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UK.
La necessità di un governo metropolitano ad un certo punto ha cominciato ad essere
evidente anche in alcune realtà italiane. Innanzitutto, noi l’abbiamo chiamato “governo di
area vasta”, e nella legge apparirà con questo nome, non come governo di area
metropolitana.
Quando ha cominciato ad emergere questa idea? Nel 1990.
Nel 1990 una prima legge istituisce le città metropolitane ed affida alle regioni il compito di
crearle.
Quali erano nel 1990 le città previste? Alcune poi sono città metropolitane ancora oggi. Nel
1990 erano previste Milano, Torino, Genova, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Bari e
Napoli.
Innanzitutto, Roma oggi non è più in questo elenco, nella legge del 2014 è stata tolta
Roma ed è stata inclusa Reggio Calabria. Si capisce chiaramente come chi legiferava non
sapeva quello che faceva: inserire una capitale come Roma in un elenco di città
metropolitane e pensare che una capitale non abbia bisogni speciali è ignoranza le
capitali hanno tutte ordinamenti differenti. Poi nel 2014 ci si è resi conto di questo.
Nel 1990 quindi si fa la legge, ma non si creano subito le città metropolitane. Vengono
rinviate: c’era la legge ma ancora non c’erano le città metropolitane.
Nel 2001 arriva la riforma del titolo V: la città metropolitana diventa un ente territoriale
costitutivo della repubblica così le città metropolitane entrano in costituzione.
Nel 2003 c’è la delega al governo per individuare le funzioni fondamentali degli enti locali
delle città metropolitane anche in questo caso ancora niente città metropolitane, c’è
ancora solo la delega.
Nel 2009 legge Bassanini e nuova delega al governo: federalismo fiscale con la legge
Bassanini anche in questo caso però di pratico non c’era nulla, le città metropolitane
nella pratica continuano a non esistere.
Nel 2012 arriva un decreto legge che riguardava “riordino provincie +città metropolitane”
non convertito dal parlamento, quindi, di nuovo, morta lì.
Nel 2014, finalmente, arriva la legge che istituisce le città metropolitane.
L’esigenza è arrivata nel 1990, la legge definitiva che le istituisce arriva solo nel 2014, e
dal 2015 si è iniziato a dare avvio al processo di costituzione delle città metropolitane. In
Italia questa questione delle città metropolitane è totalmente ignorata, nessuno sa nulla a
riguardo, anche l’elezione del sindaco della città metropolitana di Milano è passata
totalmente in sordina. Mentre invece il governo metropolitano dovrebbe essere una cosa
molto importante per la vita delle persone. Parliamo ora dei problemi che può sollevare la
gestione di un’area metropolitana come quella di Milano. Allora, Milano che è una città
assolutamente unica al mondo nel suo genere, perché è una città che non dovrebbe
neanche esistere sulla carta come metropoli, perché non ha un fiume transitabile e non è
vicina al mare, ma nonostante questo ha avuto uno sviluppo costante e ininterrotto. Milano
è unica anche per quanto riguarda l’urbanistica, è una città che continua ad espandersi in
modo circolare. I problemi principali dell’area metropolitana di Milano sono due. Milano
continua a perdere residenti, ma la sua popolazione non residente continua ad aumentare
e ciò porta a dei problemi. L’aspetto più problematico è la “popolazione non residente
giornaliera” (PNRG), questo è quello che viene studiato e misurato per cercare di risolvere
i problemi dell’area metropolitana. Ogni giorno a Milano affluiscono tra le 600 e le 700 mila
persone, ovviamente non tutte insieme. Mediamente a Milano ci sono tutti i giorni 400 mila
persone. Questa situazione pone dei problemi in materia di entità fiscale e di
rappresentanza perché le persone che vengono e vivono a Milano da non residenti, che
magari sono a Milano dalle 7 del mattino alle 8 di sera, non votano a Milano. Allo stesso
tempo, queste persone non pagano neanche le tasse a Milano. Quindi, dal punto di vista
di chi arriva, è abbastanza evidente che non votando alle elezioni comunali, non ha
possibilità di incidere e dire la sua sul governo della città. Dall’altro punto di vista, i
residenti di Milano che votano e pagano le tasse a Milano, si vedono arrivare giornalmente
più di mezzo milione di persone che usano i servizi pubblici, creano affollamento, creano
rifiuti, rifiuti che poi pagano i residenti a Milano. Questi sono i problemi concreti per cui si è
voluto dare una risposta in ambito di città metropolitana ma qual è il problema? A Milano
il 96% delle 600/700 mila persone che arrivano giornalmente, arriva dalla Lombardia, non
dalla provincia di Milano (solo il 56% dei lombardi che arriva a Milano giornalmente sono
della provincia di Milano).
La legge fa coincidere di nuovo la città metropolitana con i confini della provincia, e questo
è assurdo se più del 90% viene dalla Lombardia in quanto questo vuol dire che Milano
non è collegata solo con la sua provincia, ma proprio con tutta la Lombardia. Moltissimi
pendolari arrivano da Monza-Brianza, è quindi assurdo che l’area metropolitana di Milano
non comprenda Monza-Brianza. Non ha nessun senso che l’area metropolitana non possa
andare oltre i confini della provincia, in teoria l’area metropolitana nasce proprio per
scavalcare questa visione limitata.
È quindi necessario che, per identificare la giusta espansione di un’area metropolitana, si
facciano delle rilevazioni statistiche su 3 campi: 1) sul lavoro/occupazione, ovvero
misurare quante persone sono occupate a Milano o nell’area metropolitana che
provengono da altri comuni, 2) sui trasporti, ovvero fare rilevazioni su quali sono le linee
più usate e 3) poi fare il calcolo della produzione prima di creare un’area metropolitana
bisognerebbe fare le giuste rilevazioni su questi tre campi e, in base a queste rilevazioni,
stabilire dove finisce e dove inizia l’area metropolitana e la forza di attrazione della
metropoli. La forza di attrazione di Milano per esempio è enorme, e per questo è assurdo
che la città metropolitana di Milano si limiti alla sua provincia. Solo Napoli ha una forza di
attrazione come quella di Milano. Milano è punto di attrazione per tutta la Lombardia,
come Napoli lo è per tutta la Campania.
Una città all’avanguardia in Italia in tema di sistema metropolitano è Bologna: Bologna
autonomamente, prima del 2014, aveva già cercato di predisporre su base volontaria e
con consorzi di comuni, una città metropolitana.
22 Marzo
I modelli non napoleonici, in particolare quello anglosassone, presentano un minor grado
di uniformità rispetto a quelli napoleonici. Danno ai governi locali un ruolo più esteso e
maggiore autonomia.
Definiamo ora nello specifico il modello anglosassone in particolare: “Self Government”
britannico e “Local Government” americano.
Il Self Government britannico offre maggiore autonomia alle autonomie locali con un
governo centrale non-executant. Questo sistema, che sembra conferire autonomia, al
tempo stesso è meno garantista nei confronti delle autonomie locali, in quanto le
autonomie locali non hanno garanzie costituzionali non c’è una costituzione scritta, ma
anche a causa di un retaggio storico.
Nel modello UK c’è una sovranità del parlamento e una “dual polity”: separazione tra
politiche nazionali e locali si tratta di un sistema a gerarchia duale, anche per quanto
riguarda i funzionari: non esiste porosità tra le carriere locali e nazionali. Siamo quindi in
un sistema di dual polity.
Nell’individuare la relazione tra il governo del centro e delle periferie, soffermandoci sui
vari livelli di governo, abbiamo fatto un excursus più specifico sui governi metropolitani.
Abbiamo detto che a partire dall’esperienza USA, poi in generale in Europa tra fino ‘800 e
inizio ‘900, si sono sviluppate queste aree metropolitane, e soprattutto, sia in Europa che
in Usa si è verificata la diffusione del cosiddetto “effetto città”, su territori sempre più vasti.
A loro volta le città hanno perso parte del loro carattere originario, ad esempio hanno
perso il carattere originario residenziale, ma hanno aumentato la loro importanza, in
quanto diventano centri finanziari, centri direzionali delle grandi imprese, centri di attività
museali etc.etc. Le città perdono l’antica funzione residenziale primaria, però assumono
altre funzioni diventano un polo di riferimento e alimentano tutto questo fenomeno della
mobilità e del pendolarismo su aree sempre più vaste e questa è stata una delle cause
che ha portato a porsi il problema della necessità di un governo di area vasta, un governo
metropolitano che abbia la sua giurisdizione oltre i confini delle mura cittadine.
Ora, come governare un simile agglomerato di opportunità, ma anche di problemi?
Il Bobbio presenta varie opzioni, varie tipologie di soluzioni:
- Annessione quella che si è verificata a New York dal 1898. New York ha incorporato le
township circostanti, ingrandendosi. L’idea della città così corrisponde alla contea (livello
primario corrisponde a livello secondario). Da dove deriva New York: è una delle città di
origine coloniale, viene riconosciuta dallo stato di New York, quando la colonia diventa
stato nel 1777 e si dota di una propria carta costituzionale questo è un processo molto
interessante. Nel modello USA, a differenza che nel modello napoleonico che impone
dall’alto, ciascuno stato riconosce le realtà già esistenti, le realtà già esistenti chiedono di
essere riconosciute secondo un loro statuto non c’è un processo uniforme di accesso
allo status di città/contea etc.etc. sono le comunità locali che si organizzano: quando si
raggiunge un determinato numero stabilito di abitanti, si può iniziare il processo di
riconoscimento. È un processo bottom-up, non up-down. Allo stesso modo, nel modello
USA, i governi locali possono richiedere una loro common law, possono organizzarsi
secondo un loro particolare ordinamento. Le città metropolitane per forza devono avere il
loro particolare ordinamento
- Città-stato/regione come ad esempio Bruxelles o Vienna. Sono delle città che
associano due livelli di governo locale: di primo e secondo grado. Si tratta di governi di
livello intermedio.
- Governi metropolitani di secondo livello, di primo grad