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RIEPILOGO:
Parlare di rapporti di lavoro significa ora guardare non più lo scenario collettivo e
istituzionale (o il rapporto fra fonti come dinamica del rapporto sindacale), ma significa
concentrarci sulla dimensione del rapporto individuale. Guardiamo le stesse situazioni,
ma con uno sguardo diverso, mirato sui contratti individuali.
Il lavoro, in tutte le sue forme e applicazioni, si può osservare, ma molto difficilmente
si comprende che tipo di rapporto giuridico è sottostante a una attività lavorativa.
Ciò che il giudice deve fare per prima cosa, è un lavoro di inquadramento, di
qualificazione.
QUALIFICARE IL LAVORO significa comprendere la ragione giuridica e la disciplina. La
disciplina, cioè le regole specifiche, dipendono dalla qualificazione giuridica,
dipendono dalla ragione giuridica che io ho rintracciato in quella situazione concreta.
affectio
-Se io mi trovo a lavorare nel bar dell’amico, l’ di amicizia è talmente
assorbente, da sostituire la disciplina giuridica positiva a quel rapporto lavorativo. E’
un rapporto totalmente occasionale e totalmente privo di rilevanza giuridica. E’ un
rapporto che nasce in virtù del rapporto di amicizia con il titolare del bar.
-A noi interessano i casi in cui la ragione giuridica è legata a situazioni ulteriori e
diverse, che possono dare origine a problemi di qualificazione e disciplina giuridica.
Siamo andati ad osservare il modo in cui il nostro codice civile tratta il lavoro che si
rende all’interno di una relazione con l’imprenditore.
Siamo quindi tornati nel Libro V del c.c. – DEL LAVORO.
SEZIONE II – DEI COLLABORATORI DELL’IMPRENDITORE.
ART. 2094 – PRESTATORE DI LAVORO SUBORDINATO la norma cardine di tutto
il sistema. E’ ancora oggi la norma più importante, mai modificata del ’42. E’ la norma
che ci dice più chiaramente come si lavora quando l’imprenditore costruisce una
relazione stabile.
L’idea del codice civile sottesa questa norma è che questo è il modo più stabile in cui
si costruisce una relazione lavorativa.
E abbiamo visto come deve essere analizzata parola per parola.
Ciò che ci interessa, in prima battuta, è che si tratta di un RAPPORTO OBBLIGATORIO
schema giuridico che va ricondotto alle obbligazioni.
Il rapporto di lavoro subordinato va costruito quindi come un contratto obbligatorio. Si
tratta di un contratto nel quale l’obbligazione principale è quella di collaborare
nell’impresa.
COLLABORARE significa qualcosa di più di “mettersi a fare qualcosa in cambio di
qualcos’altro”. Il prestatore di lavoro subordinato fa qualcosa di impegnativo, perché
collabora NELL’IMPRESA, ed è ALLE DIPENDENZE E SOTTO LA DIREZIONE
DELL’IMPRENDITORE (il succo della subordinazione). = Un soggetto, l’imprenditore, è
giuridicamente nella posizione di esercitare il potere di eterodirezione. il
E’
contratto in cui si descrive in modo più forte questa situazione di soggezione.
Lo schema che ha in testa il legislatore nel ’42 è uno schema che immagina
applicabile a tantissime situazioni, perché è comunque una norma molto generica
(lavoro intellettuale o manuale, imprenditore).
Nonostante la chiara intenzione del legislatore, questa norma ha qualche problema
di PREGNANZA QUALIFICATORIA: ci indica il modello, ma non ci dà tantissimi
elementi per qualificare. Non ci da tante opportunità da questo punto di vista, perché
la norma è un po’ tautologica.
Questa situazione, il fatto che la norma sia non tanto capace di fare da filtro, di essere
strumento per qualificare, è resa più delicata dal fatto che altre norme del c.c. sono
costruite in opposizione a questa,
Per esempio l’art. 2022, norma dedicata al lavoratore autonomo, descritto come colui
che si trova in regime di non subordinazione.
Quindi capire cosa significa “lavoratore subordinato” è fondamentale per capire anche
altre norme.
Ora dobbiamo capire meglio cosa significa concretamente “RAPPORTO DI LAVORO
SUBORDINATO”. Dobbiamo capire cosa ci vuole dire il legislatore e cosa la prassi ha
messo in piedi negli anni successivi.
Il problema della qualificazione giuridica del lavoro subordinato è che il
lavoro subordinato rappresenta un TIPO IMPOSTO. Cioè si tratta di una
condizione/situazione che è caratterizzata dalla INDEROGABILITÀ.
= Significa che, nel nostro ordinamento, la fattispecie “lavoro subordinato” ha alcuni
effetti inderogabili, che sono automatici, e che sono imposti dal modello legislativo.
-Esempio: Significa che quando io dico che Riccardo Salomone è un prestatore di
lavoro subordinato ai sensi e per gli effetti dell’art. 2094, perché lavora all’università
con queste caratteristiche, dalla qualificazione “lavoratore subordinato” discendono
degli effetti che sono non modificabili, inderogabili, imposti. Significa che l’autonomia,
lo spazio di costruzione di questa relazione lavorativa, è ridotta a zero – dal punto di
vista degli effetti e della disciplina positiva applicabile.
Derivano determinate conseguenze necessarie per esempio sul piano dei contributi,
della tassazione (le tasse sono quelle previste dalla legge, e non possono essere
diverse), dei trattamenti lavorativi (orario, salario, disciplina delle ferie).
La qualificazione fa conseguire e derivare determinate situazioni giuridiche NON
MODIFICABILI.
Viceversa, se la prestazione di lavoro è autonomo, o altro tipo contrattuale, lì non ho
questo stesso effetto: non ho questo effetto di imposizione, ma ho molta più
autonomia, più margine di manovra. Quindi, fuori dalla subordinazione si possono
costruire rapporti molto più elastici.
Quindi per il legislatore, dire che un lavoratore è subordinato significa riconoscere la
necessità di una tutela maggiore, perché c’è uno squilibrio tra lavoratore e
imprenditore. Quindi c’è la necessità di adottare la tecnica di protezione del diritto del
lavoro (mediante forme di tutela, contratti collettivi, ecc.).
-Per esempio si ha un’immediata applicazione dell’art. 36 Cost.: il lavoratore
subordinato non può avere un salario inferiore a quello sufficiente per garantire a sé e
alla propria famiglia una esistenza libera e dignitosa. Minimo retributivo è uno degli
effetti inderogabili scaturiti dal fatto di trattarsi di un lavoro subordinato.
Questi spazi di limitazione dell’autonomia che il lavoratore subordinato impone, sono
pensati per proteggere, tutelare. Questo è lo scopo del lavoro subordinato per come è
previsto.
La situazione per cui all’evidenza di una situazione di lavoro subordinato
corrispondono determinati effetti, non riguarda solo i privati. E’ una situazione che
riguarda anche lo stato. E anche il legislatore.
Il fatto che esista una corrispondenza necessaria fattispecie – effetti, è un vincolo che
consideriamo persino sul legislatore.
Significa che nemmeno una legge del Parlamento potrebbe dire, di fronte a un caso
concreto, che a determinati caratteri quel caso concreto non è lavoro subordinato.
Vediamo come argomenta questo la nostra corte costituzionale, in una sentenza molto
nota e molto importante.
SENT. 115/94 della Corte Costituzionale
E’ la decisione più importante della consulta in materia di subordinazione.
In questo caso, qualche giudice si trova di fronte a una situazione in cui vi sono dei
“collaboratori” che lavorano presso una Farmacia Comunale (quindi non farmacisti, ma
addetti – a prendere cose dal magazzino, o indicare reparto, o incartare regali di
natale), e vi era al tempo una legge di metà degli anni ’90 che diceva, in sintesi:
‘’ "Le province, i comuni, le comunità montane e i loro consorzi, le Istituzioni pubbliche
di assistenza e beneficenza (IPAB), gli enti non commerciali senza scopo di lucro che
svolgono attività socio-assistenziale e le istituzioni sanitarie operanti nel Servizio
sanitario nazionale non sono soggetti, relativamente ai contratti d'opera o per
prestazioni professionali a carattere individuale da essi stipulati, all'adempimento di
tutti gli obblighi derivanti dalle leggi in materia di previdenza e di
assistenza, non ponendo in essere, i contratti stessi, rapporti di
subordinazione" (comma 2).’’
= Se tu sei un comune, una comunità montana, un ente che opera nell’ambito
sanitario, tu puoi stipulare contratti che non sono di lavoro subordinato, che non ti
portano quegli effetti necessari, obbligatori.
Il legislatore diceva che chi lavora in farmacia come collaboratore aggiunto, non è
lavoratore subordinato. Quindi non bisogna applicare disciplina di tutela, di previdenza
sociale, ecc. per quel soggetto.
La corte svolge l’argomentazione che abbiamo sintetizzato: la legge NON PUO’ fare
questo, non può dire che quei soggetti non sono lavoratori subordinati, perché per
vedere se quelli lì sono lavoratori subordinati occorre vedere se quei soggetti sono in
una situazione di subordinazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 2094 c.c.
Se tu vuoi dire che una situazione concreta non è di lavoro subordinato, NON PUOI
FARLO! Nemmeno se sei legislatore. Perché ciò che conta sono gli effetti concreti che
si applicano a quella situazione.
Ciò che conta è la qualificazione concreta!
E’ questo il nodo più complesso dei contratti individuali di lavoro.
La qualificazione del rapporto di lavoro è ciò che l’interprete fa in partenza. La
caratteristica del rapporto di lavoro subordinato del nostro ordinamento è che si tratta
di un tipo imposto, da cui discendono effetti inderogabili.
Questo si spinge fino al livello più alto: si può ricavare un principio per cui nemmeno il
legislatore potrebbe dire che un rapporto è non subordinato quando invece lo è.
TIPO IMPOSTO significa che nessuno, nemmeno il legislatore, è padrone della
qualificazione. La qualificazione dipende dal concreto, da come il rapporto si svolge.
La questione della sentenza riguarda appunto una legge degli anni ’90 che ad un certo
punto, per realizzare determinati scopi, diceva che alcuni rapporti lavorativi, svolti dai
collaboratori nelle farmacie comunali, non erano subordinati.
E qualche giudice dubita della legittimità costituzionale della proposizione in
questione.
La corte considera la questione per come è stata posta non ammissibile in una parte, e
non fondata in relazione ad un’altra.
IN DIRITTO
5.-