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Woman (1990) di Garry Marshall. Un modello figurativo per la trama di questo film potrebbe
essere una trasposizione moderna della favola di Cenerentola. Un modello astratto invece
potrebbe risultare dalle contrapposizioni categoriche di amore/denaro, povertà/ricchezza,
lavoro/vita personale, amici/nemici. Certo, il livello figurativo sembra più afferrabile, anche
da qualcuno che non ha mai visto il film, e risulta più seducente. Ma questo non è aperto
come il modello astratto, che grazie al dinamismo creato dai contrasti avvia scelte che
portano a soluzioni concrete. ! 8
Appunti di Nicola Renzi
Come si valida l’analisi?
Il problema finale consiste nella domanda: come si valida l’analisi? In che modo le teorie fino
a cui siamo giunti analizzando il testo stanno in piedi? Per Casetti e Di Chio, esistono tre
criteri generali e quattro particolari di validazione dell’analisi. I criteri generali sono: la
coerenza interna (l’analisi infatti non si deve contraddire nel suo sviluppo rispetto al film), la
fedeltà empirica (la relazione con l’oggetto non forzata, ma naturale) e la rilevanza conoscitiva
(se è in grado di trasmettermi qualche nuova conoscenza). I criteri specifici, invece, sono la
profondità, che permette di arrivare al “cuore” del film, al suo nucleo concettuale forte,
l’estensione, ovvero quanti elementi individuati possono essere ricondotti all’analisi,
l’economicità, per cui l’analisi dev’essere dotata di una sintesi esplicativa, e l’eleganza, che
rivela qualcosa che il lettore non conosce e che può appagare maggiormente o prolungare
l’esperienza del film. Nel primo caso, la parola chiave è la ricerca della verità, come funziona
il film, procedimento che non sempre funziona; il secondo caso consiste nell’applicabilità
dell’analisi, che rischia, però, la saturazione e l’enfasi del dettaglio; l’economicità indica la
funzionalità dell’analisi, che non deve, però, ridursi eccessivamente, banalizzandosi; infine
l’eleganza, che comporta il piacere estetico, ma deve evitando narcisismi. ! 9
Appunti di Nicola Renzi
Linguisticità del cinema: il film come testo
Il film, come abbiamo già ripetuto più e più volte, deve essere pensato come un testo, come
una tessitura in cui i suoi vari elementi sono collegati in maniera significativa e non casuale.
Se pensiamo al film come ad un linguaggio possiamo non solo vederlo, sentirlo e capirlo, ma
anche saperlo leggere. Chi legge il film percepisce qualcosa che colui che unicamente guarda
il film non potrà mai cogliere. Ci sono principalmente due limiti all’analogia con il linguaggio:
da un lato, nel film sono presenti dei segni provenienti da aree espressive diverse (bisogna
guardare, ascoltare, immaginare, ricordare…), in secondo luogo, un altro limite dipende dalla
scarsa sistematicità del linguaggio filmico, ovvero la difficoltà di trovare regole certe e
condivise.
Per capire se e in che modo il cinema si può articolare come un linguaggi, Casetti e Di Chio
individuano tre elementi distinti:
• Materie dell’espressione: ovvero elementi che si possono vedere (immagini e tracce scritte)
ed elementi che si possono ascoltare (voci, rumori e musica)
• Segni: ovvero qualcosa che sta per qualcos’altro per qualcuno in qualche modo
(Sant’Agostino), che vengono tripartiti nella visione di Peirce in:
1. Indici: in cui la relazione tra segno e oggetto referente è basata sulla presenza o sulla
continuità fisica (“La fotografia è indice della presenza di una persona nello spazio/
tempo”)
2. Icone: in cui la relazione tra segno e oggetto referente è basata su una qualità
concreta che individua qualcosa di astratto (“L’omino stilizzato sulla porta della
toilette è icona del sesso maschile o femminile” oppure “La retta disegnata alla
lavagna è icona della retta reale astratta”)
3. Simboli: in cui la relazione tra segno e oggetto referente è basata su una qualche
norma condivisa (“Con il semaforo verde è possibile attraversare la strada”)
Riguardo ai segni possiamo capire meglio il significato di indici, icone e simboli con la
visione del cortometraggio “Un (1929) di Buñuel.
Chien Andalou”
Il punto centrale è il fatto che il film non vuole tener conto della presentazione della realtà
esteriore quanto quella psicologica dell’istinto. Il film costruisce una serie di
corrispondenze iconiche interne attraverso la sagoma circolare della luna, dell’occhio, del
buco nella mano e dell’orologio. Un’altra serie di corrispondenze visive è data dalla mano
! 10
Appunti di Nicola Renzi
bucata e la sequenza successiva dell’ascella pelosa, del riccio di mare e della mano finta. In
questo caso sono però corrispondenze iconiche. La mano può avere, infine, un valore
simbolico dell’istinto sessuale. La scena in cui il protagonista maschile traina i pesi per
giungere all’amata e a soddisfare la sua passione sessuale, è simbolico del blocco agito dai
valori religiosi, legali e culturali sull’istinto passionale umano, naturale. I segni, da soli, non
hanno un significato linguistico. Il cinema, per essere linguaggio, oltre a materie
d’espressione e segno ha bisogno anche di codici.
• Codici: ovvero un sistema di corrispondenze punto a punto, in cui ogni segno rimanda ad
un altro (codice morse), ma può essere anche un repertorio di segnali (il semaforo) o un
insieme di norme condivise (il codice civile). I diversi tipi di codice hanno in comune la
funzionalità di comunicare e un accordo di base collettivo perché la comunicazione
avvenga. Ogni codice prevede un canone che definisca in termini chiari le regole.
Dunque, il cinema prevede l’esistenza di codici significanti formalizzati e condivisi, in una
certa misura, ad esempio: spesso, nel cinema, se un personaggio si ripete durante tutto il film
può essere identificato come il protagonista. Così avviene in “Un dove
Chien Andalou”,
nonostante la trama surreale, è possibile individuare i due personaggi protagonisti per la loro
sistematica ripetizione durante il corto. I codici possono essere di due tipi:
• Codici cinematografici: peculiari del cinema come sistema tecnico espressivo
• Codici filmici: che il cinema utilizza senza che siano sui propri peculiari. Sono codici che
sono attivi anche in altri campi espressivi.
Dei codici cinematografici fanno parte i che hanno a che fare
codici tecnologici di base,
con la materialità della tecnica cinematografica (non più attivi). Tra questi possiamo
individuare i codici del supporto (ovvero la pellicola —> sensibilità: tanto è più sensibile
quanto ha meno bisogno di luce per imprimere l’immagine || formato: es. 8mm, 16mm, cioè
la larghezza della pellicola, che determina la qualità dell’immagine); un altro esempio è quello
dei codici dello scorrimento come la cadenza e la direzione; infine i codici dello schermo,
determinati dalla superficie, e dalla luminosità.
I codici filmici, invece, possono essere divisi in diversi sotto-codici tra i quali:
• Codici visivi
• Codici grafici
• Codici sonori
• Codici sintattici
Codici visivi
Abbiamo visto come vi siano dei codici cinematografici propri dei mezzi tecnici del cinema,
di cui fanno parte i codici tecnologici di base, e dei codici tipicamente filmici, che dipendono
da un insieme di mezzi complessi di sistemi espressivi che convergono da fotografia, dal
parlato e dalla musica. Attraverso i codici, i segni riescono ad interagire e rimandarsi ad altri
oggetti, costituendo così un linguaggio. Dei codici filmici, come abbiamo visto, fanno parte i
codici della serie visiva, condivisi appunto dal cinema con altre forme di espressione.
Codici della serie visiva sono i codici dell’iconicità (condivisi dal cinema con la pittura, la
scultura e le arti figurative), i codici della fotograficità (condivisi dal cinema con le arti che
sfruttano il reale (fotografia) e i codici della mobilità, che sfruttano l’immagine in movimento
(come ad esempio la televisione). ! 11
Appunti di Nicola Renzi
I possono essere catalogati in cinque nuovi sottocodici iconici:
codici dell’iconicità
1. Codici della denominazione/riconoscimento dell’oggetto rappresentato, che portano
alla ricerca
di qualcosa che permette di collegare un’immagine (segno) a un oggetto (referente)
riconducibile
alla realtà che conosco. Risponde alla domanda “cosa vedo?”.
2. Codici della trascrizione, che possono esser definiti per resa o distorsione
dell’immagine. Questi indicano il modo attraverso cui è possibile collegare artifici
grafici dell’immagine e tratti semantici che questa intende veicolare. Risponde alla
domanda “che aggettivi posso attribuire all’oggetto che vedo?”.
3. Codici della composizione, che possono esser definiti plasticamente o figurativamente.
Permettono di capire in che modo sono distribuiti o enfatizzati gli elementi che
compongono le immagini. Ci sono 3 modalità di analisi della composizione: per
disposizione, per figurazione (forte, simmetrica o dispersa) e plasticità (relazione tra
figura e sfondo: posizione, movimento, permanenza e stile). Risponde alla domanda
“come sono disposti gli oggetti che vedo?”.
4. Codici dell’iconografia, che agiscono attraverso la definizione visivamente
convenzionale di caratteristiche del mondo o dei personaggi. Permettono di collegare
immagini convenzionalizzate, caratteri fisici, psicologici o comportamentali
stereotipizzati (es. cicatrice in faccia per riconoscere il cattivo). Risponde alla domanda
“riconosco gli oggetti che vedo come appartenenti a categorie o tipologie
convenzionali?”.
5. Codici iconici dello stile, che collegano le immagini a set di scelte stilistiche tipiche (di
un autore, di una casa o di un periodo storico). Risponde alla domanda “posso riferire
l’immagine a uno stile che riconosco?”.
Vediamo in che modo, nelle scene iniziali dei film The Killer (1996), di John Woo, e di Jackie
Brown (1997), di Quentin Tarantino, agiscono i codici iconici.
Riguardo ai codici visivi della
che il cinema condivide con i mezzi di riproduzione meccanica del reale
fotograficità,
(come la fotografia, ma anche per l’animazione), possono essere di cinque tipi:
1. Codici della prospettiva, che dipende dall’organizzazione prospettica degli oggetti nello
spazio
2. Codici dei margini del quadro, che corrisponde ai tagli delle figure, alla larghezza e
all’ampiezza dello schermo ! 12<