ripresa da Kelsen e applicata al diritto, cosicché egli va ricercare nel suo
ambito una serie di “forme pure a priori”, cioè dei termini, degli strumenti, che, applicati ad
una situazione precisa, possano analizzarla e farla comprendere al meglio [pensiamo al
negozio, alle donazioni o alle successioni, tutti termini apposti a precise situazioni atti a
riassumerle e quindi a poterle far comprendere da chiunque]
Nello stesso periodo, durante il quale Kelsen lavora alla sua teoria, si va a formare il circolo
di Vienna, un gruppo di ricercatori scientifici che vanno a porre le basi per il positivismo
logico, il quale sarà la base per tutte le teorie scientifiche che seguiranno. 2
Principale cardine, ripreso poi da Kelsen, di questa forma di pensiero è la mancanza di
qualsiasi componente metafisica nelle teorie formulate: il positivismo logico prescrive che
quando noi conosciamo scientificamente dobbiamo essere consci del livello sul quale ci
poniamo, in modo tale da rifuggire da qualsiasi tipo di astrazione e influenza metafisica, così
da ottenere una forma strettamente empirica di ogni conoscenza.
Dunque, quando Kelsen opera si muove dentro ad uno spazio le cui dimensioni sono:
● La giuspubblicistica tedesca, la quale è essenzialmente una speciale forma di
positivistica giurisprudenziale
● Il neokantismo con le forme pure a priori
● La ricerca scientifica della realtà secondo i principi del positivismo logico.
I tre periodi
Kelsen nasce a Praga nel 1881 quando questa è una città dell’Impero Asburgico.
Fin da giovane si dimostra un brillante studioso del diritto, occupandosi prevalentemente di
diritto pubblico con un particolare interesse per il diritto costituzionale - tanto che, a seguito
della sconfitta e conseguente dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico a seguito dell 1°
guerra mondiale viene chiamato per dare all’Austria una nuova costituzione.
È dunque un giurista di fama, ha una cattedra all’università ed è rispettato nel suo settore.
Tuttavia, è ebreo, cosicché con la conquista dell’Austria da parte dei nazisti è costretto ad
emigrare negli Stati Uniti, dove rimane fino alla morte.
Si è soliti suddividere la vita di Kelsen secondo le diverse fasi della sua produzione
scientifica, le quali corrispondono a diverse forme di pensiero:
1. La prima fase culmina con l’opera che forse meglio identifica la proposta di Kelsen:
“Lineamenti di dottrina pura del diritto” [1934]. Questo testo ha molto successo, ed è
appunto cardine di tutto il pensiero di Kelsen.
2. Emigrando negli Stati Uniti, Kelsen passa da un sistema civilistico dove il diritto è la
legge, passa ad un sistema di common law dove il diritto è fondato sulle decisioni dei
giudici. Kelsen viene così catapultato da un mondo dove il diritto è frutto della
decisione statuale ad una forma di diritto che è invece principalmente creata nei
tribunali. Ciò lo porta a fare una parziale critica della sua più importante opera,
andandone a pubblicare una seconda edizione modificata nel 1960.
3. Durante la fine della sua vita Kelsen è fissato con l’esperienza, cosa che lo porta a
riformulare emote delle sue teorie riassunte nella sua ultima opera, pubblicata nel
1973 dopo la sua morte, chiamata “Teoria generale delle norme” 3
La dottrina pura del diritto
Per capire meglio la filosofia di Kelsen, bisogna innanzitutto capire perché egli intitola il suo
magnus opus “dottrina pura del diritto”, ergo, bisogna capire perché egli utilizza i termini
“pura” e “diritto”.
Particolarmente significativo è il termine “pura”, il quale è innanzitutto un rimando a Kant:
con ciò Kelsen intende dire che che non ci si interessa tanto del dato empirico, quanto delle
strutture formali: queste sono ciò che rende accessibile l’esperienza perché da un qualcosa
di valido trasversalmente.
Però, pure, agganciandosi anche alle istanze del circolo di Vienna, vuol dire anche un
qualcosa di totalmente scientifico, senza influenze metafisiche e basato su uno studio
neutrale e descrittivo - tipico proprio dello scienziato.
Per “diritto” poi ci si rifà alla visione positivistica della dottrina dell’allgemeine Rechtslehre.
Dunque la teoria pura del diritto è la teoria/studio del diritto positivo in quanto tale,
indipendentemente rispetto ai singoli sistemi giuridico; e quindi, in quanto teoria, ha come
unico scopo conoscere il suo oggetto, non quello di valutarlo: non stabilisce come il diritto
dovrebbe essere, non predispone dei principi fondamentali per le norme, ma semplicemente
si limita a prendere atto di ciò che c’è.
Dunque - riprendendo quella che è la divisione che avevamo fatto del giuspositivismo - ,
Kelsen interpreta il giuspositivismo come un metodo di approccio al diritto, in particolare, un
approccio qualitativo.
Ciò che si propone la “dottrina pura del diritto” è assicurare una conoscenza verso il diritto,
eliminando tutto ciò che non è diritto.
Dunque, il primo problema è capire che cos’è il diritto in quanto tale e come esso debba
esser definito.
Partendo da una posizione fortemente antimetafisica, il diritto per Kelsen non può che
essere un fatto.
Kelsen va poi a distinguere i fatti in due gruppi:
● Fatti naturali: tutto ciò che è oggettivo. Secondo una visione meccanicistica, Kelsen
ritiene che tali fatti avvengano per meccanismi matematici ineluttabili.
● Fatti sociali: questi hanno sì un aspetto naturalistico, ma ne hanno un altro che non è
riconducibile al mero naturalismo, cosicché essi hanno una descrizione naturalistica
e una descrizione sociale. Fatti sociali sono quindi eventi che hanno una spiegazione
ulteriore oltre alla base della spiegazione naturale: per esempio, è oggettivo che
stiamo scrivendo ora sulla tastiera per scrivere appunti, è un fatto naturale, ma lo
stiamo facendo perché siamo a lezione e vogliamo capire che cosa dica il libro,
questo è un fatto sociale.
I fatti naturali non hanno un significato da sé, mentre i fatti sociali hanno e anzi si danno un
significato da sé.
Tuttavia dire ciò è incompleto, dato che il fatto sociale può comunque avere un significato
soggettivo [quello un gruppo gli dà] e uno oggettivo, il quale deriva dal sistema di riferimento
nel quale il fatto sociale è inquadrato e tale sistema deriva, secondo Kelsen, proprio dalle
norme giuridiche.
Dunque, la norma giuridica è per prima cosa ciò che dà un significato oggettivo al fatto
sociale. 4
Come fa però il diritto a conferire tale significato oggettivo al fatto sociale?
Per rispondere a ciò, bisogna osservare le norme giuridiche secondo una prospettiva
nomostatica, cioè analizzandole e pensandole come essenzialmente caratterizzate dalla sua
struttura.
Dunque per capire come rispondere alla domanda che ci siamo fatti, dobbiamo porci come
unico obiettivo il “come è fatta” una norma, nient’altro, perché solo attraverso la
comprensione della struttura della legge si può capire veramente il significato oggettivo che
un fatto sociale ha.
Kelsen innanzitutto dice che la norma non è assolutamente un comando, distanziandosi così
dal giuspositivismo tradizionale.
La norma giuridica è piuttosto la forma della legge, essendo che essa non decide cosa sia
sbagliato, ma semplicemente dice: se A è così allora B è cosà.
Da questa visione deriva che anche la legge funziona come tutte le materie scientifiche,
seguendo lo stesso principio di causa-effetto [anche se in ambito di diritto prende una
diversa accezione, che vedremo tra un attimo].
Per riassumere questo ragionamento, possiamo quindi dire che nella legge non c’è un
comando, ma c’è la previsione di un antecedente e quindi di una conseguenza.
Questo perché il “devi - non devi” è un qualcosa della morale, ergo, non è diritto - e
ricordiamo che Kelsen si prefigge di