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-REALIZZA TE STESSO REALIZZANDO L’ALTRO-
Come si fa a realizzare l’altro?
E’ un imperativo limite che però ha un valore categorico: non possiamo
realizzare la nostra soggettività se contemporaneamente non realizziamo la
nostra alterità.
Dobbiamo porci obbiettivi che siano validi per se stessi ma anche per gli altri,
coltivandone anche il rispetto.
Pedagogia –
Kierkegaard ci parla di un’altra scelta, quella di Adamo;
Che differenza c’è tra quella di Adamo e Abramo?
-Abramo simbolizza la scelta del padre.
-Adamo simbolizza la scelta del figlio (perché vive nell’Eden, e la loro vita è
bella, senza responsabilità, spensierata, serena, felice, limitata dal divieto di
mangiare il frutto proibito).
Questa esistenza, a lungo andare diventerebbe noiosa perché è un luogo
limitato su cui fare dell’esperienze (esperienza significa “provarci” o “mettersi
alla prova”).
La vita che viene descritta è appagante, purché sia a tempo determinato, in
quanto non rende possibile il mutamento. E’ una vita sempre identica a se
stessa e quindi chi ci vive inizia ad annoiarsi e prova un’inquietudine sottile (in
essa si percepisce che quello che abbiamo non ci appaga abbastanza, e si
ricerca un cambiamento).
Ma non essendoci nessun divieto nell’Eden, cosa ci cerca di cambiare? Cosa c’è
al di là della propria vita senza il divieto?
C’è il vuoto.
Mentre Abramo affronta l’angoscia della responsabilità, Abramo ed Eva
affrontano l’angoscia del nulla (con il nulla ci si sente spaesate, non ci si sente
più a casa propria “unliechim”, ci sente impotenti perché da una parte c’è tutto
e dall’altra il nulla).
“il nulla al di là del pieno” la percezione del vuoto da parte del bambino
molto piccolo è la primissima percezione della morte.
Da un lato c’è la vita, che non è soggetta a cambiamenti (già data, completa e
piena), e dall’altra del vuoto esterno che ci ricorda che non può essere per
sempre.
L’angoscia del nulla è la prima elaborazione dell’angoscia della morte.
Chi sperimenta l’angoscia del nulla, il divieto è quasi rassicurante, perché al di
là del vuoto c’è un’ingiunzione che limita la vita. L’individuo può decidere se
stare dentro questo limite, o infrangerlo e andare oltre.
Adamo ed Eva, difronte al divieto possono decidere se infrangerlo o meno,
altrimenti c’è la “scelta dell’ingenuo” che decide di rimanere nella condizione
iniziale.
La scelta di Abramo è consapevole, perché la sua fede lo convince che tutto
andrà bene (anche se le cose potrebbero andare male), quella di Adamo
invece, è inconsapevole perché è sempre vissuto nell’innocenza senza
conoscere nulla del mondo. Ha sempre vissuto con Eva, e conoscendo solo le
primissime cose del suo mondo, non sa cosa può succedere dopo la scelta.
L’angoscia di Adamo coincide con l’angoscia della “prima scelta”, in cui ti si
chiede di prendere responsabilità che non si è in grado di avere (perché non si
conosce il mondo).
Nel corso della vita ci sono tante micro scelte, che il bambino è costretto a fare,
ma arriva il momento di fare una vera e propria scelta uscendo dalla propria
innocenza in cui le conseguenze non sono facilmente immaginabili. Ciò provoca
angoscia e orienta il corso propria vita.
La conseguenza di Adamo ed Eva è negativa e devastante, perché vengono
cacciati dall’Eden. Essi si sentono improvvisamente abbandonati, perché
nessuno si occupa più di loro (si sentono nudi). Finalmente acquistano
consapevolezza della propria fragilità provando anche un senso di vergogna
che fino ad ora non avevano mai provato (il senso di colpa è legato alla
vergogna e alla responsabilità). Diventano anche consapevoli della morte.
Il mito di Abramo simbolizza l’uscita dall’infanzia con l’impatto della
complessità dell’esistenza, mentre quello di Adamo simbolizza l’uscita dalla
beatitudine dell’infanzia per arrivare alla responsabilità della propria vita
(significa diventare consapevoli che siamo nudi, fragili, che siamo destinati a
morire, limitati, che la vita è faticosa ecc.).
-Perché Eva è la prima ad ascoltare il serpente e a raccogliere il frutto proibito?
Atto di fondazione di tipo “patriarcale” (il maschilismo nasce intorno all’800
quando i maschi devono iniziare a confrontarsi contro un movimento
femminista).
La donna essendo inferiore è la prima a compiere l’errore, però c’è anche la
teoria che quel divieto vale di più per Eva che ad Adamo (in quanto si rivolge
più a soggetti di sesso femminile).
-Allora perché non è stato Adamo?
E’ stata Eva a sbagliare, quindi l’infrazione del divieto si converte in “peccato”.
Non ci si può assumere le proprie responsabilità se non si entra in conflitto con
qualcuno, quindi l’acquisizione dell’autonomia passa attraverso esperienze
traumatiche (ovvero quando uno è pronto ad affrontare le conseguenze di quel
gesto).
Adamo il gesto lo lascia compiere ad Eva, e dopodiché insieme affrontano le
conseguenze.
Il processo della costruzione dell’autonomia passa attraverso la capacità di
infrangere il divieto, e vale sia per Adamo e Eva.
Il divieto condizione maggiormente Eva piuttosto che Adamo, perché Dio è
come una figura paterna e la società patriarcale mette al centro l’uomo (quindi
Adamo condivide il divieto perché Dio è maschile e quindi gli riesce più facile
capirlo).
Lilith (antico testamento ebraico)è la prima figura femminile a comparire, non
Eva. Essa rappresenta la “luna nera”, non viene creata con una costola di
Abramo ma viene fatta con il sudiciume. Non è una sorella o una compagna per
Adamo, ma una donna ribelle a trasgressiva che confligge in continuazione con
il compagno perché vuole avere la supremazia nel rapporto (nell’atto sessuale
vuole stare sopra).
La qualità della sua relazione con Adamo diventa ingestibile, e decide di punirlo
uccidendo tutti i figli che ha avuto con lui.
Eva invece nasce da una costola di Adamo per creare una donna più adatta
all’uomo.
-Perché la donna risulta essere più vicina al demonio?
Ciò si ricollega al Dio del Vino, Dioniso (o Bacco), e vive in campagna nel verde
insieme a menaci. Si uniscono in piena libertà con chi vogliono, quindi sono
fuori dalla classica organizzazione patriarcale (si usa il termine patriarcale e
non maschile, perché entrano in gioco le funzioni paterne). I padri in
quell’ordine sociale di natura non era contemplabile, perché le menaci,
andando a letto con tanti uomini, non sapevano di certo quali fossero i padri. In
questo caso il padre non è in grado di tramandare se stesso, perché non esiste.
Dopo il mito di Dioniso, c’è quello di Orfeo (Dio della musica);
vive in un’ambiente naturale, vicino a un vigneto, ma la natura non è selvaggia
ma è dominata e plasmata dalla musica e dal canto. Orfeo prova un amore
assoluto per Euridice, che sembra ricambiarlo, ma il giorno delle nozze viene
rapita da un pastore di nome Aristeo. Lei tenta di fuggire, ma durante la fuga
viene morsa da un serpente e muore. Scende nel regno dell’oltretomba, e
siccome Orfeo non può vivere senza di lei, chiede a Persefone di restituirgliela.
Lei accetta ma dice: “mentre tornare indietro non girarti mai a guardarla”.
Perché? Perché lei è cambiata essendo stata morsa dal serpente, e quindi non
è più l’Euridice innocente e illibata.
I genitori quindi sono in un certo senso costretti a chiudere la donna
nell’ambiente famigliare, a darle un ruolo subalterno per togliere il potere che
aveva nel passato.
Si parte quindi dall’angoscia del nulla all’angoscia della responsabilità, ma per
farlo si fa un lungo percorso di consapevolezza (essa si costruisce solo con
nuovi saperi, non con quelli che ci sono stati dati. Non possiamo limitarci ai
valori e alle consapevolezze dateci dall’ambiente in cui siamo nati).
Bisogna passare da una condizione d’innocenza e purezza, a una in cui si è
disponibili a mettersi in gioco, a sporcarsi le mani e essere consapevoli che ci
sono rischi.
Non è necessario essere credenti, perché la fede di cui ci parla Kierkegaard è
credere in un Dio che consiste nel diventare responsabili delle proprie scelte di
vita difronte al mondo intero (e questo è valido anche per i laici).
Pedagogia –
Per farci capire l’importanza della scelta, Kierkegaard ci parla della “scelta di
Abramo”:
sta per sacrificare il figlio Isacco perché Dio lo mette alla prova (di obbedienza),
chiedendogli di donarglielo in olocausto;
Noi ci sottraiamo alla responsabilità della scelta davanti ad un’ingiunzione
divina. Per Kierkegaard è una cosa paradigmatica nella complessità della
scelta.
Noi siamo umani, e quindi non riusciamo a metterci nei panni di Abramo, ma
riusciamo a condividerne solo l’angoscia e il terrore di quel momento.
Abramo aveva dedicato la propria vita completamente alla fede, e quando Dio
gli chiede di sacrificare il suo unico figlio (Isacco, ovvero tutto ciò che aveva),
improvvisamente diventa il Dio del terrore.
Kierkegaard propone diversi tipi di situazioni in cui Abramo e Isacco agiscono in
diversi modi:
1)Kierkegaard s’immagina di prendere Isacco per mano e accompagnarlo sul
Monte Moria, cerca di parlargli e di spiegargli la situazione (che è stato Dio a
chiedere questo, ma deve anche avere fiducia in esso).
Isacco quanto sta per essere ucciso si ribella a Dio, e lo percepisce come un
mostro, mentre Abramo per salvare Dio diventa un mostro, anche sacrificando
suo figlio.
Kierkegaard si rende conto di dover salvare l’immagine di Dio, in quanto no può
essere percepito come un mostro. Secondo il suo pensiero, non si riesce a
salvare ne Dio ne il padre, se il padre è un mostro allora non può essere
portatore dell’ingiunzione divina.
2)Allora Kierkegaard dice di provare a immaginarsi Abramo diverso: non dice
nulla, non tenta di spiegargli ma si limita a legarlo, e quando solleva il pugno
per ucciderlo appare il Capro e si salva;
Qui non c’è dialogo tra padre e fi