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LA COOPERAZIONE DELLE ONG

Qualsiasi organizzazione internazionale che non sia fondata da trattati internazionali tra stati.

Definizione UE → Si definiscono ONG enti privati no profit. Deve avere sede legale in uno stato europeo che ha firmato la convenzione

dell’86.

Un ONG è prima di tutto un’associazione privata, senza fini di lucro, ovvero non fare attività di tipo economico commerciale e i profitti

devono essere reinvestiti nelle attività dell’ONG.

Per Italia e Francia → ONG associazioni senza scopo di lucro attive nella realizzazione di progetti di sviluppo nel sud del mondo e nella

sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Prima si costituisce un’associazione ai sensi del codice civile e diventa ONG se ha finalità di

cooperazione allo sviluppo. inizialmente nascono di natura cattolica. Nonostante la crisi dei finanziamenti, le ONG tengono e si apre

il canale della cooperazione decentrata nei primi anni 2000. Il primo canale di finanziamento sono i finanziamenti privati. Le ONG

italiane sono medio piccole, tra le 200-300, non hanno la mentalità imprenditoriale, pregio perché quelle molto grandi la sviluppano

e viene meno la spinta ideale. Un ONG d’altra parte avrà molti più finanziamenti e partner. Fino al 2014, le ONG erano le protagoniste

della cooperazione allo sviluppo, con la nuova legge questo ambito si è aperto anche a nuovi soggetti che possono accedere ai

finanziamenti statali.

ONG nate frammentate ideologicamente, non esiste non una sola federazione, ma tre, più una parte non federate:

1. FOCSIV volontari nel mondo, di ispirazione cattolica, raccoglie il maggior numero di ONG. Tra le più importanti la Caritas, dato che

la nostra cooperazione prende origine dal cattolicesimo.

2. CIPSI, coordinamento di iniziative popolari di solidarietà internazionale, di ispirazione laica

3. COCIS, laica progressista di sinistra

Il potere contrattuale sulle istituzioni è scarso essendo frammentate. Le ONG possono aggregarsi in modo diverso, anche con ONG

straniere, creando aggregazioni per reti internazionali, per interessi geografici, settoriali, per visione politica. Mettersi insieme anche

per affrontare le sempre più frequenti emergenze.

Punti di forza e problematiche:

• Professionalità sempre più richiesta, mentre prima più spirito volontario;

• Aspirazione ideale;

• Tantissima informazione sui problemi correnti sia italiani che internazionali, emergenze, calamità naturali. Difficile per le

piccole ONG emergere con tutta la sua conoscenza rispetto ad altre ONG più grandi internazionali ma anche trasmettere queste

informazioni alla società.

• Crisi dei finanziamenti, che favoriscono le ONG più grandi.

• Presenza di nuove forme di cooperazione, servizio civile all’estero, turismo responsabile, a metà tra il turismo e il volontariato

Struttura delle ONG italiane

La grandezza di un ONG si misura sul budget annuale. La struttura può variare a seconda delle finalità. Dipende dal budget, più è alto

più la mia struttura è articolata. ONG di derivazione missionaria e perciò basata su una struttura tradizionale. Si tratta innanzitutto di

un’associazione costituita in base al codice civile: un’associazione si fonda su dei soci e su uno statuto. Lo statuto contiene sia la finalità

sia un organigramma. L’organo più importante insieme all’assemblea dei soci è il comitato direttivo (che possono coincidere) che si

riunisce a scadenze prefissate, valuta le attività in corso, stabilisce le linee guida, prevede progetti a medio e lungo termine. Il comitato

o l’assemblea eleggono un direttore, un vicedirettore e un segretario generale, la cui durata in carica viene definita dallo statuto. Il

direttore dovrebbe coordinare e supervisionare i progetti internazionali, formazione sia in Italia, sia di personale in loco all’estero e

educazione allo sviluppo in Italia, amministrazione e rendicontazione. Necessaria è una rappresentanza a Bruxelles, in quanto

moltissimi fondi provengono dall’Unione Europea. A capo di ognuno di questi settori ci dovrebbe essere un responsabile coordinatore.

Per il settore progetti internazionali ci sono più responsabili e un responsabile generale, organizzati per suddivisione geografica (un

responsabile per Africa, uno per Est Europa, America latina ecc), oppure per la natura del progetto (settore agricolo), oppure a seconda

dei finanziatori (fundraising, UE, ONU). Per i progetti internazionali è importante il lavoro in loco e se possibile esiste una sede o

qualcuno a cui appoggiarmi anche all’estero dove opero, per supporto amministrativo e logistico. Per ogni progetto c’è un

responsabile progetto, c’è un’organizzazione che dovrebbe essere verticale (responsabile paese-capo progetto-assistente- addetto

alla logistica) e questo può funzionare in un ONG di grande dimensioni, ma si trasforma in un sistema orizzontale in ONG medio

piccole. Il settore portante dovrebbe essere la formazione e l’educazione ma spesso questo settore è trascurato in Italia. Settore

amministrazione coordinamento della logistica, rendicontazione e monitoraggio per tappe intermedie sia esecutivo che finanziario,

contratti con il personale. Rappresentanza a Bruxelles lavora insieme ad altri rappresentanti di ONG per fare lobbying sulle istituzioni

europee. Anche le ONG possono avvalersi di consulenti esterni, pagati volta per volta.

Soprattutto per le ONG italiani non esiste una struttura ideale, ma si tratta di una struttura che per sua natura richiede la flessibilità a

seconda del sistema e della società civile in cui lavora.

Progetto PRODERE

Programma per sfollati, rifugiati e ritornati si occupa del territorio del centro America che esce da uno stato di guerra, Guatemala,

Honduras, Salvador e Nicaragua, ma ha ricadute anche su Belize e Costa Rica, che ospitavano i rifugiati. Per la maggior parte si trattava

di guerre civili, ci sono enormi interessi dei principali produttori di frutta. Il modello di Prodere sarà applicato ai Balcani dopo le guerre

dell’ex Jugoslavia. Programma lanciato dalle Nazioni Unite a cui aderisce come primo donatore (115 milioni di dollari e cooperanti) il

governo italiano tra l’89 e il 90. Per programma si intende una cornice per molti progetti con un approccio multidisciplinare. Uno dei

punti di forza e innovazione è un approccio regionale, prima volta che si apriva alla cooperazione un’area che usciva dalla guerra, cosa

per noi oggi scontata. L’altra novità è la partecipazione dell’ILO che promuove la LED, local economy development, con LEDA, local

economy development agencies. Promuove uno sviluppo locale, un approccio micro, molto innovativo per l’epoca e il contributo

dell’ILO fu fondamentale. Approccio bottom-up e ricerca del consenso locale, mentre di solito non veniva preso in considerazione.

Questa idea del metodo del consenso non è stata progettata ma è nata sul luogo.

Obiettivo primario sanare il contesto colpito dal conflitto con un approccio integrale alla povertà e con un’idea base che una buona

gestione della fase successiva al conflitto è una precondizione essenziale per elaborare progetti e politiche. Se non intervengo subito

in modo adeguato anche i futuri progetti avranno poca probabilità di avere successo. Per allora questo tipo di approccio era una

novità. Si parte dall’idea che la povertà è uguale all’esclusione sociale, se non ho voce nelle mie scelte, si cerca di incidere su tutto

quello che è la questione dei diritti individuali, partecipazione sociale e politica ecc. tutto questo bagaglio di idee è stato portato nei

Balcani 10 anni dopo. Non è più solo una strategia della cooperazione ma anche della politica estera. Prodere ha portato alla luce

questo tipo di problemi che prima non esistevano all’interno della cooperazione.

Triangolo Ixil, in Guatemala, zona di montagna molto isolata con una presenza di indigeni maya, la popolazione locale si spostava solo

a piedi o con il mulo. Quando arrivano i cooperanti italiani non hanno assolutamente idea di quello che li aspetta, non c’era nemmeno

esperienza pregressa. Finita la guerra, tutti gli espatriati ritornano in patria. L’approccio bottom-up è stato l’unico possibile di fronte

alla situazione. Non c’erano servizi, acqua potabile, fognature, elettricità, si viveva di agricoltura di sussistenza o grandi aziende

agricole di caffe. Tutto era pensato per l’esportazione e l’interesse dei latifondisti e non l’interesse locale. Guerra civile finita ma

guerriglia strisciante persisteva, anche se già le persone cominciavano a ritornare. Inizialmente si pensava a costruire servizi, prestiti,

ma non si prendeva in considerazione la necessità di ricostruire la cultura del diritto. Il terrore e l’impunità dei decenni di guerra,

discriminazione in quanto indigeno, contadino e povero. Prima di tutto smontare questa cultura. Tutte le decisioni prese dai capi

militari, presenza di gruppi paramilitari o civili che si comportano da militari senza esserlo, che costituivano i comitati di comunità. Gli

aspetti più inquietanti erano quelli sociali e psicologici, su cui i cooperanti dovevano lavorare. Gli abitanti si rendevano conto che il

potere reale era quello dei militari a cui facevano riferimento ed era la loro cultura da ormai decenni. Prestiti e infrastrutture non

avrebbero ricostruito la società e favorito la pacificazione. Formare la società intorno ad un progetto con il metodo del consenso, che

diventa un mezzo per smontare la cultura della paura, rassegnazione, mancanza di diritti e costruire un tessuto sociale.

Si cominciano a costituire nel territorio del triangolo Ixil delle “case della cultura”, dove facevano uscire periodici di informazione

locale e cominciava l’esecuzione di grandi progetti. Il primo scopo è creare cooperative. Nelle riunioni si porta avanti il discorso sulle

associazioni di tipo cooperativo, piccoli produttori si associano per commerciare i prodotti in Guatemala e per l’esportazione (bisogna

prima produrre per il consumo virtuale affinchè si crei un circolo virtuoso). Si iniziano a creare ambulatori. Si comincia a lavorare per

ampliare, assieme alle autorità locali, per dare più potere alle sedi decentrate dei ministeri, in particolare sanità e istruzione, questo

deve essere uno degli scopi della cooperazione. Costruzione di una strada per raggiungere tutte le parti del territorio, con la bandiera

dell’ONU, questo comincia a diventare un deterrente per militari e paramilitari. Vengono assunti i locali come manovali e vengono

pagati con stipendi normali, quindi c’è la corsa dei campesinos per andare a lavorare come manovali e lasciano i latifondi. Un migliaio

di persone si mette in moto per lavorare con l’ONU, ci sono minacce ma non si va in

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
19 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/02 Politica economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher beatrice.M96 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di La cooperazione allo sviluppo: modelli istituzionali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Neri Enrica Patrizia.