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SCULTURA MONUMENTALE

Prototipo del kouros presente in Egitto, caratterizzato dalla posizione stante, che

guarda davanti a sé, braccia lungo il corpo con mano semi rilassata.

NAUKRATIS: sappiamo, da Erodoto, che viene concessa ad un insediamento greco

diventando il punto di appoggio mercantile. Amasis ricorre infatti molto spesso ai

Greci, come mercenari.

DELFI Trovati presso il tesoro degli Ateniesi, lungo la via sacra, i due kouroi argivi

detti Kleobis e Biton. Queste due statue sono sostanzialmente identiche, hanno

un’altezza diversa di 10 cm circa.

La statua B, sulla base, ha un’iscrizione, gran parte però illeggibile. Importante e certa

è però la firma di uno scultore argivo grazie alla quale è stato possibile fare il

confronto con il passo di Erodoto in cui viene nominato. Erodoto racconta le guerre

persiane e nel capitolo 1.31 narra il viaggio di Solone verso il re Creso. Alla domanda

su chi sia il più felice degli uomini, e quindi il più amato dagli dei (vd. Testo)

CAPO SOUNION tempio di VI secolo, dedicato ad Apollo. Gli scavi hanno portato alla

luce offerte votive e almeno quattro kouroi, anche se sappiamo essere stati in numero

sicuramente maggiore visti i frammenti ritrovati. Il marmo utilizzato è quello di Naxos,

unica cavo in questo periodo. Questa risulta essere la più antica statua monumentale

e per questo la domanda che sorge spontanea è su chi l’abbia realizzata; maestranze

locali o artigiani che si spostano?

Subito dopo, la stessa tipologia di statue la ritroviamo anche nel cimitero di Atene,

segno indelebile di una produzione ormai installata anche in Attica.

SAMO probabile scuola sculture, visto il numero contingente di statue.

Kouros di Isches 4.75 m circa, ma sicuramente più alto in quanto manca ancora parte

:

delle caviglie e i piedi. Presente l’iscrizione del dedicante, posizionata sulla coscia

Monumento familiare:

Cheramyes dona il monumento utilizzato come base per le due korai ioniche

dell’Heraion, identiche dal punto di vista stilistico e dell’iscrizione. Una si trova a

Parigi, e una è stata trovata in un muro bizantino.

Genelòs è invece lo scultore che firma il basamento. Il dedicante è -ilarches. Si tratta

di quattro figure stanti, un fanciullino e tre figure femminili, una figura seduta e una

figura distesa.

Le statue venivano realizzate partendo da un blocco cilindrico, come le statue. Le

pieghe dell’abito e la complessità della capigliatura rendevano più pregiato il lavoro e

determinavano il prezzo delle realizzazioni. Il materiale pregiato e le ore impiegate

dallo scultore, indicatore di quante skill avesse, facevano aumentare il prezzo.

11 ottobre ‘17

KOUROS DI KROISOS (530-520 a.C.): compare a Parigi di colpo, nel

1937, spezzato in dieci pezzi, dentro una cassa che doveva essere

portata ad un mercante d’arte. La statua risulterà essere poi legata

ad una pietra con un’iscrizione molto importante, che suggerisce

che la morte di Kreisos è avvenuta in battaglia, quando era nelle

prime file.

Bronier, direttore della scuola archeologica americana, decide di

comprarla e regalarla al museo di Atene. Quando poi è stata

recuperata la statua, è arrivata la voce che fosse stata ritrovata

insieme alla pietra/base.

KOUROS DI ARISTODIKOS (510-500 a.C.): stadio avanzato della tecnica scultorea, che

si può notare dall’anatomia del corpo, dalla capigliatura e dalle braccia posizionate sul

fianco e non lungo il corpo, come in precedenza.

EFEBO DI KRITIOS (ca. 480 a.C.): stadio ancor più avanzato

determinato dalla scomparsa del sorriso a mezza luna. Restituito

dall’acropoli di Atene in quella che viene definita la colmata

persiana, l’insieme di tutto il materiale che probabilmente è stato

deposto dopo la guerra persiana. -> secondo questa ipotesi tutti i

materiali sono anteriori al 480 a.C.

L’efebo non adotta più la posizione del kouros con la gamba sx

avanti, segno che determina la soglia di demarcazione della fase

stile severo

successiva, definita come (480-450/440 a.C.)

(I primi due kouros sono datati in base allo stile, il terzo in base al

contesto)

KORE DI PHRASYKLEIA: proveniente dal cimitero di Murrynos, demo di Merenda. Statua

deposta artificialmente insieme all’ariston di Paros. Si tratta di una deposizione rituale,

con parti del corpo già rotte, in giacitura secondaria. L’iscrizione posta sulla base

lamenta una morte precoce, che non ha dato il tempo alla fanciulla di poter cambiare

nome, non essendo sposata. Presenta anche l’iscrizione della firma di Aristion di Paro.

ISOLA DI EGINA, all’interno del golfo Saronico.

Santuario di Aphaia, omologata ad Atena. Gli scavi hanno messo in evidenza alcune

strutture, come un altare e un muro (peribolo), che lo circondava, del VII secolo.

Tempio di tipo dorico, da cui si accede tramite un portale, sopraelevato da un muro di

terrazzamento.

Il santuario fu sfruttato per proposte commerciali; venne infatti scavato per poi

vendere il materiale.

È stato recuperato moltissimo materiale scultoreo appartenente ai due frontoni (ovest:

500 a.C. + est: 480 a.C. secondo un esame stilistico) in buone, anche ottime,

condizioni. Lo stile dei due frontoni non è omogeneo e per questo il fr.ovest

risulterebbe essere più arcaico.

Il sito è stato studiato durante tre campagne di scavo: nel 1811, le cui notizie però non

sono presenti, nel 1900 ca, da parte di Adolf Furtwangler, professore di Monaco. Nel

1972 avviene la terza campagna di scavo, da parte del direttore della gliptoteca, Ohly,

che ha descritto e pubblicato delle sezioni.

I suoi studi sono stati eseguiti nella zona a ridosso del muro nord dove ha messo in

evidenza un grande strato con frammenti di calcare della trabeazione.

Immediatamente sopra è presente uno strato di poros mehl, calcare macinato. Ohly

inoltre, in corrispondenza del muro di contenimento identifica, per ogni filare, uno

strato di calpestio usato per creare poi un altro filare. In seguito Ohly pubblica anche i

materiali provenienti dai depositi di cantiere, che risultano essere determinanti per

datare il tempio. I materiali trovati infatti sono principalmente di ceramica attica a

figure nere, classe di materiale che ha una cronologia ben definita e attendibile -> 480

a.C. incompatibile con la datazione tradizionale del tempio e del frontone.

16 ottobre ’17

CERAMICA ATTICA A FIGURE NERE:

marker cronologico fondamentale

J. Beazley è stato l’archeologo più influente del 1900 e nel suo articolo pubblicato nel

1910, sostiene che è possibile riconoscere ciascun artigiano nelle decorazioni della

ceramica. Beazley associa poi i materiali che non riesce ad identificare e classificare,

alle officine o ai gruppi di materiali più simili. Applica così un metodo molto comune

nel Medioevo, quello di cercare di attribuire i dipinti attraverso particolari secondari,

che sono quelli che si dipingono in modo più automatico e istintivo. Beazley fa dei veri

e propri quadernetti con i disegni dei particolari secondari dei vasi, pretendendo di

identificare le singole mani di pittori e dei pittori della loro cerchia. Dà così l’illusione di

poter dare una sequenza cronologica quasi perfetta, con soli cinque anni di distinzioni

tra le varie fasi.

Sophilos è l’unico pittore che, nella ceramica a figure nere, mette la sua firma.

Vaso François: cratere a volute di Chiusi che risulta

essere uno dei vasi più grandi a figure nere. Ha il

maggior numero di figure, circa 300, e di iscrizioni,

163, di tutta la ceramica. Proviene da una tomba

aristocratica. Firmato sia dall’artigiano, Ergòtimos, che

dal pittore, Kleìtias. Le scene dipinte, come gli eroi che

vanno a caccia del cinghiale di Calidonio o l a

centauromachia, permettevano al pubblico etrusco di

entrare nel repertorio dei miti greci, creando così un

fortissimo impatto su di loro, grazie anche

all’iscrizione del nome di ogni eroe.

Anfora a ventre espanso (tipo A) proveniente da una tomba aristocratica di Vulci (che

era stata saccheggiata negli anni ’30). Presenta due scene, una di Castore e Polluce,

l’altra non è stata possibile definirla perché non c’è alcun testo su cui fare riferimento,

si comprende solo la scena di gioco tra Achille e Aiace, nomi certi grazie all’iscrizione

presente sul vaso. Questa scena rappresenta una sorta di fumetto, per la prima volta,

grazie alle due iscrizioni che escono dalla bocca dei due personaggi (Quattro, tre ->

come fosse il gioco della tria). Vaso firmato da Exekias, pittore che si pensa non fosse

analfabeta perché scrive il suo nome in modo sempre uguale e corretto.

Mastòs: allusione alla forma del vaso, come un seno femminile.

Cratere di Eufronio: scavato clandestinamente nella

necropoli di Banditaccia, a Cerveteri, nel 1970.

Firmato da Euphronios. Cratere a calice sul quale è

rappresentato il mito di Sarpedonte, con Upnos e

Tanatos, dei del sonno e della morte, che portano il

cadavere nell’aldilà. La scena è dipinta in modo

naturale, con il sangue che cola e le braccia a

penzoloni. Tecnica alta definita dal colore nero,

bruno, con sfumature di colore come se fosse stata

utilizzata una matita. Decorazione non disegnata, ma risparmiata. Il pittore scrive ai

suoi acquirenti che non ha mai dipinto un vaso così bene, meglio dei vasi di Eufronio

(???) 17 ottobre ‘17

VIX

Località di Chatillon-sur-Seine, in Borgogna, tra la Senna e il Rodano. Posta in un tratto

pianeggiante che ha un’importanza strategica per l’importazione dello stagno,

proveniente dalla Gran Bretagna.

2 facies culturali transalpine, nell’età del ferro (ferro I e ferro II):

Hallstatt: divisa in quattro fasi, e poi in sottofasi. Cultura attiva fino al V secolo.

 Hallstatt C e D, corrisponde alla fase dei siti principeschi. Dove: Francia centro-

orientale, Germania occidentale)

La Tène: cultura attiva dal tardo V secolo.

Sulla collina di Vix era collocato un insediamento con fortificazione e terrapieni che

difendevano diversi punti. L’intonaco crudo dipinto ha fatto ipotizzare ad un edificio

dipinto anche all’interno si tratterebbe di un edificio importante.

Tomba principesca: fine 1952, Joffrey viene finanziato per scavare, conoscendo già le

zone limitrofi. Il muratore gli propone di scavare in una zona dove erano presenti

pietre bianche che, geologicamente, non dovevano trovarsi lì. Si è ipotizzato dunque si

trattasse di un tumulo di epoca tardo ateniana/gallo-romana, del I sec d.C. Da questo

scavo, il 6 gennaio 1953, esce fuori un’ansa di bronzo, che portò alla l

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
27 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/07 Archeologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Fionamega di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archeologia classica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Rebaudo Ludovico.